in quiete
Il Sito di Gianfranco Bertagni

 

"La conoscenza di Dio non si può ottenere cercandola; tuttavia solo coloro che la cercano la trovano"
(Bayazid al-Bistami)

"Chi non cerca è addormentato, chi cerca è un accattone"
(Yun Men)

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BUDDHISMO, MEDITAZIONE,

PSICOTERAPIA.

Tra il Buddha, Freud e Winnicott
 

Seminario di Gianfranco Bertagni

 


 

In questo seminario affronteremo la psicologia buddhista da un punto di vista psicodinamico e guarderemo ad alcuni elementi propri della teoria psicanalitica da un punto di vista buddhista. Cercheremo di mostrare come si possa integrare una concezione buddhista della mente all'interno dei sistemi psicoterapeutici occidentali dominanti. Soprattutto all'interno di quelle prospettive emergenti nel pensiero analitico che mettono in discussione l'esistenza di un sé unitario e permanente, la psicologia buddhista può avere una forte voce in capitolo di sostegno e stimolo. Del resto oramai da decenni si parla dell'ipotesi di una psicoterapia psicodinamica basata sulla presenza mentale (tipico strumento della tecnica meditativa buddhista), una psicoterapia che non faccia quindi riferimento a un sé assoluto e permanente, ma che non neghi le sofferenze del sé così come si manifesta sul piano convenzionale. Un modello che non abbia tanto al suo centro lo scavare, quanto l'aprirsi (altra forte analogia con l'insight proprio di tutte le tecniche concentrative buddhiste). Se i due modelli del cambiamento, scavare e aprirsi, sono attualmente in competizione nella nostra cultura, se il desiderio di sicurezza del sé si scontra con il bisogno del lasciarsi andare, da una parte il Buddha insegna che non conta quanto sappiamo di noi stessi, bensì come ci rapportiamo a quello che sappiamo (soprattutto ciò che sappiamo relativamente alla nostra idea di un senso ben definito del nostro sé), e dall'altra Freud definì una serie di strategie che aggirassero i timori di un io troppo rigido sempre all'erta: l'ipnosi, le libere associazioni, motti di spirito, il transfert, sogni ci allontanano dal senso di un sé separato, distinto e unitario e ci conducono verso una dimensione meno strutturata, certa, fissa.
Si toccheranno in ultimo le interessanti analogie tra il pensiero di D.W. Winnicott e il buddhismo, a partire da ciò che egli definì inintegrazione, vista come il fondamento stesso della creatività, la capacità di spontaneità e autenticità, i cui aspetti, condizioni, conseguenze e la cui non piena realizzazione hanno tanti punti di contatto estremamente stimolanti con la tradizione buddhista.

 

 

 

 

 

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