in quiete
Il Sito di Gianfranco Bertagni

 

"La conoscenza di Dio non si può ottenere cercandola; tuttavia solo coloro che la cercano la trovano"
(Bayazid al-Bistami)

"Chi non cerca è addormentato, chi cerca è un accattone"
(Yun Men)

  home page   cerca nel sito   iscrizione newsletter   email   aggiungi ai preferiti   stampa questa pagina    
 

 

  SU DI ME
 Vita       
 Pubblicazioni

 Corsi, seminari, conferenze

 Prossimi eventi
 
  DISCIPLINE
 Filosofia antica       
 Mistica
 Sufismo
 Taoismo
 Vedanta              
 Buddhismo              
 Zen
 Filosofia Comparata
 Musica / Mistica
 Filosofia Critica
 Meditazione
 Alchimia
 Psiché
 Tantrismo
 Varia
 
  AUTORI
 Mircea Eliade       
 Raimon Panikkar
 S.Weil e C.Campo
 René Guénon, ecc.
 Elémire Zolla     
 G.I.Gurdjieff  
 Jiddu Krishnamurti
 Rudolf Steiner
 P. C. Bori       
 Silvano Agosti
 Alcuni maestri

 

Addio a Elémire Zolla, mistico d'Occidente 
di Giuseppe Saltini

 

In un libro ormai quasi dimenticato, Autodizionario degli scrittori italiani (1990), Elémire Zolla, lo studioso di archetipi e simboli spentosi ieri a 76 anni, tracciò un preciso ritratto di se stesso. Accanto ad annotazioni che già erano di dominio pubblico, rivelò, in due scarne paginette, anche tratti intimi, privati. Apprendemmo, allora, che suo padre, nato in Inghilterra, aveva studiato pittura dedicandosi alla maniera di Whistler e dipingendo dame in kimono. Si era poi stabilito in Italia, a Torino, dove aveva insegnato a un gruppo di allievi (fra i quali vi era Giulio Carlo Argan). La madre, Blanche Smith, suonava molti strumenti. Prediligeva le ombre delle chiese e dei chiostri.

Zolla nacque nel capoluogo piemontese il 9 luglio 1926, quando imperversavano la retorica populista e la demagogia autoritaria. Crebbe isolato, parlando naturalmente inglese, francese e italiano, e studiando, in seguito, il tedesco e lo spagnolo. Dipingeva e suonava il pianoforte. Mandato a scuola, imparò l'arte di occultare i sentimenti e concesse poco di sé ai compagni. Vedeva, tutt'attorno, docenti fascisti e scolari figli di fascisti. Lo sollevava l'espatrio frequente, il soggiorno in Inghilterra o a Parigi.

Durante gli anni di guerra, Zolla notò che a poco a poco la gente diveniva meno fascista. Salutò l'arrivo degli alleati a Torino senza farsi eccessive illusioni. Viveva raccolto, passeggiava, pensava. Giunta l'epoca della ricostruzione, si iscrisse alla Facoltà di legge, dove conobbe qualche professore stimabile, lontano dalle risse ideologiche, ma anche non pochi propugnatori di sciocchezze storicistiche. A 22 anni si ammalò di tisi e fu per morire. Durante la malattia, appartato, scrisse un romanzo che uscirà nel 1956, Minuetto all'inferno (Einaudi), con cui vinse il premio Strega opera prima. Aveva stampato parecchio, negli anni precedenti, sulla rivista Letterature moderne di Francesco Flora e Il pensiero critico di Remo Cantoni. Erano saggi sui maggiori autori del Novecento, che egli tentava di riunire in una specie di luogo ideale, distante dalle contaminazioni politiche. Da quel luogo bandì la presenza di James Joyce. Gli scrissero Eliot e Thomas Mann, per consentire.

Nel 1957 si trasferì a Roma, dove lavorò, per pochi mesi, nella redazione di Tempo presente. Apparve allora un nuovo romanzo, Cecilia o la disattenzione (Garzanti), mai più riedito. La raccolta dei suoi saggi, in parte ispirati alla Scuola di Francoforte (Eclissi dell'intellettuale, Bompiani, 1959), ebbe, invece, numerose ristampe e traduzioni. Era una negazione, destinata a non poter essere generalmente accettata, di tutto il sistema dell'industria culturale. Rifiutato il positivismo e il marxismo, fugata la dialettica di matrice hegeliana, l'opera formulava il sottinteso invito ad abbandonare le dottrine e le pratiche conformi al mondo industriale. Partiva da una concezione apodittica: i maggiori autori degli ultimi secoli sono stati capaci di questo esodo.

L'anno di uscita di quel libro si dimostrò cruciale: Zolla fu chiamato a insegnare all'Università di Roma, specie per intervento di Mario Praz, e incontrò Cristiana Campo, con la quale visse fino alla morte di lei, nel 1977. Emergeranno quindi altre opere, fra cui va soprattutto ricordata un'antologia, I mistici dell'Occidente (Garzanti, 1963; riedito da Rizzoli, in sette volumi, nel 1980), dove la tradizione mistica era documentata come l'area segreta in cui si era affermata, nei millenni, l'uniformità permanente di una metafisica assoluta. Dal rifiuto dello scientismo e del progressismo nacquero poi due saggi, Storia del fantasticare e Le potenze dell'anima, apparsi presso Bompiani. Zolla vinse il concorso a cattedra e andò a insegnare prima a Catania, poi a Genova, dove rimase fino al 1974. Pur rivisitandola nella prospettiva della mistica, la materia delle sue lezioni divenne, allora, la letteratura anglo-americana. Egli inoltre si permise alcune dottissime disgressioni nella filologia germanica.

Nel 1968, dopo un viaggio nel Sudovest degli Stati Uniti, Zolla scrisse una storia dell'immagine dell'Indiano (I letterati e lo sciamano, 1969). Questo libro ebbe una risonanza notevole Oltreoceano, e anche da noi costituì una tappa imprescindibile negli studi di neo-anglistica. Nonostante successo e fama internazionali, l'autore fu però isolato e aborrito, in Italia, dalla classe al potere. Egli si dedicò a viaggi in India, in Indonesia, in Corea e in Iran. A poco a poco, dopo la pubblicazione di Che cos'è la tradizione (1971) e della dissertazione alchemica Le meraviglie della natura (1975), cessarono i suoi rapporti con la Bompiani. Rimase però viva la sua collaborazione al Corriere della Sera.

Seppure con notevoli opposizioni, Zolla tornerà a insegnare all'Università di Roma, nel 1974. Risale a quel periodo la sua decisione di scrivere in inglese, di "saltare" l'editoria nazionale. In Inghilterra e in America uscirà Archetypes (1980), seguito da The Androgyne (1981), nelle cui pagine si addensò una cultura senza confini, un'immensa erudizione. Trascorso il 1980, la situazione politica parzialmente mutò, in Italia, e l'opposizione a Zolla sembrò via via dissolversi. Egli riprese a scrivere nella nostra lingua e pubblicò quattro libri presso Marsilio (Aure, L'amante invisibile, Archetipi e Verità segrete esposte in evidenza). Nel frattempo, dal 1969 al 1983, aveva diretto una rivista, Conoscenza religiosa (La Nuova Italia), cui fece collaborare gli scrittori che gli parvero sottrarsi a ciò che egli definiva "la generale decadenza". Poi giunsero, da Adelphi, Uscite dal mondo (1992), Lo stupore infantile (1994) e Le tre vie (1995); da Mondadori, La nube del telaio (1996); da Einaudi, Il dio dell'ebbrezza (1998). Adelphi, inoltre, annuncia la prossima pubblicazione di un nuovo libro: Discesa agli inferi e resurrezione.

Recuperando i tesori culturali di popoli vicini e lontani, scavando nel giardino sotto casa o in territori sperduti del pianeta, Zolla seppe indicarci, dopo aver liquidato le trasgressioni moderne e post-moderne, la via di una conoscenza "giusta", insieme ardua e luminosa.

 

Da: http://lgxserver.uniba.it/lei/rassegna/020531e.htm

                                                                                                                                           TORNA SU