in quiete
Il Sito di Gianfranco Bertagni

 

"La conoscenza di Dio non si può ottenere cercandola; tuttavia solo coloro che la cercano la trovano"
(Bayazid al-Bistami)

"Chi non cerca è addormentato, chi cerca è un accattone"
(Yun Men)

  home page   cerca nel sito   iscrizione newsletter   email   aggiungi ai preferiti   stampa questa pagina    
 

 

  SU DI ME
 Vita       
 Pubblicazioni

 Corsi, seminari, conferenze

 Prossimi eventi
 
  DISCIPLINE
 Filosofia antica       
 Mistica
 Sufismo
 Taoismo
 Vedanta              
 Buddhismo              
 Zen
 Filosofia Comparata
 Musica / Mistica
 Filosofia Critica
 Meditazione
 Alchimia
 Psiché
 Tantrismo
 Varia
 
  AUTORI
 Mircea Eliade       
 Raimon Panikkar
 S.Weil e C.Campo
 René Guénon, ecc.
 Elémire Zolla     
 G.I.Gurdjieff  
 Jiddu Krishnamurti
 Rudolf Steiner
 P. C. Bori       
 Silvano Agosti
 Alcuni maestri

 

Elémire Zolla, viandante nel segno di Dioniso

 

La scomparsa dello studioso di culture orientali che aveva esordito vincendo lo Strega nel 1956

di Ugo Leonzio

 

Con un paradosso che a Elémi­re Zolla sarebbe forse piaciuto, si potrebbe dire che con la sua scomparsa si sia estinta una razza di scrittore che da noi non è neanche esi­stita, se si eccettua Giuseppe Tuccim il grande tibetologo. Di che razza si trat­ta? In genere, per cavarsela alla svelta si invocano quelle sintetiche gabbie cultu­rali simili a protesi, dalle quali Zolla e i suoi radi ma sicuri compagni di strada rifuggirebbero come da una malattia dello spirito.  Inutile elencarle, qualsiasi categoria vi viene in mente.  La qualità di un artista come Zolla è la sua imprendibilità, la capacita dì essere sempre vir­tuale in ogni passaggio decisivo della vita, lasciare che ogni esperienza maga­ri drogata, sublime o Dionisiaca si ma­nifestasse non da sola ma come la parte di un fitto enigma in cui ci si doveva perdere.  Perdersi non è facile, soprattutto in una società intellettuale dove tut­ti, con molta indulgenza, riescono a ri­trovarsi e senza essersi mai perduti. Io non so se, una volta entrato nell'enig­ma della sua mente, Zolla abbia mai voluto uscirne.  Aveva capito che il viaggio non concedeva soste né riposo e soprattutto non c'erano fermate inter­medie.  Mi spiego meglio: Qualcuno che avesse seguito puntigliosamente la carriera di questo artista della mente quale era Zolla, e ne avesse letto puntigliosamente tutta l'opera si troverebbe a mal partito se volesse riassumerla, in qualche modo stringerla in una sintesi, indicare un punto stabile o più alto o acuto, come si sceglie una poesia o un romanzo dall'opera di un autore amato. La singolarità dell'opera di Elémire Zolla è che non si può scegliere perché si dovrebbe rinunciare a qualcosa di più decisivo che sta proprio lì accanto, nella pagina successiva o in quella prece­dente.

Il viaggio di Zolla nella vita era sostanzialmente il prodigioso enigma che in­vece di diradarsi cresceva di giorno in giorno, di libro in libro facendo appa­rire più intensa e lontana la natura della bellezza e, se esiste, della verità.  Se esiste... E' inutile chiedersi se, adesso che Zolla ha terminato la prima parte del suo viaggio, qualche bagliore di verità possa apparirgli o se quell'enigma così disperante e fecondo, almeno per i suoi lettori, continuerà a spingerlo sempre più avanti.  Zolla conosceva bene il Li­bro dei morti tibetano e a me personalmente fa piacere immaginarlo mentre, fra tre giorni, inizierà il suo viaggio nel Bardo, nella dimensione oltremondana che aveva inseguito nella realtà più pe­sante e fumosa del nostro mondo.

Esperto di ricerche mistiche occulte ed esoteriche in tutte le culture del mon­do, aveva trovato in quelle orientali la porta stretta che permetteva di dare una sguardo all'Altra Parte.  Sapeva be­ne, quindi, che una volta lasciato che gli elementi del corpo tornassero alla ter­ra, la mente avrebbe dovuto fronteggiare se stessa, non in una dimensione aliena, in un paradiso o in un inferno ma in quella zona grigia o luminosa che avevamo preparato in vita.  Senza più ­l'ausilio del corpo la mente libera il suo inconscio e final­mente incontra se stessa, pacifica o crudele, serena op­pure avida, ostile e piena di paura,

In questo passaggio difficile e tor­mentoso cui nessuno, probabilmente, potrà sfuggire, io credo che Elémire Zolla in­contrerà la sfida più avvincente, quella per cui si era preparato lun­go il corso della sua vita.  Chi ama il viaggio non cer­ca tanto la conoscenza dei luoghi, le origini o i misteri, la bellezza o di orrori. Quelli sono i viveri che consentono di proseguire il viaggio, sono le stanze dentro cui è lecito riposarsi e sognare.  Ma per i veri viaggiatori, come Zolla , quello che viene inseguito e ci si fa inse­guire, è la Morte: Il Dio dell'ebbrezza cosi caro a Elemire non rivela so­lo il piacere estremo e non tanto recon­dito che la realtà della vita sa offrirci ma è soprattutto un guardiano in attesa da­vanti a una di quelle porte di cui anche Kafka ha cosi spesso parlato.  Dioniso offre l'ebbrezza come viatico per il viaggio che ci attende e che quasi tutti vor­rebbero rimandare.  Ma c'è una catego­ria, direi una razza, di viaggiatori che vuole conoscere il segreto dei segreti, il cuore dei cuori, mentre è ancora viva, perché esiste questa leggenda fin dal primo dei libri conosciuti, la saga di Gilgamesh, che chi incontra la morte da vivo diventa immortale.

I libri di Elemire Zolla riflettono come in uno specchio i vari frammenti di questi incontri con il segreto della mor­te. A volte ne descrivono la voce o il volto, spesso il portamento, la capacità di perdersi per qualche istante nella danza o nel canto o in un raga indiano intonato nel cuore della notte in un «ashram» o ai bordi di un lago, di un fiume sacro o di un monte sulla cui vetta è dato a qualcuno di scorgere Shi­va o Dolma o tutti gli dei e i Buddha che abbiamo sognato e inseguito nel tempo.  A noi restano i libri di questo singolare, solitario viaggiatore, guide blu per paesi che forse non sono mai esistiti o che si apprestano a sparire in­sieme al loro autore.  Essi testimoniano, come splendenti graffiti, un tempo feli­ce dove i libri creavano il mondo e i poeti della mente, come Elemire Zolla, incontravano gli Dei.

 

Da: http://www.swif.uniba.it/lei/rassegna/020531h.htm

                                                                                                                                           TORNA SU