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Il Sito di Gianfranco Bertagni

 

"La conoscenza di Dio non si può ottenere cercandola; tuttavia solo coloro che la cercano la trovano"
(Bayazid al-Bistami)

"Chi non cerca è addormentato, chi cerca è un accattone"
(Yun Men)

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Articolo di Enrico Gatta  da «Il Resto del Carlino»



Nella cultura italiana, ricca di inestimabili valori
ma spesso anche chiusa
in se stessa, Elémire Zolla ha portato un'apertura
cosmopolita. E
soprattutto il respiro delle grandi filosofie e delle
religioni
dell'Oriente. Il triangolo dogmatico costituito da
Croce, Gentile e Gramsci
lo ha lasciato indenne, libero di spaziare, fin da
bambino, dagli spazi
fantastici di Lewis Carrol alle profondità del
Tao-Te-Ching.
Zolla era nato a Torino il 9 luglio del 1926, figlio
di una musicista
inglese, Blanche Smith, e di un pittore
franco-italiano, Venanzio Zolla.
Trascorse i primi anni dell'infanzia all'estero, tra
Parigi e Londra,
parlando inglese con la mamma, francese con la nonna,
italiano col padre.
Quando alla metà degli anni Trenta la famiglia dovette
rientrare in Italia,
la vita a Torino gli sembrò un esilio. Tuttavia quella
città misteriosa gli
insegnò, a suo dire, il distacco dal reale, una virtù
che lo avrebbe
accompagnato per tutta la vita. A Torino studiò legge,
pittura, musica; e
scrisse il suo primo romanzo, Minuetto all'inferno,
che fu pubblicato nei
«Gettoni» di Vittorini e gli valse nel 1956 la
vittoria del Premio Strega
per l'opera prima. Nel 1957 Nicola Chiaromonte lo
chiamò a Roma, nella
redazione di Tempo Presente. Nell'ambiente culturale
romano il suo arrivo
fece impressione. Studioso accanito della letteratura
inglese e americana,
fu spinto da Mario Praz a entrare nell'Università.
Zolla ha insegnato a
Roma, a Catania, dal 1969 a Genova. Scriveva sulle più
importanti riviste,
a cominciare dal Mondo di Pannunzio, portava negli
ambienti intellettuali
italiani la sua critica incalzante alla modernità:
parzialmente aderendo al
pensiero della Scuola di Francoforte, Zolla riteneva
che l'illuminismo
avesse raggiunto il suo culmine filosofico e
letterario nell'opera di Sade
e che i totalitarismi del XX secolo ne fossero l'esito
politico. Alla
scrittrice Cristina Campo, che il giovane scrittore
incontrò subito dopo il
matrimonio con la poetessa Maria Luisa Spaziani,
stabilendo con lei
un'intesa immediata e totale, l'intelligenza di Zolla
parve come «una spada
lucida di nobile metallo». «La sua intransigenza -
scrisse Cristina Campo
nella lettera a un'amica - è un miracolo che mi basta;
è il solo che non
abbia ceduto, che l'ipnosi del costume non abbia mai
attaccato...».
Era anni difficili, quelli per gli intellettuali non
allineati alle
ideologie imperanti. Zolla guardò oltre: complice una
grave malattia, si
aprì all'esperienza metafisica delle religioni. Nel
1963 raccolse per
Garzanti l'antologia dei Mistici dell'Occidente, poi
riproposta da Rizzoli
in sette volumi e infine da Adelphi. Per quattordici
anni curò la rivista
Conoscenza religiosa, edita dalla Nuova Italia,
un'opera anche questa
rivoluzionaria per gli orizzonti non soltanto
italiani. «Zolla - ha
ricordato Grazia Marchianò, la studiosa di estetica e
di filosofie
orientali sposata nel 1980 e che gli è stata vicino
fino all'ultimo, nei
grandi viaggi in Oriente come nel buon ritiro a
Montepulciano, in questi
ultimi anni - mostrò agli esordi di essere fautore di
un mito laico
post-illuministico dai tratti inizialmente cristiani.
Nelle opere
successive a Eclissi dell'intellettuale l'andamento
dei temi zolliani
sembra poi ricalcare quello dei primi comparatisti
europei, ossia
ampliamento del concetto di oriente sempre più a Est
in senso geografico e
sempre più indietro in senso cronologico, fino ad
annullare i limiti
tradizionali del contesti biblico ed
ebraico-cristiano». Dai mistici
dell'Occidente, l'interesse di Zolla si spostò
all'India, alla Thailandia,
alla Cina, al Giappone, in un'ansia inesauribile di
conoscenza. Grazia
Marchianò ricorda un episodio che nella sua semplicità
spiega molto bene
questa voglia insaziabile di conoscenza. Dopo che si
erano incrociati e
squadrati più volte in una trattoria romana, una volta
il grande studioso
di ebraismo Abraham Heschel si rivolse a Zolla
chiedendogli: «Lei si
interessa di Cabala?». E Zolla sorridendo gli rispose:
«E' la Cabala che si
interessa a me».

 

Da: http://ilrestodelcarlino.quotidiano.net/chan/2/34:3404815:/2002/05/31

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