Cos'è un
haiku?
Con il termine
haiku si intende un componimento breve di 5-7-5 sillabe privo di
titolo, fiorito anticamente in Giappone. In questa forma poetica si
riflettono tipicamente l'amore della cultura nipponica per il
minimalismo e per le cose asciutte e compatte (scrive, infatti, Sei
Shonagon: "in verità, tutte le cose piccole sono belle"). Negli
haikai il poeta diviene solo uno strumento e l'oggetto che anima il
componimento diviene soggetto. Secondo Barthes lo haiku non
descrive, ma si limita ad immortalare un'apparizione, a fotografare un
attimo ed è per questo che tra le sue peculiari caratteristiche troviamo
la brevità, la leggerezza e l'apparente assenza di emozioni secondo i
canoni del buddhismo zen. L'unico elemento che presagisce al sentimento
che pervade un haiku è il kigo, una parola che per
metonimia indica la stagione a cui si riferisce la poesia e che ci fa
immergere, almeno in parte, nell'atmosfera descritta nei versi. Come
l'alternarsi delle stagioni, anche queste brevi poesie annoverano temi
contrastanti fra loro come il mistero (yugen), la povertà (wabi),
l'instabilità (aware) e l'isolamento (sabi).
Un po'
di storia
Già nell'VIII sec.
d. c. fioriscono poesie brevi denominate tanka composti di 5-7-5-7-7
detti anche waka, ossia per antonomasia "poesia giapponese", a
sottolineare quanto i nipponici si identificassero in questo genere. Nel
IX sec. questa forma letteraria ha un'ampia diffusione e riconoscimento
anche fra le classi alte e vengono instituite delle vere e propri gare
di poesia (uta-awase). Un secolo più tardi lo haiku si
sviluppa come dialogo in cui un poeta compone la prima strofa (kami-no-ku),
mentre l'interlocutore completa la seconda (shimo-no-ku), fino
a coinvolgere sempre più partecipanti e divenire una vera e propria
poesia a catena (kusari-renga). In quest'ultima forma comincia
a delinearsi l'importanza che assumerà il primo emistichio della poesia,
poiché esso viene di norma affidato al poeta più abile. Intanto, da
appannaggio delle classi più abbienti, gli haikai si diffondono
anche tra i ceti più bassi arricchendosi di nuovi contenuti talora
triviali e volgari.
Autori
Il maggior
esponente di questa forma poetica è senza dubbio Jinshiro
Munefusa Matsuo, detto Basho (1644-1694), figlio di samurai e
venerato in Giappone come un santo. Lo pseudonimo Basho, che significa
banano, deriva dal nome della pianta che troneggiava nel mezzo del suo
giardino. Basho, in seguito all'incendio della città di Edo (attuale
Tokyo) in cui andò distrutta anche la sua casa, cominciò un periodo di
peregrinazioni che costituirono materia per i suoi componimenti. Dopo
Basho, la poesia haiku subisce un lento declino fino
all'Ottocento, periodo in cui si fa avanti una nuova personalità,
Masaoka Shiki (1867-1902), il quale coniò per la prima
volta il termine haiku. Anche Shiki è uno pseudonimo e si riferisce ad
un uccello che la tradizione nipponica vuole che canti fino a perdere
sangue dalla bocca; il poeta, infatti, era malato di tubercolosi e la
"malattia" rientra fra i temi principali della sua produzione poetica.
Shiki ha il merito di aver riportato in vita questa forma letteraria
rompendo, però, con la tradizione e le tematiche dei suoi predecessori
come Basho, giudicato ormai obsoleto. In realtà, Shiki si mostra in
contrasto con le sue idee avanguardiste, poiché adotta nuovamente la
rigida regola delle 5-7-5 sillabe.
Haiku
oggi
Tuttora, gli
haikai sono molto popolari in Giappone ed intorno a questo genere
poetico sono sorte associazioni, circoli, rubriche e concorsi che hanno
conquistato anche l'Occidente. In passato si sono cimentati in questo
genere Paul Eluard, Ezra Pound, Jack Kerouac ed in Italia il poeta che
più si avvicinò a questa forma poetica è stato Ungaretti. Recentemente,
stanno sorgendo nuove forme di haiku come il "fantaiku",
teorizzato nel 1995 da Tom Brinks a soggetto esclusivamente
fantascientifico e rigorosamente breve e i "viewaiku", genere
che accosta brevi componimenti, talvolta frasi, ad immagini, ormai
diffusosi anche come genere per l'infanzia.
Il sistema di trascrizione normalmente utilizzato per gli haikai
fa riferimento al metodo Hepburn, nel quale le vocali seguono le regole
di pronuncia italiana, mentre le consonanti seguono quella inglese. Il
conteggio delle sillabe corrisponde al numero di onji, vale a dire al
numero di ideogrammi presenti nell'alfabeto giapponese.
Letteratour segnala
www.scifaiku.com
www.fantascienza.com/fantaiku: manifesto del fantaiku ed alcuni
componimenti.
www.silloge.com:
contiene un indispensabile glossario, cenni storici, autori tradizionali
ed emergenti di haikai.
web.tiscalinet.it/davihaus/davihaus/biblioha.htm: ricca bibliografia
sugli haikai.
ALCUNI HAIKAI
la primavera
parte:
pianto fra gli uccelli e lacrime
negli occhi dei pesci
yuku haru wa
tori naki uo to
me wa namida
(Basho)
separazione-
le spighe dell'orzo
tormentate fra le dita
mugi no ho wo
chikara ni tsukamu
wakare kana
(Basho)
inizio d'autunno:
nel mare e nei campi
un verde solo
hatsuaki ya
umi mo aota no
hito midori
(Basho)
languore d'inverno:
nel mondo di un solo colore
il suono del vento
fuyugare ya
yo wa hito iro ni
kaze no oto
(Basho)
nella sera di
primavera
quale lettura per l'uomo
senza compagna?
kunpu ya
senzen no midori
tera hitotsu
(Shiki)
lievi lievi
spiriti dei morti, venite qui
e rinfrescatevi
fuwa-fuwa to
naki rei koko ni
kite suzume
(Shiki)
vento d'autunno:
viviamo, e ci guardiamo l'un l'altra,
tu ed io
akikaze ya
ikite aimiru
nare to ware
(Shiki)
capodanno:
tra cielo e terra
inizio d'armonia
ganjitsu wo
tenchi wago no
hajime kana
(Shiki)
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