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 LA SAGGEZZA DELLE SELVE SCHIAVITU` E LIBERAZIONE LA LIBERAZIONE La liberazione è la distruzione della 
schiavitù, che consiste nella sensazione di possedere personalmente gli oggetti, 
concepiti come fonte di piacere o dolore. Questa distruzione si ottiene 
distinguendo tra ciò che è imperituro e ciò che è transeunte in quest'universo 
effimero. Eliminando la relazione tra soggetto 
percipiente ed oggetto percepito si consegue l'atarassia; divenendo stabile, 
quest'ultima prende il nome di liberazione. IL CORPO L'uomo obnubilato il quale prova diletto 
nel corpo, che altro non è che un aggregato di carne, sangue, graveolente orina, 
tendini, midollo ed ossa, sarebbe capace di rallegrarsi pure dei tormenti 
infernali. Le parti femminili innominabili, pur essendo di per sé 
indistinguibili da un'ulcera in suppurazione, in forza della fittizia differenza 
posta in essere solo dalla mente perlopiù riescono ad avvincere gli uomini 
grazie all'inganno. IL DOMINIO DI SE' Colui il quale non si rallegra e non si 
affligge in seguito a sensazioni visive, acustiche, tattili, gustative o 
olfattive, ha conseguito la vittoria sui sensi. 
 LA FEDE La liberazione arride solo a coloro che 
sono liberi dal dubbio; per quelli la cui coscienza è in preda al dubbio la 
liberazione non arriva neppure dopo molte rinascite. Per questo bisogna 
sforzarsi di acquisire fiducia. La schiavitù consiste meramente nel 
desiderio di soddisfazione dei sensi; la liberazione nella rinuncia ad esso. Due parole stanno a indicare schiavitù e 
liberazione: "Mio" e "non mio". "Mio" costringe l'uomo in schiavitù ", non mio" 
lo libera. IL LIBERATO IN VITA E` detto liberato in vita colui che non percepisce un io nel corpo o nei sensi, e non percepisce un altro da sé in alcuna cosa. Costui, grazie alla propria capacità di discriminare non percepisce differenza tra sé e l'Assoluto, né tra l'Assoluto e l'universo. E` riverito dai buoni ovvero disprezzato dai malvagi, e la sua equanimità rifulge intatta. Chi ha compreso la vera realtà dell'Assoluto non è più soggetto a rinascita. Se così fosse, significherebbe che la sua pretesa conoscenza dell'Assoluto è puramente esteriore. Adhyatmopanisad II 45-48 SCHIAVITU` E LIBERAZIONE (Monologo del liberato): "Io sono, io 
sono il Supremo, io sono la scaturigine dell'universo. E sono pure il maestro 
spirituale di tutti i mondi, e tutti i mondi ad un tempo. Io sono Lui, 
l'Assoluto. Io soltanto e nell'altro io sono. Io sono perfetto, puro, a tutto 
superiore. Ed eterno altresì io sono, imperituro ed immacolato. Consapevolezza 
io sono, io sono peculiare, io sono la bevanda sacrificale, io sono compiuto. Di 
buon auspicio io sono, e privo di pena, consapevolezza io sono, sempre eguale a 
me stesso. Esente da onore e disonore, privo di qualità, benigno io sono. Al di 
là di ciò ch'è duale o non duale, libero dalle coppie di opposti io sono, io 
sono Lui, l'Assoluto. Al di là di esistenza ed inesistenza, al di là del 
linguaggio, io risplendo. Io sono la maestà ch'è ad un tempo vacuità e non 
vacuità, il bene e il male sono io. Al di là di eguaglianza e difformità io 
sono, e perenne, puro, perpetuamente benevolo. Superiore alla contrapposizione 
tra mondo e non mondo, di natura luminosa e lieve, eterno io sono. Io sono privo 
del numero uno e pure del due, sto al di là della distinzione tra essere e non 
essere, esente da costruzioni mentali. Io sono immune dalla differenza che sorge 
dalla molteplicità, e ho l'aspetto di una beatitudine indivisa. Io non sono un 
ego, né qualcosa d'altro, io son privo di corpo e simili. Dotato e non dotato di 
rifugio, io son privo di sostrato. Esente da schiavitù, da liberazione e simili, 
io sono Lui, il puro Assoluto. Privo di e simili, il Supremo io sono, al Supremo 
stesso superiore. Perenne, privo e ad un tempo dotato di capacità deliberativa 
io sono: io sono Lui, l'Assoluto. Eterno io sono, e ho l'aspetto dei tre 
componenti la sillaba sacra: A, U e M. Immune dal soggetto che medita, dalla 
meditazione e da ciò che vien meditato io sono: io sono Lui, l'Assoluto. Ovunque 
compiuto sotto ogni aspetto io sono, caratterizzato da essere, coscienza e 
beatitudine. Io appaio come tutti i guadi sacri, sede di pellegrinaggio, il Sé 
supremo io sono, Siva stesso son io". "Quest'intero universo non mi appartiene 
in alcuna sua parte. Non m'appartengono tempo, luogo, oggetti tangibili o 
pensieri. Non m'appartengono l'abluzione rituale, i riti da svolgere ai 
crepuscoli, deità o luoghi sacri. Non m'appartengono guadi che sian sede di 
pellegrinaggio, di servizi offerti alla divinità, di gnosi o sedi di esseri 
divini. Non m'appartengono la schiavitù, la nascita, la parola, il sole, il 
merito, il demerito, il dovere, la buona sorte. Non m'appartengono il principio 
vitale individuale, e neppure i tre mondi. Non m'appartengono la liberazione, la 
dualità, la scienza rivelata, le prescrizioni ritualmente, la prossimità, la 
distanza, la luce intellettuale, la segregazione. Non m'appartengono il maestro, 
il discepolo, la privazione, l'eccesso, brahma, Visnu o Rudra. Non 
m'appartengono la luna, la terra, l'acqua, il vento, lo spazio, il fuoco. Non 
m'appartengono il gruppo familiare, lo scopo, l'esistenza, il meditante, 
l'oggetto meditato, la meditazione, la mente. Non m'appartengono il freddo, il 
caldo, la sete, la fame, l'amico, il nemico, l'illusione, la vittoria, il prima, 
il dopo, l'aldilà, le regioni dello spazio. Non m'appartiene affatto tutto ciò 
che può essere detto o ascoltato, pensato, desiderato e meditato, fruito, 
bramato o ricordato. Non m'appartengono il desiderio, lo yoga o il 
riassorbimento cosmico. (...) Io sono l'Assoluto, io sono l'Assoluto senza 
dubbio. Io sono consapevolezza, io sono consapevolezza." E` detto liberato in 
vita chi ha questa conoscenza, chi percepisce se stesso come l'Assoluto e 
nell'altro, consapevolezza e null'altro, come il Supremo e null'altro. 
 LA LIBERAZIONE DI CHI SI RIFUGIA IN DIO Disse Rama: La liberazione, che consiste 
nell'isolamento è una sola invero, o Hanumat, ed assume l'aspetto della realtà 
assoluta. (...) Chi si trovasse a morire in una strada sacra della sacra città 
di Kasi otterrebbe una mia formula meditativa che conferisce la salvezza: 
quest'uomo sarà liberato senza più dover rinascere. Dovunque gli capiti di 
trapassare in questa città, il Grande Signore Siva gli conferirà l'insegnamento 
iniziatico sussurrandogli nell'orecchio destro la mia formula meditativa atta a 
conferire la salvezza. Costui, liberato da ogni male, otterrà la liberazione 
detta comunanza di forma con me. E questi sono i primi due tipi di liberazione, 
la comunanza di livello d'esistenza e la comunanza di forma. L'iniziato alla 
condotta virtuosa, che non permette alla propria attenzione di errare volgendosi 
ad altro ma costantemente riversa tutto il suo essere su di me, che sono il 
principio cosciente universale, partecipa di questa condizione di prossimità. 
(...) Ma l'iniziato che seguendo il sentiero tracciato per lui dal maestro 
spirituale si sforzi di meditare sulla mia forma non soggetta a mutamenti 
ottiene l'unione con me, al modo in cui l'insetto adulto vien fuori dalla 
crisalide. E questa liberazione che culmina nell'unione è invero fonte di 
assoluta beatitudine, di buon auspicio. IL BIASIMO DELL'IGNORANZA L'ottuso, privo di qualsiasi strumento 
di conoscenza, invano si rallegra riempiendosi la bocca del solo nome 
dell'Assoluto, in ciò simile a chi si contentasse del sapore di frutti posti in 
cima ad un ramo, visti riflessi nell'acqua. Coloro che sono abili ad argomentare 
sull'Assoluto, ma non rivolgono costantemente ad esso il pensiero, schiavi delle 
passioni, senza fallo son dannati a nascite e rinascite a causa della loro 
nescienza spirituale. 
 L'ALBERO DELLA TRASMIGRAZIONE 
 Mille sono i polloni, mille i rami, i 
frutti e i boccioli dell'albero della trasmigrazione. Le sue radici sono 
costituite dalla mente, che è formata a parer mio da costruzioni mentali e da 
null'altro. Per disseccare l'albero della trasmigrazione se ne inaridiscano le 
radici, mercè l'annichilimento delle costruzioni mentali. C'è poi soltanto un 
mezzo per controllare la propria mente: distruggere l'attività mentale nel 
momento stesso in cui inizia. La distruzione della mente è la mirabile alba 
della gnosi. Il savio riesce a distruggere la mente, ma quando a tentare è 
l'insipiente ecco ergersi un ostacolo. Finchè la mente non venga sconfitta 
definitivamente dalla pratica costante dell'unica Realtà, le impressioni latenti 
subconoscie scorazzano liberamente all'interno del cuore simili a lemuri 
nottivaghi. Le impressioni latenti subconscie derivate dall'attività sensoriale 
di uno che sia riuscito a distruggere l'egoismo della mente e a controllare 
l'attività di quei mortali nemici che sono i sensi vengono distrutte, come fiori 
di loto al sopraggiungere dell'inverno. (...) Come non è possibile controllare 
un elefante infoiato nocivo se non adoperando il pungolo apposito, così, quando 
si tratta di sconfiggere la mente, i mezzi pienamente efficaci sono solamente il 
conseguimento della conoscenza del proprio Sé, l'accompagnarsi ai savi, la piena 
rinunzia ad ogni impressione subconscia e il controllo dei movimenti delle 
energie vitali. Questi sono i mezzi prescritti. Chi invece cerca di controllare 
la mente con la forza è simile a colui il quale frughi nelle tenebre dopo aver 
gettato via la lucerna che teneva in mano. Gli stolti che sperano di sconfiggere 
la mente facendo ricorso alla violenza cercano di catturare un elefante 
impazzito servendosi di corde di fibra di loto. L'ITINERARIO SPIRITUALE 
 IL DIALOGO TRA YAJNAVALKYA E MAITREYI Yajnavalkya aveva due mogli, Maitreyi e 
Katyayani. Di esse Maitreyi possedeva la scienza dell'Assoluto, Katyayani invece 
era paga di quel che le donne son solite conoscere. Ed ecco un giorno 
Yajnavalkyi, che stava per abbracciare un nuovo stadio di vita, così parlò: - "O Maitreyi", disse Yajnavalkya - "io 
sono in procinto di abbandonare questo stadio di vita. Voglio dunque definire la 
tua posizione insieme a quella di Katyayani." Un uomo purifica il proprio intelletto 
grazie all'esecuzione dei riti quotidiani e simili. L'AZIONE, LA NON -AZIONE, LA CONOSCENZA E` azione quell'attività compiuta per il 
tramite dei sensi, di cui il principio cosciente diviene consapevole dicendo "Io 
faccio questo". E` non-azione l'esecuzione di riti quotidiani ed occasionali, 
sacrifici, voti, atti di ascesi, doni e simili, compiuta senza avere di mira il 
loro frutto. A causa dell'egoismo di chi ne è agente o fruitore essa conduce 
alla schiavitù e ha come effetto la nascita e i mali che ne derivano. La 
conoscenza è la comprensione per conoscenza diretta che nel mutevole universo 
non vi è nulla tranne l'immutabile Coscienza, che non è soggetta a mutamento al 
pari delle altre categorie di oggetti sensibili quali un vaso, una veste e 
simili: essa è identica ovunque ed insita in ogni cosa, e si manifesta ad un 
tempo come colui che percepisce e come ciò che vien percepito. Tale conoscenza 
sorge in seguito al soggiogamento dei sensi, al servizio devoto offerto ad un 
maestro competente, all'ascolto, alla meditazione e all'attenzione per i sacri 
testi. LE CARATTERISTICHE DELLA VIRTU` Fermezza, pazienza, autocontrollo, la 
rinuncia ad appropriarci di ciò che non ci appartiene, purezza, padronanza dei 
sensi, pudore, dottrina, sincerità ed assenza d'ira sono le dieci 
caratteristiche della virtù. LA DEVOZIONE E I SUOI FRUTTI Come invero i raggi del sole dissolvono 
in un batter d'occhio la più compatta tenebra notturna, così la più fitta 
oscurità, causa di esistenza futura, è distrutta da Hari, che è lo splendore 
stesso del sole, e da nessun altro. Rendendo omaggio ai divini piedi di Hari e 
ricordandoli piamente ci si libera dalle nebbie della propria ignoranza 
spirituale. In verità non c'è altro mezzo per disfarsi di morte e rinascita che 
contemplare i piedi del Dio. Chi desidera la prosperità loda chi è ricco: e 
dunque, chi non potrà venir liberato dai suoi legami se con rispetto leva lodi a 
Chi è causa dell'universo stesso? GRADI DELL'ASSOLUTO Sostanziato di pura coscienza, privo di 
dualità, scevro di parti e di un corpo, tuttavia l'Assoluto vien considerato 
dotato di forma all'unico scopo di consentire l'azione rituale di chi si dedica 
al sacrificio. Le divinità che possiedono una forma esteriore si vedono 
assegnare un sesso, membra ed armi, nonché due, quattro, sei, otto, dieci, 
dodici, e perfino mille mani, munite di attributi divini quali conchiglie e 
simili. A migliaia si contano i colori e i veicoli che son loro propri. IL QUADRUPLICE ITINERARIO SPIRITUALE Osservando scrupolosamente i propri 
obblighi relativi agli stadi di vita e all'ordine sociale, praticando varie 
forme di austerità e per ultimo procurando di soddisfare i desideri del proprio 
maestro si sviluppa la quadruplice disciplina spirituale, che consiste nel 
distacco. Essa è composta dalla discriminazione tra ciò che è eterno e ciò che 
non è eterno, dal completo disinteresse per la fruizione di piaceri mondani o 
ultramondani, dall'acquisizione delle sei virtù che cominciano con la calma, ed 
infine dal desiderio insopprimibile della liberazione. Domati gli organi dei 
sensi, rinuncia a coltivare l'idea di un io in qualsivoglia oggetto, e sforzati 
di riporre la consapevolezza del tuo io in me, Visnu, che sono la coscienza 
testimone d'ogni evento. Arduo è nascere in forma umana, più difficile ancora 
ottenere il privilegio del sesso maschile, e difficilissimo infine avere in 
sorte di appartenere al ceto sacerdotale. Se poi uno anche così, pur avendo 
ascoltato, meditato e riflettuto in cuor suo sull'insegnamento ultimo 
concernente la vera natura, la cui forma si pone al di là di ogni convenzione 
derivante dall'ordinamento sociale, dell'Assoluto che ha come sue 
caratteristiche l'essere, la consapevolezza e la beatitudine, ancora non 
giungesse a comprenderlo, allora come potrà mai costui raggiungere la 
liberazione? 
 LA DISCRIMINAZIONE TRA CIO` CHE E` ETERNO E CIO` CHE NON E` ETERNO L'Assoluto è il fondamento del 
dispiegarsi dell'universo, che però non esiste realmente (...) Il sole che 
illumina un vaso non viene meno in seguito alla distruzione di quel vaso: lo 
stesso accade alla coscienza - testimone che illumina il corpo, e non vien meno 
in seguito alla distruzione del corpo (...) Al modo in cui un gufo abbacinato 
scorge solo tenebra nel sole, così chi è obnubilato dall'ignoranza non 
percepisce che tenebra nella suprema beatitudine, che di per sé è splendente, 
dell'Assoluto. Se le nubi gli velano la vista lo sciocco pensa che il sole non 
ci sia: proprio così chi è ottenebrato dall'ignoranza e costretto nel corpo 
pensa che l'Assoluto non esista (...) Ma proprio come la luce di una lampada, 
per quanto piccola, riesce a disperdere una tenebra sconfinata, così un barlume 
di conoscenza, per piccolo che sia, riesce a sconfiggere la più fitta e densa 
ignoranza. DISPREZZO PER IL CORPO Il corpo è soggetto a nascita e a morte. 
E` composto dalle impurità presenti nei corpi del padre e della madre. E` 
ricettacolo di piacere e dolore. E` per questo che per poterlo toccare è 
prescritta l'abluzione rituale. Legato com'è ai suoi componenti fisici è veicolo 
d'ogni sorta di malattie gravi, è il tempio stesso d'ogni malvagità, è 
instabile, e ha forma ed estensione mutevoli. E` per questo che per poterlo 
toccare è prescritta l'abluzione rituale. CADUCITA` DEL MONDO Ohimè, dove sono i tesori dei grandi 
sovrani? Dove son finiti coloro per opera dei quali si sono manifestati i mondi 
nelle diverse ere cosmiche. E che fine han fatto i mondi stessi? Quelli d'un 
tempo sono svaniti. Molte nuove manifestazioni del mondo si sono verificate. 
Miriadi di divinità preposte alla manifestazione si sono dissolte, e i re sono 
scomparsi come granelli di polvere. IL FETO RICORDA LE VITE PRECEDENTI "Già vidi migliaia d'altre matrici; ho 
consumato nutrimento d'ogni sorta, ho poppato al seno di svariate mammelle. 
Prima nato, poi morto, rinasco continuamente. Ahimè, sono sprofondato in un 
oceano di dolore e non riesco a scorgere una via di salvezza! Il frutto di quel 
che feci a chi m'era compagno, buono o cattivo che fosse, quello solo devo 
scontare: da lungi sono scomparsi quelli che han goduto e quelli che han 
sofferto per il mio agire. Potessi fuggirmene dal grembo di mia madre, prenderei 
rifugio nello yoga e nello studio della dottrina che insegna la differenza tra 
la coscienza e gli oggetti, la dottrina che distrugge ogni male ed elargisce il 
frutto della liberazione. Potessi fuggirmene dal grembo di mia madre, 
m'abbandonerei al Sommo Signore oppure a Narayana, che distruggono ambedue ogni 
male ed elargiscono il frutto della liberazione. Potessi fuggirmene dal grembo 
di mia madre, senza posa mediterei sull'Assoluto imperituro." Ma ecco che, 
raggiunta l'apertura degli organi genitali, oppresso dallo sforzo delle doglie, 
costretto a nascere con dolore, e sfiorato dal tocco dell'aria esterna, non 
riesce più a serbare il ricordo delle nascite e delle morti, e si scorda le sue 
precedenti azioni buone e malvagie. LA RINUNCIA (Parla Varaha:) Chi rinunci 
all'attaccamento a ciò che è esterno, a ciò che è interno e al proprio stesso 
Sé, dissolvendo così ogni sorta di attaccamento, quegli senza dubbio diviene il 
Mio stesso sé. Quell'asceta dell'ordine supremo che, pur vivendo nel mondo, si 
tien discosto dal consorzio umano come da una serpe velenosa, che brama tenersi 
lungi da una bella donna come da un cadavere, che è del tutto distaccato a 
considera l'infinita serie degli oggetti un mortale veleno, questi invero non è 
altri che Vasudeva, ossia Me stesso. Questa è la verità, questa è la verità. 
Questa che ho testè enunciata non è altro che la verità. Io sono la verità, 
l'Assoluto supremo, e null'altro vi è al di fuori di Me. Chi non indugia a ricordare i piaceri 
trascorsi e non brama quelli di là da venire, né si rallegra per quelli 
presenti, dimora nello stadio di vita della rinuncia. Chi, pur essendo ancora 
unito al corpo, non si cura di piacere e dolore proprio come se il suo soffio 
vitale si fosse dipartito da lui, dimora nello stadio di vita della rinuncia. Un 
asceta dell'ordine supremo dovrebbe indossare un paio di pezze di stoffa a mò di 
perizoma, una veste cenciosa, e portar con sé un bastone. Null'altro è 
prescritto oltre a ciò. S'egli bramasse indossare altre vesti, certo dopo esser 
sprofondato in un terribile inferno sarebbe condannato a rinascere nel grembo di 
un animale bruto. Al momento di intraprendere la scelta di 
vita della rinuncia al mondo l'asceta dovrebbe recitare i sacri insegnamenti 
sino a pervenire a una sufficiente purificazione dell'organo mentale. Poi, 
abbandonati senza indugi alle acque il perizoma che gli cinge la vita, la fascia 
intorno alle pudenda, il bastone, la veste e la ciotola per la questua del cibo, 
prenda a vagare così com'è uscito dal grembo di sua madre, senza il più piccolo 
cencio indosso. Non pronunci altro nome che la sillaba sacro simbolo 
dell'assoluto, non dica nulla né ascolti alcunchè. Si astenga dallo studiare la 
logica o la grammatica. Non sia troppo loquace: la verbosità non avrebbe altro 
risultato che affaticare il suo organo vocale. Si limiti a comunicare a gesti 
adoperando le mani, non si rivolga a persone di infima estrazione sociale o a 
donne. Non prenda parte del culto delle divinità, e si astenga del pari 
dall'assistere a feste religiose o dal partecipare a pellegrinaggi a luoghi 
sacri. (...) Non traversi un fiume usando le mani per nuotare, non salga sugli 
alberi, non monti su di un carro. Non compri e non venda alcunché, non partecipi 
ad alcuno scambio. Rifugga dall'ipocrisia, dalla menzogna. Non faccia 
assolutamente nulla. Se dovesse compiere qualche azione ciò ingenererebbe una 
inaccettabile confusione di ruoli: l'unica attività che colui che rinuncia può 
svolgere è la meditazione e simili. (...) Se si dedicasse allo studio di 
trattati estranei alla sua brama di conoscere il Sé, sarebbe inutile e patetico, 
come un cammello tutto adornato di belletto ottenuto con polvere di zafferano. LA DISTRUZIONE DELLA MENTE O principe tra i saggi, due sono le vie 
per distruggere la mente: lo yoga e la conoscenza. Lo yoga è il superamento 
della condizione di mutabilità dell'organo mentale, la conoscenza è il suo 
corretto esame. Una volta superata la sua condizione di mutabilità, la mente 
subito si placa. E` invero quando le fluttuazioni della mente si placano, anche 
il ciclo di nascite e rinascite viene meno, a quel modo in cui gli affari 
quotidiani cessano col venir meno del movimento dell'orbe solare intorno alla 
superficie della terra. Duplice è la natura dell'organo mentale, 
a seconda che esso sia puro o impuro. La mente impura è sospinta dai desideri, 
quella pura è libera da brame. La mente e null'altro cagiona la schiavitù o la 
liberazione degli uomini. La schiavitù consiste nell'adesione della mente agli 
oggetti; la liberazione sorge quando la mente si ritrae dagli oggetti. Cessata 
l'adesione agli oggetti, la mente confinandosi alla regione del cuore raggiunge 
lo stato in cui non è più mente, ossia la condizione suprema. Controlla la mente 
sino a che il processo di autoconsunzione non la porti nella regione del cuore. 
Questa è la vera gnosi, questa è meditazione: tutto il resto non è che 
ingombrante erudizione libresca. L'Assoluto infatti non è pensabile né 
impensabile, e neppure è pensabile ed impensabile ad un tempo. Pienamente libero 
da ogni parzialità, l'Assoluto risulta incrollabilmente in sé compiuto. (...) 
L'Assoluto invero è privo di parti, non soggetto a formalizzazioni concettuali, 
immacolato. Sapendo di essere l'Assoluto gradualmente ci si rende pari ad esso. 
Riconoscendo che esso è estraneo alla sfera di applicazione dei concetti, 
infinito, privo di causa o di esempi che lo possano illustrare, 
incommensurabile, privo di un inizio e di una fine, il savio giunge ad attingere 
la liberazione. Non si dà distruzione né nascita; non v'è chi sia legato né chi 
si sforzi di liberarsi. Nessuno cerca la liberazione, nessuno è liberato: questa 
è la verità suprema. Sappi dunque che il Sé va considerato come unico nei tre 
stati di coscienza, veglia, sogno e sonno profondo: per chi riesce a travalicare 
questi tre stati non si dà affatto rinascita. Uno solo è il Sé che si manifesta 
nei diversi esseri: vien visto come uno oppure come molti, come accade al disco 
lunare riflesso in uno specchio d'acqua. (...) Finchè resta ottenebrato 
dall'illusione della conoscenza meramente verbale la differenza permane: 
dissolta la tenebra non si scorge altro che unità. L'Assoluto di grado inferiore 
è solo un flusso di parole, che una volta dissipatosi rivela l'Assoluto di grado 
superiore: su quest'ultimo, sull'Assoluto imperituro, dovrebbe meditare il 
saggio che desideri procacciarsi la quiete spirituale del proprio Sé. Due dunque 
sono gli Assoluti su cui si deve meditare: il Verbo e l'Assoluto di grado 
superiore. Chi è versato nello studio del Verbo riuscirà certamente ad attingere 
l'Assoluto di grado superiore. Grazie allo studio dei testi l'uomo accorto, 
tutto intento ad ottenere conoscenza e gnosi, dovrà a un certo punto abbandonare 
del tutto lo studio libresco, come chi desideri procacciarsi del grano dovrà di 
necessità lasciar da parte la paglia. Se il latte, pur munto da vacche di 
diversi colori, ha tuttavia lo stesso colore, si consideri il soggetto 
percipiente come il latte, le fonti della conoscenza come le vacche. 
Concentrando l'occhio della conoscenza si evochi il pensiero: "Son io dunque 
quella grande sede suprema, l'Assoluto privo di parti, esente da movimento, 
perfettamente quieto". LA DISTRUZIONE DELLE IMPRESSIONI LATENTI SUBCONSCIE La pratica che consiste nel considerare 
sempre ed ovunque ogni cosa nei termini dell'Assoluto provoca la distruzione 
delle impressioni subconscie, ottenuta grazie alla forza del processo mentale di 
ideazione positiva. Non ci si deve permettere la minima negligenza 
nell'applicarsi alla meditazione devota sull'Assoluto: chi conosce l'Assoluto dà 
a una simile negligenza il nome di morte. Come il muschio rimosso dalle pareti 
di un pozzo vi ricompare in un attimo, così l'illusione cosmica è pronta ad 
ottenebrare anche il saggio se solo egli si distrae un momento. IMPASSIBILITA` DELL'ASCETA Il savio dovrebbe comportarsi come un 
fanciullo, assumere il modo di essere proprio di un fanciullo: non si circondi 
di compagnia, sia esente da biasimo, osservi il silenzio rituale, si valga della 
propria sagacia e non si ponga alcun limite. In tal modo si ottiene l'isolamento 
di chi è liberato, secondo quanto dice lo stesso demiurgo divino, il Signore 
degli esseri soggetti a nascita, Prajapati. Avendo conosciuto con certezza 
questa sede colma di maestà l'accorto prenda dimora presso le radici d'un si 
vesta di cenci, osservi la solitudine e da solo s'immerga nella pratica detta 
dell'incentramento dell'attenzione. Bramoso di conoscere il Sé, egli lo 
conseguirà e diverrà affatto privo di desideri: le sue brame verranno meno. Non 
proverà timore di alcuno in alcun modo, pur riconoscendo la forma stessa della 
morte in esseri quali elefanti, leoni, tafani, zanzare, manguste, serpi, demoni 
nottivaghi e musici celesti. Saldo come un albero resisterà, e dovessero pur 
farlo a pezzi non si adirerà e non tremerà. Saldo come una roccia resisterà, e 
dovessero pur farlo a pezzi non si adirerà e non tremerà. Saldo come lo spazio 
resisterà, e dovessero pur farlo a pezzi non si adirerà e non tremerà. Grazie 
alla verità sarà in grado di resistere, perché il Sé non è che verità. La terra 
è il cuore di tutti gli odori, l'acqua è il cuore di tutti i sapori, il fuoco è 
il cuore di tutte le forme, il vento è il cuore di tutti i contatti, lo spazio è 
il cuore di tutti i suoni, il principio immanifesto è il cuore di tutti i canti 
di lode, la morte è il cuore di tutto ciò che è. La morte invero diviene tutt'uno 
con la divinità suprema. Al di là di quest'ultima non vi è essere né non essere 
e neppure essere e non essere. Questa è l'esposizione dell'estinzione dei 
legami, questa è l'esposizione della scienza sacra rivelata, sì, questa è 
l'esposizione della scienza sacra rivelata. LO YOGA DALLE OTTO MEMBRA LE OTTO MEMBRA DELLO YOGA Odi dunque, o figlio di Samkrti, io ti 
esporrò la dottrina dello yoga con le sue otto membra. Prima le prescrizioni e 
le restrizioni d'ordine morale, quindi le posture del corpo, ed infine il 
controllo della forza vitale. A ciò segue la ritrazione dei sensi dagli oggetti 
loro propri, supremo patrimonio di conoscenza. Poi concentrazione, meditazione o 
incentramento dell'attenzione coronano, o saggio, la disciplina. LE DIECI PRESCRIZIONI Non violenza, verità, rifiuto adesso 
ogni appropriazione indebita, castità, compassione, rettitudine, pazienza, 
fermezza, moderazione nel vitto e purezza sono le dieci prescrizioni. La non 
violenza consiste nel non causare mai dolore a nessun essere mediante atti 
corporei, vocali o mentali. La verità consiste nel proferire parole conformi ai 
fatti e che siano foriere di prosperità per gli esseri, mediante atti fisici, 
vocali o mentali. Il rifiuto di ogni appropriazione indebita consiste nel non 
impadronirsi di proprietà altrui mediante atti corporei, vocali o mentali. La 
castità consiste nel rinunciare sempre al rapporto sessuale in ogni circostanza 
e condizione mediante i propri atti corporei, vocali o mentali. La compassione 
consiste in una perpetua disposizione d'animo pietosamente favorevole verso 
tutti gli esseri. La rettitudine consiste nel mantenimento di equanimità ed 
uniformità negli atti corporei, vocali o mentali per quanto riguarda 
l'esecuzione o la non esecuzione di azioni rispettivamente prescritte o 
proibite. La pazienza consiste nel sopportare con mansuetudine tutto ciò che 
risulti spiacevole o piacevole, come l'esser battuto o riverito. La fermezza 
consiste nella capacità di conservare la stabilità mentale in occasione 
dell'acquisto o della perdita di beni o persone care. La moderazione nel vitto 
consiste nel cibarsi solo di alimenti oleosi e dolci, lasciando vuota la quarta 
parte dello stomaco. La purezza poi è da considerarsi duplice, a seconda se si 
esterna o interna. Quella esterna consiste nella pulizia del corpo con argilla 
ed acqua; quella interna comporta la purificazione dell'organo mentale, e si 
ottiene grazie alla conoscenza del proprio Sé. LE DIECI RESTRIZIONI Le dieci restrizioni sono: austerità, 
contentamento, retta fede, carità, venerazione del Signore, osservazione dei 
sommi principi, pudore, retta opinione, recitazione rituale, rispetto dei voti. 
L'austerità è la mortificazione del corpo mediante l'esecuzione puntuale di 
varie pratiche ascetiche come quella con cui a stento ci si conserva in vita o 
il digiuno regolato secondo le fasi lunari eccetera. Il contentamento consiste 
dell'esser paghi di quel che ci giunge secondo il caso. La retta fede consiste 
nel credere alla validità dei meriti e dei demeriti, così com'è descritta nella 
scienza sacra rivelata. La carità consiste nel donare con fede granaglie o 
denaro e simili, guadagnati onestamente, a persone meritevoli. La venerazione 
del Signore consiste nell'adorare con purezza gli dei, Visnu, Rudra e simili, 
secondo le proprie capacità. L'osservazione dei sommi principi consiste 
nell'attento esame del significato dei principi ultimi della scienza sacra 
rivelata. Il pudore è la vergogna che si deve provare qualora si compiano azioni 
contrarie al sentiero segnato dai precetti della scienza sacra rivelata o della 
saggezza mondana. La retta opinione è la fede nella condotta che segua questa 
sentiero. La recitazione rituale consiste nella pratica costante delle formule 
sacre che non siano contrarie alla scienza sacra rivelata e siano state 
impartite dal maestro spirituale secondo le regole prescritte. E` di due tipi, 
vocale e mentale. Il tipo mentale va di conserva alla meditazione intellettuale. 
Il tipo vocale è a sua volta duplice, a seconda che sia pronunciato ad alta voce 
ovvero sussurrato. Il tipo pronunciato ad alta voce reca un frutto conforme a 
ciò che proclamano i dettami della scienza sacra rivelata; il tipo sussurrato ha 
un valore mille volte superiore; e millanta quello mentale. Il rispetto dei voti 
poi consiste nella scrupolosa esecuzione o astensione rispetto ad azioni 
prescritte o proibite dai dettami della scienza sacra rivelata. LE POSTURE DEL CORPO Le posture del corpo più importanti sono 
otto: quella di buon auspicio, quella a muso di vacca, quella del loto, quella 
del leone, quella dell'eroe, quella prospera, quella libera e quella del pavone. 
Ponendo le piante di ambo i piedi tra ginocchio e coscia, e tenendo il corpo 
eretto, si assume la postura di buon auspicio. Posta la caviglia sinistra sotto 
il lato della natica destra e la destra sotto il lato della sinistra si ottiene 
la posizione a muso di vacca, così chiamata perché ricorda appunto il muso di 
una vacca. Se si afferra l'alluce destro con la mano sinistra e viceversa, dopo 
aver posto ambo i piedi sopra le cosce, si assume, o sandilya, la postura del 
loto, da tutti venerato. Posto un piede sopra la coscia della gamba opposta e 
l'altro sotto di essa si ha la postura dell'eroe. Posta a destra la caviglia 
sinistra e viceversa, appoggiate le mani sulle ginocchia, le dita distese, la 
bocca spalancata, si fissi la punta del naso attentamente: questa è la postura 
del leone, sempre lodata da coloro che praticano lo yoga. (...) Si stringano le 
caviglie sotto lo scroto ai due lati del frenulo prepuziale e si tengano fermi 
strettamente i lati dei piedi con le mani: questa è la postura prospera, che 
distrugge ogni malanno e vanifica ogni veleno. Si prema la caviglia sinistra sul 
lato destro del frenulo prepuziale, là dove s'assottiglia, e la destra sul 
fianco sinistra: questa è la postura libera. La postura del pavone, che dissipa 
ogni calamità, è poi la seguente. Si poggi a terra su entrambe le mani e si 
pongano i gomiti ai lati dell'ombelico, quindi si levino in alto il capo e i 
piedi, sì da restare saldi in aria come un bastone. Con queste pratiche ogni 
malanno del corpo svanisce, ogni veleno è riassorbito senza danno. IL CONTROLLO DELLA FORZA VITALE Il controllo della forza vitale si 
ottiene mediante l'inspirazione, l'espirazione e l'apnea inspiratoria, che ne 
costituiscono le tre varietà. (...) LA RITRAZIONE DEI SENSI DAGLI OGGETTI LORO PROPRI La ritrazione dei sensi dagli oggetti 
loro propri consiste nella cessazione di ogni attività mentale riguardante gli 
oggetti che rappresentano l'ambito di esplicazione dei sensi. Ecco dunque la ritrazione dei sensi, che 
ha quintuplice forma. Il ritirarsi a forza dei sensi degli oggetti loro 
peculiari è detto ritrazione. Contemplare tutto ciò che si vede come se fosse il 
Sé è detto ritrazione. La rinuncia ai frutti delle proprie azioni quotidiane è 
detta ritrazione. Distogliersi da tutti gli oggetti dei sensi è ritrazione. Ed 
infine è ritrazione la concentrazione rivolta rispettivamente ai diciotto punti 
vitali sotto elencati: piedi, alluci, caviglie, polpacci, ginocchia, cosce, ano, 
membro virile, ombelico, cuore, gola, palato, naso, occhi, punto mediano tra le 
sopracciglia, fronte e capo, compiuta in ordine prima ascendente e pi 
discendente. CONCENTRAZIONE Il primo distogliersi della mente dagli 
oggetti, seguito dal consolidarsi della consapevolezza nella coscienza, è la 
concentrazione. CONCENTRAZIONE, MEDITAZIONE E INCENTRAMENTO DELL'ATTENZIONE La conncentrazione è triplice, a seconda 
che si rivolga a fissare la mente sopra il Sé, a trasferire lo spazio esteriore 
nel rarefatto spazio interno, o infine a contemplare le cinque forme divine nei 
cinque elementi, terra, acqua, fuoco, vento e spazio. Ecco poi la meditazione, 
che comprende due varietà, quella dotata di attributi e quella priva di 
attributi. La prima consiste nella meditazione su di una forma divina. La 
seconda è la meditazione sulla realtà del Sé. L'incentramento dell'attenzione 
infine consiste nella condizione di identità che si instaura tra Sé individuale 
e Sé supremo, e che si pone al di là della triade di soggetto conoscente, 
conoscenza ed oggetto conosciuto. Tante stato è fatto di pura consapevolezza, e 
in esso consiste la suprema beatitudine. 
 Riuscendo a vedere l'Assoluto ovunque 
vagli la mente, si ottiene la concentrazione mentale, che ne è la varietà 
suprema. La meditazione poi si ha quando si indulge a pensieri positivi del tipo 
"Io sono l'Assoluto e null'altro", senza che il pensiero si riferisca a nessun 
oggetto. Questo tipo di pratica conferisce somma beatitudine. Il raggiungimento 
e il successivo superamento di uno stato di immutabilità, mercè la comprensione 
della condizione dell'Assoluto, porta allo stato di incentramento 
dell'attenzione. E il saggio dovrebbe sforzarsi di perseguire questa beatitudine 
non artificiale sinchè non riesca ad unirsi per un attimo alla condizione del Sé 
che costituisce l'intimo del suo essere. Allora questo re di coloro che 
praticano lo yoga raggiunge la perfezione e si libera del bisogno stesso di una 
disciplina spirituale. YOGA E CONOSCENZA Lo yoga va conosciuto tramite lo yoga, 
dallo yoga lo yoga acquista vigore. Chi grazie allo yoga attinge la 
concentrazione prova diletto per lungo tempo. Si fissi un termine al sonno, un 
limite al cibo, e si ponga mente a ben digerire. Bandita ogni eccessiva 
austerità ci si sieda a proprio agio in un luogo isolato e fresco, liberi da 
ogni brama, sforzandosi di raggiungere questa condizione, oppure si cerchi di 
imbrigliare la forza vitale, senza deflettere dal sentiero della propria pratica 
usuale. Si riempia la bocca di soffio vitale, e si faccia penetrare il soffio 
che scorre verso il basso sin nella sede del fuoco gastrico, divoratore 
dell'oblazione. Colà, arrestatolo, con le sei (sic) dita a partire dai pollici 
si tappino orecchie, occhi e narici. Seguendo questa via i praticanti riescono a 
sorgere appieno la loro parte di verità, la mente tutta intenta alla molteplice 
contemplazione del sacro suono interiore. Orecchie, bocca, occhi e naso vanno 
ostruiti. Allora nell'arteria che è detta "assai graziosa" così purificata si 
potrà udire senz'alcuna distorsione e chiaramente il suono interiore. Allora 
nella regione che si dice del suono non prodotto da percussione si udrà una 
risonanza distinguibile in molteplici armonie; il corpo del devoto diverrà 
divino, ripieno di splendore e colmo di profumi celestiali, ed egli non sarà mai 
più soggetto a malattie di sorta. Il suo cuore si colmerà di tale suono, ed 
allorquando lo spazio ivi contenuto prenderà a risuonare egli diverrà a pieno 
diritto un adepto dello yoga. Poi, infrantosi ogni ulteriore ostacolo, il soffio 
prenderà a fluire nella regione mediana. 
 I SEI CERCHI D'ENERGIA SOTTILE chi non comprende che nel proprio corpo 
vivono di queste entità, i sei cerchi d'energia sottile, i dodici sostrati, le 
tre caratteristiche e i cinque tipi di spazio, come potrà ottenere la 
perfezione? Quanto ai sei cerchi, quello fondamentale ha quattro parti dette 
petali, quello fondato su se stesso ne ha sei. Nell'ombelico vi è il loto da 
dieci petali, nel cuore quello dai dodici raggi. La ruota a sedici raggi, detta 
purissima, sta a metà delle sopracciglia, e ha due petali. Il cerchio che conta 
mille petali si trova nella fontanella del cranio. LA FORMULA RECITATA INCONSCIAMENTE Il respiro viene esalato con il suono 
"ha" ed inalato con il suo" sa". Pertanto ogni individuo vivente recita 
perpetuamente questa formula meditativa "Hamsa", ventunomilaseicento volte in un 
giorno e una notte. Essa è detta "formula rituale sacra non recitata", ovvero 
recitata inconsciamente, dai seguaci dello yoga, e si ritiene conferisca 
infallibilmente la liberazione. Mercè la mera decisione di compiere questa 
recitazione ci si sbarazza d'ogni male. Non v'è mai stata né vi sarà scienza 
sacra, recitazione rituale o gnosi salvifica che possa stare alla pari con 
questa formula ripetuta inconsciamente. SUONI MISTICI Assunta stabilmente la postura perfetta 
si pratichi l'esercizio noto come sigillo di Visnu: si udrà allora 
infallibilmente nell'orecchio destro levarsi il suono interiore. Questo suono 
rende il praticante sordo a ogni disturbo sonoro d'origine esterna. Superato 
ogni ostacolo, il devoto raggiunge il quarto stato di coscienza in capo a una 
quindicina di giorni. All'inizio della pratica udrà dapprima parecchi suoni di 
timbro possente. Con lo sviluppo dell'esercizio il timbro del suono via via si 
assottiglierà sempre più. Nello stadio preliminare i suoni saranno simili a 
quelli generati dall'oceano, da una nube temporalesca, da un timpano o da una 
cascata. Nello stadio intermedio somiglieranno al suono di un tamburo, di 
un'esclamazione di stupore, di campane, del corpo. Nello stadio finale 
ricorderanno il suono di campanelle, del flauto di giunco, del liuto, del ronzio 
sordo delle api. In tal modo egli udrà svariati suoni via via più sottili. 
Giunto allo stadio in cui si percepisce il suono del timpano e simili dovrebbe 
sforzarsi di dirigere la propria attenzione solamente a quelli che si fanno via 
via più sottili. Potrà rivolgere il proprio interesse ai suoni sottili a partire 
da quelli grosssolani o viceversa non dovrà permettere che la mente si distragga 
rivolgendosi a nessun altro oggetto. L'organo mentale si con centra dapprima su 
di un suono qualsivoglia, si fissa progressivamente su di esso e giunge a 
fondervisi. Divenuta del tutto insensibile agli stimoli esterni, la mente si fa 
tutt'una con il suono, come il latte miscelato all'acqua, e rapidamente si 
dissolve nello spazio interiore della coscienza. Divenuto indifferente ad ogni 
stimolo sensoriale mediante la pratica costante di una simile meditazione, colui 
che segue il metodo dello yoga dovrebbe concentrarsi ogni giorno vieppiù su 
questo suono che ha la proprietà di annichilire la mente. Quandi, abbandonato 
ogni pensiero e lasciata ogni aspirazione egli si concentrerà con tutto il suo 
essere su tale suono, vedrà che la sua mente giunge a dissolversi in esso. Come 
l'ape tutta intenta a suggere il nettare dei fiori non si cura del profumo che 
essi emanano, del pari la mente, costantemente assorbita dal suono, più non 
brama gli oggetti dei sensi, giacché, tutta avvinta dal soave aroma di esso, ha 
abbandonato la sua natura instabile. Il serpente interiore della mente è 
ipnotizzato dal suono, e dimentico d'ogni alla cosa si fa tutt'uno con esso, 
senza più vagare altrove. La mente, che come un elefante infoiato scorrazza nel 
giardino degli oggetti dei sensi, vien controllata grazie al pungolo acuminato 
costituito dal suono. Il suono è la trappola per catturare l'antilope interiore, 
è la sponda che argina l'oceano interiore, la mente. Tale suono, 
 
 LA MANIFESTAZIONE DEL MONDO L'ASSOLUTO OLTRE OGNI MUTAMENTO O Sandilya, il supremo Assoluto, che è 
la Realtà stessa, è imperituro e scevro di azione. 
 CARATTERISTICHE DELL'ILLUSIONE COSMICA Priva di inizio, è suscettibile di 
subire una fine; è conoscibile e al contempo non conoscibile; non si può dire 
che vi sia, né che non vi sia, e neppure che ad un tempo vi sia e non vi sia; è 
causa di ogni mutamento pur essendo priva di mutamento lei stessa; non è ben 
definibile, essendo per definizione indefinibile; è priva di caratteristiche 
individuanti: questi i tratti salienti dell'illusione cosmica. 
 CARATTERISTICHE DEL SIGNORE Riflesso nell'illusione cosmica che 
sotto forma di purissima lieve luminosità fa da sostrato all'universo, il 
Signore non è soggetto a nascita. (...) Ed invero l'illusione cosmica non 
rappresenta altro che un'erronea costruzione mentale sovrapposta alla signoria 
dell'Onnisciente. Facoltà di soggiogare gli altri, unicità ed onniscienza gli 
appartengono. E` il Signore dei mondi, grazie alla sua matura sostanziata di 
luminosità, alla sua perfezione e al suo essere testimone d'ogni evento. E` in 
grado di manifestare il mondo, di non manifestarlo o di manifestarlo altrimenti 
da com'esso si presenta. L'Assoluto, avendo manifestato i mondi 
mediante la potenza che ha il nome di "principio oggettuale", penetra in essi e 
ne diviene l'intimo reggitore. Giacché governa l'operare delle varie figure 
divine preposte alla manifestazione dei mondi, nonché degli organi di senso e 
d'azione dei soggetti coscienti, è detto "Signore". I CINQUE PRINCIPI DI REALTA` Il corpo è composto di terra e di altri 
elementi grossolani. Ciò che in esso si presenta come duro è fatto di terra, ciò 
che fluido è fatto d'acqua, ciò che è caldo è fatto di fuoco, ciò che si muove è 
fatto di vento, ciò che è cavo è fatto di spazio. L'orecchio e gli altri organi 
costituiscono gli strumenti di senso conoscitivi. L'orecchio è fatto di spazio, 
la pelle di vento, l'occhio di fuoco, la lingua di acqua, il naso di terra. Ciò 
che tali organi percepiscono è rispettivamente il suono, il tatto, la forma, il 
sapore e l'odore, che sorgono dai rispettivi elementi grossolani, a partire 
dalla terra. Gli organi di senso preposti all'azione poi sono la bocca, le mani, 
i piedi, l'apparato escretore e quello riproduttivo. I loro ambiti d'azione, che 
sorgono dai rispettivi elementi grossolani, a partire dalla terra, sono 
nell'ordine l'atto di parlare, di afferrare, di muoversi, di espellere e di 
godere. L'organo interno poi è quadruplice, diviso in mente, intelletto, senso 
dell'io e coscienza. I loro ambiti di funzione sono rispettivamente la volizione 
e 
 LE SEI MODIFICAZIONI DEGLI ESSERI Esistenza, nascita, crescita, maturità, 
decadimento e distruzione sono le sei modificazioni cui vanno soggetti gli 
esseri. I QUATTRO STATI DI COSCIENZA Si ha lo stato di veglia quando il Sé 
percepisce gli oggetti sensibili grossolani quali il suono e simili tramite i 
suoi quattordici organi a partire dalla mente, che hanno il sole come divinità 
di sostegno. Quando poi il Sé, insieme ai quattro organi che costituiscono 
l'apparato mentale, accompagnati dalle impressioni subconoscie ad essi relative, 
percepisce oggetti sensibili quali il suono, anche in assenza della loro 
presenza fisica, si ha lo stato di sogno. Quando, in grazia dell'assenza di 
funzionamento dei quattordici organi (ossia i quattro mentali più i cinque sensi 
percettivi e i cinque sensi d'azione) e del conseguente venir meno di una 
coscienza specifica, non si percepiscono più in alcun modo oggetti sensoriali 
quali il suono, e simili, allora si ha lo stato di sonno profondo. Ma quella 
unica ed ininterrotta consapevolezza che funge da testimone tanto alla presenza 
quanto all'assenza dei tre stati precedenti, di per sé scevra di tale presenza o 
assenza, è ciò che vien detto il quarto stato. IL PROCESSO DELLA RINASCITA La morte, che è radicalmente alla 
rispetto ai quattro stati di coscienza, ed è tale da ingenerare terrore in tutti 
gli esseri, dal manifestatore divino Brahma giù giù fino all'umile filo d'erba, 
distrugge il corpo grossolano. Poi il principio vitale individuale, obnubilato 
dall'ignoranza e dagli elementi che compongono l'universo si appropria degli 
organi di senso e di quelli d'azione, nonchè dei relativi oggetti e dei vari 
tipi di forza vitale, insieme alle azioni che compie spinto dal desiderio, ed 
assume un altro corpo, raggiungendo un diverso livello d'esistenza. I frutti 
delle precedenti azioni del principio vitale individuale continuano a maturare, 
ed esso non conosce riposo, come un insetto che si dibatta in uno stagno. Ed è 
solo grazie alle buone azioni compiute che, al termine di parecchie rinascite, 
sorge nell'uomo il desiderio della liberazione. Solo allora, se si è fatto 
ricorso ad un buon maestro spirituale e lo si è servito per lunghi anni, si 
potrà ottenere la liberazione dalla schiavitù. E in verità causa della 
condizione di schiavitù è la mancanza di quest'esame della condizione umana; la 
salvezza invece è originata da tale esame. Pertanto ci si dovrebbe sempre 
sforzare di praticare un'analisi sul proprio Sé. E` possibile accertare la 
realtà del Sé tramite l'esame delle false attribuzioni cui questi va soggetto e 
la conseguente loro confutazione. Pertanto non ci si dovrebbe stancare di 
esaminare con attenzione il mondo, il principio vitale individuale e il Sé 
universale. Messo in luce il modo proprio di essere del principio vitale 
individuale e del mondo, ciò che resta è l'Assoluto, che si rivela non dissimile 
dal Sé individuale. IL MODO PROPRIO DI ESSERE DELLA REALTA` L'ASSOLUTO IN SE' E PER SE' Uno, senza secondo, reale, privo di nome 
e forma, questo io sono: mercè questa riflessione che ha per oggetto l'identità 
io divengo l'Assoluto. L'Assoluto non è soggetto ai tre tempi, 
passato, presente e futuro; e anzi non è soggetto a alcun'altra possibile 
dimensione temporale. L'Assoluto si presenta sia in possesso di attributi sia 
senza di essi. Privo di sostanza propria, intimamente vacuo è l'Assoluto al 
principio, nel mezzo e alla fine. Quest'intero universo invero è l'Assoluto. 
L'Assoluto sta al di là dell'illusione cosmica, al di là delle qualità 
costituenti il principio oggettuale. Infinito, inconoscibile, intatto, perfetto 
è l'Assoluto. Senza secondo, somma beatitudine, puro, illuminato, sciolto, vero 
e reale, onnipervadente, indifferenziato, indiviso è l'Assoluto. L'Assoluto è 
essere, coscienza e beatitudine, luce di per sé splendente. L'Assoluto non è 
pascolo per la mente o la parola. Integro, l'Assoluto non dà luogo ai metodi 
logici di retta conoscenza. Incommensurabile, l'Assoluto si lascia conoscere 
solo mercè i principi che costituiscono il fine ultimo della scienza sacra. 
L'Assoluto è privo di distinzioni quanto a luogo, a tempo e sostanza. 
Interamente perfetto è l'Assoluto. Pari al quarto stato di coscienza, esente da 
mutamenti, unico è l'Assoluto. Non soggetto alla dualità, inesprimibile a parole 
è l'Assoluto. Infinito e non manifesto è questo Sé. Chi ha gli occhi della mente riesce a 
scorgere tutti gli esseri, dal manifestatore divino Brahma giù giù fino alle 
creature immobili. Gli iniziati invero contemplano quell'uno, che irradia luce 
tutt'intorno e pervade ogni cosa. Il supremo Assoluto è somma verità, e ha 
come attributi caratteristici essere, coscienza e beatitudine. Inconoscibile, 
inesplicabile, inavvicinabile dalla parola o dalla altrimenti, esso è puro, 
sottile, privo di forma, immutabile, immacolato. E` altresì infinito, esente da 
distinzioni, incomparabile, salvifico. Vero e reale, il supremo Assoluto è 
l'unico rimedio a quest'universo di trasmigrazione. Senza macchia al di là 
d'ogni immaginazione, perenne, è privo d'un inizio, d'un mezzo o d'una fine. Il supremo Assoluto rifulge immacolato, 
privo di parti: è di buon auspicio, imperituro, non conosce il dolore. Sostegno dell'intero universo, libero 
dalle coppie di opposti, il supremo Assoluto è eterno. Si manifesta come essere, 
coscienza e beatitudine, e parola e pensiero non riescono a comprenderlo. 
 L'ASSOLUTO NEL CORPO In mezzo alle sopracciglia si trova il 
salvifico Assoluto, che è essere, coscienza e beatitudine, e si presenta come 
sommo splendore. L'ASSOLUTO PERSONALE Chi, concentrando la mente in un sol 
punto, mediti assiduamente su di me, Hari l'imperituro, e parimenti rifletta sul 
proprio Sé nel loto del cuore, costui senza dubbio si libera. La mia forma è 
l'Assoluto scevro di dualità, privo di un inizio, di un mezzo o di una fine. Chi 
con devozione partecipa della mia luce splendente, che è essere, coscienza e 
beatitudine, quegli conosce l'imperituro. Vero e reale, eterno, testimone d'ogni 
evento è il Gran Signore: è perpetua beatitudine, è libero da elaborazioni 
concettuali, ineffabile. Il Beato, il Signore della parola, è dotato di una 
potenza impensabile, e la terra è solo il prodotto dell'ignoranza degli uomini. Egli tutto conosce, egli è il protettore 
del mondo. Onnisciente è il Signore (...), Sire 
degli esseri soggetti a schiavitù. LA SILLABA SACRA L'assoluto, che è la gioia del Sé 
individuale, il principio cosciente, ha come modo proprio di presentarsi la 
triplice sillaba OM, costituita dai fenomeni A, U e M. Colui che, dedito allo 
yoga, la pronunci, si libera dai lacci delle nascite e delle rinascite. IDENTITA` DELLE VARIE FIGURE DIVINE Colui che percepisce del pari la 
coscienza e gli oggetti che ne sono privi, quegli è l'incrollabile, sostanziato 
di conoscenza. Questi invero è il Gran Signore, il sommo Hari. Questi invero è 
lo splendore di tutte le luci, è il supremo Signore. Questi invero è l'eccelso 
Assoluto, e quest'Assoluto sono io stesso, senz'alcun dubbio. Il vivente è Siva, 
Siva è il vivente, e dunque codesto individuo vivente è sciolto dai legami, è 
Siva. Il chicco di riso grezzo costretto dalla pula diviene, quando se ne 
libera, riso brillato. Del pari l'individuo vivente è costretto, ma quando sia 
distrutto il fardello delle sue azioni egli diviene pari a Siva l'imperituro. Il 
vivente è avviluppato dai suoi lacci, ma quando se ne libera diviene para Siva 
l'imperituro. Il vivente è avviluppato dai suoi lacci, ma quando se ne libera 
diviene para Siva l'imperituro. Omaggio a Siva che appare come Visnu, e a Visnu 
che appare come Siva. L'intima realtà di Siva è Visnu, l'intima realtà di Visnu 
è Siva. Come Visnu è sostanziato di Siva, così Siva lo è di visnu. Giacché non 
scorgo differenza tra i due, possa io ottenere prosperità in vita. PRIMA DEL TEMPO In antico non c'era affatto tutto questo 
mondo: non c'era il cielo e lo spazio intermedio, e neppure la terra c'era. Solo 
l'Assoluto, isolato, senza inizio e senza fine, privo di un aspetto minuto o 
grossolano, privo affatto d'ogni aspetto, impercepibile, sostanziato di 
conoscenza esisteva come pura beatitudine. REALTA` ED APPARENZA Quest'assoluto invero si manifesta 
assumendo le sembianze del mondo. (...) Ma esso resta in realtà isolato, puro, 
per chi vede le cose com'esse sono. E non si dà dunque conoscenza né ignoranza, 
mondo o realtà suprema. L'ASSOLUTO SI RIVELA COME IL SE' Il supremo principio cosciente si 
manifesta assumendo le sembianze della coscienza, ed è il sommo Sé. E` colui il 
quale per loro e in loro ode, pensa, vede, impartisce l'insegnamento, tocca, 
grida, conosce, guida, colui il quale è il principio cosciente interno a tutti 
gli altri, colui il quale va conosciuto come il Sé. Colà non v'è più questione 
di mondi o non mondi, dei o non dei, esseri bruti o non esseri bruti; colà 
l'asceta non è più asceta, il sanguemisto non più sanguemisto, il saggio non più 
saggio. Invero quell'unico supremo Assoluto rifulge, e la molteplicità scompare. 
Colà non vige più il magistero di dei, veggenti ed antenati, ma colui il quale 
si è risvegliato attinge l'onniscienza. Pienamente compiuto, senza inizio e 
senza fine, insondabile dalla conoscenza, immutabile, ricolmo di essere, 
coscienza e beatitudine, imperituro, non soggetto a modificazioni, il principio 
cosciente individuale è indifferenziato, perfetto, infinito, il viso ovunque 
rivolto, irrefragabile ed inalienabile, imprendicabile; privo di sostegno, di 
attributi qualificanti, di attività proprie; sottile, indubitabile, immacolato; 
il suo modo proprio di presentarsi è indeterminabile; impraticabile da parte 
della mente e della parola; sovrabbondante di realtà ontologica, di per sé 
perfetto, puro, illuminato, senza pari. Questo dunque è quell'Assoluto, uno e 
non duale. Il mondo, il principio cosciente 
individuale, il Sommo Signore e simili non hanno un'esistenza indipendente dal 
Sé compiuto e autonomo, e neppure l'illusione cosmica: io sono intimamente privo 
delle caratteristiche di tutte queste entità. Qualità come l'azione, il merito e 
simili, che si presentano sotto le vesti della ignoranza e della più fitta 
tenebra non sono in grado di scalfire me, il Sé che è luce di per sé splendente. 
Colui il quale riesce a scorgere il proprio Sé come testimone d'ogni evento 
quale che sia, al di là delle convenzioni dettate dall'ordinamento sociale e 
dagli stadi di vita, dotato dello stesso aspetto dell'Assoluto, diviene egli 
stesso quell'Assoluto. Colui il quale, grazie all'insegnamento ultimo impartito 
dalla scienza sacra rivelata, veda quest'universo visibile come la sede suprema 
che ha la forma stesso dello splendore divino, è immediatamente liberato. Quando 
la conoscenza che vanifica l'erronea opinione secondo la quale il corpo sarebbe 
il Sé sorge nell'uomo, questi ottiene la liberazione quand'anche non la 
desiderasse affatto. Pertanto come potrebbe essere schiavo delle proprie azioni 
colui che percepisce costantemente la gioia propria dell'Assoluto, 
caratterizzata dalla pienezza di verità, conoscenza e beatitudine, in tutto 
superiore alla tenebra dell'ignoranza? (...) Come un cieco non può scorgere 
neppure il sole che pur risplende, così chi è privo degli occhi della gnosi non 
può scorgere l'Assoluto, che non è che consapevolezza, e ha la verità e la 
consapevolezza come sue caratteristiche qualificanti. Il supremo sé va venerato secondo i 
precetti degli imperituri ed inalterabili dettami della scienza sacra rivelata. 
(...) Simile ad un seme di baniano, ad un chicco di miglio, esso è grande quanto 
la centomillesima parte della punta di un capello. Inafferrabile, è per di più 
impercettibile. Non è soggetto a nascita e nemmeno a morte; né brucia né si 
bagna né si dissecca, non può essere scosso né trafitto, e neppure tagliato o 
spezzato: è il testimone impassibile privo d'ogni qualità. Puro, indivisibile, 
sciolto da ogni legame, sottile, privo di parti, immacolato, esente da orgoglio, 
impenetrabile dai cinque sensi: suono, tatto, sapore, vista ed odore, libero da 
dubbi, senza vane speranze, esso pervade ogni cosa. Non lo si può concepire ed 
ancora meno descrivere. Purifica ciò che è di per sé impuro ed inquinato. 
Sciolto com'è dai lacci dell'azione, non v'è per lui alcuna possibilità d'essere 
soggetto al ciclo delle rinascite. 
 L'INSEGNAMENTO INIZIATICO AI PIEDI DEL MAESTRO IL FINE SUPREMO TRAVALICA L'AGIRE Se di buon grado cede il frutto delle 
proprie azioni buone a chi gli è caro, di quelle cattive a chi gli è sgradito, 
chi abbia rinunciato al mondo praticando la disciplina della meditazione ottiene 
l'Assoluto imperituro. LA TRIPLICE DISTRUZIONE DELL'ILLUSIONE COSMICA La molteplicità di opinioni possibili 
circa la realtà assoluta sarà distrutta solo se si studino i trattati; la 
propensione ad agire sarà distrutta grazie alla percezione diretta di tale 
realtà; svanirà così anche lo sfarfallio multicolore dell'universo. Ecco come 
vien meno l'illusione cosmica che vela il Sé. IDENTITA` DEL MONDO E DELL'ASSOLUTO L'universo è l'Assoluto, e il Sé lo 
pervade interamente." Io sono una cosa, il mondo un'altra": abbandonando questa 
perniciosa opinione erronea non sono più possibili costruzioni mentali per 
l'Assoluto che rifulge eterno. Non vi è più dolore, né illusione, né vecchiaia, 
e neppure la rinascita. INCONSISTENZA DEL MONDO Il mondo in realtà non esiste. 
L'Assoluto è sostanziato di perpetua beatitudine, ed è eterno e a sé stante, 
sciolto da ogni legame. E` infinito, imperituro, quieto. Se pur vi fosse 
alcunché di diverso da me, sarebbe falso come una fata morgana nel deserto. Se 
si potesse essere spaventati dalle parole del figlio d'una donna sterile, allora 
si potrebbe dire che il mondo esiste. Se un maestoso elefante potesse essere 
ucciso da un corno di lepre, allora si potrebbe dire che il mondo esiste. Se ci 
si potesse ristorare bevendo l'acqua d'un miraggio, allora si potrebbe dire che 
il mondo esiste. Se si potesse soccombere sotto i colpi del corno d'un uomo, 
allora si potrebbe dire che il mondo esiste. Il mondo esiste eternamente solo 
nella veridica città celeste. Una volta provata la reale esistenza nel cielo del 
suo essere azzurro, allora si potrà dire che il mondo esiste davvero. Quando si 
potrà foggiare un gioiello con la madreperla facendola passare per argento, 
allora si potrà dire che il mondo esiste davvero. Quando un uomo verrà morso 
dalla fune scambiata per una serpe, allora si potrà dire che il mondo esiste 
davvero. Quando si potrà spegnere una lingua di fuoco con una freccia d'oro, 
allora si potrà dire che il mondo esiste davvero. Quando dalle selve 
impenetrabili dei monti Vindhya si otterranno latticini, allora si potrà dire 
che il mondo esiste davvero. Quando si potrà cucinare usando come combustibile 
un pezzo di tronco di banano, allora si potrà dire che il mondo esiste davvero. 
Quando una bimba appena nata riuscirà a cucinare, allora si potrà dire che il 
mondo esiste davvero. Quando la lucerna effigiata in un dipinto riuscirà a 
dissipare la tenebra, allora si potrà dire che il mondo esiste davvero. Quando 
un uomo defunto da un mese si risveglierà la vita, allora si potrà dire che il 
mondo esiste davvero. Quando la cagliata tornerà latte, quando il latte una 
volta munto dalle mammelle di una vacca potrà rientrarvi, allora si potrà dire 
che il mondo esiste davvero. Quando la polvere della terra si alzerà 
dall'oceano, allora si potrà dire che il mondo esiste davvero. Quando si 
riuscirà a impastoiare un elefante infoiato con un pelo di tartaruga, allora si 
potrà dire che il mondo esiste davvero. Quando il monte Meru verrà squassato 
dalla fibra d'uno stelo di loto, allora si potrà dire che il mondo esiste 
davvero. Quando l'oceano sarà legata dalla ghirlanda delle sue onde, allora si 
potrà dire che il mondo esiste davvero. Quando il fuoco si sprigionerà dall'alto 
in basso, quando la fiamma sarà fredda, allora si potrà dire che il mondo esiste 
davvero. Quando dal fuoco sorgerà un loto, quando sulle maestose montagne si 
troverà lo zaffiro, quando il monte Meru potrà poggiare su di un seme di loto, 
quando la progenie d'un'ape inghiottirà una montagna, quando il Meru vacillerà, 
quando una zanzara ucciderà un leone, quando nella cavità all'interno di un 
atomo potrà espandersi il trimundio, quando il fuoco necessario a bruciare un 
fuscello durerà in eterno, quando gli oggetti sognati si presenteranno durante 
la veglia, quando la corrente di un fiume si arresterà, quando un affamato potrà 
cibarsi di fuoco, quando un cieco nato potrà giudicare con occhio esperto in 
materia di gemme, quando il figlio d'un eunuco potrà soddisfare una donna, 
quando si costruirà un carro fatto di corna di lepre, quando una vergine che ha 
appena partorito sarà di nuovo pronta al rapporto sessuale, quando il parto 
d'una donna sterile sarà fruttuoso, quando il corvo incederà come un cigno, 
quando il mulo affronterà il leone ed assumerà l'andatura dell'elefante, quando 
la luna piena diventerà il sole, quando il sole e la luna non saranno più 
soggetti alle eclissi, quando i semi torrefatti produrranno raccolto, quando il 
povero godrà della prosperità dei ricchi, quando il leone sarà sconfitto dalla 
prodezza dei cani, quando il cuore dei saggi si aprirà agli stolti, quando i 
cani avranno bevuto l'oceano senza lasciarne una goccia, quando lo spazio 
sidereo cadrà sul capo degli uomini, quando il cielo cadrà sulla terra, quando i 
fiori che crescono in cielo spanderanno profumo, quando una foresta che appaia 
nello spazio celeste prenderà a muoversi, quando uno specchio da solo produrrà 
un riflesso senza che nulla vi stia di fronte, solo allora si potrà dire che il 
mondo esiste davvero. Il saggio assorbito nella contemplazione 
dell'Assoluto dovrebbe bandire l'erronea sovrapposizione che lo porta a 
identificare l'"io" e il "mio" con il corpo e con i sensi, che sono ben diversi 
dal Sé. Riconosciutosi nelle vesti del Sé individuale, testimone impassibile 
della mente e di tutte le sue funzioni, il devoto dovrebbe pensare" io sono 
Quello", cessando di accarezzare l'idea che il Sé si trovi altrove (...) Dal 
manifestatore divino Brahma giù giù sino al filo d'erba tutte queste 
sovrapposizioni erronee non son che vacuità: e dunque si deve finalmente 
giungere a percepire il proprio Sé come compiuto ed esistente il forza di sé 
solo. Il Sé è Brahma, il Sé è Visnu, il Sé è Rudra, il Sé è Indra: tutto 
quest'universo è il Sé e non v'è nulla di altro del Sé. Come per errore si scambia una fune per 
un serpente, così colui la cui mente è obnubilata dall'ignoranza della verità 
percepisce il mondo come realtà. E come quando si riconosce nell'oggetto temuto 
null'altro che un pezzo di corda l'idea illusoria, del serpente cessa di 
sussistere, così quando si è giunti a conoscere il sostrato d'ogni cosa e perciò 
l'universo appare in tutta la sua vacuità, al devoto non rimane più alcun 
residuo di conseguenze di azioni trascorse da scontare, giacché pure il corpo 
non è che parte di quest'illusoria manifestazione del mondo. Quella suprema visione che si mostra tra 
le maglie della triade del soggetto percipiente, di ciò che ven percepito e 
dell'atto di percepire è tale che non v'è nulla affatto che possa essere 
ritenuto superiore ad essa, o savio. Ripudia il giusto e l'ingiusto, ripudia tanto la verità che la menzogna. DISTRUZIONE DEI CINQUE TIPI D'ERRORE Allora sorse in me questa comprensione, 
in forza del a visione della cangiante mutevolezza del mondo. Quintuplice 
risplende ora l'errore, ed ecco come liberarsene. Il primo errore sta nel 
considerare il principio vitale individuale come separato e distinto dal Sommo 
Signore. Il secondo consiste nel considerare realtà il soggetto agente. Il terzo 
sta nel considerare il Sé intimamente ed indissolubilmente connesso ai suoi tre 
involucri corporei. Il quarto è la perversa convinzione che la causa del mondo 
sia soggetta a mutamento. Il quinto è l'errore per cui il mondo, in quanto 
distinto dalla sua causa, vien concepito come un che di reale. Ed ecco che nella 
coscienza si manifesta allora d'un lampo la distruzione dei cinque tipi di 
errore. Il primo errore svanisce grazie alla percezione della dipendenza del 
riflesso dalla superficie riflettente. Il secondo errore vien meno se si pensa 
alle particelle di colore rosso me per la loro vicinanza paiono chiazzare un 
cristallo che in realtà resta immacolato. Il terzo errore scompare ponendo mente 
all'esempio dello spazio, che non è legato al vaso che lo contiene. L'errore che 
considera il mondo reale in quanto distinto dalla propria causa è distrutto 
ponendo mente all'esempio del serpente erroneamente percepito al posto della 
fune. L'errore poi che considera la causa prima come soggetta a mutamento è 
vanificato riflettendo all'esempio degli ornamenti che, pur diversi, sono tutti 
fatti solo di oro e di null'altro. Così ho esposto dall'inizio la forma propria 
dell'Assoluto. Raggiungi dunque così anche tu, o Nidagha, la conoscenza della 
realtà. Se si porta via un vaso, la stessa sorte 
non tocca allo spazio che in esso era contenuto, ed è il vaso a essere portato 
via ma non lo spazio: così si consideri il principio cosciente individuale come 
simile allo spazio. IL SE' E L'ASSOLUTO Quel che è uno, risplendente, base della 
potenza del Sé, onnisciente, Signore di tutto, l'intimo Sé di ogni essere, 
nascosto in ogni essere, scaturigine degli esseri, raggiungibile solo tramite lo 
yoga, colui che manifesta, sostiene e riassorbe l'universo, quegli è il Sé. 
Sforzati di conoscere la varietà dei mondi entro al Sé. Non affliggerti: se 
conoscerai il Sé giungerai al termine del tuo patire. (...) Così disse il 
sacerdote: "Giacchè accresce a fa accrescere ogni cosa, prende il nome di 
supremo Assoluto"." E perché mai vien anche detto Sé?" "Giacchè ottiene tutto, 
s'impadronisce di tutto ed è tutto prende il nome di Sé". IL SE' L'insegnamento segreto riporta alcune 
stanze che riguardano ciascuna il significato di un grande detto. Ciò in grazia 
del quale si vede, si ode, si afferrano gli odori e si articola verbo, quel che 
discerne il dolce dall'amore, è noto con il nome di coscienza. La possiedono gli 
dei dai quattro volti, Indra, gli uomini, i cavalli, i bovini e simili. Una è la 
coscienza, a partire dall'Assoluto: l'Assoluto è una massa di consapevolezza, 
presente anche in me. Compiuto, il supremo Sé risiede in questo stesso corpo, 
che è abilitato a fruire della conoscenza. Rinsaldatosi grazie al ruolo di 
testimone degli eventi svolto dall'intelletto, rifulgendo viene in essere l'io. 
Di per sé compiuto, il supremo Sé viene lodato in queste stanze con il nome di 
Assoluto. Semplicemente pensando "Io sono" io divengo l'Assoluto. L'assoluto è Realtà, conoscenza e 
beatitudine. E` reale perché non soggetto a distruzione. Ciò che non perisce in 
mezzo a quel che è perituro: nomi, regioni, epoche, cose, cause ciò è detto 
realtà. Conoscenza è il nome che prende la consapevolezza che non conosce 
nascita e neppure declino. Infinito è ciò che, al pari dell'oro nelle 
trasformazioni dell'oro, dell'argilla nelle trasformazioni dell'argilla, del 
filo in manufatti quali una collana e simili, precede, a partire dall'elemento 
immanifesto, i diversi sviluppi della manifestazione del mondo, e che è in sé 
compiuto e sempre accompagna tali sviluppi. Una consapevolezza siffatta prende 
il nome di infinito. Beatitudine è poi il nome di uno smisurato oceano di gioia 
che è felicità e consapevolezza, e che si presenta come una prosperità 
indifferenziata. Ciò che in tal modo è dotato di una siffatta quadruplice 
caratteristica individuante, che dimora immutabile attraverso regioni, epoche, 
cose, cause, è noto con il nume di "Supremo Sé" IL LIBERATO Mi fondo sulla beatitudine insita nel 
mio intimo, ho smascherato il fantasma delle vane speranze, considero 
quest'intero universo alla stregua di un trucco da baraccone: come potrebbe la 
sciagura della rinascita farsi strada in me, che non sono attaccato a nulla? 
 LA MEDITAZIONE ASSIDUA Quando, grazie alla pratica congiunta 
dell'attento ascolto dell'insegnamento e della contemplazione, il senso della 
dottrina si manifesta al di fuori di ogni dubbio (...) si ha la meditazione 
assidua. Tramite la meditazione ci si deve 
dedicare a trasformare il proprio Sé nell'Assoluto non duale, che è essere, 
coscienza e beatitudine, e si deve divenire pari a quest'Assoluto che è essere, 
coscienza e beatitudine: questo è l'insegnamento. Io sono puro, rappresento la facoltà 
della vista, e sono intimamente esente da mutamenti. Davanti e dietro, sopra e 
sotto interamente compiuto e perfetto io qui mi contemplo. Non soggetto a 
nascita né invero a morte o a vecchiaia, immortale, luce di per sé splendente, 
onnipervadente, io sono imperituro. Non causa e del pari al di là di un mero 
effetto, immacolato, da sempre e per sempre soddisfatto io mi contemplo. DALLA MEDITAZIONE ALL'INCENTRAMENTO DELL'ATTENZIONE, NEI SUOI VARI GRADI Si definisce incentramento 
dell'attenzione lo stato in cui, ripudiata la dicotomia tra colui che contempla 
e l'oggetto della contemplazione, gradatamente mi medita si fa tutt'uno con 
l'oggetto della sua meditazione, e rimane immoto come la fiammella di una 
lampada in un luogo non turbato da vento. Quando la coscienza è sotto il dominio 
del Sé, le funzioni della mente, che la turbano, non vengono neppure percepite: 
le si può solo inferire in base al ricordo, giacchè esse sorgono in colui la cui 
mente è agitata. (...) E i migliori tra quanti conoscono la yoga chiamano un 
siffatto incentramento dell'attenzione "nuvola di virtù", giacché fa piovere a 
rovescio a migliaia le gocce del nettare l'immortalità del merito. Grazie ad 
esso miriadi di impressioni subconscie vanno distrutte senza lasciare traccia, e 
le conseguenze degli atti, che prendono il nome di meriti e demeriti, vengono 
eliminate alle radici. Il verbo che prima rimaneva non illuminato ed invisibile, 
ora risplende come l'essere; e la luce della comprensione si rivela manifesta, 
come un frutto di mirabolano che stia sul palmo della mano. Quando le 
impressioni subconscie che nascono dai sensi cessano di prodursi, allora avviene 
il distacco. L'intelletto raggiunge il suo limite supremo quando l'idea dell'io 
viene meno. Quando poi le funzioni mentali che turbano la coscienza vengono 
distrutte, esse non sono più soggette a sorgere di nuovo: quello è il punto 
oltre il quale cessano le passioni. L'asceta che fruisce di una perpetua 
beatitudine, il cui sé si sia dissolto nell'Assoluto privo di forma ed esente da 
qualsivoglia attività, si definisce uno "di salda saggezza." E si dice sia 
saggio colui che si è purificato immergendosi nell'identità dell'Assoluto e del 
Sé... IL FRUTTO DELLE AZIONI COMPIUTE NELLE VITE ANTERIORI Come un pezzo di legno è portato dalla 
corrente d'un fiume, ora alla superficie ora verso il fondo, così il corpo è 
portato dal destino, conformemente al tempo e alle esperienze fatte. Finchè rimane affetto dalla percezione 
di sensazioni quali il piacere e simili, l'uomo è soggetto alle conseguenze di 
azioni accumulate anteriormente. L'atto precede invariabilmente il sorgere del 
frutto ad esso relativo, e non v'è luogo in cui si possa sfuggire all'azione. 
Tramite la comprensione espressa dalla formula "Io sono l'Assoluto" si 
distruggono azioni accumulate durante millanta miriadi di nascite precedenti, a 
quel modo in cui al risveglio le azioni compiute in sogno svaniscono. Un ascet, 
riconosciutosi privo di attaccamento ed indifferente come lo spazio, non risulta 
per nulla afflitto da alcuna sua azione in alcun momento. Lo spazio associato ad 
un vaso non è neppure sfiorato dall'aroma di una sostanza inebriante che sia 
contenuta in esso: del pari il Sé, per essere associato a delle sovrapposizioni 
erronee, non è tocco dal merito che par derivarne. L'azione che ha cominciato a 
far maturare un frutto prima del sorgere della gnosi salvifica non può venir da 
essa distrutta. Non essendo ancora stato distribuito il frutto Non si sperimentano le conseguenze di 
azioni incompiute successivamente al sorgere dell'alba della conoscenza dei 
principi di realtà, a causa dell'irrealtà del corpo e simili, pari alle cose 
percepite in sogno una volta risvegliatisi. Le azioni note come "intraprese nel 
corso di nascite precedenti" non sussistono per costui, a causa dell'assoluta 
inesistenza di quelle stesse altre nascite per quanto lo riguarda. Come il corpo 
immaginato in sogno non è che una proiezione irreale così accade per chi si 
considera in stato di veglia dotato di un corpo: come mai potrà venire in essere 
alcunché di irreale? E Qualcosa che non è giammai venuto in essere, come potrà 
sussistere? L'ESPERIENZA DELLA LIBERAZIONE Chi conosce se stesso tramite la propria 
percezione diretta, e percepisce il proprio Sé come un che di indiviso, quegli 
può dirsi perfettamente compiuto. Egli si trova pienamente a suo agio, e vive 
con il principio vitale individuale immutabile che dimora nel suo stesso Sé. 
"Dove se n'è andato dunque il mondo, e donde era venuto fuori, e dove mai andrà 
a finire? Appena un attimo fa lo vedevo, ora non c'è più: che gran meraviglia! 
Che dovrei accettare, come sarebbe meglio rifiutare? Che c'è d'altro, di 
differente da me? In questo immenso oceano dell'Assoluto, ricolmo del nettare di 
una beatitudine indivisa, non riesco a scorgere, udire o conoscere alcunché. 
Rimango nel mio Sé, che si presenta come perpetua beatitudine, e sono dotato di 
caratteristiche proprie solo a me stesso. Privo d'attaccamento io sono, immune 
da ogni corpo, privo di attributi: Hari io sono! Acquietato, infinito, in me 
compiuto, Brahma l'antico di giorni io sono! Non soggetto d'azione e neppure 
oggetto, esente da mutamenti e imperituro io sono, ed appaio come pura luce 
intellettuale. Svincolato da qualsivoglia legame, Siva l'eterno io sono!" Io sono l'Assoluto, ch'è essere, 
coscienza e suprema beatitudine, e null'altro. A quel modo in cui lo zucchero pervade 
interamente la melassa, così io sotto l'aspetto dell'Assoluto non duale pervado 
interamente il trimundio. Dal demiurgo divino Brahma giù giù fino all'infimo 
insetto tutti gli esseri trovano in me la loro forma, proprio come le bolle ed 
altri movimenti dell'acqua come le onde non son che trasformazioni dell'oceano. 
Come l'oceano poi non desidera per nulla il flusso mutevole delle onde, così io, 
la forma stessa della beatitudine spirituale, non desidero affatto la 
soddisfazione dei sensi tramite gli oggetti che sono loro propri. Come chi è 
dotato di beni di fortuna non concepisce desiderio di essere povero, così io, 
immerso nella beatitudine dell'Assoluto, non concepisce desiderio di fruire 
degli oggetti dei sensi. Come infine uno che sia accorto se vede del nettare 
d'immortalità e del veleno mortale scarta il veleno, così io, avendo scorto il 
Sé, rifiuto quel che non è il Sé. 
 
 MISCELLANEA DIMORA DELL'ASCETA l'asceta dovrebbe fermarsi per una notte 
in un villaggio, per cinque in una città, ma per quattro mesi se durante la 
stagione delle piogge. Se gli dovesse accadere di fermarsi per due notti in un 
villaggio, in lui sorgerebbero brame e vizi, e sarebbe bell'e pronto per i 
tormenti internali. Dovrebbe vivere al margine d'un villaggio, in un luogo non 
abitato da alcuno, controllando il proprio principio vitale, rinunciando a una 
stabile dimora. Dovrebbe vagare sulla terra come un verme o un insetto, e 
risiedere nello stesso luogo per un periodo non superiore alla stagione delle 
piogge, libero da qualsivoglia brama, con una sola veste o con nessuna affatto, 
tutto intento alla contemplazione esclusiva dell'Assoluto. Percorra il vasto 
mondo attenendosi sempre alla pratica della meditazione, senza giammai macchiare 
la retta via. Vaghi sempre il monaco questuante in regioni pure, rispettando 
scrupolosamente i doveri inerenti alla propria condizione, gli occhi 
costantemente fissi a terra. Ma non si faccia cogliere lungo il cammino dalla 
notte, dal mezzodì o dai due crepuscoli. Poiché percorra luoghi isolati, 
difficili da traversare o tali che vi sia inevitabile sopprimere esseri viventi 
per oltrepassarli. Potrà fermarsi per un giorno in un villaggio, per tre in un 
centro urbano, per due in un borgo, per cinque in una città. Dimori in uno 
stesso luogo per un periodo non superiore alla stagione delle piogge, se la zona 
completamente circondata dalle acque. LA VIA IMMEDIATA E QUELLA GRADUALE Gli antichi veggenti Suka e Vamadeva dan 
nome a due sentieri divini: quello di Suka è noto come il sentiero dell'uccello, 
ossia il sentiero immediato, quello di Vamadeva come quello della formica, ossia 
il sentiero graduale. Coloro che sono pervenuti alla conoscenza del proprio Sé 
tramite la scrupolosa osservanza delle restrizioni e prescrizioni della scienza 
sacra, l'attento esame dei grandi detti ivi contenuti e l'incentramento 
dell'attenzione che nasce dallo sforzo di distinguere il principio cosciente da 
quello oggettuale o dalla pratica dello yoga, purificatisi seguendo la via di 
Suka raggiungono la sede suprema. Tramite la ripetuta pratica delle prescrizioni 
e simili nonché delle posture prescritte dallo yoga della forza alcuni son 
divenuti soggetti a quegli ostacoli spirituali rappresentati dai poteri 
sovranormali mondani quali la facoltà di diventare piccolo a piacere e simili. 
Costoro, non avendo ottenuto il frutto desiderato della liberazione, 
rinasceranno in una famiglia dabbene e riprenderanno a praticare lo yoga in 
forza delle impressioni subconscie accumulate in precedenza. Attraverso la 
pratica dello yoga nel corso di molteplici rinascite essi ottengono la sede 
suprema di Visnu, ossia la liberazione, seguendo la via di Vamadeva. Vi son 
dunque due benefiche vie atte a conferire l'attingimento dell'Assoluto, l'una 
che dona la liberazione immediata, l'altra che la fa raggiungere in modo 
graduale. GRANDI DETTI SU ARGOMENTI DIVERSI La scienza dei centootto insegnamenti 
esoterici ch'io t'ho insegnato è un segreto da custodire gelosamente. Se la si 
studia, comprendendola o meno, essa è per ciò stesso in grado di conferire la 
liberazione. Per esaudire il desiderio d'un supplice si potrà donare un regno, o 
beni terreni: ma questa scienza dagli centootto insegnamenti giammai va affidata 
ad un miscredente, ad un ingrato, a chi sia dedito ad azioni contrarie al buon 
costume, a chi sia privo di devozione nei miei riguardi, o a chi si smarrisca 
nel dedalo dei trattati. In nessuno caso poi la si potrà impartire a chi sia 
privo di devozione per il proprio maestro spirituale. O Maruti, dopo un accurato 
esame la si potrà trasmettere solo ad un discepolo che serve devotamente il 
proprio maestro, ad un figliolo dabbene, ad un mio devoto, ad un virtuoso, ad un 
rampollo di buona famiglia o a chi sia dotato di mente acuta. Chi studi o 
ascolti quest'insegnamento ripartito in contootto libri senza dubbio appartiene 
a Me. Così è detto nelle sacre strofe degli inni: "Ecco, la Conoscenza s'accostò 
ad un sacerdote e gli disse: 'Proteggimi, io sarò il tuo tesoro. Non mi rivelare 
a chi è roso dall'invidia, a chi non segue la retta via, al fraudolento: così mi 
manterrò potente'". Quando in questo sacro guado gli spiriti 
vitali si dipartono da un individuo, è Rudra stesso a recitargli la formula 
salvifica, mediante la quale egli divenendo immortale partecipa della 
liberazione. Per questo si dovrebbe riverire quella sublime meta di 
pellegrinaggio nota come "luogo non sciolto", che giammai si dovrebbe 
abbandonare. La spontanea assenza di desiderio per i 
piaceri di là da venire e il godimento di quelli del passato sono le 
caratteristiche del savio. Le relazioni di parentela non van tenute 
in piccolo conto: la famiglia soltanto è il regno dei magnanimi. UNO E` IL SIGNORE Uno è il Signore splendente, nascosto in 
ognuno degli esseri. L'universo intero Egli pervade, è l'intima realtà di 
ciascuno degli esseri. Ad ogni atto sovrintende, risiede nell'intimo di 
ciascuno, è il testimone impassibile di ogni evento, la coscienza universale, da 
ogni legame sciolto, ed è privo di attributi. LE SEI PRATICHE ASCETICHE Il muto, l'eunuco, lo zoppo, il cieco, 
il sordo e l'idiota: il monaco questuante verrà liberato se si conformerà al 
comportamento di questi sei personaggi. Colui che non bada neppure a ciò che 
mangia, che non un dice "questo è desiderabile, quest'altro no", che pronuncia 
solamente parole giovevoli, rispondenti a verità e misurate, questi è il muto. 
Quegli che resta parimenti impassibile di fronte alla vista di una neonata, di 
una sedicenne e di una vegliarda di cent'anni, è detto l'eunuco. L'asceta 
vagante che non è disposto a spostarsi per più d'un miglio in qualunque 
direzione per ottenere la questua o per soddisfare le proprie necessità 
corporali vien detto zoppo. L'anacoreta, immobile o in cammino, la cui vista non 
si estenda al di là di quattro spanne sul terreno vien detto cieco. Colui che 
pur avendo udito parole di buono o cattivo auspicio, tali da recare diletto 
ovvero fastidio alla mente, si comporti come se non avesse sentito nulla, vien 
detto sordo. Quell'abile asceta che, pur in prossimità di una miriade di 
oggetti, riesce a mantenere integri i propri sensi, e sembra perennemente 
addormentato, vien detto idiota. EMBRIOLOGIA Se prevale il seme maschile nasce un 
maschio, se quello femminile una femmina. Se i due fluidi seminali si equiparano 
nascerà un eunuco. Da una mente turbata nascerà un cieco, uno zoppo, un gobbo, 
un nano. Nel caso in cui il corpo si formi in seguito alla divisione in due 
parti dello sperma, dovuta alla collisione dei due distinti soffi vitali 
maschile e femminile l'uno contro l'altro, si avranno due gemelli. LA FISIOLOGIA SIMBOLICA Il corpo è lungo novantasei dita. La 
forza vitale si estende oltre il corpo in un raggio di dodici dita. Colui il 
quale tramite la pratica della sconsiglia riesce a ridurre la forza vitale 
contenuta nel proprio corpo a una misura pari o inferiore a quella del fuoco 
corporeo diventa il più potente tra coloro che si dedicano allo yoga. Negli 
esseri umani la regione del fuoco somatico si trova nella parte mediana del 
corpo, ha forma triangolare e risplende come oro fuso. Nei quadrupedi ha forma 
quadrangolare, nei volatili circolare. Nella parte mediana di tale regione si 
trova una fiamma benefica, sottile, purificatrice. La parte mediana del corpo 
degli esseri umani si trova in una zona posta due dita al di sopra dell'ano e 
del pari due dita sotto l'organo sessuale. Nei quadrupedi questa regione è nel 
mezzo del cuore, nei volatili nel mezzo del ventre. A una distanza di nove dita 
dalla zona mediana del corpo si trova una forma circolare che si estende per 
quattro dita verso l'alto e al centro della quale è situato l'ombelico. Ivi si 
trova un cerchio d'energia che novera dodici raggi, nel cui centro vaga il 
principio vitale individuale, sospinto dalle conseguenze delle sue azioni, fonte 
di merito o di demerito a seconda dei casi. Come un ragno vaga nella rete 
intessuta dai fili che compongono la ragnatela, così la forza che riempie il 
corpo dandogli la vita si muove in questa regione. In questo corpo invero in 
principio vitale individuale cavalca per così dire sulla groppa della forza 
vitale. Nel mezzo, al di sotto e al di sopra dell'ombelico si trova la sede 
della potenza acciambellata a mò di serpente, che ha l'aspetto di un'ogdoade di 
principi oggettuali e si attorce in otto spire. Il movimento del soffio regola 
in modo opportuno tutt'intorno acqua, cibo e simili, ai lati del tronco. Nel 
momento della pratica dello yoga la potenza attorcigliata a mò di serpente 
penetra con il capo l'apertura della fontanella del cranio, il foro di Brahma, e 
grazie al fuoco generato dal soffio discendente prende a risplendere nello 
spazio del cuore con grande luminosità, assumendo la forma stessa della 
conoscenza. Da tale potenza in forma di serpe promanano quattordici canali o 
arterie principali in cui scorrono le energie che animano il corpo. Questi i 
loro nomi: Offerta, Dorata, Vezzosa, Fluida, Marina, Nutriente, Lingua 
d'elefante, Splendida, Matrice dell'universo, Luna nuova, Madreperlacea, 
Lattifera, Limite insuperabile, Fragrante. Di esse, la Vezzosa è il fondamento 
stesso dell'universo, il sentiero che conduce alla salvezza. Situata 
posteriormente all'ano, si unisce alla colonna spinale che è come il manico di 
un liuto estendendosi sino alla testa, e precisamente al foro di Brahma. E` 
qualcosa di invisibile, sottile, dotata della potenza propria di Visnu. Alla 
sinistra della Vezzosa si trova l'Offerta, alla sua destra la Dorata: nella 
prima si muove la luna, nella seconda il sole. La luna si presenta con le 
caratteristiche del principio tenebroso, il sole con quelle del principio 
dinamico. Il sole è la parte venefica, la luna quella del nettare d'immortalità: 
congiuntamente dirigono il tempo, laddove la Vezzosa lo divora. 
 L'INSEGNAMENTO NELLA SELVA Ed ecco che un tempo Narada, vanto 
dell'ordine degli asceti peregrinanti, vagava per tutti i mondi rendendo col suo 
solo sguardo puri i luoghi di pellegrinaggio che gli capitava per avventura di 
visitare: aveva ottenuto la purezza mentale, giacché era esente da animosità, 
sereno, libero dal richiamo dei sensi. Egli scorse la selva di Aimisa, 
ricettacolo di virtù, piena d'asceti silenziosi dediti alla contemplazione del 
loro essere che avevano ottenuto la beatitudine che deriva dal controllo di se. 
Ed egli vi entrò recitando storie su Hari, e salmodiando le sette note della 
scala musicale, che è in grado di infondere il disgusto per l'universo manifesto 
e di generare la facella del distacco, nonchè di instillare la devozione per il 
Signore negli esseri mobili ed immobili. Ed affascinò le schiere degli esseri 
ivi convenuti: uomini, cervi, centauri, dei, creature semidivine, ninfe celesti. 
Ed avendo scorto il devoto del Signore, Narada il nato da Brahma, Saunaka e gli 
altri sommi tra i veggenti, da ben dodici anni intenti ad officiare sacrifici 
solenni, abili della recitazione del verbo sacro rivelato, onniscienti, 
insuperabili nella pratica dell'ascesi, dotati della gnosi che conferisce il 
distacco, levatisi in piedi gli resero omaggio. Avendogli chiesto col dovuto 
rispetto di sedersi anch'essi si misero seduti e gli si rivolsero così: "O 
Signore, figlio di Brahma, quale sarà il mezzo atto a conferirci la salvezza? 
Esponicelo dunque". Così interpellato Narada disse loro: "Bisogna nascere da 
buona famiglia, e, sottopostisi ai quarantaquattro riti di consacrazione a 
partire dall'iniziazione, si dovrebbe studiare, sotto la guida di un maestro 
spirituale cui si sia devoti, la scienza sacra quale viene esposta dalla scuola 
cui si risulta affiliati. Compiuto in tal modo in capo a dodici anni lo studio 
di tutte le branche del sapere, ed avendo in tal periodo soddisfatto il 
desiderio di udire la parola sacra e rispettato il codice di condotta del 
novizio sacerdotale, improntato alla castità, per i venticinque anni successivi 
si dovrebbero seguire le norme che regolano il comportamento del capofamiglia. 
Per altri venticinque anni ci si dedichi alla regola di vita di chi si rifugia 
nella selva per cercarvi edificazione spirituale. Avendo così rettamente 
praticato nell'ordine prescritto la quadruplice regola del noviziato 
sacerdotale, la sestuplice vita del capofamiglia, e la quadruplice norma di chi 
prende rifugio nella selva, ed avendo adempiuto tutti i doveri che pervengono 
rispettivamente a questi stati, si abbracci la quadruplice via della rinuncia al 
mondo. Il rinunciante che ripudi il desiderio insieme ad ogni forma di azione, 
corporea, vocale o mentale, in quest'universo soggetto alla trasmigrazione, 
rigettando del pari le impressioni subconscie che spingono verso la brama di 
vivere, e sia privo di malizia e fornito altresì di quiete interiore e 
mansuetudine, indisturbato nella disciplina di vita dell'ordine ascetico che 
prende il suo nome dall'anatra selvatica che simboleggia ad un tempo l'Assoluto 
e il principio cosciente, abbandona la sua spoglia mortale nella contemplazione 
del modo proprio di essere del suo stesso Sé. Questi si libera, questi si 
libera: questo l'insegnamento che vi impartisco". INNI E FORMULE MEDITATIVE Sull'adorabile splendore del divino 
manifestatore della luce noi meditiamo: possa egli ispirare i nostri pensieri, 
lui che è al di là di qualsivoglia tenebra. Om. Per l'onnisciene Agni ci sia di 
spremere il sacro succo sacrificale che consuma il senno dei nostri nemici. Come 
una barca per permette di attraversare un fiume possa egli aiutarci a superare 
ogni avversità, ogni adoriamo con pratiche sacrificali il Dio dai tre occhi, 
fragrante accrescitore della prosperità. Possa egli liberarmi dalla morte e 
condurmi all'immortalità, come un cetriolo che vien spiccato dal gambo. Te invochiamo, o Signore delle schiere, 
vate, tu che sei il più celebrato tra i poeti. A te rendiamo omaggio, decano tra 
i sovrani, sacerdote che sei signore dei depositari dei segreti del sacro, 
degnati di proteggere le nostre case. O vergine di nobile lignaggio, ben ti 
conosciamo mentre contempliamo miriadi di formule meditative: possa sempre 
ispirarci la potenza che sgorga dal circolo iniziatico. Dalla Dea sono nati Brahma, Visnu e 
Rudra. Da Lei hanno origine tutte le schiere delle semidivinità dell'uragano, i 
musici e le ninfe celesti e i centauri che si dilettano a suonare i vari 
strumenti musicali tutt'intorno. Tutto quello di cui godiamo è nato da Lei: in 
una parola, l'universo tutt'intero, tutto quel che è dotato di potenza. Gli 
esseri nati dall'uovo, dal sudore, da un seme o dalla placenta, ciò che in 
qualunque modo respira, le creature mobili e quelle immobili e pure l'uomo sono 
nati da Lei. INTERIORIZZAZIONE DEL SACRIFICIO Il soggetto conoscente è l'oblatore, la 
conoscenza è il fuoco sacrificale, l'oggetto della conoscenza è l'oblazione. La 
meditazione centrata sull'identità esistente tra conoscente, conoscenza ed 
oggetto conosciuto poi è la venerazione resa alla sacra ruota delle energie. 
 Da: http://www.guruji.it/upanishad/upani.htm 
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