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Natura 
(1836) di R.W. Emerson 
 
  
Sottile catena di 
innumerevoli anelli 
Ognuno si unisce al più lontano. 
L'occhio legge presagi dove si posa, 
E la rosa parla tutti i linguaggi. 
E sforzandosi diventare uomo, il verme 
Monta attraverso tutte le spire della forma 
(1) 
 
 
 
 
Introduzione 
 
La nostra età è retrospettiva. Costruisce i sepolcri dei padri. Scrive 
biografie, storie, e critica. Le generazioni passate hanno contemplato Dio e la 
natura faccia a faccia; noi attraverso i loro occhi. Perché non dovremmo 
sperimentare anche noi un rapporto originale con l'universo? Perché non dovremmo 
avere anche noi una poesia una filosofia che vadano alle cose direttamente e non 
attraverso la tradizione, e una religione a noi rivelata, piuttosto che la sua 
storia? Avvinti per una stagione alla natura, la cui corrente vitale fluisce 
attorno a noi e attraverso noi e ci invita, mediante il suo potere, ad un agire 
proporzionato alla natura, perché dovremmo brancolare attraverso le ossa secche 
del passato o indurre la generazione attuale a mascherarsi con il suo scolorito 
guardaroba? Il sole risplende anche oggi. C'è più lana e più lino nei campi. Ci 
sono nuove terre, nuovi uomini, nuovi pensieri. Domandiamoci allora quali 
debbano essere le nostre opere, le nostre leggi e il nostro culto. 
Senza dubbio non ci poniamo domande destinate a rimanere senza risposta. 
Dobbiamo avere fiducia nella perfezione del creato sino al punto di credere che 
l'ordine delle cose potrà soddisfare qualunque curiosità l'ordine delle cose 
abbia destato in noi. La condizione di ogni uomo è una soluzione in geroglifico 
a quelle domande che vorrebbe porre. Questa soluzione egli la pratica nella 
vita, prima di apprenderla come verità. Allo stesso modo, la natura, nelle sue 
forme e tendenze, sta già tracciando il suo proprio disegno. Interpelliamo la 
straordinaria apparizione che risplende così pacificamente attorno a noi. 
Cerchiamo di scoprire a che scopo esiste la natura. 
Tutta la scienza ha un unico scopo: trovare una teoria della natura. Noi abbiamo 
teorie delle razze e delle funzioni, ma a stento riusciamo a mettere insieme un 
sia pure remoto approccio a un'idea di creazione. Siamo ora così lontani dalla 
strada che porta alla verità, che i maestri di cose religiose discutono tra di 
loro e si odiano l'un l'altro, mentre chi si dedica alla speculazione è 
considerato corrotto e frivolo. Ma, a un retto giudizio, la verità più astratta 
è proprio la più pratica. Dovunque appare una teoria vera, non avrà bisogno di 
dimostrazioni. La sua verifica è quella di riuscire a spiegare tutti i fenomeni. 
Ora molti fra questi vengono ritenuti inspiegati e anzi inspiegabili; come ad 
esempio il linguaggio, il sonno, la follia, i sogni, gli animali, il sesso. 
Da un punto di vista filosofico, l'universo è composto dalla Natura e 
dall'Anima. In senso stretto, perciò, tutto quello che è separato da noi, tutto 
quello che la Filosofia distingue come NON IO, cioè sia la natura che 
l'arte, tutti gli altri uomini e il mio corpo, deve essere classificato sotto 
questo nome, NATURA. Nell'enumerare i valori della natura e nel sommare i 
loro risultati, userò la parola in entrambi i sensi, cioè nel suo significato 
comune come in quello filosofico. In indagini così generali come la presente, 
l'imprecisione non riguarda la materia; eviteremo ogni confusione di pensiero. 
La Natura, nel senso comune, si riferisce ad essenze non modificate dalla 
mano dell'uomo; lo spazio, l'aria, il fiume, la foglia. L'Arte si 
riferisce alla mescolanza della volontà umana con i medesimi oggetti, come 
avviene con una casa, un canale, una statua, un quadro. Ma le sue operazioni, 
prese tutte insieme, sono così una statua, un quadro. Ma le sue operazioni, 
prese tutte insieme, sono così insignificanti, un piccolo intervento con lo 
scalpello, una cottura al forno, un rammendo, un lavaggio, che, dinanzi a un' 
impressione grandiosa come quella prodotta dal mondo sulla mente umana, esse non 
modificano il risultato. 
 
 
 
I.        Natura 
 
Per stare in solitudine l'uomo ha bisogno di ritirarsi tanto dalla sua camera 
quanto dalla società. Non vivo in solitudine finché leggo o scrivo, anche se 
nessuno ècon me. Ma se un uomo vuole essere solo, che guardi alle stelle. I 
raggi che vengono da quei mondi celesti introdurranno una barriera tra lui e le 
cose volgari. Si potrebbe pensare che l'atmosfera sia stata creata trasparente 
allo scopo di mettere l'uomo, nei corpi celesti, alla perpetua presenza del 
sublime. Come sono straordinari, visti nelle strade delle città! Se le stelle 
apparissero una notte ogni mille anni, come potrebbero gli uomini credere 
e adorare e preservare per molte generazioni il ricordo dell'apparizione della 
città di Dio! Ma sorgono ogni notte, questi messaggeri della bellezza, e 
illuminano l'universo con il loro sorriso ammonitore. 
Le stelle risvegliano una certa reverenza perché, pur essendo sempre presenti, 
sono sempre inaccessibili; ma tutti gli oggetti naturali fanno un'impressione 
simile, quando la mente è aperta alla loro influenza. La Natura non veste mai 
una mediocre apparenza. Né l'uomo più saggio può strapparle i suoi segreti e 
perdere ogni curiosità scoprendo tutta la sua perfezione. La Natura non è mai 
diventata un giocattolo per uno spirito saggio. I fiori, gli animali, le 
montagne riflettono tutta la saggezza dei suoi momenti migliori, così come hanno 
rallegrato la semplicità della sua infanzia. 
Quando parliamo della natura in questi termini, abbiamo in mente un sentimento 
preciso, ma sommamente poetico. Intendiamo l'integrità dell'impressione 
procurata da molteplici oggetti naturali. E questo che distingue il pezzo di 
legno del tagliaboschi dall'albero del poeta. L'incantevole paesaggio che ho 
visto questa mattina è senza dubbio costituito da venti o trenta fattorie. 
Miller possiede questi terreni, Locke quelli, e Manning il terreno boschivo che 
sta oltre. Ma nessuno di essi possiede il paesaggio. C'è una proprietà 
nell'orizzonte che nessun uomo possiede se non chi riesce con il proprio occhio 
a integrare tutte le parti, vale a dire, il poeta. Questa è la parte migliore 
delle fattorie di questi uomini, eppure ad essa i contratti di proprietà non 
danno un diritto. 
In verità, pochi adulti possono vedere la natura. La maggior parte delle persone 
non vede il sole. Oppure ne una visione molto superficiale. Il sole illumina 
solamente l'occhio dell'uomo, ma risplende dentro l'occhio e nel cuore del 
bambino. L'amante della natura è colui i cui sensi interni ed esterni sono 
ancora in pieno accordo tra di loro; chi ha saputo conservare lo spirito 
dell'infanzia perfino nell'età adulta. Il suo rapporto con il cielo e con la 
terra diventa parte del suo cibo quotidiano. In presenza della natura una fiera 
beatitudine penetra nell'uomo, nonostante i dolori reali. La Natura dice: «E la 
mia creatura e, malgrado tutti i suoi impertinenti dolori, sarà felice con me». 
Non il sole o l'estate come tali, ma ogni ora e stagione rendono il loro omaggio 
di beatitudine; poiché ogni ora e ogni cambiamento corrispondono a un diverso 
stato di mente e lo autorizzano, dal mezzogiorno irrespirabile alla mezzanotte 
più cupa. La Natura è uno scenario che si adatta ugualmente bene ad un'opera 
comica o tragica. Nella buona salute, l'aria è come un liquore dall'incredibile 
virtù. Attraversando un terreno spoglio, sguazzando nella neve che si scioglie, 
nel crepuscolo, sotto un cielo nuvoloso, senza avere nei miei pensieri alcun 
presagio di speciale buona fortuna, ho assaporato una perfetta letizia. Quasi ho 
paura a pensare quanto sono felice. Anche nei boschi un uomo elimina i suoi anni 
come il serpente la sua pelle, e in qualunque periodo della vita è sempre un 
bambino. Nei boschi è la perpetua giovinezza. In queste piantagioni di Dio 
regnano un decoro e una santità, una perenne festa viene allestita, e l'ospite 
non vede come potrebbe stancarsene in mille anni. Nei boschi ritorniamo alla 
ragione e alla fede. Lì sento che niente mi può capitare nella vita, nessuna 
disgrazia, nessuna calamità (purché mi lasci la vista), che la natura non possa 
riparare. Stando sulla nuda terra, il' capo immerso nell'aria serena e sollevato 
nell'infinito spazio, tutto l'egoismo meschino svanisce. Divento un trasparente 
bulbo oculare, non sono niente, vedo tutto; le correnti dell'Essere universale 
circolano attraverso me; sono una parte o una particella di Dio. Il nome 
dell'amico più vicino suona allora straniero e accidentale: essere fratelli, o 
conoscenti, padroni o servi, diventa allora un'inezia fastidiosa. Io sono 
l'amante dell'irresistibile e immortale bellezza. Nella solitudine trovo 
qualcosa di più caro e connaturale che nelle strade o nei villaggi. In un 
paesaggio sereno, e specialmente nella lontana linea dell'orizzonte, l'uomo 
contempla qualcosa di bello quanto la sua stessa natura. 
La più grande beatitudine offerta dai campi e dai boschi è la suggestione di 
un'occulta relazione tra l'uomo e la vegetazione. Non sono solo e sconosciuto. 
Essi mi mandano segnali e altrettanto faccio io. L'ondeggiare dei rami nella 
tempesta è nuovo e al tempo stesso antico per me. Mi sorprende, e pure non è 
sconosciuto. L'effetto che produce è quello di un più nobile pensiero o di una 
più elevata emozione che mi raggiunse nel momento in cui ero convinto di pensare 
esattamente o di operare rettamente. 
Pure è certo che il potere di produrre una simile gioia non risiede nella 
natura, ma nell'uomo, o nell'armonia di entrambi. E necessario fare uso di 
questo tipo di piacere con grande temperanza. Poiché la natura non è sempre 
vestita con l'abito della festa, ma la stessa scena che ieri mandava il suo 
profumo e risplendeva come per la festa delle ninfe può oggi essere ricoperta di 
malinconia. La Natura veste sempre i colori dello spirito. Per un uomo oppresso 
dalla sventura il calore stesso del focolare ha qualcosa di triste. Vi è allora 
un certo disprezzo del paesaggio percepito da chi ha appena perso un amico, 
morto. Il cielo che si stende a ricoprire uomini mediocri è meno grandioso. 
 
 
II.        Utilità 
 
Chiunque consideri la causa ultima del mondo distinguerà una moltitudine di 
funzioni che contribuiscono tutte al risultato finale. Esse si possono 
classificare in una delle seguenti categorie: Utilità; Bellezza; Linguaggio; 
Disciplina. 
Nella categoria generale dell'utilità colloco tutti quei vantaggi per i quali i 
nostri sensi sono debitori alla natura. Questo, certamente, è un beneficio 
temporaneo e mediato, non ultimo, come il servizio che la natura rende 
all'anima. Tuttavia, nonostante questo carattere basso, questo beneficio è 
perfetto nel suo genere, e costituisce il solo uso della natura che tutti gli 
uomini apprendono. L'angustia umana appare come infantile insolenza, quando 
esploriamo la costante e generosa provvista preparata per aiutare e dilettare 
l'uomo su questa sfera verde che lo tiene a galla nei cieli. Quali angeli hanno 
potuto inventare questi splendidi ornamenti, questi ricchi apparati, questo 
oceano di aria sopra, questo oceano di acqua sotto, questo firmamento di terra 
in mezzo? Questo zodiaco di luci, questa cortina di nuvole gocciolanti, questa 
coperta striata di climi, questo anno quadripartito? Le bestie, il fuoco, 
l'acqua, le pietre e il grano servono l'uomo. Il campo è nello stesso tempo il 
suo pavimento, il suo cortile, il suo campo di giochi, il suo giardino e il suo 
letto. 
         
 
 
  
Più servi sono all'uomo 
soggetti 
di quanto egli s'avvede 
(2) 
  
 
 
La natura, nel suo ministero volto all'uomo, non è solamente il materiale, ma 
anche il processo e il risultato. Tutte le parti interagiscono l'una con l'altra 
senza interruzione per il vantaggio dell'uomo. Il vento pianta il seme; il sole 
fa evaporare il mare; il vento soffia il vapore sul campo; il ghiaccio, 
dall'altra parte del pianeta, condensa la pioggia; la pioggia nutre le piante; 
le piante nutrono gli animali; e in questo modo la circolazione infinita della 
divina carità nutre l'uomo. 
Le arti utili sono poi riproduzioni o nuove combinazioni, ad opera 
dell'intelligenza umana, degli stessi benefattori naturali. L'uomo non aspetta 
più i venti favorevoli, ma per mezzo del vapore realizza la favola della sacca 
di Eolo e porta i trentadue venti nella caldaia della sua nave. Per diminuire 
l'attrito, pavimenta la strada di barre di ferro e, stivando su una carrozza un 
intero carico di uomini, animali, e merce, sfreccia attraverso il paese, da 
città a città, come un'aquila o una rondine attraverso l'aria. Come è cambiato 
il volto del mondo, dal tempo di Noè a quello di Napoleone, grazie a questo 
insieme di aiuti! Il semplice e povero cittadino possiede città, navi, canali, 
ponti, costruiti per lui. Va all'ufficio postale, e l'umanità si occupa delle 
sue commissioni; va alla libreria e l'umanità legge e scrive per lui di tutto 
quello che succede; va al palazzo di giustizia e le nazioni si incaricano di 
rimediare ai suoi torti. Stabilisce la sua dimora lungo la strada, e l'umanità 
esce ogni mattina, e rimuove la neve con una pala e apre un sentiero per lui. 
Ma non c'è bisogno di specificare particolari in questa categoria di vantaggi. 
Il catalogo è infinito, e gli esempi sono così ovvi che li lascerò alla 
riflessione del lettore, con l'osservazione generale, che questo tipo di 
beneficio materiale è in rapporto con un bene ulteriore. Un uomo si nutre non 
solo per nutrirsi, ma per poter lavorare. 
 
 
 
III.        Bellezza 
 
Un più nobile bisogno umano è soddisfatto dalla natura, e cioè l'amore della 
Bellezza. 
Gli antichi greci chiamavano il mondo kòsmos, bellezza. Tale è la 
costituzione delle cose, o tale è il potere plastico dell'occhio umano, che le 
forme primarie, come il cielo, le montagne, gli alberi, gli animali ci danno un 
piacere in sé e per sé; un piacere che sorge spontaneo dalla forma, dal 
colore, dal movimento, e dall'insieme. Tutto questo sembra in parte dovuto 
all'occhio stesso. L'occhio è il migliore degli artisti. Attraverso la mutua 
azione della sua struttura e delle leggi della luce si produce la prospettiva, 
che integra ogni massa di oggetti, di qualunque carattere, in un globo ben 
colorato e sfumato, in modo tale che, mentre i singoli oggetti rimangono 
insignificanti e non stimolanti, il paesaggio che essi compongono è circolare e 
simmetrico. E come l'occhio è il migliore compositore, così la luce è il primo 
dei pittori. Non c'è oggetto così ripugnante che la luce intensa non possa 
rendere bellissimo. E lo stimolo che essa produce sui sensì, e quella sorta di 
immensità che essa possiede, come lo spazio e il tempo, rendono gioiosa tutta la 
materia. Perfino il cadavere ha una sua particolare bellezza. Ma oltre a questa 
generale grazia diffusa nella natura, quasi tutte le singole forme sono 
gradevoli all'occhio, come è provato dalle nostre innumerevoli imitazioni di 
qualcuna di esse, come la ghianda, il chicco d'uva, la pigna, la spiga di grano, 
l'uovo, le ali e le forme di molti uccelli, l'artiglio del leone, il serpente, 
la farfalla, le conchiglie marine, le fiamme, le nuvole, i germogli, le foglie e 
le forme di molti alberi, come la palma. 
Per meglio considerarli, possiamo distribuire gli aspetti della Bellezza in tre 
specie. 
 
 
1. Innanzitutto, la semplice percezione delle forme naturali è fonte di gioia. 
L'influenza delle forme e degli effetti naturali è così necessaria all'uomo che, 
nelle sue funzioni più basse, essa sembra collocarsi al confine tra l'utilità e 
la bellezza. Per il corpo e per la mente oppressi da un lavoro o da un ambiente 
nocivo, la natura è un medicinale e ristabilisce il loro tono. L'artigiano, 
l'avvocato escono dalla confusione dell'ambiente di lavoro e delle strade, 
vedono il cielo e i boschi, e in questo modo tornano a essere uomini. Nella loro 
eterna calma, l'uomo trova se stesso. La salute dell'occhio sembra richiedere un 
orizzonte. Non siamo mai stanchi, fino a quando possiamo vedere abbastanza 
lontano. 
Ma, in altri momenti, la Natura produce una soddisfazione particolare unicamente 
attraverso la sua bellezza, e senza che si aggiunga alcun beneficio per il 
nostro corpo. Ho visto lo spettacolo del mattino dalla cima della collina di 
fronte alla mia casa, dalle prime luci del giorno al sorgere del sole, con 
emozioni che un angelo potrebbe condividere. Le lunghe e sottili strisce di 
nuvole galleggiano come pesci nel mare purpureo di luce. Dalla terra, come una 
spiaggia, guardo quel mare silenzioso. Mi pare di condividere le sue rapide 
trasformazioni; l'attivo incanto raggiunge la mia polvere terrena e io mi 
espando e cospiro con il vento del mattino. Con cbe pochi e ordinari elementi, 
la natura ci rende simili agli dei! Datemi la salute, datemi l'arco di una 
giornata, e renderò ridicolo tutto lo sfarzo degli imperatori. L'alba è la mia 
Assiria; il tramonto e il sorgere della luna la mia Pafo, e inimmaginabili regni 
di fiaba; il mezzogiorno pieno sarà la mia Inghilterra dei sensi e 
dell'intelligenza; la notte sarà la mia Germania di mistica filosofia e di 
sogni. 
Non meno straordinario, se si esclude la nostra minore sensibilità nel 
pomeriggio, era, a tarda sera, l'incanto di un tramonto di gennaio. Le nuvole 
dell'occidente si erano divise in tanti fiocchi rosa modulati in tinte di 
inesprimibile morbidezza, e l'aria aveva tanta vita e dolcezza che era una pena 
rientrare in casa. Che cosa voleva dire la natura? Non c'era significato nella 
viva tranquillità della valle dietro il mulino, che Omero e Shakespeare non 
avrebbero potuto ricreare per me con le parole? Gli alberi senza foglie 
diventano spire di fiamma nel tramonto, nell'azzurro cupo del cielo a oriente a 
fare loro da sfondo, e le stelle dei calici morti dei fiori, e ogni stelo 
appassito e la stoppia ricoperta di brina, danno un contributo alla musica muta. 
Gli abitanti delle città pensano che il paesaggio della campagna sia piacevole 
solo per metà dell'anno. Io trovo la mia beatitudine nelle bellezze del 
paesaggio d'inverno, e credo che noi ne siamo toccati come dalle geniali 
influenze dell'estate. Per l'occhio attento ogni momento dell'anno ha la sua 
particolare bellezza e, nello stesso campo, contempla, in ogni momento, un 
quadro che non era mai stato visto prima, e che non sarà visto mai più. I cieli 
cambiano ogni momento e riflettono la loro gloria o la loro malinconia nelle 
pianure sottostanti. Lo stato dei raccolti nelle vicine fattorie altera 
l'aspetto della terra di settimana in settimana. La successione delle piante 
spontanee nei pascoli e ai bordi delle strade, che rappresenta il silenzioso 
orologio attraverso cui il tempo mostra le ore dell'estate, renderà percettibili 
perfino le divisioni del giorno a un acuto osservatore. Le tribù degli uccelli e 
degli insetti, puntuali al loro tempo come le piante, si inseguono l'un l'altra, 
e l'anno ha spazio per tutte. Per corsi d'acqua la varietà e ancora più grande. 
In luglio, quell'azzurra pianta acquatica, che si chiama pontederia, fiorisce in 
ampi letti nei punti poco profondi del nostro fiume ameno e pullula di gialle 
farfalle in continuo movimento. L'arte non può emulare questo sfarzo di viola e 
d'oro. Poiché il fiume è in perpetua festa, e ogni mese vanta un nuovo 
ornamento. 
Ma questa bellezza della Natura, vista e sentita come bellezza, è la parte 
minore. Gli spettacoli del giorno, la rugiada del mattino, l'arcobaleno, le 
montagne, i frutteti in fiore, le stelle, la luce della luna, le ombre 
nell'acqua ferma, e cose simili, se vengono ricercate con un'eccessiva avidità, 
diventano meri spettacoli e ci beffano con la loro irrealtà. Esci di casa per 
vedere la luna, e questa non sarà che un finto luccichio; non ti piacerà come 
quando la luce della luna splende sul tuo viaggio necessario. Chi potrà 
afferrare il bagliore di bellezza dei gialli pomeriggi di ottobre? Se ti fai 
avanti per afferrarla, ecco sparisce; è solo un miraggio: come quando guardi dal 
finestrino della diligenza. 
         
 
 
2. La presenza di un più alto valore, vale a dire di un elemento spirituale, è 
essenziale per la perfezione della natura. L'alta e divina bellezza che può 
essere amata senza mollezza, è quella che si trova in combinazione con l'umana 
volontà e non se ne separa mai. La bellezza è il segno che Dio incide sulla 
virtù (3). Ogni 
azione naturale è piena di grazia. Ogni atto eroico è anche pieno di decoro e fa 
risplendere della sua luce i luoghi in cui si manifesta e chi vi assiste. Noi 
apprendiamo attraverso le grandi azioni che l'universo è la proprietà di ogni 
individuo che ci vive. Ogni creatura razionale ha tutta la natura per sua dote e 
proprietà. E sua, se lo vuole. L'uomo può spogliarsi di tutto questo; può 
ritirarsi in un angolo, e abdicare al suo regno, come fanno molti, ma egli ha 
diritto al mondo per la costituzione. In proporzione all'energia del suo 
pensiero e della sua volontà, egli prende il mondo dentro di sé. «Tutte quelle 
cose per cui gli uomini arano, costruiscono, o navigano, obbediscono alla virtù»
(4), dice un 
antico storico. «I venti e le onde -, dice Gibbon, - sono sempre dalla parte del 
miglior navigatore». Così anche il sole e la luna e tutte le stelle del cielo. 
Quando accade che una nobile azione sia compiuta in uno scenario di grandiosa 
bellezza naturale; quando Leonida e i suoi trecento martiri impiegano un intero 
giorno per morire, e la luna e il sole vengono e li guardano una volta nel 
ripido passo delle Termopili; quando Arnold von Winkelried 
(5), sulle alte Alpi, 
all'ombra della valanga, raccoglie sul suo corpo un fascio di lance austriache 
per spezzare la linea a vantaggio dei suoi compagni; non sono questi eroi degni 
di aggiungere la bellezza della scena alla bellezza dell'azione? Quando la nave 
di Colombo si avvicina alla sponda dell'America, davanti a questa sponda - i 
seIvaggi in fila, accorsi dalle loro capanne di canna, il mare alle spalle e le 
montagne viola dell'Arcipelago Indiano intorno - possiamo separare l'uomo dal 
quadro vivente? Non veste forse il Nuovo Mondo la forma umana con quei boschi di 
palme e savane come adeguato drappeggio? Sempre la bellezza naturale si insinua 
come l'aria, e pervade le grandi azioni. Quando Sir Harry Vane 
(6) fu trascinato sul 
Tower-Hill, seduto su una slitta, per trovare la morte come campione delle leggi 
inglesi, uno della folla gridò, rivolto a lui: «Mai avesti seggio più 
glorioso!». Carlo Il, per intimidire i cittadini di Londra, fece in modo che il 
patriota Lord Russell (7)fosse 
condotto in una carrozza aperta, attraverso le principali strade della città, 
mentre andava al patibolo. «Ma, - come ingenuamente si esprime il suo biografo, 
- la folla immaginò vedere libertà e virtù assise accanto a lui». In luoghi non 
ufficiali, tra sordidi oggetti, un atto di virtù o di eroismo sembra 
improvvisamente attirare a sé il cielo come suo tempio, il sole come sua 
candela. La Natura tende le sue mani ad abbracciare l'uomo, solo che i pensieri 
di questi siano di pari grandezza. Volentieri essa segue i suoi passi con la 
rosa e con la viola, e piega il suo profilo splendido e grazioso ad ornare il 
figlio amato. Se solo i pensieri di questi sono di eguale portata, la cornice si 
adatterà al quadro. Un uomo virtuoso è all'unisono con le opere della natura, e 
costituisce la figura centrale della sfera visibile. Omero, Pindaro, Socrate, 
Focione si associano bene nella nostra memoria con la geografia e il clima della 
Grecia. I cieli visibili e la terra simpatizzano con Gesù. Nella vita comune 
chiunque abbia visto una persona di carattere potente e pronta intelligenza si 
sarà accorto di come facilmente questi accordi tutte le cose a sé, le persone, 
le opinioni, e il giorno, e di come la natura possa diventare ancella di un 
uomo. 
 
3. C'è ancora un altro aspetto sotto cui la bellezza del mondo può essere 
osservata, cioè, il momento in cui questa diventa oggetto dell'intelletto. 
Accanto alla relazione con la virtù, le cose hanno rapporto con il pensiero. 
L'intelletto ricerca l'assoluto ordine nel quale le cose stanno nella mente di 
Dio, senza i condizionamenti degli affetti. Il potere intellettuale e la 
capacità di agire sembrano succedersi l'uno all'altro nell'uomo e l'esclusiva 
attività dell'uno genera l'esclusiva attività dell'altro. C'è qualcosa di poco 
cordiale in ciascuno verso l'altro, ma essi sono come i periodi alternati di 
alimentazione e lavoro negli animali: ciascuno prepara e sarà certamente seguito 
dall'altro. Perciò la bellezza che, in relazione alle azioni, come abbiamo 
visto, viene senza essere ricercata, e viene proprio perché non è ricercata, 
sarà poi percepita e perseguita dall'intelletto; e quindi di nuovo, a sua volta, 
dalla capacità di agire. Niente di divino muore. Tutto il bene è eternamente 
riproduttivo. La bellezza della natura si riforma nella mente, e non per una 
sterile contemplazione, ma per una nuova creazione. 
Tutti gli uomini sono in qualche misura colpiti dal volto del mondo; alcuni 
uomini fino al punto da ricavarne beatitudine. Questo amore per la bellezza è il 
Gusto. Altri nutrono lo stesso amore con una tale esuberanza, che, non contenti 
di ammirare la bellezza, cercano di incarnarla in nuove forme. La creazione 
della bellezza è l'Arte. 
La creazione di un'opera d'arte getta luce sul mistero dell'umanità. Un'opera 
d'arte è un simbolo o un riassunto del mondo. Il risultato o l'espressione della 
natura, in miniatura. Poiché, nonostante le opere della natura siano 
innumerevoli e tutte diverse, il loro risultato o la loro espressione è a un 
tempo simile e individuale. La natura è un mare di forme radicalmente simili 
eppure uniche. Una foglia, un raggio di sole, un paesaggio, l'oceano, fanno 
un'impressione analoga nella mente. Ciò che è comune a tutte queste cose, quella 
perfezione, quell'armonia, è la bellezza. Il modello della bellezza è l'intero 
circuito delle forme naturali, la totalità della natura che gli italiani 
esprimono definendo la bellezza «il più dell'uno». 
(8) Niente è pienamente bello preso 
per sé; niente è bello se non viene messo in relazione al tutto. Un singolo 
oggetto è bello solo nel momento in cui suggerisce questa grazia universale. Il 
poeta, il pittore, lo scultore, il musicista, l'architetto cercano ognuno di 
concentrare questo irraggiarsi del mondo in un punto, e ognuno nelle sue 
numerose opere cerca di soddisfare l'amore della bellezza che lo stimola a 
produrre. Perciò l'arte è una natura passata attraverso l'alambicco dell'uomo. 
Perciò nell'arte la Natura lavora attraverso la volontà di un uomo ripieno della 
bellezza delle sue prime opere. 
Il mondo perciò esiste per l'anima, per soddisfarne il desiderio di bellezza. 
Questo elemento, portato all'estremo, lo chiamo un fine ultimo. Nessuna 
spiegazione può essere richiesta o fornita sui motivi per cui l'anima ricerca la 
bellezza. La bellezza, nel suo più ampio e profondo significato, è 
un'espressione dell'universo. Dio è integrale bellezza-giustizia. Verità e 
bontà, e bellezza, non sono che diversi aspetti dello stesso Tutto. Ma la 
bellezza in natura non è ultima. Essa è messaggera dell'interiore ed eterna 
bellezza, e non è semplicemente un bene concreto e soddisfacente. Deve porsi 
come una parte, e non come l'ultima o più alta espressione della causa finale 
della Natura. 
 
 
 
IV.         Linguaggio 
 
Il linguaggio è un terzo strumento attraverso cui la Natura serve l'uomo. La 
Natura è il veicolo del pensiero, in un semplice, duplice, e triplice grado. 
1. Le parole sono segni difatti naturali. 
2. Particolari fatti naturali sono simboli di particolari fatti spirituali. 
3. La Natura è il simbolo dello spirito. 
 
 
1. Le parole sono segni difatti naturali. La funzione della storia naturale è di 
aiutarci nella storia soprannaturale; la funzione della creazione esteriore è di 
offrirci il linguaggio con cui parlare dell'essere e del divenire della 
creazione interiore. Se si traccia la genealogia di ogni parola che viene usata 
per esprimere un fatto morale o intellettuale, si scoprirà che deriva da qualche 
fenomeno materiale. Giusto significa diritto; sbagliato significa
contorto. Spirito significa in primo luogo vento; trasgressione 
l'attraversare di una linea; accigliato, l'alzarsi delle sopracciglia. 
Indichiamo il cuore per esprimere un'emozione, la testa per 
indicare il pensiero; e pensiero ed emozione sono a loro volta 
parole prese in prestito dalle cose sensibili, e applicate alla natura 
spirituale. La maggior parte del processo attraverso cui questa trasformazione 
si è realizzata ci sfugge, nascosta nel tempo remoto in cui il linguaggio fu 
creato; ma la stessa tendenza può essere osservata ogni giorno nei bambini. I 
bambini e i selvaggi usano solamente nomi o nomi di cose, che essi convertono di 
continuo in verbi, e applicano ad analoghi atti di pensiero. 
 
 
2. Ma questa origine di tutte le parole che hanno una portata spirituale - fatto 
così rilevante nella storia del linguaggio - è il nostro minor debito nei 
confronti della natura. Non sono solo le parole a essere emblematiche; sono le 
cose stesse a essere tali. Ogni fatto naturale èsimbolo di qualche fatto 
spirituale. Ogni aspetto della natura corrisponde a qualche stato mentale, e 
quello stato mentale può solo essere descritto presentando quella sembianza 
naturale come la sua immagine. Un uomo infuriato è un leone, un uomo astuto è 
una volpe, un uomo sicuro è una roccia, un uomo colto è una fiaccola. Un agnello 
è innocenza; un serpente è sottile mali-zia; i fiori esprimono per noi i teneri 
affetti. Luce e oscurità sono le nostre espressioni familiari per conoscenza e 
ignoranza; la parola «calore» esprime amore. Una visibile distanza dietro e 
davanti a noi è rispettivamente la nostra immagine della memoria e della 
speranza. 
Chi può guardare un fiume in un momento di meditazione senza richiamare alla 
mente il flusso di tutte le cose? Getta un sasso in un ruscello, e i cerchi che 
si propagano sono il meraviglioso modello di ogni forma di influsso. Gli uomini 
sono consapevoli, all'interno o al di qua della loro vita individuale, di 
un'anima universale dove, come in un firmamento, le nature della Giustizia, 
della Verità, dell'Amore, della Libertà, sorgono e risplendono. Essi chiamano 
Ragione questa anima universale: non è mia, o tua, o sua, ma noi siamo suoi; 
siamo sua proprietà, suoi uomini. E il cielo blu in cui la nostra terra è 
sprofondata, ~ cielo con la sua perpetua calma, e pieno di eterne sfere è il 
modello della Ragione. Ciò che da un punto di vista intellettuale chiamiamo 
Ragione, lo indichiamo invece come Spirito in rapporto alla natura. Lo Spirito è 
il Creatore. Lo Spirito ha la vita in sé. E l'uomo in tutte le età e in tutti i 
paesi lo esprime nel suo linguaggio con la parola PADRE. 
E facile vedere come in queste analogie non vi sia niente di fortuito o di 
capriccioso, e come esse siano invece costanti, e pervadano la natura. Non sono 
i sogni di pochi poeti, qui e là; ma l'uomo è un creatore di analogie, e studia 
le relazioni in tutti gli oggetti. Egli si trova al centro degli esseri, e un 
raggio di relazioni giunge a lui da ogni altro essere. Né l'uomo può essere 
compreso senza questi oggetti, né questi oggetti senza l'uomo. Tutti i fatti 
nella storia naturale presi per se stessi non hanno valore, sono sterili, come 
un singolo sesso. Ma unisci la natura alla storia dell'uomo, e subito essa 
diventa piena di vita. Interi trattati sulla flora, tutti i volumi di Linneo e 
di Buffon, sono solo freddi cataloghi difatti; ma il più triviale di questi 
fatti, le caratteristiche di una pianta, gli organi, o il lavoro che la 
concerne, o rumore di un insetto, applicati all'illustrazione di un concetto 
nella filosofia, o in qualsiasi modo associati alla natura umana, ci colpiscono 
nel modo più vivo e piacevole. Il seme di una pianta: quali toccanti analogie 
con la natura dell'uomo sono state trovate in quel piccolo frutto, in ogni 
discorso, fino alla voce di Paolo, che chiama «seme» il corpo destinato alla 
morte («È stato seminato un corpo naturale, è sorto un corpo 
spirituale»). (9) 
Il movimento della terra attorno al suo asse e attorno al sole creano il giorno 
e l'anno. Si tratta semplicemente di determinate quantità di luce e di calore. 
Ma non c'è alcuna intenzione di analogia tra la vita dell'uomo e le stagioni? E 
non guadagnano forse le stagioni in splendore e in pathos da quell'analogia? Gli 
istinti di una formica sono di assai poca importanza considerati di per sé; ma 
nel momento in cui un raggio di relazione si estende da essa all'uomo e quel 
piccolo animaletto da fatica è visto come qualcuno che ammonisce, un piccolo 
corpo con un cuore possente, allora tutte le sue abitudini, anche quella che è 
stata recentemente osservata, che essa non dorme mai, diventano sublimi. 
A causa di questa radicale corrispondenza tra le cose visibili e i pensieri 
umani, i selvaggi, che hanno solo ciò che è necessario, conversano attraverso 
figure. Se andiamo indietro nella storia, il linguaggio diventa più pittoresco, 
fino alla sua infanzia, quando tutto è poesia, o quando tutti i fatti spirituali 
sono rappresentati da simboli naturali. Si scopre che gli stessi simboli hanno 
dato luogo agli elementi originali di tutti i linguaggi. E stato osservato 
inoltre che le espressioni idiomatiche di tutti i linguaggi si avvicinano fra 
loro in passaggi di particolare eloquenza ed effetto. E il primo linguaggio è 
come l'ultimo. Questa immediata dipendenza del linguaggio dalla natura, questa 
conversione di un fenomeno esteriore nel modello di qualcosa di umano, non perde 
mai il suo potere di coinvolgerci. E questo che dà quell'arguzia alla 
conversazione di un contadino dal forte carattere o agli abitanti dei terreni 
boscosi e selvaggi, che tutti gli uomini dimostrano di apprezzare. 
 
La natura è un interprete 
attraverso cui l'uomo conversa con gli altri uomini. Il potere di un uomo di 
collegare il suo pensiero con il suo proprio simbolo, e di esprimerlo in questo 
modo, dipende dalla semplicità del suo carattere, cioè, dal suo amore della 
verità e dal suo desiderio di comunicarla senza perdita. La corruzione dell'uomo 
è seguita dalla corruzione del linguaggio. Quando sulla semplicità del carattere 
e sulla sovranità delle idee prevalgono dei desideri secondari, il desiderio di 
ricchezze, di piacere, di potere, e di lodi, e la doppiezza e la falsità 
prendono il posto della semplicità e della verità, il potere sulla natura come 
interprete della volontà viene in un certo grado perduto; nuove immagini cessano 
di essere create, e vecchie parole sono forzate a indicare cose che non sono 
affatto vecchie; una moneta cartacea viene usata quando non c'è oro nelle camere 
di sicurezza. A suo tempo la frode diviene evidente, e le parole perdono tutto 
il potere di stimolare la comprensione o gli affetti. Si possono trovare 
centinaia di scrittori in ogni nazione da lungo tempo civile che per un breve 
periodo credono e fanno credere agli altri di vedere ed esprimere verità, essi 
che invece non hanno la forza di rivestire un solo pensiero nel suo abito 
naturale, ma si nutrono inconsapevolmente con il linguaggio creato dagli 
scrittori primari del paese, quelli cioè che hanno mantenuto un rapporto 
primario con la natura. 
Ma gli uomini saggi irrompono attraverso questo stile corrotto e collegano di 
nuovo le parole alle cose visibili, in modo tale che il linguaggio figurato 
diventa immediatamente un'autorevole certificazione che colui che lo usa è un 
uomo alleato con la verità e con Dio. Il nostro discorso, nel momento in cui 
cresce sul terreno di fatti familiari ed è infiammato dalla passione o esaltato 
dal pensiero, si veste di immagini. Un uomo che conversa seriamente, se guarda 
ai suoi processi intellettuali, scoprirà che sempre un'immagine materiale più o 
meno luminosa cresce nella sua mente, contemporaneamente ad Ogni pensiero, 
rivestendolo dei suoi abiti. Di qui il fatto che la buona scrittura e il 
discorso brillante sono perpetue allegorie. Questa produzione immaginativa è 
spontanea. Rappresenta l'unione dell'esperienza con la presente azione della 
mente. E una effettiva creazione. Costituisce l'opera della Causa Originale 
attraverso gli strumenti che essa ha già creato. 
Questi fatti possono suggerire quale sia, per una mente gagliarda, il vantaggio 
della vita rurale rispetto alla vita artificiale e angusta delle città. Della 
natura conosciamo più di quello che possiamo, anche volendolo, comunicare. La 
sua luce fluisce ininterrottamente nella mente, e scordiamo la sua presenza. Il 
poeta o l'oratore cresciuti nei boschi, i cui sensi siano stati formati dinanzi 
al loro affascinante e pacificante mutare, anno dopo anno, senza disegno o 
particolare cura, non perderanno mai completamente la loro lezione, nella 
confusione delle città o nelle risse della politica. Molto tempo dopo, nel mezzo 
dell'agitazione e del tumulto delle assemblee nazionali, nell'ora della 
rivoluzione, queste immagini solenni riappariranno come la luce del mattino, 
come simboli e parole opportuni in relazione ai pensieri che gli eventi presenti 
risveglieranno. Al richiamo di un nobile sentimento, di nuovo i boschi 
ondeggiano, i pini mormorano, il fiume scorre e risplende, e il bestiame 
muggisce sulle montagne, così come lo avevano visto e udito nell'infanzia. E con 
queste immagini dinanzi, le squille della persuasione, le chiavi del potere sono 
posti nelle loro mani. 
 
3. Dunque gli oggetti naturali ci assistono nell'espressione di particolari 
significati. Ma quale linguaggio straordinario per esprimere informazioni così 
insignificanti! C'era forse bisogno di creature di razza così nobile, di questa 
profusione di forme, di questa moltitudine di orbite nel cielo, per fornire 
all'uomo il dizionario e la grammatica del suo discorso municipale? Mentre ci 
serviamo di questo grandioso cifrario per il disbrigo delle nostre faccende 
domestiche, sentiamo che non abbiamo ancora cominciato a usarlo veramente, e che 
non ne siamo neppure capaci. Siamo come viaggiatori che usano le ceneri di un 
vulcano per cuocere le uova. Mentre vediamo che è sempre pronto a fornire le 
parole di quello che vogliamo dire, non possiamo evitare la domanda se i 
caratteri siano o no significanti di per sé. Le montagne, le onde e i cieli non 
hanno altro significato di quello che consapevolmente attribuiamo loro quando li 
usiamo come emblemi del nostro pensiero? Il mondo è emblematico. Parti del 
discorso possono essere metafore, perché l'intera natura è una metafora della 
mente umana. Le leggi della natura morale rispondono a quelle della materia come 
un volto si riflette in un vetro. «Il mondo visibile e le relazioni delle sue 
parti, sono il quadrante su cui leggere l'invisibile». 
(10)Gli assiomi della fisica traducono 
le leggi dell'etica. Perciò si dice che «il tutto è più grande della parte»; «la 
reazione è uguale all'azione»; «il peso più piccolo può essere spinto a 
sollevare il peso maggiore, poiché la differenza di peso è compensata dal 
tempo»; e molte proposizioni simili, che hanno un significato etico oltre che 
fisico. Queste proposizioni hanno un senso molto più esteso e universale quando 
sono applicate alla vita umana di quando sono confinate all'uso tecnico. 
In modo simile, le parole memorabili della storia e i proverbi delle nazioni 
consistono di solito in un fatto naturale, scelto come immagine o parabola di 
una verità morale. Così: «Una pietra mossa non fa muschio»; «Meglio un uovo oggi 
che una gallina domani»; «Uno zoppo sulla strada giusta batte un corridore su 
quella sbagliata»; «Batti il ferro finché è caldo»; «E difficile trasportare una 
tazza troppo piena»; «L'aceto è il figlio del vino»; «L'ultima oncia spezzò la 
schiena del cammello»; «L'albero che vive a lungo mette prima le radici» e 
simili. Nel loro significato primario questi sono fatti banali, ma li ripetiamo 
per il valore del loro significato analogico. Ciò che è vero per i proverbi è 
vero di tutte le favole, parabole e allegorie. 
Questa relazione tra la mente e la materia non è una fantasia di qualche poeta, 
ma è presente nella mente di Dio, e in questo modo può essere conosciuta da 
tutti gli uomini. Che appaia loro oppure no. Quando nei momenti favorevoli 
consideriamo questo miracolo, l'uomo saggio dubita di essere stato cieco e sordo 
in tutti gli altri momenti: 
 
Possono esserci cose come queste,  
E sovrastarci come una nuvola estiva  
Senza la nostra speciale meraviglia? (11) 
 
poiché l'universo diventa trasparente, e la luce di leggi ancor più alte delle 
sue risplende attraverso esso. E il problema costante che ha suscitato la 
sorpresa e stimolato lo studio di ogni grande genio dagli inizi del mondo, 
dall'età degli egiziani e dei bramini a quella di Pitagora, di Platone, di 
Bacon, di Leibniz e di Swedenborg. Là, al margine della strada siede la Sfinge, 
e di età in età, ogni profeta, passandole accanto, tenta la sorte, svelandone 
l'enigma. Sembra essere una necessità dello spirito quella di manifestarsi in 
forme materiali; e giorno e notte, fiume e tempesta, bestia feroce e uccello, 
acido e alcale preesistono come Idee necessarie nella mente di Dio, e sono 
quello che sono in virtù di precedenti affetti nel mondo dello spirito. Un fatto 
è il fine o l'ultimo risultato dello spirito. La creazione visibile èil termine 
o la circonferenza del mondo invisibile. «Gli oggetti materiali - sostenne un 
filosofo francese - sono necessariamente una sorta di scoria dei pensieri 
sostanziali del Creatore, che devono sempre conservare un esatta relazione con 
la loro prima origine; in altre parole, la natura visibile deve avere un aspetto 
spirituale e morale». 
Questa dottrina è astrusa, e anche se le immagini di «veste», «scoria», 
«specchio» ecc., possono stimolare la fantasia, dobbiamo chiedere l'aiuto di 
commentatori più sottili e vitali per rendere più chiaro questo concetto. «Ogni 
scrittura deve essere interpretata dallo stesso spirito che l'ha prodotta», è la 
legge fondamentale della critica. Una vita in armonia con la natura, l'amore 
della verità e della virtù, purificheranno gli occhi fino alla comprensione del 
suo testo. A poco a poco possiamo arrivare a conoscere il senso primitivo degli 
oggetti permanenti della natura, così che il mondo sarà per noi un libro aperto, 
e ogni forma significherà la sua vita nascosta e la sua causa finale. 
Un nuovo interesse ci sorprende, mentre, dal punto di vista ora suggerito, 
contempliamo l'impressionante estensione e moltitudine degli oggetti; poiché 
«ogni oggetto guardato rettamente, apre una nuova facoltà dell'anima». Quella 
che era verità inconsapevole, diventa, quando viene interpretata e definita in 
un oggetto, una parte del dominio della conoscenza, una nuova arma nell'arsenale 
del potere. 
 
 
 
V.        Disciplina 
 
Indagando il significato della natura, arriviamo nello stesso tempo a 
considerare un nuovo elemento: la natura è una disciplina. Questo modo di trarre 
vantaggio dal mondo include quelli precedenti come sua parte. 
Spazio, tempo, società, lavoro, clima, cibo, locomozione, gli animali, le forze 
meccaniche ci danno, giorno dopo giorno, le lezioni più sincere, dal significato 
illimitato. Esse educano sia l'Intelligenza che la Ragione. Ogni proprietà della 
materia è una scuola per l'intelligenza, la sua solidità o resistenza, la sua 
inerzia, la sua estensione, la sua figura, la sua divisibilità. L'intelligenza 
aggiunge, divide, combina, misura e trova perpetuo nutrimento e spazio per la 
sua attività in questa scena preziosa. Nello stesso tempo, la Ragione 
trasferisce tutte queste lezioni nel suo mondo, quello del pensiero, attraverso 
la percezione delle analogie che sposano la Materia e la Mente. 
 
 
1.        La natura è una disciplina del comprendere nell'ambito delle verità 
intellettuali. Il nostro contatto con gli oggetti sensibili è un costante 
esercizio nelle necessarie lezioni sulla differenza, la somiglianza, l'ordine, 
l'essere e l'apparire, la progressiva sistemazione, l'ascendere dal particolare 
al generale, il convergere verso un solo risultato di molteplici forze. 
Proporzionata all'importanza dell'organo da formare è l'estrema cura con cui si 
deve provvedere alla sua istruzione, una cura che non viene meno in nessun 
singolo caso. Quale noioso allenamento, giorno dopo giorno, anno dopo anno, 
senza fine, per formare il senso comune; che continuo ripetersi di fastidi, 
inconvenienti, dilemmi; quante soddisfazioni prese da uomini meschini ai nostri 
danni; quante discussioni sui prezzi, quanti calcoli degli interessi [...1 e 
tutto questo per formare la Mano della mente; per insegnarci che «i buoni 
pensieri non sono migliori dei buoni sogni, a meno che non siano messi in 
pratica!». (12) 
Lo stesso utile compito è svolto dalla Proprietà e dai suoi sistemi derivati del 
debito e del credito. Il debito, il debito digrignante, la cui maschera di ferro 
la vedova, l'orfano, e i figli del genio temono e odiano; il debito, che tanto 
tempo consuma, che tanto danneggia e scoraggia un grande spirito con 
preoccupazioni apparentemente così vili, è un precettore le cui lezioni non 
possono essere trascurate: ne hanno bisogno soprattutto coloro che soffrono di 
più a causa sua. E inoltre, la proprietà, che è stata opportunamente paragonata 
alla neve che «cade oggi uniformemente, e domani il vento l'ammucchia in 
cumuli», è semplicemente l'azione in superficie del meccanismo interno, come le 
lancette sul quadrante dell'orologio. Mentre ora è ginnastica per 
l'intelligenza, accumula nella preveggenza dello spirito un'esperienza di leggi 
più profonde. 
 
L'intero carattere e la fortuna dell'individuo sono condizionati dalle minime 
disuguaglianze nella formazione dell'intelligenza: per esempio nella percezione 
delle differenze. E grazie allo Spazio e al Tempo che l'uomo può capire che le 
cose non sono confuse e ammassate in modo disordinato, ma divise e individuali. 
Una campana e un aratro hanno una funzione diversa, e una non può svolgere il 
compito dell'altro. L'acqua è buona da bere, il carbone si può bruciare, la lana 
è ottima da indossare; ma la lana non può essere bevuta, l'acqua non può essere 
filata, né il carbone può essere mangiato. L'uomo saggio mostra la sua saggezza 
nella separazione, nella gradazione, e la sua scala delle creature e dei valori 
è ampia come quella naturale. La scala degli sciocchi non ha alcuna ampiezza; 
essi suppongono che ogni uomo sia come ogni altro uomo. Ciò che non è buono lo 
chiamano il peggio, e ciò che non è odioso essi chiamano il meglio. 
Come, in modo simile, la natura ci educa a stare bene attenti! Essa non perdona 
errori. Il suo sì è sì, e il suo no e no. 
I primi passi in agricoltura, astronomia, zoologia (quei primi passi che 
intraprendono il contadino, il cacciatore, e il marinaio), insegnano che i dadi 
della Natura sono sempre truccati; che nei suoi cumuli e rifiuti sono nascosti 
sicuri e utili risultati. 
Con quale calma e genialità la mente apprende una dopo l'altra le leggi della 
fisica! Quali nobili emozioni dilatano il mortale appena egli entra nei concilii 
della creazione, e sente attraverso la conoscenza il privilegio di Essere! La 
sua capacità di penetrazione lo purifica. La bellezza della natura risplende nel 
suo stesso petto. L'uomo è più grande di quanto possa comprendere, l'universo è 
meno grande, perché le relazioni di Tempo e di Spazio svaniscono appena le leggi 
sono conosciute. 
Qui di nuovo siamo impressionati e perfino intimiditi dall'immensità 
dell'universo che deve essere esplorata. «Quello che conosciamo è un semplice 
punto rispetto a quello che non conosciamo». 
(13) Apri una qualunque recente 
rivista di scienza, considera i problemi riguardo alla luce, al calore, 
all'elettricità, al magnetismo, alla fisiologia, alla geologia, e giudica da te 
stesso se è possibile che l'interesse della scienza naturale possa mai esaurirsi 
in fretta. 
Lasciando da parte molti particolari della disciplina della natura, non dobbiamo 
omettere di specificarne due. 
L'esercizio della Volontà, ovvero la lezione del potere, è insegnata in ogni 
evento. A partire dal consecutivo impossessarsi, da parte del bambino, dei suoi 
molteplici sensi fino al momento in cui egli dice: «Sia fatta la tua volontà!», 
egli apprende il segreto di poter ridurre sotto la sua volontà non solo 
particolari eventi ma anche grandi classi di eventi, anzi, l'intera loro serie, 
e di potere in tal modo conformare tutti i fatti al suo carattere. La natura è 
completamente mediata. E fatta per servire. Subisce il dominio dell'uomo con la 
stessa sottomissione dell'asino che portò il Redentore. Offre tutti i suoi regni 
all'uomo come materiale grezzo che egli può modellare in oggetti utili. L'uomo 
non è mai stanco di elaborarla. Egli forgia la sottile e delicata aria in sagge 
e melodiose parole, e fornisce loro le ali come angeli di persuasione e comando. 
Sempre più, con ogni pensiero, si estende il suo dominio sulle cose, fino a che 
il mondo diventa alla fine solo una volontà realizzata, il doppio dell'uomo. 
         
 
2.        Gli oggetti sensibili sono conformi alle premonizioni della 
Ragione e riflettono la coscienza. Tutte le cose sono morali; e nei loro 
illimitati cambiamenti senza confini hanno un riferimento incessante alla natura 
spirituale. Perciò la natura con forme, colori e movimento si gloria che ogni 
globo nel cielo più lontano, ogni cambiamento chimico dal più rude cristallo, 
fino alle leggi della vita, ogni cambiamento di vegetazione dal primo principio 
della crescita nell'occhio di una foglia, fino alla foresta tropicale e 
all'antidiluviana miniera di carbone, ogni funzione animale dalla spugna fino a 
Ercole, suggeriscano o tuonino all'uomo le leggi del bene e del male, e i dieci 
Comandamenti. Perciò la natura è sempre alleata della Religione: mette a 
disposizione del sentimento religioso tutto il suo fasto e le sue ricchezze. 
Profeti e sacerdoti, Davide, Isaia e Gesù hanno attinto in profondità da questa 
fonte. 
Questo carattere etico penetra l'osso e il midollo della natura, tanto da 
sembrare il fine per cui essa fu creata. Qualunque scopo privato sia soddisfatto 
da un suo qualunque membro o parte, questa è la sua funzione pubblica e 
universale e non è mai omessa. Niente in natura si esaurisce nel suo primo uso. 
Quando una cosa ha servito il suo scopo fino all'ultimo, diventa completamente 
nuova per un ulteriore servizio. In Dio, ogni fine è convertito in nuovi mezzi. 
In questo modo l'uso dei vantaggi, considerato in sé, è meschino e squallido. Ma 
per la mente rappresenta una sorta di educazione alla grande dottrina dell'Uso, 
cioè che una cosa è buona solo fino al momento in cui serve; che una 
collaborazione delle parti e un concorso degli sforzi a produrre un risultato è 
essenziale ad ogni essere. La prima e grezza manifestazione di questa verità è 
l'inevitabile e odiata educazione in fatto di valori e di bisogni, in fatto di 
frumento e di carne. 
E già stato mostrato, trattando del significato delle cose materiali, come ogni 
processo naturale altro non è che una versione di una sentenza morale. La legge 
morale giace al centro della natura e si irradia alla circonferenza. E' il 
midollo e l'essenza di ogni sostanza, di ogni relazione, e di ogni processo, 
tutte le cose con cui abbiamo a che fare predicano a noi. Che cos'è una fattoria 
se non un vangelo muto? Il fieno e il grano, l'erbaccia e le piante, le loro 
stesse malattie, la pioggia, gli insetti, il sole sono un sacro emblema dal 
primo solco di primavera fino all'ultima catasta che la neve dell'inverno 
ricopre nei campi. Ma il marinaio, il pastore, il minatore, il mercante, nelle 
loro innumerevoli risorse, hanno ognuno un'esperienza precisamente parallela, e 
che conduce alla stessa conclusione; perché tutte le organizzazioni sono 
radicalmente simili. Non si può nemmeno dubitare che questo sentimento morale 
che così profuma nell'aria e cresce nel grano, e impregna le acque del mondo, 
non sia colto dall'uomo e non penetri nella sua anima. L'influenza morale della 
natura su ogni individuo è quella parte di verità che essa gli illustra. Chi può 
darne una stima? chi può indovinare quanta fermezza abbia insegnato ai pescatori 
la roccia battuta dal mare? quanta tranquillità sia stata riflessa per l'uomo 
dal cielo azzurro, sui cui abissi purissimi i venti spingono continuamente 
greggi di nuvole tempestose, senza lasciare alcuna piega o macchia? quanta 
industria e provvidenza e affetto abbiamo ricavato dalla pantomima dei bruti? 
Che penetrante predicatore della padronanza di sé è il fenomeno della Salute, 
nel suo variare! 
In ciò viene specialmente appresa l'unità della Natura, l'unità nella varietà, 
che ci viene incontro dappertutto. Tutta l'infinita varietà delle cose ci fa 
un'impressione identica. Senofane si lamentava nella sua vecchiaia che, dovunque 
egli posasse lo sguardo, tutte le cose s'affrettassero a tornare all'Unità. Era 
stanco di vedere la stessa entità nella tediosa varietà delle forme. La favola 
di Proteo ha una sua cordiale verità. Ogni particolare natura, una foglia, una 
goccia, un cristallo, un momento del tempo, è collegato al tutto, e partecipa 
della perfezione del tutto. Ogni particella è un microcosmo, e rende fedelmente 
la sembianza del mondo. 
Non esistono somiglianze solo nelle cose la cui analogia è ovvia, come quando 
scopriamo il tipo della mano umana nell'arto di un sauro fossile, ma anche in 
oggetti in cui c'è una grande differenza superficiale. Così l'architettura è 
chiamata «musica congelata» (14) 
da Madame De Stael e da Goethe. Vitruvio pensava che un architetto dovesse 
essere un musicista. «Una chiesa gotica - dice Coleridge - è una religione 
pietrificata». Michelangelo sosteneva che, per un architetto, la conoscenza 
dell'anatomia è essenziale. Negli oratori di Haydn, le note presentano 
all'immaginazione non solo movimenti, come quelli del serpente, del cervo, e 
dell'elefante, ma anche colori, come l'erba verde. La legge dei suoni armonici 
riappare nei colori armonici. Il granito è diverso nelle sue leggi dal fiume che 
lo consuma solamente per la maggiore o minore presenza di calore. Il fiume che 
scorre assomiglia all'aria che soffia sopra di lui; l'aria assomiglia alla luce 
che l'attraversa con correnti più sottili; la luce assomiglia al calore che 
cavalca insieme a lei attraverso lo Spazio. Ogni creatura non è che una 
modificazione dell'altra; la somiglianza in esse è più grande della differenza, 
e la loro legge radicale è una e la stessa. Di qui viene che una regola di 
un'arte, o una legge di un'organizzazione si mantengono vere in tutta la natura, 
questa Unità è così intima che, come si può riconoscere facilmente, giace sotto 
gli ultimi abiti con cui la Natura si copre, e tradisce la sua origine nello 
Spirito Universale. Poiché essa pervade anche il Pensiero. Ogni verità 
universale che esprimiamo in parole, implica o suppone ogni altra verità. 
Omne verum vero consonat. E come un grande cerchio su una sfera, 
comprendente tutti i possibili cerchi che, tuttavia, possono essere tracciati e 
comprenderla allo stesso modo. Ogni verità di tal genere è l'assoluto Ente visto 
da un lato. Ma esso ha innumerevoli lati. 
La stessa centrale Unità è ancora più visibile nelle azioni. Le parole sono 
organi finiti della mente infinita. Esse non possono abbracciare le dimensioni 
di ciò che è presente nella verità. Esse la interrompono, la fanno a pezzi e 
l'impoveriscono. Un'azione è la perfezione del pensiero, il renderlo pubblico. 
Un'azione giusta sembra riempire l'occhio, ed essere collegata a tutta la 
natura. «L'uomo saggio, nel fare una cosa, fa tutto; ovvero in un'attività che 
svolge rettamente, vede il sembiante di tutto quello che è fatto rettamente».
(15) 
Le parole e le azioni non sono gli attributi della natura muta e bruta. Esse ci 
introducono alla forma umana, di cui tutte le altre organizzazioni sembrano 
essere degradazioni. Quando questa forma appare tra tutte le altre che la 
circondano, lo spirito la preferisce a tutte le altre, dice: «Da cose come 
queste ho ricavato gioia e conoscenza; in cose come queste ho trovato e 
contemplato me stesso; gli parlerò; quello spirito può parlare di nuovo; può 
generare in me un pensiero già formato e vivo». Infatti, l'occhio (la mente) è 
sempre accompagnato da queste forme, maschili e femminili; e queste sono 
incomparabilmente le più ricche informazioni sul potere e sull'ordine che 
giacciono al cuore delle cose. Sfortunata mente ognuna di esse porta i segni 
come di qualche ferita, appare guasta e difettosa in superficie. Nonostante cio 
molto lontano dalla sorda e muta natura che le circonda tutte queste forme, come 
condutture di una fontana, poggiano sul mare insondato del pensiero e della 
virtù cui esse sole, tra tutte le organizzazioni, offrono l'accesso. 
Sarebbe una piacevole ricerca seguire in dettaglio la loro influenza sulla 
nostra educazione, ma dove potrebbe interrompersi? Nell'età adolescente e in 
quella adulta siamo uniti ad amici che, come i cieli e le acque, abbracciano 
nella sua estensione la nostra idea; essi, rispondendo tutti a un certo affetto 
dell'anima, soddisfano il nostro desiderio in merito; non siamo in grado di 
metterli a una tale distanza focale da noi da poterli correggere o almeno 
analizzare. Non possiamo fare a meno di amarli. Quando un'importante relazione 
con un amico ci ha messo a disposizione un modello di eccellenza, e ha aumentato 
il nostro rispetto per le risorse di Dio che così ci invia una persona reale che 
supera persino il nostro ideale; quando poi il nostro amico è diventato un 
oggetto del pensiero e, mentre il suo carattere mantiene tutto il suo effetto 
inconscio, egli si trasforma nell'anima in solida e dolce sapienza, è il segno 
per noi che il suo compito sta per esaurirsi: di solito si sottrarrà in breve 
alla nostra vista. 
VI.        Idealismo 
 
Così l'inesprimibile ma intelligibile e praticabile significato del mondo è 
trasmesso all'uomo, l'immortale allievo, in ogni oggetto di senso. Tutte le 
parti della natura cospirano a questo esito della Disciplina. 
Un nobile dubbio perpetuamente si presenta, se questo esito non sia la Causa 
Finale dell'Universo; e se la natura esista esternamente. E attraverso una 
sufficiente porzione di quell'Apparenza che chiamiamo il Mondo, che Dio istruirà 
una mente umana, trasformandola nel destinatario di un certo numero di 
sensazioni congruenti, che chiamiamo sole e luna, uomo e donna, casa e 
commercio. Nella mia totale impotenza a verificate l'autenticità dei referti dei 
miei sensi, a conoscere se l'impressione che essi fanno su di me corrisponda a 
oggetti esteriori, quale differenza fa, se Orione è lassù nel cielo, o qualche 
dio ne dipinge l'immagine nel firma-mento dell'anima? Poiché le relazioni delle 
patti e l'esito del tutto rimangono uguali, qual è la differenza, che la terra e 
il mare interagiscano, e i mondi ruotino e si mescolino senza numero e senza 
fine, abissi spalancati sotto altri abissi, e galassie che bilanciano galassie, 
attraverso lo spazio assoluto, o che, senza relazioni di tempo e di spazio, le 
stesse apparenze siano inscritte nella costante fede dell'uomo? Che la natura 
goda di un esistenza sostanziale all'esterno, o che esista solo nella 
rivelazione della mente, è cosa ugualmente utile e venerabile per me. Qualunque 
cosa è ideale per me fino al punto in cui non posso verificare la precisione dei 
miei sensi. 
Le persone superficiali scherzano sulla teoria Idealista, come se le sue 
conseguenze fossero grottesche; come se essa mettesse in discussione la 
stabilità della natura. Certamente no. Dio non scherza mai con noi, e non 
comprometterà il fine della natura permettendo una qualsiasi incongruenza nel 
suo processo. Ogni mancanza di fiducia nella permanenza delle leggi 
paralizzerebbe le facoltà umane. La loro permanenza è rispettata in modo sacro, 
e la fede in ciò è perfetta. Le ruote e i meccanismi dell'uomo sono predisposti 
sulla base dell'ipotesi della permanenza della natura. Non siamo costruiti come 
una nave per essere scossi dalle onde, ma come una casa per rimanere saldi. E 
naturale conseguenza di questa struttura, che fino a quando i poteri attivi 
predominano su quelli riflessivi, ci opponiamo con indignazione a ogni accenno 
che la natura sia destinata a durare meno o sia più mutevole dello spirito. Il 
mediatore, il carraio, il falegname, il doganiere sono costernati di fronte a 
una dichiarazione di questo genere. 
Ma mentre accettiamo interamente la permanenza delle leggi naturali, la 
questione dell'assoluta esistenza della natura rimane ancora aperta. E un 
effetto uniforme della cultura sulla mente umana, quello di non indebolire la 
nostra fede nella stabilità di fenomeni particolari, come il calore, l'acqua, 
l'azoto, ma di condurci a considerare la natura come un fenomeno, non come una 
sostanza; ad attribuire esistenza necessaria allo spirito; a stimare la natura 
come un accidente e un effetto. 
Ai sensi e a una intelligenza non rinnovata appartiene una sorta di istintiva 
credenza nell'assoluta esistenza della natura. Nella loro prospettiva l'uomo e 
la natura sono indissolubilmente legati. Le cose sono definitive ed esse non 
vedono mai oltre la propria sfera. La presenza della ragione distrugge questa 
fede. Il primo sforzo del pensiero tende ad allentare questo dispotismo dei 
sensi che ci vincola alla natura come distante e in qualche modo sospesa. Fino a 
quando questa più alta influenza non intervenga, l'occhio degli animali vede, 
con straordinaria precisione, lineamenti molto precisi e superfici colorate. 
Quando l'occhio della Ragione si apre, ai lineamenti esterni e alle superfici si 
aggiungono improvvisamente grazia ed espressione. Queste procedono 
dall'immaginazione e dall'affetto, e diminuiscono in qualcbe modo l'angolare 
precisione degli oggetti. Se la Ragione è stimolata a una visione più rigorosa, 
i lineamenti e le superfici diventano trasparenti, e non si scorgono più; le 
cause e gli spiriti attraverso di essi divengono visibili. I migliori, più 
felici momenti della vita sono questi deliziosi risvegli dei più alti poteri, e 
il reverente ritrarsi della natura davanti al suo Dio. 
Procediamo a indicare gli effetti della cultura. 
 
 
1. La nostra prima introduzione alla filosofia ideale èun suggerimento che viene 
dalla Natura stessa. 
La natura è fatta per collaborare con lo spirito per la nostra emancipazione. 
Certi cambiamenti meccanici, una piccola alterazione nella nostra posizione 
locale, ci avvertono dell'esistenza di un dualismo. Noi siamo stranamente 
colpiti dal vedere la spiaggia da una nave in movimento, da una mongolfiera, o 
attraverso i colori di un cielo insolito. Il più piccolo cambiamento nel nostro 
punto di vista dà all'intero mondo un aspetto pittorico. Un uomo che cavalca di 
rado, ha solo bisogno di entrare in una carrozza e di attraversare la sua stessa 
città, per trasformare le strade in un teatrino di burattini. Gli uomini, le 
donne, che parlano, corrono, trafficano, combattono, il solerte artigiano, il 
fannullone, il mendicante, i ragazzi, i cani, subito perdono la loro consistenza 
o, almeno, sono interamente staccati da tutte le relazioni con l'osservatore, e 
visti come esseri apparenti, non sostanziali. Quali nuovi pensieri sono 
suggeriti dal vedere l'aspetto del tutto familiare della campagna da una 
carrozza della ferrovia in rapido movimento! Ecco, gli oggetti più comuni, dopo 
un lievissimo cambiata ento di punto di vista, ci piacciono di più. In una 
camera oscura ci divertono il carro del macellaio, e la figura di uno della 
nostra famiglia. Allo stesso modo il ritratto di un volto ben noto in qualche 
modo ci gratifica. Guarda di sotto in su il paesaggio, attraverso le gambe: come 
diventa gradevole quell'immagine, anche se l'hai osservata ogni giorno negli 
ultimi vent'anni! 
In questi casi, attraverso mezzi meccanici, vien suggerita la differenza tra 
l'osservatore e lo spettacolo, tra l'uomo e la natura. Di qui sorge un piacere 
mescolato con il timore; direi che si percepisce un basso grado di sublime dal 
fatto probabilmente che qui l'uomo avverte che, mentre il mondo è uno 
spettacolo, qualcosa in lui è stabile. 
 
 
2. In un modo più alto il poeta comunica lo stesso piacere. Attraverso pochi 
segni egli delinea, come nell'aria, il sole, la montagna, il campo, la città, 
l'eroe, la fanciulla, in modo non diverso da come li conosciamo, ma solamente 
sollevati da terra e sospesi davanti all'occhio. Egli libera la terra e il mare, 
e li fa girare attorno all'asse del suo pensiero primario, e li ridispone. 
Posseduto da un'eroica passione, egli usa la materia come simbolo di questa. 
L'uomo sensuale conforma i pensieri alle cose; il poeta conforma le cose ai suoi 
pensieri. L'uno stima la natura nelle sue radici e nella sua fissità; l'altro, 
come un fluido, e vi imprime il suo essere. Per lui il mondo refrattario è 
duttile e flessibile; egli investe di umanità la polvere e le pietre, e li 
trasforma in parole della Ragione. L'Immaginazione può essere definita come 
l'uso che la Ragione fa del mondo materiale. Shakespeare possiede il potere di 
subordinare la natura agli scopi dell'espressione, più di tutti i poeti. La sua 
imperiale musa fa rimbalzare la creazione da una mano all'altra come un 
gingillo, e la usa per incarnare ogni ombra di pensiero che gli si affacci alla 
mente. I più remoti spazi della natura sono visitati, e le cose più lontane e 
divise sono tenute insieme da una sottile connessione spirituale. Diveniamo 
consapevoli che la grandiosità delle cose materiali è relativa e che tutti gli 
oggetti si contraggono o si espandono per servire la passione del poeta. Perciò 
nei suoi sonetti, egli scopre che i nidi degli uccelli, i profumi e i colori dei 
fiori non sono che ombra della sua amata; il tempo, che la mantiene 
lontana da lui è il suo scrigno; il sospetto che essa si sia risvegliata, 
è il suo ornamento; 
 
Ornamento di bellezza è Sospetto, 
Nell'aria più dolce del cielo, un corvo che vola 
(16) 
 
Il suo sentimento non è il frutto del caso; essa si dilata, appena lui parla, a 
una città, o a uno stato. 
 
No, non fu creato come accidente; 
Non soffre le lusinghe dello sfarzo, né cade 
Sotto il cipiglio di un servile malcontento; 
Non teme la politica, quell'eretico 
Che opera per spazi di brevi ore contate 
Ma tutto solo sta altamente politico (17) 
 
Nella forza di questa fermezza, le Piramidi gli sembrano un fatto recente e 
transitorio. La freschezza della giovinezza e dell'amore lo abbaglia per la sua 
somiglianza al mattino. 
 
Allontana queste labbra 
Che sì dolci hanno mentito; 
E gli occhi, alba del giorno, 
Luci che ingannano il mattino. (18) 
 
La selvaggia bellezza di questa iperbole, posso dire di passaggio, non trova 
facilmente paragoni in letteratura. 
Questa trasfigurazione che tutti gli oggetti materiali subiscono attraverso la 
passione del poeta, questo potere che egli esercita, in ogni momento, di 
magnificare ciò che è piccolo e di sminuire ciò che è grande, può essere 
illustrato da migliaia di esempi dalle sue opere. Ho davanti a me la 
Tempesta, e citerò solamente questi pochi versi. 
 
Il promontorio dalle forti basi 
ho scosso, e con i colpi ho sradicato  
Il pino e il cedro. 
 
Prospero invoca una musica per calmare il frenetico Alonzo, e i suoi compagni: 
 
Una solenne aria è il miglior conforto 
Per una fantasia turbata. Possa guarire il tuo cervello,  
Ora inutile gonfiore nel tuo cranio. 
 
Ancora: 
 
L'incanto dissolve rapidamente,  
E, come il mattino subentra furtivo alla notte,  
Diradando le tenebre, così i loro sensi che si svegliano 
Cominciano a scacciare le nebbie dell'ignoranza che avvolgono 
La loro ragione più chiara. 
La loro comprensione 
comincia ad espandersi: e la marea montante 
nempira' in breve le spiagge della ragione 
che ora giacciono sporche e fangose (19) 
 
 
La percezione di reali affinità tra gli eventi (cioè a dire, di ideali 
affinità, poiché solamente quelle sono reali), mette dunque il poeta nella 
condizione di liberarsi dalle forme e dai fenomeni più imponenti del mondo e di 
asserire la preminenza dell'anima. 
 
 
 
3. Perciò il poeta, mentre ci rallegra animando la natura con i propri pensieri 
come un creatore, differisce dal filosofo solamente in questo, che l'uno propone 
la Bellezza come suo scopo principale, l'altro la Verità. Ma il filosofo, non 
meno del poeta, pospone l'apparente ordine e le relazioni delle cose al dominio 
del pensiero «Il problema della filosofia - secondo Platone - èquello di trovare 
un terreno incondizionato e assoluto per tutto ciò che esiste 
condizionatamente». (20) 
Essa procede sulla base della fede che una legge determina tutti i fenomeni: 
conoscendola, tutti i fenomeni possono essere predetti. Quella legge, quando si 
trova nella mente, è un'idea. La sua bellezza è infinita. Il vero filosofo e il 
vero poeta sono un'unica persona, e una bellezza, che è verità, e una verità, 
che è bellezza, sono lo scopo di entrambi. Il fascino di una definizione di 
Platone o di Aristotele non è forse rigorosamente prossimo a quello 
dell'Antigone di Sofocle? Si tratta, in entrambi i casi, del fatto che una 
vita spirituale è stata impartita alla natura; che l'apparentemente solido 
blocco di materia è stato pervaso e dissolto da un pensiero; che questo debole 
essere umano ha penetrato le vaste masse della natura con un anima che le 
informa, e ha riconosciuto se stesso nella loro armonia, cioè, ha colto la loro 
legge. Nella fisica, quando ciò si realizza, la memoria si scarica dei suoi 
ingombranti cataloghi di particolari e riduce secoli di osservazioni a una 
singolare forma. 
Perciò perfino nella fisica ciò che è materiale è sempre degradato di fronte 
allo spirituale. L'astronomo, il geometra fanno affidamento sulla loro 
inconfutabile analisi, e disdegnano i risultati dell'osservazione. La sublime 
osservazione di Eulero a proposito della sua legge degli archi: «Si scoprirà che 
questo è contrario all'esperienza, eppure vero» ha già trasferito la natura 
nella mente, e lasciato la materia come un cadavere reietto. 
 
 
4. E stato osservato che la ricerca speculativa genera invariabilmente un dubbio 
sull'esistenza della materia. Turgot dice: «E certo che chi non ha mai dubitato 
dell'esistenza della materia, non ha attitudine alle ricerche metafisiche». La 
ricerca fissa l'attenzione sulle nature immortali, necessariamente increate, 
cioè sulle Idee; e alla loro magnifica e maestosa presenza sentiamo che il 
nostro essere esterno è un sogno e un'ombra. Mentre aspettiamo in questo Olimpo 
di dei, pensiamo alla natura come a un'appendice dell'anima. Ascendiamo alla 
loro regione, e riconosciamo che queste idee sono i pensieri dell'Essere 
Supremo. «Esse furono costituite dall'eternità, dall'inizio, o prima che la 
terra fosse. Quando egli preparò i cieli, erano là; quando stabili le nuvole in 
alto, quando fissò le sorgenti degli abissi. Allora esse erano con lui, come 
cresciute con lui. Egli trasse da loro consiglio». 
La loro influenza è proporzionata. Come oggetti di scienza esse sono accessibili 
a pochi uomini. Pure tutti gli uomini possono innalzarsi alla loro regione 
attraverso la pietà o la passione. E nessun uomo tocca queste divine nature 
senza diventare in qualche grado egli stesso divino. Come una nuova anima, esse 
rinnovano il corpo. Diventiamo fisicamente sottili e leggeri; camminiamo 
sull'aria; la vita non è più un fardello e pensiamo che non lo sarà mai. Nella 
loro serena compagnia, nessuno teme l'età, la sfortuna o la morte, poiché viene 
sottratto alla regione del cambiamento. Quando contempliamo senza veli la natura 
della Giustizia e della Verità, impariamo la differenza tra l'assoluto e il 
condizionato o relativo. Apprendiamo l'assoluto. Come se fosse la prima volta,
esistiamo. Diventiamo immortali perché impariamo che il tempo e lo spazio 
non sono che relazioni della materia, che non hanno alcuna affinità con una 
percezione della verità o con una volontà virtuosa. 
 
 
5. Infine, la religione e l'etica, che possono opportunamente essere chiamate la 
pratica delle idee e l'introduzione delle idee nella vita, hanno un analogo 
effetto rispetto a tutta la cultura più bassa, nel degradare la natura e nel 
suggerire la sua dipendenza dallo spirito. Etica e religione differiscono in 
ciò, che una rappresenta il sistema dei doveri umani a partire dall'uomo, 
l'altra, da Dio. La Religione include la personalità di Dio, l'etica no. Esse, 
nel nostro presente disegno, sono una cosa sola. Entrambe mettono la natura 
sotto i piedi. La prima e l'ultima lezione della religione è: «Le cose visibili 
sono temporali; le cose invisibili sono eterne». Questo è un oltraggio nei 
confronti della natura. Negli incolti opera quello che la filosofia opera in 
Berkeley e Vyasa. (21)Il 
linguaggio uniforme che si può udire nelle chiese delle sette più rozze è: 
«Disprezza le apparenze non sostanziali del mondo: sono vanità, sogni, ombre, 
irrealtà; cerca le realtà della religione». Il devoto si fa beffe della natura. 
Alcuni teosofi sono arrivati a una certa ostilità e indignazione nei confronti 
della materia, come i Manichei e Plotino. Essi diffidano di ogni nostalgia per 
queste pentole piene di carne dell'Egitto. Plotino provava vergogna del suo 
corpo. In breve, tutti questi possono dire della materia, quello che 
Michelangelo ha detto della bellezza eterna: «Stoppia fragile e consunta, con 
cui Dio veste l'anima che egli ha chiamato nel tempo». 
(22) E chiaro così che il movimento, 
la poesia, la scienza fisica e speculativa e la religione toccano tutte le 
nostre convinzioni sul mondo esterno. Ma riconosco che c'è una certa mancanza di 
riconoscenza nell'espandere con eccessiva curiosità i particolari della 
proposizione generale secondo cui tutta la cultura ci imbeve di idealismo. Non 
ho ostilità nei confronti della natura, ma l'amo come un bambino. Mi muovo e 
vivo nel caldo giorno come il frumento e i meloni. Parliamo di lei in modo equo. 
Non vorrei tirare pietre sulla mia bellissima madre, né sporcare il mio nido 
gentile. Vorrei solo indicare la vera posizione della natura rispetto all'uomo, 
giacché ogni corretta educazione mira a questo scopo: raggiungere questo 
risultato la connessione dell'uomo con la natura - è l'oggetto della vita umana. 
La cultura inverte le visioni ordinarie della natura e spinge la mente a 
chiamare apparente ciò che si suole chiamare reale, e reale ciò che si è soliti 
chiamare visionario. I bambini, è vero, credono nel mondo esterno. Il pensiero 
che esso sia pura apparenza è successivo, ma con la cultura questa fede sorgerà 
sicuramente alla mente, come la prima volta. 
Il vantaggio dell'idealismo sulla fede popolare è questo, che presenta il mondo 
proprio nel modo in cui èpiù desiderabile per la mente. Esso rappresenta, 
infatti, il punto di vista assunto dalla Ragione, sia speculativa che pratica, 
cioè come filosofia e come virtù. Giacché, visto alla luce del pensiero, il 
mondo è sempre fenomenico, e la virtù lo subordina alla mente. L'idealismo ve-de 
il mondo in Dio. Contempla l'intera cerchia delle persone e delle cose, delle 
azioni e degli eventi, dei paesi e delle religioni, non come un qualcosa che è 
accumulato faticosamente, atomo dopo atomo, atto dopo atto, nel lento avanzare 
delle età, ma come un vasto quadro che Dio dipinge nell'immediata eternità per 
la contemplazione dell'anima. Perciò l'anima si trattiene da troppo ordinari e 
microscopici studi del quadro universale. Essa rispetta troppo il fine per 
perdersi nei mezzi; vede nel cristianesimo qualcosa di più importante degli 
scandali della storia ecclesiastica o delle sottigliezze della critica; e, 
nient'affatto curiosa riguardo a persone o a miracoli, senza farsi problema 
delle prove storiche, accetta da Dio il fenomeno, come lo trova, come pura e 
impressionante forma di religione nel mondo. Non si scalda, non si appassiona 
intorno all'apparenza di ciò che chiama buona o cattiva sorte, intorno al favore 
o al contrasto di questa o quella persona. Nessun uomo e suo nemico. Essa 
accetta qualunque cosa le possa accadere, come parte della sua lezione. Osserva, 
piuttosto che fare, e fa solo per poter meglio osservare. 
 
 
 
VII.         Spirito 
 
E essenziale che una vera teoria della natura e dell'uomo sia in qualche modo 
progressiva. Usi che sono esauriti o che possono esserlo e fatti che si 
esauriscono in parole non possono essere tutto ciò che è vero a proposito di 
questo bel soggiorno in cui l'uomo è ospitato, e in cui tutte le sue facoltà 
trovano un appropriato e infinito esercizio. E tutti gli usi della natura 
ammettono di essere sommati in un solo, che si apre come sfera infinita 
all'attività umana. Attraverso tutti i suoi regni, fino agli elementi esterni e 
alla periferia delle cose, essa rimane fedele alla causa da cui ha avuto 
origine. Essa sempre parla di Spirito. Suggerisce l'assoluto. E un perpetuo 
effetto. E una grande ombra che indica sempre il sole alle nostre spalle. 
L'aspetto della natura è devoto. Come la figura di Cristo, essa sta con il capo 
piegato, e le mani raccolte sul petto. L'uomo più felice è colui che apprende 
dalla natura la lezione dell'adorazione. 
Colui che pensa di più, dirà il minimo di quell'ineffabile essenza che chiamiamo 
Spirito. Possiamo intravvedere Dio nei fenomeni grezzi e in qualche modo 
distanti della materia; ma quando tentiamo di descriverlo e di definirlo, sia il 
linguaggio che il pensiero ci abbandonano, e restiamo impotenti, come stolti e 
selvaggi. Quell'essenza rifiuta di essere tradotta in proposizioni, ma quando 
l'uomo l'ha adorata intellettualmente, il più nobile ministero della natura è 
quello di presentarsi come apparizione di Dio. E l'organo attraverso cui lo 
spirito universale parla a quello individuale, e cerca con forza di ricondurre 
ad esso lo spirito individuale. 
 
Quando consideriamo lo Spirito, vediamo che le opinioni già presentate non 
includono l'uomo nella sua interezza. Dobbiamo a questo proposito aggiungere 
qualche riflessione. 
Tre problemi sono posti alla mente dalla natura: che cos'è la materia? da dove 
viene? e dove va? L'idealismo risponde solamente alla prima di queste domande. 
L'idealismo dice: la materia è un fenomeno, non una sostanza. L'idealismo ci 
avverte della totale disparità tra l'evidenza del nostro essere e l'evidenza 
dell'essere del mondo. L'uno è perfetto; l'altro, incapace di ogni certezza; la 
mente è una parte della natura delle cose; il mondo è un sogno divino, da cui 
possiamo subito svegliarci alle glorie e alle sicurezze del giorno. L'idealismo 
è l'ipotesi di considerare la natura attraverso principi diversi da quelli della 
carpenteria e della chimica. Pure, se si limitasse a negare l'esistenza della 
materia, non soddisfa le domande dello spirito. Lascia Dio esterno a me. Mi 
lascia nello splendido labirinto delle mie percezioni a vagare senza fine. 
Quindi il cuore resiste a questo tipo di idealismo, perché negando consistenza 
effettiva a uomini e donne non considera gli affetti. La natura è così pervasa 
dalla vita umana che c'è qualcosa di umano nel tutto e in ogni particolare. Ma 
questa teoria mi rende straniera la natura e non tiene conto di quella 
consanguineità che le riconosciamo. 
Manteniamola dunque, nella presente condizione della nostra conoscenza, 
semplicemente come un'utile ipotesi introduttiva, che ci serve a farci 
apprezzare l'eterna distinzione tra l'anima e il mondo. 
Ma quando, seguendo gli invisibili passi del pensiero, giungiamo a domandarci: 
da dove viene la materia? dove si dirige? molte verità sorgono per noi dai 
recessi della coscienza. Apprendiamo che ciò che è più nobile è presente 
all'anima dell'uomo; che la terribile essenza universale, che non è sapienza, o 
amore, o bellezza, o potenza, ma tutto in uno, e ciascuna di queste interamente, 
è ciò per cui tutte le cose esistono e grazie a cui sono; apprendiamo che lo 
spirito crea; che lo spirito è presente dietro la natura, attraverso la natura; 
che, uno e non composto, agisce su di noi non dall'esterno, cioè nello spazio e 
nel tempo, ma spiritualmente, o attraverso noi stessi: perciò quello spirito, 
cioè l'Essere Supremo, non costruisce la natura attorno a noi, ma la produce 
attraverso di noi, come la vita dell'albero mette nuovi rami e nuove foglie 
attraverso i pori delle vecchie. Come una pianta sulla terra, così un uomo 
riposa sul petto di Dio; è nutrito da inesauribili sorgenti e dispone di un 
potere inesauribile in risposta al suo bisogno. Chi può mettere limiti alle 
possibilità dell'uomo? Quando ci nutriamo di nobili ideali, e siamo ammessi a 
contemplare le assolute nature della giustizia e della verità, apprendiamo che 
l'uomo ha accesso all'intera mente del Creatore, è egli stesso creatore nel 
finito. Questo pensiero, che mi indica dove si trovano le fonti in cui giacciono 
la sapienza e il potere, e indica nella virtù 
 
La chiave d'oro 
Che apre il palazzo dell'eternità (23) 
 
porta sul suo volto la più alta attestazione di verità, perché esso mi spinge a 
creare il mio mondo attraverso la purificazione della mia anima. 
Il mondo procede dallo stesso spirito da cui procede il corpo umano. E 
un'incarnazione di Dio più remota e inferiore, una proiezione di Dio 
nell'inconscio. Ma differisce dal corpo in un importante aspetto. Non è, come 
quello, soggetto alla volontà umana. Il suo sereno ordine è inviolabile da parte 
nostra. Perciò è, per noi, ciò che illustra nel presente la mente divina. E un 
punto fermo attraverso cui possiamo misurare il nostro distacco. Appena 
degeneriamo, il contrasto tra noi e la nostra dimora diviene più evidente. 
Diventiamo tanto estranei alla natura, quanto siamo alieni da Dio. Non 
comprendiamo il canto degli uccelli. La volpe e il cervo fuggono da noi; l'orso 
e la tigre ci sbranano. Non conosciamo che l'utilità di poche piante, come il 
frumento, il melo, le patate e la vite. Non è forse il paesaggio, ogni parte del 
quale appare grandiosa alla vista, un volto di lui? Pure questo può mostrarci 
quale discordanza esista tra l'uomo e la natura, poiché non si può ammirare 
liberamente un nobile paesaggio se dei coloni stanno lavorando duramente nel 
campo con la vanga. Il poeta trova qualcosa di ridicolo nel suo piacere fino a 
quando non viene a trovarsi fuori dalla vista degli uomini. 
 
 
 
VIII.         Prospettive 
 
Nelle ricerche che riguardano le leggi del mondo e la struttura delle cose, la 
ragione più alta è sempre la più vera. Ciò che sembra appena possibile, è così 
rarefatto, è spesso così debole e oscuro poiché è situato nel punto più profondo 
della mente tra le verità eterne. La scienza empirica può oscurare la vista, e 
proprio attraverso la conoscenza delle funzioni e del processi può privare chi 
la studia di una virile contemplazione del tutto. L'erudito perde il contatto 
con la poesia. Ma il naturalista più colto che presta un'intera e devota 
attenzione alla verità, vedrà che rimane molto da imparare su questa relazione 
con il mondo, e che questa non deve essere appresa mediante addizione o 
sottrazione o da altro confronto di quantità conosciute, ma va raggiunta 
attraverso movimenti spontanei dello spirito, attraverso una continua conquista 
di sé, e una completa umiltà. Si renderà conto che nello studioso ci sono 
qualità molto superiori alla precisione e all'infallibilità; che una congettura 
è spesso più fruttuosa di un'indiscutibile affermazione, e che un sogno può 
introdurci più addentro nei segreti della natura di centinaia di esperimenti ben 
escogitati. 
 
Giacché i problemi che devono essere risolti sono proprio quelli che il 
fisiologo e il naturalista omettono di enunciare. Non spetta all'uomo conoscere 
tanto tutti gli individui del regno animale, quanto da dove viene e verso dove 
conduce questo tirannico principio unificante in lui presente, che continuamente 
distingue e classifica le cose e si sforza di ridurre le più diverse a un'unica 
forma. Quando contemplo uno splendido paesaggio, il mio scopo non è tanto quello 
di enumerare correttamente l'ordine e la sovrapposizione dei diversi strati, 
quanto piuttosto quello di riconoscere perché tutto il pensiero della 
molteplicità si perda in un tranquillo senso di unità. Non posso prestare grande 
attenzione alla piccolezza dei dettagli fino a che non c'è indizio che spieghi 
la relazione tra le cose e i pensieri; finché nessun raggio illumina la 
metafisica della conchiliologia, della botanica, delle arti, in modo da 
mostrare la relazione delle forme dei fiori, delle conchiglie, degli animali, 
dell'architettura, con la mente, e da costruire la scienza sulla base delle 
idee. In un gabinetto di storia naturale, percepiamo una certa occulta 
identificazione e simpatia riguardo alle più goffe ed eccentriche forme delle 
bestie, dei pesci e degli insetti. L'americano che si è limitato, nel suo paese, 
alla vista di edifici disegnati seguendo modelli stranieri, rimane sorpreso 
nell'entrare nella cattedrale di York o in S. Pietro a Roma, avvertendo che 
queste strutture sono anch'esse imitazioni, deboli copie di un invisibile 
archetipo. Né la scienza ha sufficiente umanità, fino a che il naturalista 
trascura quella straordinaria corrispondenza che esiste tra l'uomo e il mondo; 
di cui l'uomo è signore, non perché ne 
sia il più perspicace abitante, ma perché ne rappresenta la guida e il cuore, e 
trova qualcosa di se stesso in ogni grande o piccola cosa, in ogni strato di 
montagna, in ogni nuova legge del colore, in ogni nuovo fatto astronomico, o in 
ogni influenza atmosferica che l'osservazione o l'analisi mettano in luce. La 
percezione di questo mistero ispira la musa di George Herbert, l'affascinante 
salmista del diciassettesimo secolo. I seguenti versi sono parte del suo piccolo 
poema sull'uomo. 
 
L'uomo è tutto simmetria, 
Pieno di proporzioni, un arto coll'altro, 
E tutto l'uomo con tutto il mondo 
Ogni membro può chiamare fratello il più lontano 
Poiché il capo e i piedi hanno un'intima connessione 
Ed entrambi sono legati alle lune e alle maree. 
 
Niente è così lontano 
 
 
che l'uomo non lo catturi e tenga come sua preda; 
I suoi occhi fanno scendere le stelle più alte: 
In piccolo egli è tutta la sfera. 
Le erbe felicemente curano la nostra carne, poiché esse 
Trovano qualcosa a loro affine. 
 
Per noi soffiano i venti, 
La terra riposa, il cielo si muove, e le fontane scorrono. 
Nulla vediamo che non significhi il nostro bene, 
nostra delizia, o nostro tesoro; 
Il tutto è nostro luogo di nutrimento o stanza di piacere. 
 
Le stelle ci mandano a dormire: 
La notte tira la cortina che il sole solleva. 
La musica e la luce ci accompagnano. 
Tutte le cose sono gentili verso la nostra carne, 
Nel loro discendere ed essere; verso la nostra mente, 
Nella loro ascesa e causa. 
 
Più servi sono soggetti all'uomo 
Di quanti egli s'avveda. In ogni sentiero, 
Egli calpesta ciò che gli soccorre, 
Quando la malattia lo rende pallido e debole. 
Oh possente amore! L'uomo è un mondo, e 
Un altro lo accompagna. 
 
 
La percezione di questa categoria di verità produce l'attrazione che spinge gli 
uomini verso la scienza, ma si perde di vista il fine con l'attenzione ai mezzi. 
Di fronte alla scienza come conoscenza dimezzata, accettiamo l'affermazione di 
Platone, che «la poesia arriva piu vicino alla verità vitale di quanto non possa 
la storia». Ogni congettura e divinazione ha diritto a un certo rispetto, e 
impariamo a preferire teorie imperfette, e frasi che contengono tracce di 
verità, a sistemi ben ordinati che non offrono alcun valido suggerimento. Uno 
scrittore saggio sentirà che gli scopi dello studio e della composizione sono 
soddisfatti nel migliore dei modi annunciando regioni del pensiero non ancora 
scoperte, comunicando così, attraverso la speranza, una nuova attività allo 
spirito apatico. 
Per questi motivi concluderò questo saggio richiamandomi ad alcune tradizioni 
sull'uomo e la natura, che un certo poeta mi ha cantato e che, come sono sempre 
state presenti nel mondo, forse riappariranno a ogni cantore, sia nella storia 
che nella profezia. 
«I fondamenti dell'uomo non sono nella materia, ma nello spirito. L'elemento 
dello spirito è l'eternità. Per lui, dunque, la serie più lunga degli eventi, e 
le più antiche cronologie sono giovani e recenti. Nel ciclo dell'uomo 
universale, da cui procedono gli individui conosciuti, i secoli sono punti, e 
tutta la storia non è che l'epoca di una degradazione. 
«Noi rinneghiamo e sconfessiamo interiormente la nostra simpatia con la natura. 
Ammettiamo e neghiamo i nostri rapporti con lei, di volta in volta. Siamo come 
Nabucodonosor, detronizzati, privati della ragione, e intenti a mangiare erba 
come un bue. Ma chi può porre limiti alla efficacia curativa dello spirito? 
«Un uomo è un dio in rovina. Quando gli uomini sono innocenti, la vita sarà più 
lunga, e diventerà immortale dolcemente, come ci risvegliamo dai sogni. Ora, il 
mondo sarebbe folle e furioso, se questa disorganizzazione dovesse durare per 
centinaia di anni. È dominato dalla morte e dall'infanzia. L'infanzia è il 
perpetuo Messia, che viene nelle braccia di uomini caduti, e li invita a tornare 
in paradiso. 
«L'uomo è il nano di se stesso. Una volta egli era permeato, dissolto dallo 
spirito. Ha riempito la natura con le sue traboccanti correnti. Da lui sorgono 
il sole e la luna; dall'uomo il sole, dalla donna la luna. Le leggi della sua 
mente, i periodi delle sue azioni si esprimevano nel giorno e nella notte, 
nell'anno e nelle stagioni. Ma, avendo creato per se stesso questo enorme 
guscio, le sue acque si sono ritirate; egli non riempie più le vene e i 
capillari; è ridotto a una goccia. Vede che la struttura è ancora della giusta 
misura per lui, ma lo è in modo colossale. Si può dire, piuttosto, che una volta 
era adatta a lui, mentre ora gli corrisponde solo da lontano e dall'alto. Egli 
adora timidamente il suo stesso lavoro, Ora è l'uomo il seguace del sole, la 
donna della luna. Pure qualche volta sobbalza nel suo sonno, e si meraviglia di 
se stesso e della sua casa, e medita stranito sulla somiglianza tra sé e questa. 
Percepisce che se la sua legge è ancora superiore, se possiede ancora un potere 
elementare, "se la sua parola rimane nonostante tutto autentica in natura"
(24), si tratta 
di un potere non consapevole, non inferiore, ma superiore alla sua volontà. E 
l'istinto». 
In questo modo ha cantato il mio poeta orfico. 
(25) 
Nel momento presente, l'uomo non applica alla natura che metà della sua forza. 
Opera nel mondo con la sola intelligenza. Vive in esso e lo domina con un soldo 
di sapienza; e colui che opera soprattutto in esso non e che un mezzo uomo; 
mentre le braccia sono forti e la digestione buona, la mente è abbrutita, è un 
selvaggio egoista. Il suo rapporto con la natura, il suo potere su di essa è 
attraverso l'intelligenza, come concime; l'utilità economica del fuoco, il 
vento, l'acqua, e l'ago della bussola; il vapore, il carbone, l'agricoltura 
chimica; le riparazioni del corpo umano a opera del dentista e dchimico. E una 
ripresa di potere come se un re allontanato dai suoi territori dovesse comprarli 
pollice dopo pollice, invece di saltare all'improvviso sul proprio trono. Nel 
frattempo, nella spessa oscurità, non sono mancati baleni di una luce migliore, 
esempi occasionali dell'azione dell'uomo sulla natura come l'intera sua forza, 
tanto con la ragione, quanto con l'intelletto. Questi esempi sono la tradizione 
dei miracoli nella storia più antica delle nazioni; la vicenda di Gesù Cristo; 
la traduzione pratica di principi, sia nelle rivoluzioni religiose che in quelle 
politiche, e nell'abolizione del commercio degli schiavi; i miracoli 
dell'entusiasmo, come quelli di Swedenborg, di Hohenlohe 
(26), e dei Quaccheri; i molteplici 
oscuri e pure contestati fatti, che ora vanno sotto il nome di magnetismo 
animale; la preghiera, l'eloquenza, la possibilità di guarire se stessi; e la 
sapienza dei bambini. Questi sono esempi della momentanea presa di potere da 
parte della Ragione; l'esercizio di un potere che non esiste nel tempo e nello 
spazio, ma che irrompe con efficacia nell'istante. La differenza fra la forza 
reale e quella ideale dell'uomo è felicemente descritta dai filosofi scolastici, 
nel dire che la conoscenza dell'uomo è una conoscenza notturna, vespertina 
cognitio, mentre quella di Dio è una conoscenza mattutina, matutina 
cognitio. 
Il problema di restaurare l'originaria ed eterna bellezza del mondo è 
risolto attraverso la redenzione dell'anima. La rovina o il vuoto che vediamo 
quando guardiamo alla natura, sono nel nostro occhio. L'asse della visione non 
coincide con l'asse delle cose, e così esse non appaiono trasparenti, ma opache. 
La ragione per cui il mondo manca di unità, e giace a pezzi e a mucchi, è che 
l'uomo manca di unità con se stesso. Egli non può essere un naturalista fino a 
che non soddisfa tutte le domande dello spirito. L'amore è sia un bisogno che 
una percezione. Nessuno dei due può essere perfetto senza l'altro. Nel supremo 
significato delle parole, il pensiero è devoto, e la devozione è pensiero. Il 
profondo chiama il profondo. Ma nella società attuale questo matrimonio non è 
celebrato. Ci sono uomini innocenti che adorano Dio secondo la tradizione dei 
loro padri, ma il loro senso del dovere non si è ancora esteso all'uso di tutte 
le loro facoltà. E ci sono pazienti naturalisti, ma essi raffreddano il loro 
soggetto sotto il gelido vento dell'intelligenza. Non è una preghiera anche lo 
studio della verità, un escursione dell'anima nell'infinito sconosciuto? Nessuno 
ha mai pregato di cuore senza imparare qualcosa. Ma quando un pensatore devoto, 
risoluto a isolare ogni oggetto da relazioni personali e a vederlo nella luce 
del pensiero, accenderà nello stesso tempo la scienza con il fuoco dei più sacri 
affetti, allora Dio riprenderà a creare. 
Non ci sarà bisogno, per la mente preparata allo studio, di cercare oggetti. Il 
segno invariabile della saggezza consiste nel vedere il miracolo in ciò che è 
comune. Che cos'è un giorno? Che cos'è un anno? Che cos'è un'estate? Che cos'è 
una donna? Che cos'è un bambino? Che cos'è il sonno? Alla nostra cecità, queste 
cose sembrano prive di valore. Noi raccontiamo favole per nascondere la povertà 
del fatto e conformarlo, come noi diciamo, alla più alta legge della mente. Ma 
quando il fatto è visto alla luce di un'idea, la favola sfarzosa scolorisce e 
avvizzisce. Contempliamo la vera, più alta legge. Per il saggio perciò un fatto 
è vera poesia, e la più bella delle favole. Queste meraviglie sono alle nostre 
porte. Anche tu sei un uomo. L'uomo e la donna e la loro vita sociale, la 
povertà, il lavoro, il sonno, la paura, la fortuna, ti sono noti. Impara che 
nessuna di queste cose è superficiale, ma che ogni fenomeno ha le sue radici 
nelle facoltà e negli affetti della mente. Mentre la questione astratta occupa 
il tuo intelletto, la natura lo trasforma in un fatto concreto da risolversi con 
le tue mani. Sarebbe una valida ricerca mettersi al tavolino e paragonare punto 
dopo punto, specialmente nei momenti di crisi nella vita, la nostra storia 
quotidiana con la nascita e il progresso delle idee nella mente. 
Così giungeremo a guardare al mondo con nuovi occhi. La risposta alla domanda 
senza fine dell'intelletto: Che cos'è la verità? e degli affetti: Che cos'è il 
bene? Questa risposta verrà abbandonandosi passivamente alla volontà educata. 
Avverrà allora quello che ha detto il mio poeta: «La natura non è fissa ma 
fluida. Lo spirito la altera, la modella, la fa. L'immobilità o la brutalità 
della natura è assenza di spirito; per il puro spirito essa è fluida, instabile, 
obbediente. Ogni spirito costruisce per se stesso una casa e oltre alla sua casa 
un mondo, e oltre al suo mondo un cielo. Considera dunque che il mondo esiste 
per te. Perché tu sei il fenomeno perfetto. Possiamo vedere solo ciò che siamo. 
Puoi avere e fare tutto quello che Adamo ha avuto, Cesare ha fatto. Adamo ha 
chiamato la sua casa, cielo e terra; Cesare ha chiamato la sua casa, Roma; tu 
forse chiami tuo il negozio di un calzolaio, un centinaio di acri di terra 
arata, o la soffitta di uno studioso. Pure, verso dopo verso e punto dopo punto 
il tuo dominio è altrettanto grande del loro, anche se privo di nomi famosi. 
Costruisci perciò il tuo proprio mondo. Appena conformerai la tua vita alla pura 
idea nella tua mente, ti si riveleranno le sue grandi proporzioni. Una 
corrispondente rivoluzione nelle cose accompagnerà l'influsso dello spirito. In 
questo modo svaniranno rapidamente le sgradevoli apparenze, maiali, ragni, 
serpenti, insetti, manicomi, prigioni, nemici; essi sono temporanei e 
spariranno. Il sole asciugherà e il vento disperderà lo sporco e il sudiciume 
della natura. Come quando l'estate viene dal sud e i banchi di neve si sciolgono 
e il volto della terra diventa verde davanti a essa, così lo spirito che avanza 
creerà i propri ornamenti lungo il suo sentiero e porterà con sé la bellezza che 
lo visita e la canzone che lo incanta; disegnerà splendidi volti, caldi cuori, 
un saggio discorso, e atti eroici, attorno alla sua via, fino a che il male 
sparirà. Il regno dell'uomo sulla natura, un regno che viene non osservato, un 
dominio che oltrepassa il suo stesso sogno di Dio, si instaurerà suscitando 
nell'uomo una meraviglia non inferiore a quella del cieco cui gradualmente è 
restituita la vista perfetta». 
 
 
 
  
 
   
NOTE 
(1) L'epigrafe proviene da 
Plotino, probabilmente attraverso R. Cudworth. 
(2) Si tratta della poesia «Man», di G. Herbert, che sarà citata più avanti. (3) 
È Plutarco. 
(4) È Sallustio. 
(5) Eroe svizzero della battaglia di Sempach (1386). 
(6) Puritano, condannato a morte dopo la Restaurazione nel 1662. 
(7) Condannato a morte nel 1683. 
(8) In italiano, frequente in Emerson, proviene da S. T. Coleridge. 
(9) I Cor 15, 44. 
(10) Da Swedenborg. 
(11) W. Shakespeare, Macbeth, 111,1V, 110-112. Seguono tre citazioni, di 
G. Oegger, di G. Fox e di Coleridge. 
(12) Da Bacon, Of great place. 
(13) Citazione attribuita al vescovo J. Butler. 
(14) L'idea è fatta risalire dallo stesso Emerson a Vitruvio. 
(15) Dalla traduzione di Carlyle di Goethe, Wilhelm Meister's Travels. 
(16 )W. Shakespeare, sonetto LXX. 
(17) Id., sonetto CXXIV. 
(18) Id., Measure for Measure, IV, I, 1-4. 
(19) Id., The Tempest, V, I, 46-68. 
(20) Cita da Coleridge, The Friend. 
(21) Poeta e saggio indiano, cui si attribuisce il Mahabharata. 
(22) Cfr. il Sonetto 51, Il, 9-11 di Michelangelo. 
(23) Milton, Comus, 13-15. 
(24) W. Shakespeare, King Richard, Il, IV, I, 264. 
(25) Con ogni probabilità è di Emerson stesso. 
(26) Lo scrittore cattolico e vescovo Alexander Leopold di 
Hohenlohe-Waldenberg-Schillingsfuerst (1794-1849). 
  
  
Da:
http://www.robpiccoli.it/Emerson/home_it.html 
  
 
 
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