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Il respiro, ultima porta prima
del silenzio (Eric Baret)
"Se mi si domandasse di cosa è fata la parola, risponderei,
credo : di silenzio"
Jacques Lusseyran, Le monde commence aujourd'hui.
Può parlarci del respiro?
Su un certo piano, il respiro è il riflesso ultimo del silenzio, l'ultima porta
prima del silenzio. Dapprima, si diventa coscienti del corpo, poi il corpo
diventa il respiro. Quando il corpo diventa respiro, tutte le identificazioni,
restrizioni e compensazioni smettono di essere sentite come ostacoli e il corpo
si presenta come luce.
Il respiro si presenta sotto forma di ritmi. Questi ritmi si attualizzano
nell'espiro, il riposo e l'inspiro. Nello yoga, secondo i momenti, si accentuano
l'inspiro e l'espiro come mezzi di purificazione. L'espiro conduce
all'eliminazione dei residui dei ricordi, di tutto ciò che crea un sentimento di
separazione. L'inspiro stimola l'energia sottile, che si integra
progressivamente nei differenti corpi.
Più tardi, l'inspiro e l'espiro perderanno la loro importanza, I momenti di
riposo fra questi due movimenti diventeranno l'essenziale. La ritenzione dopo
l'inspiro chiarifica il corpo, gli fa realizzare il suo potenziale magico. Il
momento di riposo dopo l'espiro diventa coscientemente lo sfondo dei tre tempi
respiratori. Poco a poco, questo momento dopo l'espiro sarà sperimentato come
sempre presente durante l'inspiro, ritenzione ed espiro, che da lì si
presenteranno come una sovrapposizione a questo silenzio. Questo momento dopo
l'espiro è la porta più vicina al silenzio, e l'inspiro, la ritenzione e
l'espiro diventano una frise che si dispiega e si riassorbe in questo silenzio.
Essi non sono che silenzio.
L'approccio del respiro, anzitutto sul piano fisiologico, e poi nel suo aspetto
di energia sottile, è considerato in India come l'arte regale. Nella pratica,
prima o poi la respirazione scompare per diventare corrente di energia. Voi non
respirate più: c'è un sentire. Voi sentite questa inspirazione, questa corrente
di luce, come un albero di Natale che si illumina; nella ritenzione questa luce
si espande ancora di più; nell'espirazione questa luce lentamente si riassorbe;
e il riposo è una notte senza luna - unità senza separazione. Questa notte
stessa fonderà. La luna piena della ritenzione diventerà ugualmente notte
totale. Il silenzio parla a se stesso.
Non c'è niente da comprendere. Si può parlare ben poco di questa arte, perché la
sua sofisticazione è estrema e necessita di essere insegnata in maniera
eminentemente pedagogica.
L'espirazione diventa una sacrificio. Il respiro è offerto al silenzio.
Nell'inspirazione, il silenzio vi offre il respiro, la vita, Questo respiro non
è più il vostro respiro, ma la vita stessa. E' il respiro cosmico. I tre mondi
sono creati dall'inspiro; nella ritenzione, questo respiro cosmico irradia in
tutte le direzioni; e di nuovo, all'espiro, questa creazione, con le sue
innumerevoli possibilità, ritorna nel cuore del suo maestro e lì si dissolve.
Ecco l'aspetto sacro del respiro.
Vi sono numerose altre couches di quest'arte, ma sono tutte più o meno non
formulabili. Questo riguarda lo yoga e non se ne può discutere se non in modo
pratico, in una relazione privilegiata. Le ramificazioni dell'arte del respiro
sono infinite.
Ogni aspetto della creazione è creato dal respiro. Un oggetto non è che respiro
cristallizzato.
Diventando sensibile a questi movimenti di energia, si diventa disponibili ai
movimenti della vita e della morte, alla vera essenza, alla vera firma degli
oggetti e delle specie. Per capire che cos'è un coniglio, dovete diventate
intimi col suo respiro. Quando sentite il respiro dell'albero, allora capite
l'albero…La mavia non è che il presentimento del respiro e non può essere
formulata. Come diceva una grande maestro di karatè: "Il karatè è fatto per
combattere, non per discuterne".
La vita è creata dal respiro.
In India, un'immagine rappresenta la deità. Ma è chiaro che la statua non è la
deità. Si deve far sì che la deità si incarni nella statua. Il prete respirerà
nella statua per farvi discendere la vita. Vi proietta il suo respiro ed essa
diventerà la deità…per un attimo. Allo stesso modo, la sensibilità del respiro
può condurci a liberare una situazione o a curare una parte del corpo, o del
mondo.
Evidentemente, l'arte del respiro di cui parliamo non è l'arte del respiro in
senso fisiologico. Ciò che generalmente si definisce la respirazione non è che
l'espressione più grossolana di quest'arte. E' il primo contatto dello studente
con questa scoperta…e l'inizio di una nuova vita.
Nella sensibilità del respiro, si diventa ricettivi alle situazioni,
all'ambiente. Quando, in un museo, vedete una statua che è stata guardata troppo
a lungo come un oggetto e quando le infondete vita con l'arte del respiro,
vedete la differenza. Potete sentire la statua craquer come una casa di legno
quando accendete un fuoco nel camino. Qualcosa si risveglia. Il colore cambia,
la vibrazione cambia, la forma cambia. Di nuovo, la vita si esprime. Non è un
concetto.
E' la stessa cosa per una casa. Quando entrate in una casa colma di depressione,
di restrizione, il vostro respiro può rischiararla, liberarla. Voi entrate e
sentite la restrizione. E' un riflesso che si dispiega naturalmente, senza
alcuna volontà: come tirare su un bimbo che è caduto.
Tutte le arti, la musica, la danza, le arti marziali, la costruzione dei templi,
tutto si fonda sul presentimento del respiro. Anche il pensiero! Quando il
respiro è purificato, il pensiero ugualmente si purifica. Quando il pensiero
funziona in termini di divenire, di arrivare, di provare, la respirazione è
sempre ristretta, agitata.
Quando un leone salta su una zebra, è il respiro che per primo si proietta, e il
corpo segue, Talvolta si può vedere la zebra fermarsi, essere schiacciata, prima
ancora che gli artigli la raggiungano. Allo stesso modo, quando si colpisce un
essere umano, è l'energia che tocca prima del corpo.
Il respiro può uccidere, il respiro può danzare, creare la vita, la bellezza e
l'arte. Il suono non è solamente un suono. Il suono non è che respiro.
La pratica dei mantra è fatta per presentire la corrente del respiro.
L'espressione sul piano dei suoni e della vibrazione non è che un aspetto assai
limitato dell'effetto del mantra. Il suo vero effetto è il presentimento della
corrente del respiro. Quando recitate certe sillabe nella maniera giusta, con il
ritmo giusto, questo ritmo diventa mantra e modifica il cervello. Questi suoni
sono fatti di respiro, altrimenti il mantra sonoro non è che morto.
L'arte del respiro è l'arte dello yoga, l'arte dello yoga è l'arte del respiro.
Darsi al sentire del respiro, come un danzatore, come un attore sulla scena,
sentire il respiro, sentire lo spazio del respiro. Non esiste altro che il
respiro.
E' giusto dire che il respiro è ritmo?
Profondamente, il respiro non è ritmo. Il ritmo è una espressione del respiro.
La respirazione è ritmo: è il livello grossolano. Questo ritmo si semplifica, si
raffina fino a diventare corrente di energia, poi silenzio. Il respiro è al di
là del ritmo. E' il vero silenzio. E' il silenzio attualizzato come ritmo.
L'espressione esteriore è : inspirazione, ritenzione, espirazione. Ma il riposo
è lo sfondo immutabile.
Certo, se delle persone intelligente sentono questa risposta, vi troveranno una
totale contraddizione: "il respiro non è ritmo", "il respiro è il silenzio
attualizzato in ritmo". Ma la comprensione intuitiva di ciò di cui parliamo non
è possibile che in una totale assenza di riflessione di comprensione mentali.
L'approccio al respiro può portarci al silenzio?
Niente può portare al silenzio. Ma, come abbiamo detto, il presentimento del
respiro è l'espressione più vicina al silenzio, la prima espressione.
Il respiro è all'origine delle specie. Ciò che fa che un coniglio sia un
coniglio, è il suo respiro. Un coniglio non è che ritmo. Un corpo umano è fatto
dal respiro. Tutte le specie sono una solidificazione delle infinite possibilità
del respiro.
Allo stesso modo, lasciando che il respiro si dissolva nella tranquillità, si
ritorna all'origine delle specie, e l'origine delle specie non è altro che
silenzio. Ma non è un mezzo. E' una constatazione, una esperienza riservata ad
uno spirito senza intenzione di fronte all'istante.
In un momento di stupore, non c'è più il respiro, la respirazione è sospesa,
talvolta si arresta anche il ritmo del cuore. C'è unità. Di nuovo, il respiro
sorge e si può dire che si abbandona lo stupore. Più avanti, è possibile
rimanere nel silenzio in presenza dell'attività del respiro o del pensiero.
Pedagogicamente parlando, spesso c'è anzitutto questa tranquillità, questa
assenza di pensiero, l'arresto del processo mentale, il sentire la tranquillità.
Più tardi, si potranno sentire dei movimenti organici nei quali i movimenti del
respiro, del pensiero, dell'emozione, sorgeranno direttamente dalla tranquillità
Si sente anzitutto la non-dualità dopo che la dualità si è riassorbita, ma, più
tardi, la non -dualità irradia attraverso la dualità…Ma questo diventa troppo
complesso. Non è qualcosa di cui discutere. Non deve diventare oggetto di
riflessione.
Sarebbe appropriato dire che si passa dalla respirazione alla tranquillità e in
seguito dalla tranquillità all'azione?
Per approcciare il respiro, dobbiamo diventare sensibili allo sfondo, al riposo
dopo l'espirazione. La creazione sorge dal mescolarsi dei cinque elementi e dà
luogo a tutti i principi del mondo fenomenico. Tutte le espressioni si
riassorbiranno nella tranquillità durante l'espiro.
Secondo l'approccio kashmiro, si considerano tre aspetti della creazione.
L'essenza (Para), che non è che tranquillità. È lo sfondo costante sul quale
questi tre aspetti vanno e vengono senza mai toccarlo, come la proiezione di
un'immagine sullo schermo. Da questa tranquillità nasce un primo impulso, come
una scintilla, da se stessa verso se stessa. Questo primo fremito dell'energia,
ancora totalmente umida dell'essenza delle cose, si frammenta, diventa
sostanziale, sotto forma di presentimento di un concetto, di una nozione. Al
terzo stadio, questa nozione diventa parola o pensiero. Così, quando il pensiero
scompare, quando la parola scompare, c'è di nuovo tranquillità.
Le tre tappe (Pashyanti, Madhyama e Vaikhari) restano sempre fatti di silenzio;
Para, la loro origine, è presente anche nella minima loro espressione. Pashyanti
è la tranquillità vibrante del primo impulso creativo; Madhyama è questa
tranquillità che si concretizza come presentimento pensato: e Vaikhari è il
pensiero chiaro che si esprime tramite la
parola.
Nella meditazione, ci diamo totalmente a questo sfondo (Para) e talvolta questo
impulso (Pashyanti) sorge lungo la colonna vertebrale. Se si resta totalmente
liberi da intenzione e da difesa, questa energia non arriva alla seconda tappa e
si riassorbe nel retro della testa. In una meditazione intenzionale, Madhyama
colpisce il cervello e crea un concetto. L'energia, anziché riassorbirsi a
partire dal centro di purezza all'origine delle cose, colpisce il centro di
comando.
Sebbene nella tradizione kashmira la creazione sia descritta attraverso
trentasei principi, e nel Samkhya attraverso venticinque, in realtà non vi è
alcuno stadio separato, ma una corrente di luce.
Il presentimento del respiro è ciò che più facilmente può farci approcciare lo
sfondo, libero dalla sua colorazione proiettata. Parlando correttamente, non si
può sentire la tranquillità, poiché essa non è un oggetto di esperienza. Noi
siamo questa tranquillità.
Ma possiamo sentire, meravigliarci dell'atto della creazione. Il mondo fiorisce
di bellezza. Questo sentimento ci porta a comprendere cosa è la vita, la
civilizzazione e tutta la creazione.
Se si comprende chiaramente l'arte del respiro, c'è il presentimento di questa
libertà. Non c'è più bisogno di piangere per i morti e gioire per le nascite. La
gioia è ciò che è : la realtà. La tristezza è illusoria, non è che una chimera.
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