"Onorate la Religione, 
	diffidate delle religioni": è 
	questa una delle massime principali che il Taoismo ha inscritto sulla porta 
	di tutti i suoi templi; e tale tesi (che d'altronde
	è stata sviluppata in questa 
	Rivista anche dal nostro Maestro e collaboratore Matgioi) non
	è affatto specifica della 
	metafisica estremo-orientale, ma si deduce immediatamente anche dagli 
	insegnamenti della Gnosi pura che esclude qualunque spirito settario o di 
	sistema, dunque qualunque tendenza all'individualizzazione della Dottrina.
	
	Se la Religione
	è necessariamente una come la 
	Verità, le religioni non possono essere altro che delle deviazioni dalla 
	Dottrina primordiale; e non si devono affatto confondere con lo stesso 
	Albero della Tradizione i vegetali parassiti, antichi o recenti, che si 
	allacciano al suo tronco, e che, vivendo completamente della sua stessa 
	sostanza, si sforzano di soffocarlo: sforzi vani, perchè delle modificazioni 
	temporanee non possono intaccare per nulla la Verità immutabile ed eterna.
	
	Da questo, risulta 
	evidentemente che non può essere 
	accordata alcuna autorità a nessun sistema religioso che derivi da uno o
	più individui, poiché, dinnanzi 
	alla Dottrina vera ed impersonale, gli individui non esistono affatto; e, 
	con questo, si comprende anche tutta l'inanità di questa domanda, posta 
	tuttavia così sovente: "Le circostanze della vita dei fondatori di 
	religioni, così come ci sono state riportate, devono essere considerate come 
	dei fatti storici reali, o come delle semplici leggende aventi un carattere 
	puramente simbolico?".
	
	Che si siano 
	introdotte nel racconto della vita del fondatore, vero o presunto, di tale o 
	talaltra religione, delle circostanze che primitivamente erano dei puri 
	simboli, e che in seguito sono state prese per dei fatti storici da parte di 
	coloro che ne ignoravano il significato, questo
	è 
	del tutto verosimile, e persino 
	probabile in più 
	di un caso.
	È 
	ugualmente
	possibile,
	è 
	vero, che delle simili circostanze si 
	siano talvolta verificate, nel corso dell'esistenza di certi esseri 
	aventi una natura del tutto speciale, così come ce l'hanno i Messia o i 
	Salvatori; ma questo c'importa poco, perché non toglie nulla al loro valore 
	simbolico, il quale deriva da tutt'altra cosa che dei semplici fatti 
	materiali.
	
	
	Diremo di
	più: l'esistenza stessa di tali esseri, 
	considerati nella loro apparenza individuale, dev'essere anch'essa 
	considerata come simbolica. "il Verbo si è fatto carne", dice il Vangelo di 
	Giovanni; e dire che il Verbo, manifestandosi, si è fatto carne, significa 
	dire che si è materializzato, o, per esprimersi in modo più generale ed allo 
	stesso tempo più esatto, ch'esso si è in qualche modo cristallizzato nella 
	forma; e la cristallizzazione del Verbo, è il Simbolo. Così, la 
	manifestazione del Verbo, a qualunque 
	grado e sotto qualunque aspetto essa sia considerata in rapporto a 
	noi, vale a dire dal punto di vista individuale, è un puro simbolo; le 
	individualità che rappresentano per noi il Verbo, ch'esse siano o meno dei 
	personaggi storici, sono tutte simboliche in quanto esse manifestano un 
	principio, ed è solo il principio che conta.
	
	Non dobbiamo dunque 
	per nulla preoccuparci della storia delle religioni, il che d'altronde non 
	vuol affatto dire che questa scienza non abbia altrettanto interesse 
	relativo così come qualunque altra; ci è persino permesso, ma da un punto di 
	vista che non ha nulla di gnostico, di augurarci ch'essa un giorno realizzi 
	dei progressi più autentici di quelli che hanno fatto la reputazione, forse 
	insufficientemente giustificata, di alcuni dei suoi rappresentanti, e che si 
	sbarazzi prontamente di tutte le ipotesi troppo fantasiose, per non dire 
	fantastiche, di cui l'hanno ingombrata degli esegeti male accorti. Ma non è 
	affatto qui il caso d'insistere su questo argomento, che, non ci stancheremo 
	di ripeterlo, è del tutto al di fuori della Dottrina e non potrebbe 
	riguardarla in nessun modo, perchè si tratta di una semplice questione di 
	fatti, e, davanti alla Dottrina, non esiste nient'altro che l'idea pura.
	
	Se le religioni, 
	indipendentemente dal problema della loro origine, appaiono come delle 
	deviazioni della Religione, ci si deve domandare che cosa questa sia nella 
	sua essenza.
	
	Etimologicamente, la 
	parola Religione, derivando da religare, rilegare, implica 
	un'idea di legame, e, di conseguenza, di unione. Dunque, ponendoci nel 
	dominio esclusivamente metafisico, il solo che c'importi, possiamo dire che 
	la Religione consiste essenzialmente nell'unione dell'individuo con gli 
	stati superiori del suo essere, e, attraverso questi, con lo Spirito 
	Universale, unione mediante la quale scompare l'individualità, così come 
	ogni altra distinzione illusoria; ed essa, di conseguenza, comprende anche i 
	mezzi per realizzare questa unione, 
	mezzi che ci sono stati insegnati dai Saggi che ci hanno preceduto nella 
	Via.
	Questo significato è precisamente quello che ha in sanscrito la parola 
	Yoga, checché pretendano 
	coloro secondo i quali tale parola designerebbe sia "una filosofia" sia "un 
	metodo di sviluppo dei poteri latenti dell’organismo umano.
	La Religione, sottolineiamolo, è l'unione con il Sé interiore, che
	è a sua volta uno con lo Spirito 
	Universale, ed essa non pretende affatto di ricollegarci ad un qualche 
	essere esterno rispetto a noi, e quindi necessariamente illusorio nella 
	misura in cui fosse considerato come esterno. 
	A fortiori essa non
	è affatto un legame fra degli 
	individui umani, cosa che avrebbe ragion d'essere solo nel dominio sociale; 
	quest'ultimo caso, di contro, è 
	quello della maggior parte delle religioni, che hanno come principale 
	preoccupazione quella di predicare una morale, vale a
	dire una Legge che gli uomini devono 
	osservare per vivere in società. In effetti, se si scarta ogni 
	considerazione mistica o semplicemente sentimentale,
	e a questo che si riduce la 
	morale, la quale non avrebbe alcun 
	senso al di fuori della vita sociale, e che si deve modificare assieme alle
	condizioni di quella. Se dunque le 
	religioni possono avere, e certamente
	hanno, infatti, la loro utilità da tale 
	punto di vista, esse avrebbero dovuto limitarsi a questo ruolo 
	sociale, senza avanzare alcuna pretesa dottrinale; ma, malauguratamente, le 
	cose sono andate in modo del tutto diverso, almeno in Occidente.
	Diciamo in Occidente, perché, in Oriente, non poteva prodursi nessuna 
	confusione fra i due domini metafisico e sociale (o morale), che sono 
	profondamente separati, di modo tale che non
	e possibile nessuna azione 
	dell'uno sull'altro; e, in effetti, non vi si può trovare nulla che 
	corrisponda, anche solo approssimativamente, a quel che gli Occidentali 
	definiscono come una religione. Al contrario, la Religione, così come 
	l'abbiamo definita, vi è onorata 
	e praticata costantemente, mentre, nell'Occidente moderno, la stragrande 
	maggioranza la ignora perfettamente, e non ne suppone neanche l'esistenza, 
	forse neppure la possibilità.
	Senza dubbio ci si obbietterà che tuttavia il Buddismo
	è qualcosa
	di analogo alle religioni occidentali, 
	ed è 
	vero che
	e 
	quel che vi si avvicina di
	più 
	(ed e forse per questo che taluni 
	studiosi vogliono vedere, in Oriente, del Buddismo un po' 
	dappertutto, persino dove non ne è presente la benché minima traccia); ma ne 
	è ancora molto lontano, e i filosofi o gli storici che l'hanno mostrato 
	sotto tale aspetto l'hanno singolarmente 
	sfigurato. Esso non è più deista 
	che ateo, non più panteista che nichilista, nel senso che queste 
	denominazioni hanno preso nella filosofia moderna, e che è anche quello in 
	cui le hanno utilizzate degli individui che hanno preteso interpretare e 
	discutere delle teorie ch'essi ignoravano. D'altra parte, non diciamo questo 
	per riabilitare oltre misura il Buddismo, che è un'eresia manifesta 
	(soprattutto nella sua forma originale, ch'esso ha conservato solo in India, 
	perché le razze gialle l'hanno a tal punto trasformato che lo si riconosce 
	appena) poiché rigetta l'autorità della 
	Tradizione ortodossa, allo stesso tempo in cui permette 
	l'introduzione di certe considerazioni sentimentali nella Dottrina. Ma 
	bisogna riconoscere ch'esso almeno non arriva fino al punto di porre un 
	Essere Supremo esteriore rispetto a noi, errore (nel senso di illusione) che 
	ha dato nascita alla concezione antropomorfica, che non ha tardato a 
	divenire persino del tutto materialistica, e dalla quale derivano tutte le 
	religioni occidentali.
	D'altra parte, non ci si deve illudere riguardo al carattere, per nulla 
	religioso malgrado le apparenze, di certi riti esteriori, che si collegano 
	strettamente alle istituzioni sociali; diciamo riti esteriori, per 
	distinguerli dai riti iniziatici, che sono tutt'altra cosa. Questi riti 
	esteriori, per il fatto stesso ch'essi sono sociali, non possono essere 
	affatto religiosi, quale che sia il 
	senso che si da a questa parola (a meno che non si voglia con ciò 
	dire ch'essi costituiscono un legame fra degli individui), e non 
	appartengono ad alcuna setta ad esclusione di altre; ma sono inerenti 
	all'organizzazione della società, e tutti i membri di questa vi partecipano, 
	a qualunque organizzazione esoterica essi possano appartenere, così come nel 
	caso che essi non appartengano a nessuna. Quali esempi di questi riti di 
	carattere sociale (come le religioni, ma totalmente differenti da esse, come 
	si può giudicare comparando i risultati degli uni e delle altre nelle 
	organizzazioni sociali corrispondenti), possiamo citare, in Cina, quelli il 
	cui insieme costituisce ciò che si chiama Confucianesimo, che non ha nulla 
	di una religione.
	Aggiungiamo che si potrebbero ritrovare le tracce di qualcosa di questo 
	genere nella stessa antichità greco-romana, nella quale ciascun popolo, 
	ciascuna tribù, e persino ciascuna città, aveva i propri riti particolari, 
	in rapporto con le proprie istituzioni, il che non impediva affatto che un 
	uomo potesse praticare successivamente dei riti assai diversi, secondo i 
	costumi dei luoghi nei quali si trovava, e questo senza che nessuno se ne 
	meravigliasse minimamente. Non sarebbe stato cosi, se tali riti avessero 
	costituito una sorta di religione di Stato, la cui sola idea sarebbe stata 
	senza dubbio un nonsenso per un uomo di quell'epoca, come lo sarebbe ancor 
	oggi per un Orientale, e soprattutto per un Estremo-Orientale.
	È facile così accorgersi come gli Occidentali moderni deformino le cose che 
	Sono loro estranee, allorché le considerano attraverso la mentalità che a 
	loro propria; si deve tuttavia riconoscere, e questo li giustifica almeno 
	fino ad un certo punto, che è assai difficile per degli individui 
	 sbarazzarsi dei pregiudizi di cui la loro razza si è imbevuta da
	molti secoli. Così non
	è tanto agli individui che si deve 
	rimproverare lo stato attuale 
	delle cose, bensì ai fattori che hanno contribuito a creare la 
	mentalità della razza; e, fra questi fattori, sembra proprio che si debba 
	assegnare il primo posto alle religioni: la loro utilità sociale, 
	sicuramente incontestabile, è sufficiente a compensare questo inconveniente 
	intellettuale?