in quiete
Il Sito di Gianfranco Bertagni

 

"La conoscenza di Dio non si può ottenere cercandola; tuttavia solo coloro che la cercano la trovano"
(Bayazid al-Bistami)

"Chi non cerca è addormentato, chi cerca è un accattone"
(Yun Men)

  home page   cerca nel sito   iscrizione newsletter   email   aggiungi ai preferiti   stampa questa pagina    
 

 

  SU DI ME
 Vita       
 Pubblicazioni

 Corsi, seminari, conferenze

 Prossimi eventi
 
  DISCIPLINE
 Filosofia antica       
 Mistica
 Sufismo
 Taoismo
 Vedanta              
 Buddhismo              
 Zen
 Filosofia Comparata
 Musica / Mistica
 Filosofia Critica
 Meditazione
 Alchimia
 Psiché
 Tantrismo
 Varia
 
  AUTORI
 Mircea Eliade       
 Raimon Panikkar
 S.Weil e C.Campo
 René Guénon, ecc.
 Elémire Zolla     
 G.I.Gurdjieff  
 Jiddu Krishnamurti
 Rudolf Steiner
 P. C. Bori       
 Silvano Agosti
 Alcuni maestri

 

Battiato, il musicista che cerca il silenzio (intervista a Franco Battiato)

di Sebastiano Messina

CATANIA - L'ascensore è il più lento che sia mai stato costruito: per fare due piani di scale, ci mette un minuto e quindici secondi: tra la salita e la discesa, volendo, ci sarebbe il tempo per ascoltare un'intera canzone. Ma questo è meglio non dirlo, a Franco Battiato, perché la sua passione per la lentezza non arriva al punto da fargli amare quell'ascensore: quando gliel'hanno consegnato, ha chiamato il tecnico della ditta e lo ha sfidato: lei prende l'ascensore, io faccio le scale e mi fermo tre secondi su ogni gradino, scommettiamo che arrivo prima io? Purtroppo per lui, ha vinto la scommessa: a piedi si fa prima.

Per quanto non ci sia nulla di volontario - anzi - quella cabina che sembra voler fermare il tempo è una splendida camera di compensazione per chi passa dall'impaziente frenetismo di via Etnea - la drittissima strada che taglia in due come una spada il centro di Catania - alla quiete assoluta di casa Battiato. Una pace quasi irreale, protetta dai cristalli antirumore delle finestre e osservata con diligente scrupolo da Said, il devotissimo factotum che ha imparato a camminare senza farsi sentire. Perché il magnifico paradosso nel quale ci si ritrova immersi varcando la soglia è che questa è la casa di un musicista che ama il silenzio.

Non è un mistero: chi lo conosce, chi ama la sua musica, ricorda a memoria una strofa rivelatrice: "Quanta pace trova l'anima dentro/ scorre lento il tempo di altre leggi/ di un'altra dimensione/ e scendo dentro un Oceano di Silenzio".

Se non ci fosse lui, seduto sul divano, se alle pareti non ci fossero i suoi quadri che luccicano d'oro zecchino, se in fondo alla sala non ci fosse quel pianoforte a coda, non si direbbe neanche che qui abiti uno dei più celebri autori della canzone italiana: dischi, per dire, non se ne vede neanche uno.

Tutto lo spazio l'hanno preso i libri, migliaia di volumi perfettamente ordinati negli scaffali stracolmi che circondano le stanze fino a sfiorare le volte affrescate, muti custodi delle sue ore silenti. "C'è una canzone - confida Battiato - in cui ho scritto la mia idea del silenzio. E' di qualche anno fa, si chiama Haiku, come le brevissime poesie giapponesi". Certo, Haiku (Café de la Paix): "Seduto sotto un albero a meditare/ mi vedevo immobile danzare con il tempo/ come un filo d'erba/ che si inchina alla brezza di maggio/ o alle sue intemperie". Lui sorride, guardandosi intorno: "Ecco, qualche volta in questa stanza trovo esattamente quel silenzio...".

Non tutti i silenzi sono uguali, si capisce. "Nessun suono silenzioso può farti sentire il silenzio, se i tuoi pensieri sono rumorosi: ma quando riesci a raggiungere il vero silenzio, quello interiore, allora potresti trovare silenzioso, anche se è molto difficile, persino un bar pieno di gente". Una volta non la pensava così, Battiato. Quando sperimentava la musica elettronica, quando spingeva il sintetizzatore ai limiti dell'udibile, quando i suoi concerti riempivano gli stadi, di silenzio ce n'era poco. "E' vero, allora facevo una musica con un suono distruttivo, esagerato, suicida. Ma c'è un'età in cui si entra come in un buco nero, e si è prigionieri di un ego istintuale, senza la consapevolezza di vivere. Un giorno, dopo uno di questi concerti che finivano con gesti di distruzione, di rabbia, di violenza, io capii che non volevo continuare su quella strada. Sono momenti che ti cambiano. Arrivi dentro un imbuto e hai bisogno di qualcosa che ti risolva la vita. Cerchi un'uscita terapeutica, senti il bisogno di cancellare il negativo".

Fu così che Battiato cominciò a cercare il silenzio, compiendo quello che sarebbe stato il primo passo di una lunga ricerca interiore, tra misticismo e spiritualità. "Non conoscendo la tecnica della meditazione, mi buttavo per terra e chiudevo gli occhi, come un selvaggio". Obbediva ancora a un istinto, ma stavolta l'istinto lo spingeva ad allontanarsi dagli istinti. Era l'inizio dello studio di sé. Quasi per caso, si imbattè nello yoga, lesse di Sri Aurobindo, si appassionò a Paramahansa Yogananda, scoprì l'arte della meditazione. "Cominciai la risalita". Prego? "Sì, la risalita: l'eliminazione di quei difetti che ti impediscono di vedere come sei. Lavorare per raggiungere quella chiarezza mentale che ti fa capire quanto puoi essere miserabile".

Ognuno ha la sua strada per la "risalita". La sua lo portò verso il sufismo, che per i mistici islamici è "la via del cuore che conduce alla Presenza Divina". Lo accompagnò alla "legge dell'ottava" di Gurdjieff, secondo la quale la scala musicale è una perfetta metafora della distribuzione dell'energia nell'universo (una scoperta così folgorante da indurlo a chiamare L'Ottava la sua piccola casa editrice che stampa le opere dei mistici orientali). Lo spinse fino in Turchia, a incontrare i Dervische Tourneurs ("che girano sulle spine dorsali/ o al suono di cavigliere del Katakali") e a salire sul monte Athos, il monte sacro, in cerca dei monasteri di clausura. "In quello di Simonos Petra ascoltai una liturgia cantata che mi fece capire cosa significa pregare, un canto che si elevava a silenzio". ("Perché la pace che ho sentito in certi monasteri/ o la vibrante intesa di tutti i sensi in festa/ sono solo l'ombra della luce").

Il silenzio, ancora il silenzio come chiave della conoscenza. Il silenzio, quello che scompare quando comincia la musica. Battiato mi ferma: "No, non sempre. Non è detto che le due cose non possano convivere nella stessa stanza. Bisogna distinguere. La musica può essere una trasformazione intellettuale dell'idea del divino, come la nostra grande musica sacra: ascoltando alcuni brani io non posso non avvertire la presenza di un ordine superiore, chiamiamolo così, di un'intelligenza pura "che per l'universo intero si squaderna", come diceva Empedocle. Tutto questo può anche essere molto rumoroso. Poi però ci sono anche delle musiche che tendono alla purezza del suono, capaci di comporre il silenzio attorno a chi lo cerca, musiche molto allineate al mondo che si esplora con la meditazione, una dimensione nella quale i pensieri si allontanano lasciando una sensazione del pensiero".

E lei, dove lo trova il silenzio? "In questa stanza, per esempio. O nella mia casa di Milo, dove la natura ancora aiuta... Da maggio a settembre lì c'è l'orgia del silenzio: adesso è pure franata la strada che passava davanti a casa mia, non si sente più neanche una macchina". Già, la casa di Milo, il buen retiro sulle pendici dell'Etna dove Battiato s'è rifugiato dopo aver abbandonato Milano. Un'antica casa in pietra lavica che lui ha restaurato meticolosamente, recuperando il vecchio palmento - la sala della pigiatura, del mosto e delle botti - facendone il suo studio di registrazione privato. In quella casa sull'Etna, dove Battiato passa metà dell'anno, e dove con un po' di fantasia si potrebbero ritrovare le atmosfere di Mal d'Africa ("Dopo pranzo si andava a riposare/ cullati dalle zanzariere e dai rumori di cucina/ dalle finestre un po' socchiuse/ spiragli contro il soffitto/ e qualche cosa di astratto si impossessava di me") lui ha voluto costruire anche una cappella.

E' cattolico, dunque? "Non esattamente. Ho una mia idea della spiritualità e della religione. Ho imparato che la verità si può trovare dovunque. Comunque, del buddismo mi piace la moderna concezione dell'esistenza. Del sufismo, il loro essere così estremi nella ricerca di Dio, la bontà e la sincerità a tutti i costi. Dell'induismo la meditazione, e la teoria della reincarnazione". Crede davvero nella reincarnazione? "Assolutamente sì".

Lei una volta ha suonato per il Papa, ha tenuto un concerto nella sala Nervi. "Sì, sono felice di averlo fatto". Ma c'è qualcosa, del cattolicesimo, che non le piace? "Una volta ho avuto una discussione molto accesa con un vescovo sulla transustanziazione, ovvero sul dogma secondo il quale con la comunione il corpo di Cristo entra dentro di noi. Ma se ci entra, poi come fa a uscirne? A me, gli ho detto, sembra una blasfemia. Non l'ha presa bene".

Battiato fa meditazione due volte al giorno, per tre quarti d'ora. Apre la finestra della sua camera da letto ("Perché è importante sentire il contatto dell'aria fresca sul corpo"), cerca di ignorare il ronzio di un condizionatore assai poco silenzioso di un negozio e si immerge nei suoi pensieri. ("Emanciparmi dall'incubo delle passioni/ cercare l'Uno al di sopra del Bene e del Male/ essere un'immagine divina/ di questa realtà"). Qualche volta mette anche un po' di musica. Una musica silenziosa, si capisce. Ma c'è, tra le sue cento canzoni, qualcuna capace di non violare la quiete? "Direi che Haiku è la più vicina, sonoramente, al mondo della meditazione. "L'ombra della luce" è una preghiera cantata. "E ti vengo a cercare" è il racconto di un possibile percorso mistico".

Già, quella è forse la canzone-chiave, per capire la "risalita" di Battiato: "E ti vengo a cercare/ anche solo per vederti o parlare/ perché ho bisogno della tua presenza/ per capire meglio la mia essenza". Quando uscì, qualcuno la lesse come una canzone d'amore, vi scorse l'ombra di una donna ("perché mi piace ciò che pensi e che dici/ perché in te vedo le mie radici"). Lui sorride, ripensandoci. "No, non c'era nessuna donna. Cercavo di volare più alto".

S'è fatto tardi, qualcosa mi dice che è arrivata l'ora della seconda meditazione. Un pesante portone si chiude alle mie spalle, sigillando il silenzio del musicista. L'ascensore è immobile, o forse si sta muovendo con la sua angosciante lentezza galattica: in ogni caso, non fa il minimo rumore.

(3 aprile 2005)

 

Da: http://www.repubblica.it/2005/d/sezioni/spettacoli_e_cultura/incobattiato/incobattiato/incobattiato.html

 

                                                                                                                                           TORNA SU