in quiete
Il Sito di Gianfranco Bertagni

 

"La conoscenza di Dio non si può ottenere cercandola; tuttavia solo coloro che la cercano la trovano"
(Bayazid al-Bistami)

"Chi non cerca è addormentato, chi cerca è un accattone"
(Yun Men)

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Cristianesimo interiore (Francois Pollien)


Il seguente testo è tratto dal volume, che consiglio vivamente ai lettori:
Vincenzo Noja (cur.), Testi mistici per la contemplazione di Dio, Borla, 2006.
Ringrazio il curatore per l'autorizzazione a pubblicarlo.

 

                      Francesco di Sales Pollien  (1853 -1936)

                              (Il Cristianesimo interiore)

                             

Guai al fariseo ipocrita che lava l’esterno del bicchiere e del piatto lasciando l’interno carico d’impurità: purifica l’interno prima, affinché il di fuori sia puro (cf. Matteo, 23,,25-26). Detesta il fariseismo delle apparenze e tieni che il tuo cristianesimo penetri fino alle midolla di te stesso. Andiamo, dunque fin nell’intimo da dove provengono il tuo male e il tuo bene.

 (F. Pollien, La Pianta di Dio, n. 292, pag. 174)

 

Il contenuto delle opere del monaco certosino François Pollien, impegnato a fondo nell’intimità contemplativa di Dio, appare sorprendentemente attuale nei nostri tempi, dove la fede è diventata, per molti, una parola vuota e il dio denaro sembra aver sostituito il Dio dell’amore.

Egli si rivolge ai presunti cristiani raccomandando loro di passare dal cristianesimo superficiale, o “fariseismo delle apparenze”, al cristianesimo interiore, ossia la vera fede fondata sull’ascesi e la preghiera, secondo l’esortazione dell’Apostolo: “Spogliatevi dell’uomo vecchio e rivestitevi di Nostro Signore Gesù Cristo” (Ef 4,22; Rm 13,14).

Il tema dell’unione con Dio, della purificazione del cuore, della preghiera e del cammino ascetico, tanto caro alla tradizione spirituale dei padri del deserto, è ripreso nelle sue opere con un linguaggio pacato e attento.

Padre Pollien scrive che per essere veramente cristiani significa in pratica “vestirsi di Cristo”, ossia essere fatti ad immagine di Gesù Cristo, essere a Lui incorporati e per mezzo di Lui e del suo esempio crescere nella pienezza della vita divina.

La visione cristiana del Pollien, simile a quella dei grandi mistici, si fonda sul cosidetto abbandono perfetto, secondo cui l’uomo non è mai abbandonato da Dio se non per essere messo alla prova.

Attingendo alla sorgente dei santi apostoli Pietro e Paolo, egli dice che il credente deve affidarsi umilmente e completamente alla volontà di Dio, qualsiasi essa sia:

 

“Anziché appoggiarti alla tua prudenza, metti tutta la tua fiducia nel Signore, pensa a Lui in tutte le tue vie ed Egli dirigerà i tuoi passi (Pro 3,5). Ecco la sola preoccupazione che debbo avere, se questa si può chiamare così, poiché san Paolo mi raccomanda di non averne alcuna (Fil 4,6). E san Pietro vuole che ogni preoccupazione si abbandoni in Dio”[1].

 

Padre Pollien fu ispirato da Dio alla vita spirituale e religiosa fin dalla più giovane età. Abbracciò la vita semieremitica nella Grande Certosa, dove entrò nel 1885; nel 1911 divenne Priore della Certosa di Pleterje (nell’attuale Slovenia) e morì nella Certosa di Serra san Bruno, in Calabria. Il pio Certosino visse una vita nascosta in Dio, praticando la più severa ascesi, l’intima contemplazione di Dio e la preghiera senza intermissione.

Fu scrittore molto prolifico, ci ha lasciato numerose opere ascetico-mistiche di grande valore spirituale, tra cui: “La Pianta di Dio”, “Grandezze mariane” e “La vita interiore semplificata riportata a suo fondamento”[2]

Inoltre, il lungo articolo sul silenzio, tratto dal commentario alle osservanze religiose dei certosini, contiene capitoli di profonde contemplazioni, “forse le più belle pagine che siano mai state scritte su tale argomento”[3]

 

Dal Commentario alle Osservanze religiose:. IL SILENZIO[4]

(garanzia della Preghiera)

                  

“Il silenzio vero si stabilisce solo in un cuore puro, in un cuore divenuto simile

 al cuore di Dio. È questa la ragione per cui un cuore puro può conservare un

 silenzio completo anche quando è immerso in ogni sorta di attività, perché non c’è più dissonanza tra lui e Dio. Anche se la sua intelligenza e la sua sensibilità sono attive per essere conformi alla volontà di Dio, il silenzio autentico continua a regnare in questo cuore.

“Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”.

Un Certosino[5]                                                                                                                                                                                                                                                               

 

 Il silenzio della parola                                    

 

(…) Bisogna sapere che il silenzio non è solamente un fatto delle labbra, ma di tutte le nostre membra, e più ancora della nostra anima.

Vi è il silenzio della parola, il silenzio dell’azione, il silenzio dell’attitudine e, più sublime ancora, quello che chiamerei “il silenzio del silenzio”.

Il silenzio della parola voi lo comprendete, ed io non ho alcun bisogno di definirlo.

Vi ricordo solamente che voi non raggiungerete la sua perfezione se non arriverete a sopprimere ogni parola che non sia necessaria o utile.

Se nostro Signore ha detto nel suo Vangelo che tutti gli uomini, nel giorno del giudizio, dovranno render conto di ogni parola vana che avranno proferita (cf. Mt 12,36), quale sarà il giudizio per coloro che si sono impegnati, sotto la legge della più alta perfezione, ad osservare il silenzio più divino?

È questa una considerazione che dovremmo tenere molto viva nel nostro spirito, al fine di preservarci dalla minaccia del flusso delle  parole inutili.

 E notate che questi avvertimenti il divino Maestro li ha formulati dopo aver parlato dell’albero buono che dà solo buoni frutti e dell’albero del male che non produce che il male, egli proclama che la bocca non parla che dell’abbondanza del cuore e del suo buon tesoro, l’uomo del bene non diffonde che il bene e l’uomo malvagio non riversa che il male dal suo cattivo tesoro (Mt 12, 33-34). Egli non poteva indicare più energicamente fin dove il suo Occhio discerne il male, poiché persino una parola inutile viene dichiarata flusso del tesoro malvagio che è nel cuore.

 

Il silenzio dell’azione.

 

Del silenzio dell’azione voi conoscete il significato, ma forse non ne immaginate tutte le applicazioni. Esse sono sorprendentemente estese.

Se il silenzio della parola arriva fino agli estremi limiti dell’inutile, vi giunge anche quello dell’azione; e trova il suo intero compimento solo in colui che è pervenuto a discernere e ad evitare, fino al minimo rumore da cui sia possibile preservarsi e ad attenuare quanto più possibile quelli inevitabili. Ma per ciò non è necessario inquietarsi; niente affatto.

il Maestro non vuole assolutamente che i suoi servitori sacrifichino a questa peste che Lui detesta (Mt 6,25; Lc 12,22).

 E san Paolo l’interdice a tutti i fedeli del Cristo ( Fil 4,6); e san Pietro (Sal 5,7) vuole che tutta la nostra sollecitudine sia gettata in Dio che ha cura di noi (1 Pt. 5,7).

Ma senza turbamento né concentrazione, la generosità d’una nobiltà di attitudine angelica per se stessa, d’una elevazione di delicatezza divina verso gli altri, deve lavorare a questa educazione del corpo e dell’anima, in cui tutto ciò che si fa è compiuto con la minima risonanza possibile. Il rumore è il segno della materia; il silenzio, il segno dello spirito.

Piú una vita è materiale, più essa produce del frastuono; più è spirituale e più agisce nella dolcezza del movimento che non si fa sentire.

Le persone ed i costumi grossolani fanno del fracasso senza pensarci, mentre le anime elevate seminano attorno e dietro a loro un solco di calma e di pace.        

 Oh! se noi sapessimo e ci sforzassimo di agire ovunque come gli angeli! Si avrebbero delle applicazioni a non finire, considerando che in ogni movimento e in ogni strumento dei nostri atti può realizzarsi questo comportamento celeste. (…)

 

 Il silenzio d’attitudine.

 

  In un primo momento, forse, non comprenderete cosa voglio dire con quest’espressione.

 Né voi immaginate quanto i nostri semplici atteggiamenti, le nostre maniere d’essere siano conformi alla duplice legge del silenzio, della parola e dell’azione. Quando non diciamo o non facciamo niente, o, all’inverso, diciamo e facciamo quel che bisogna, noi lo diciamo e lo facciamo conformemente a questa duplice legge del silenzio, di parola e d’azione. Voi non immaginate affatto che il nostro semplice atteggiamento sia cosa indifferente al silenzio.

Ci sono, infatti, delle maniere d’essere, di dire e di fare, che sono singolari, che suscitano stupore, che attirano l’attenzione e producono distrazioni di ogni specie, di curiosità, riso, disprezzo,  giudizio temerario ecc… .

Non credete che il silenzio dell’anima ne sia turbato? Le divagazioni, i contrasti, le preoccupazioni gioiose o penose, che ne risultano, non sono forse uno sconvolgimento passeggero, e talvolta molto ostinato, del silenzio interiore? E credete  che non significhi nulla intralciare i movimenti dell’anima, infliggendo loro delle perdite di tempo e di forza, contrariando il loro cammino e riducendoli a degli stupidissimi nulla?

Oh! quanto è necessario sapersi ritirare nell’ombra, nell’attitudine più semplice, fondersi nel movimento comune, sparire per così dire nell’unità comune a tutti; senza che niente attiri lo sguardo su di noi, nulla tranne il bene che il Maestro vuole che irradi da noi.

Ecco ciò che chiamo il silenzio d’attitudine.

 

Il silenzio del silenzio.

 

A questo punto sono sicuro che non capite più niente del tutto, spero tuttavia di farmi comprendere.  

 Il silenzio d’attitudine, di cui ho parlato, è innanzitutto il silenzio dell’atteggiamento corporale. Più alto ancora e ben superiore a questo è il silenzio del silenzio.

 È un atteggiamento dell’anima del tutto interiore, che si trova nelle disposizioni di cui essa vive nell’intimo di sé stessa.

 Credete che questi atteggiamenti dell’anima non abbiano alcun irradiamento sulle altre anime? Essi ne hanno di assai misteriosi, molto profondi e assai penetranti.

Perché vicino ad un’anima di pace voi pure vi sentite rivestiti di pace.

Come può un santo odorare della sua santità?

Come, invece, vi spiegate certi malesseri indefinibili accanto a certe anime che non conoscete?

E che ne pensate di tanti altri effluvi odorosi segreti che realmente si trasmettono da anima ad anima?

Sebbene gli atteggiamenti corporali ne siano anche il veicolo, molte di queste influenze si esercitano senza che alcun indizio corporale ne spieghi la ragione.

In tal modo l’anima del silenzio interiore farà splendere la sua calma divina attorno a sé e la sua divina intimità darà il sentimento della presenza di Dio; le sue ascensioni nel segreto del volto di Dio saranno come un magnete cui la virtù segreta attirerà in alto.

Ecco, questo è quello che io chiamo il silenzio del silenzio; ed io sono troppo ignorante dei misteri più alti per rivelarvi i segreti più sublimi del silenzio celeste!

Questo sarebbe l’ultimo che si dovrebbe poter contemplare,  san Paolo dice che il linguaggio umano non ha parole per esprimerlo (2 Cor. 12,4).

(Commentaire…, op. cit., nn. 332-337- pp. 188-191)

                                             

IL SILENZIO DI GESÙ                                    

                                                            

Com’è silenzioso, là nel suo Tabernacolo, questo Gesù, che noi adoriamo e serviamo,  al quale ci siamo consacrati!

 Lui è là per noi, come noi siamo qui per Lui; Lui è in noi, più che noi siamo in Lui, purtroppo!

A chi e a che cosa pensa? Che fa Gesù nel suo silenzio?

 Egli pensa al Padre suo ed ai suoi figli. Egli pensa ai loro doveri ed alle loro

necessità. Egli prega, si immola per noi e non cessa di irradiare su noi le grazie del suo amore.

Ma noi, incoscienti del mistero del silenzio in cui Lui ci serve, profaniamo questo mistero invece di servirlo.

Come si comprende poco il Sacramento dell’amore, lo dimostra il nostro divagare vicino a Lui con la stupidità delle parole e delle preoccupazioni dissipanti!

Quanto intendiamo poco la voce del suo silenzio!     

(…) E nonostante lo riceviamo sovente… sentiamo forse meglio in noi la sua voce dal Tabernacolo?

Se fossimo silenziosi come Lui lo sentiremmo sempre. E c’è una stupidità più ottusa ancora: forse osiamo perfino lamentarci se Egli non parla!

Oh! Quando avremo la beatitudine di avere orecchie che intendono! (Lc 18,8).

Noi possiamo e dobbiamo farci le orecchie per mezzo del silenzio, un silenzio così religioso come quello di Gesù al Tabernacolo.

Possiamo essere ben sicuri che questo silenzio susciterà la divina apertura dell’orecchio interiore, allora intenderemo tutto di Gesù e sentiremo come dolce, inebriante, beatificante e trasformante è la sua Parola!

(Ib. nn. 366)

 

L’ ORAZIONE VITALE

 

  Dal momento che devi stare in orazione col tuo spirito, il quale con decisa

autorità deve condurvi il tuo essere e la tua vita, è necessario che prima,

tu eserciti il tuo spirito a raccogliere e a dominare le tue potenze durante

la giornata. È ciò che san Francesco di Sales chiama giustamente l’orazione vitale. Essa consiste nel far sì, che la mente e il cuore si abituino a vedere e a sentire l’elemento divino nelle cose. Letture, conversazioni, incontri, fatti di ogni genere, portano in alcuni tratti un certo senso divino percettibili per l’anima attenta, ma che sfuggono a quella i cui sensi percepiscono soltanto l’aspetto esterno. Siamo tutti avvolti da questa azione divina che si esercita attraverso

 tutte le cose, ma non la comprendiamo perché non ci facciamo attenzione.

Se tu aprissi l’anima a quest’elemento soprannaturale ne ritrarresti tanta luce da sentirti rapidamente, quasi ogni istante, elevato ad un atto di orazione…quale abitudine di sentire e di riconoscere Dio.

  Inoltre questi raggi di luce e di calore, vissuti in un istante, rivivono maggiormente nella calma dell’orazione propriamente detta, e abbiamo allora tutta una messe di illuminazioni e di sentimenti, di cui l’anima è piena e che fermentano nella sua vita, non sono più nebulose astrazioni ma realtà operanti. Quando infine tutto ciò è fecondato dalle verità rivelate, oggetto speciale della meditazione, vedi quale intensa vita vivi in quegli istanti.

Oh, è davvero l’orazione vitale! E come allora la sostanza stessa dei tuoi giorni viene a condensarsi nei tuoi divini colloqui! (…)

 

Fai di nostro Signore il centro delle tue riflessioni.

 

  Egli sarà sempre – te lo assicura lui stesso – la prima e l’ultima lettera del tuo alfabeto (Ap 1,8) . Non è lui la tua unione? Che cosa raggiungeresti senza di lui? E poi qual’ è la verità che non viene da lui e non va a lui? I grandi dottori non vedevano, non capivano, non predicavano che lui. Sant’ Agostino, san Bernardo ti meravigliano coi loro continui ricorsi a Gesù Cristo. E lo stesso grande apostolo non protesta forse che il Cristo e il Cristo Crocifisso è la sua unica scienza (1 Cor 2,2).

   Che egli sia anche la tua. Man mano che lo conoscerai, acquisterai la scienza di tutto, anzi del “Tutto”. Tutto deve essere instaurato in lui (Ef 1,10), tutto deve sussistere in lui (Col 1,17) e sarai dunque tu restaurato fuori di lui, sussisterai senza di lui?  Per mezzo di lui ricostituirai la tua integrità, che si perpetuerà in Lui. Meditalo in te stesso e in tutte le cose; considera la sua vita immortale in Dio e la sua vita mortale nell’umanità, la sua vita mistica nella Chiesa. I misteri della sua vita mortale saranno quelli che ti inizieranno agli altri; dal suo concepimento alla sua ascensione, quali alimenti per le tue considerazioni! E attraverso la sua umanità, arriverai alla sua divinità e per mezzo suo alla santa Trinità.

(La Pianta di Dio, nn. 1183,1185, pp.796-798)

 

Florilegio mistico

                            

Il regno di Dio è interiore

 

Interrogato dai farisei che gli domandavano quando verrebbe il Regno di Dio, Gesù rispose: “Il Regno di Dio non viene in modo da colpire gli sguardi.

Non si dirà esso è qui o lá, ecco infatti che il Regno di Die è dentro di voi (Lc 17,20). Esso è dentro; è lì che esso si trova in una maniera sussistente. Dentro si forma uno stato stabile; è in tale stabilità c’è il Regno. Esso è lì con la sua virtù, con la sua potenza costante.

(Grandeurs mariales, op. cit., p. 425)

 

La preghiera

 

Poiché l’unione con Dio è il supremo scopo della tua vita, la preghiera è il tuo supremo dovere. Essa mette la tua mente, il tuo cuore e i tuoi sensi in relazione con Lui.

È la preghiera che fa cessare a poco a poco la distrazione abituale della tua vita. Distrazione perché la tua mente, il tuo spirito e il tuo cuore si occupano di cose lontano da Lui.

La preghiera riconduce a Dio la tua mente, il tuo cuore ed i tuoi sensi; li ricolloca, almeno per il momento vicino a Dio, li riabitua a vivere vicino a Lui e a misura che essa diventa più viva e frequente, tu vivi più abitualmente in unione con Lui.

(Cristianesimo interiore, op. cit. pp. 95-96)

 

La vera religione

 

La vera religione consiste nell’unione di me stesso con Dio. Debbo vivere con Lui, per mezzo di Lui, in Lui. Il mio lavoro non deve essere più umano della mia preghiera, né questa più divina del mio lavoro. Debbo lavorare con Dio, come parlo con Lui; attendere da Lui la direzione del mio lavoro, come l’ispirazione della mia preghiera; nel mio lavoro rivolgere a Lui il mio pensiero; e nella mia preghiera, parlargli del mio lavoro”.

(La vita interiore…op. cit. p. 402)

           

Il lavoro divino

 

Com’è bello il lavoro divino che va dall’esiguità del granello alla grandezza della pianta!

Puoi contemplarlo in te stesso e non sai ciò che devi ammirare di più, se la piccolezza degli inizi, l’armonia dei progressi o l’estensione degli sviluppi. Tutto ti meraviglia e come Dio ti appare veramente Dio! È l’Infinito che gioca nel finito, che fa il suo regno di te.

Questa contemplazione ti porta seriamente a non dubitare più di Lui e t’insegna a riconoscere le sue vie.

(Ib., p. 35)


 

[1] F. Pollien, La vita interiore semplificata…, pag. 337.

[2] Vedi “Autori e fonti” in appendice.

[3] La Pianta di Dio,  p. XII.

[4] Pagine scelte e tradotte dal dattiloscritto inedito: Commentaire du statut des freres chartreux, (Commentario dello Statuto dei Frati certosini)  per gentile concessione della Certosa di Serra San Bruno. Il titolo è mio. 

[5]  “Il mio cuore cerca il tuo volto”, Edizioni “La Certosa”, 1995, p.62.

 

 

 

 

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