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Il Sito di Gianfranco Bertagni

 

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Mircea Eliade e Pierre Teilhard de Chardin (Marco Martini)


Published in: Un futuro per l’ uomo, n. 2 (luglio/dicembre) 2000, pp.  67/79


 

Nel  1856, ad opera di Max Müller, apparve quella che può essere considerata la prima opera importante nel campo delle religioni comparate: Essays in comparative mythology.  A quel tempo gli studiosi avevano già compreso che i patrimoni religiosi dei vari popoli – Bibbia compresa - , si erano formati in epoche in cui l’ uomo si esprimeva ancora per simboli, secondo ricorrenti e comuni schemi archetipici di una coscienza che non aveva ancora conquistato il senso della storia e della scienza.  Occorreva mettersi subito al lavoro per ricostruire il vero succedersi delle idee e delle credenze religiose dell’ uomo.  A partire dal  1865 Edward Burnett Tylor, con una serie di articoli, conferenze e libri che si concluse con la pubblicazione di  Primitive culture (1871), pubblicò le sue teorie a riguardo.  Pur nella diversità delle varie scuole di pensiero (1), nel complesso la Storia delle Religioni mostrava già allora una lenta e graduale ascesa, attraverso l’ evolversi di credenze basate sulle varie esperienze vissute dall’ uomo e profondamente concatenate l’ una all’ altra; una graduale conquista umana insomma, e non un buio di immensa durata succeduto ad una caduta iniziale ed illuminato poi dall’ Alto da un’ unica luce.  Nella rilettura delle storie sacre trasmesseci, resa obbligatoria dalla scoperta della loro non-storicità, l’ accento non doveva più essere posto su presunte verità da custodire, ma sulle valorizzazioni religiose che l’ uomo aveva conferito alle varie esperienze compiute nel corso del suo processo di autocostruzione.

 

Teilhard e la Storia delle Religioni

Padre Pierre Teilhard de Chardin, le cui teorie furono messe all’ indice dalla Chiesa cattolica (e lo sono tuttora) con un provvedimento che viene definito  ‘monitum’,  ebbe la fortuna di compiere i suoi studi teologici in Inghilterra, dove il fermento prodotto dalle idee germinate per merito di certe nuove discipline era tale da ripercuotersi persino entro le mura di un seminario gesuita.  È comprovato che gli studi teologici di Teilhard ad Hastings (1908-1912) includevano la Storia delle Religioni e la discussione delle teorie di Émile Durkheim, celebre studioso delle strutture elementari del sacro.  Il suo interesse verso l’ argomento fu tale che nel settembre del  1912 partecipò alla  ‘Settimana di etnologia religiosa’  tenutasi a Lovanio, in Belgio.  Proprio negli anni in cui Teilhard studiava a Hastings, anche i cattolici si gettarono nella mischia per merito di padre Wilhelm Schmidt, austriaco, che cominciò a pubblicare le prime puntate di un’ opera colossale che giunse a conclusione solo nel  1955, Ursprung der Gottesidee.  Utilizzando i dati di alcune tribù che convogliavano le loro esperienze religiose in massima parte sulla figura di un Essere Supremo, Schmidt elaborò la teoria di un monoteismo primordiale rivelato, dal quale ci si sarebbe poi allontanati; tutti gli altri elementi riscontrabili tra i primitivi venivano considerati una degenerazione.  Questa tesi, imperniata su una  ‘caduta’ rispetto a leggi morali scolpite  ‘ab initio’ nel cuore dell’ uomo da Dio, reinterpretazione del dogma del Peccato Originale alla luce dei dati storico-religiosi, si è poi dimostrata errata, soprattutto grazie alle analisi di un altro infaticabile studioso, Raffaele Pettazzoni,  esposte in diversi libri e saggi a cominciare da  L’ Essere celeste nelle credenze dei popoli primitivi, datato  1922.

Ebbene Teilhard, senza avere probabilmente mai letto Pettazzoni ma forte della sua convinzione di scienziato e credente che  «Dio non agisce in prima persona, ma fa sì che le Cose si realizzino da sole attraverso gli sviluppi dell’ opera della Natura» (2), non dette credito alla tesi di Schmidt: «Infatti, checchè ne dica la scuola di Padre W. Schmidt che ricorre ad una  ‘rivelazione’  divina primordiale, per l’ uomo appena nato al pensiero riflesso, quale gesto può essere più istintivo di quello di animare ed antropomorfizzare in un grande Qualcuno tutto l’ Altro di cui scopre attorno a sé l’ esistenza, l’ influsso e le minacce?  E non è forse proprio a questo stadio particolare d’ adorazione che troviamo ancora fermi i popoli socialmente meno evoluti della Terra?» (3).  Teilhard aveva già letto Lucien Lévy-Bruhl (4), Bronislaw Malinowski (5), studioso soprattutto delle tribù della Melanesia, e conosciuto, come vedremo, Mircea Eliade.  Ma già prima, come si legge nel suo  Il fenomeno spirituale (1937), Teilhard aveva mostrato una perfetta comprensione delle società primitive e del modo in cui si erano evolute le idee nei primi raggruppamenti umani:  «In gran parte, la morale è nata come una difesa empirica dell’ individuo e della società.  Non appena gli esseri intelligenti sono venuti a contatto, dato che vi erano attriti, hanno sentito il bisogno di proteggersi contro i reciproci soprusi.  E non appena si è rivelata, empiricamente, un’ organizzazione che garantiva a ciascuno più o meno ciò che gli spettava, questo stesso sistema ha sentito il bisogno di garantirsi a sua volta contro i mutamenti che fossero venuti a rimettere in questione le soluzioni accettate, e turbare l’ ordine sociale stabilito».  Molti studiosi non accettavano e non accettano la realtà di determinanti biologiche e sociali nel processo di nascita ed evoluzione delle credenze religiose, di un uomo che raggiunge le vette dello Spirito sospinto dalle leggi della Materia.

Le conclusioni degli studi di Storia delle Religioni furono sicuramente utili a Teilhard per non lasciarsi vincolare già in anni giovanili (1919) da una esegesi biblica che i teologi stanno superando solo oggi: «Le mitologie pagane ci fanno comprendere quanto la maniera cristiana comune di presentare le origini e le vicissitudini del mondo sia artificiale e infantile» (6).  C’ è da rilevare però come Teilhard accettasse i risultati degli studi storico-religiosi ma, forte del suo Cristo Universale, non le conclusioni (pluralismi relativistici, riduzionismi, vaghi sincretismi, teorie della  ‘morte di Dio’) che molti ne traevano:  «Per via dello sviluppo assunto in Scienza dallo studio comparato delle religioni, il Cristianesimo, unanimemente considerato in Occidente, per quasi due millenni, come unico nella storia del Mondo, potrebbe sembrare, a prima vista, subire in questo momento una eclissi… Il Cristianesimo ritrova e consolida, invece, il suo posto assiale, il suo posto di guida, di freccia delle energie psichiche umane, purchè si consideri a sufficienza il suo straordinario potere di  ‘panamorizzazione’».   E precisa anche la fonte di questo primato di  ‘panamorizzazione’, che è il suo   «potere assimilatore, d’ ordine organico, integrante potenzialmente nell’ unità di un solo  ‘corpo’  la totalità del genere umano» (7).  Per Teilhard de Chardin la storia delle religioni non è che l’ ultima e più decisiva fase della medesima operazione: «In fondo, una cosa sola si fa, da sempre e per sempre, nella Creazione: il Corpo del Cristo» (8).

 

L’ interesse di Eliade per Teilhard

Abbiamo accennato prima all’ incontro tra Teilhard e Mircea Eliade.  I due si conobbero nel dopo-guerra a Parigi, dove Eliade era arrivato nel settembre del  1945 per iniziare ad insegnare alla Sorbona; il rumeno acquisì in breve tempo grande notorietà con il  Trattato di Storia delle Religioni (1948) e con  Il mito dell’ eterno ritorno (1949).  «L’ ho visto due o tre volte – racconta Eliade di Teilhard – nella sua stanza in rue Monsieur, nella casa dei Gesuiti.  Abbiamo avuto delle lunghe discussioni; ero affascinato dalla sua teoria dell’ evoluzione e del punto Omega, mi sembrava addirittura che fosse in contraddizione con la teologia cattolica.  Tuttavia era un uomo che mi affascinava, mi interessava molto.  E sono stato felice, in seguito, di leggere i suoi libri.  Solo allora ho capito fino a che punto il suo pensiero fosse cristiano, e quanto fosse originale e coraggioso» (9). Nel diario di Eliade, in data  23 gennaio  1950, troviamo: «Ho pranzato nella sede della rivista  ‘Etudes’, al  15 di rue Monsieur, per fare la conoscenza di padre Teilhard de Chardin.  Quindi, nella sua stanza, due ore di conversazione.  C’ erano anche i padri Fessard, Daniélou e Bernardt… Gli ho detto, sorridendo, che la sua visione cristocosmica è più audace delle più fantastiche creazioni mahayaniche (milioni di universi, milioni di reincarnazioni, milioni di bodhisattva, ecc), e lui mi ha dato ragione.  È vero – ha detto – la  ‘Scienza’  e il Logos cristiani superano per profondità e per audacia tutto quanto è stato pensato ed immaginato fino ad oggi.  Prima che me ne andassi, mi ha offerto diversi testi dattiloscritti, alcuni in più esemplari, in modo che io potessi distribuirli agli amici.  Testi – ha precisato – che ancora non possono essere pubblicati».

L’ interesse di Eliade per Teilhard ha una sua precisa ragione, che traspare dai suoi scritti.  Nel suo diario, in data  6 marzo  1965, si legge: «Il successo considerevole di Teilhard de Chardin è dovuto notoriamente al fatto seguente: egli ha  ‘risantificato’  il Mondo, la Vita, la Materia».  Nel corso di una conferenza tenuta all’ università di Chicago nell’ ottobre  1965, Eliade si sofferma a lungo su Teilhard, in particolare sul significato culturale del successo degli scritti del padre gesuita, pubblicati postumi.  I lettori di Teilhard, spiega Eliade riferendosi soprattutto ai non credenti, «sono stanchi di esistenzialismo e di marxismo, stanchi del continuo parlare di storia, di impegno e così via.  Essi si interessano di Natura e di Vita… Ma non si può semplicemente parlare del  ‘vitalismo’  di Teilhard.  Teilhard infatti è un uomo religioso, per lui la vita è sacra; di più: per lui la materia cosmica come tale è suscettibile di venire santificata.   Non solo egli ha gettato un ponte tra scienza e cristianesimo, non solo ha proposto una visione ottimistica dell’ evoluzione cosmica ed umana dell’ universo, ma ha anche rivelato la suprema sacralità della Natura e della Vita» (10). 

In evidente sintonia con il gesuita, Eliade si mostra desideroso di apprendere il suo pensiero.  Legge anche un articolo di Teilhard sulla rivista  Psyché, e segna nel suo diario, in data 22 maggio  1963, di aver scorso con avidità gli scritti allora inediti presenti nel libro di Claude Cuénot,  Pierre Teilhard de Chardin – Les grandes étapes de son évolution.  Sempre nel suo diario riporta anche di aver cenato da una certa Marie-Louise con altri amici e che l’ argomento principale della conversazione è stato Teilhard, ed un’ altra volta accenna ad un incontro in cui  «ciò che mi ha più impressionato nella conversazione con Teilhard è stata la sua risposta a una mia domanda: che cosa significasse per lui l’ immortalità dell’ anima» (11).  L’ interesse del rumeno per Teilhard non è, evidentemente, solo professionale.  Gli studi per Eliade sono infatti, come per il gesuita, soprattutto un cammino interiore personale di un credente perché, spiega soprattutto nel suo libro  La nostalgia delle origini, la Storia delle Religioni è una disciplina altamente spirituale che trasforma interiormente.  «Nel corso di questa lunga ricerca – trenta e passa anni trascorsi tra gli Dei e le Dee esotici – avevo uno scopo: desideravo giungere ad un  ‘centro’» (12).

 

Il Cristo integrale di Eliade

«Tutte le ierofanie (= manifestazioni del sacro) altro non sono che prefigurazioni del miracolo dell’ incarnazione»;  «La venuta del Cristo segna l’ ultima e più alta manifestazione della sacralità del mondo»;  «L’ incarnazione rappresenta  l’ ultima e più perfetta ierofania: Dio si è completamente incarnato in Gesù Cristo» (13).

Non possono sussistere dubbi, come indicano queste espressioni, sull’ identità di quel  ‘centro’  che il massimo storico delle religioni vuole raggiungere.  Le innumerevoli figure divine alle quali dedica tutta la sua vita, hanno conferito un significato alle giornate, agli sforzi, alle attese, alle gioie ed alle sofferenze di miliardi di esseri umani, e la venuta di Gesù – come spiega nella sua  Storia delle credenze e delle idee religiose – le conferma in maniera definitiva: «La kenosis di Gesù Cristo non solo costituisce il coronamento di tutte le ierofanie avvenute sin dal principio dei tempi, ma anche le giustifica, ne dimostra cioè la validità».  Con l’ avvento di Gesù si chiude un’ èra e se ne apre un’ altra,  «la concezione del tempo mitico e dell’ eterno ritorno è definitivamente superata» (14).

Tuttavia, «non esiste il fatto religioso  ‘puro’, fuori dalla storia, fuori dal tempo.  Quando il Figlio di Dio si incarnò e divenne Cristo, non potè fare a meno di comportarsi come un ebreo del suo tempo, e non come uno yogi, un taoista o uno sciamano.  Il suo messaggio religioso, per quanto universale, era condizionato dalla storia passata e contemporanea del popolo ebraico.  Se il Figlio di Dio fosse nato in India, il suo messaggio orale avrebbe dovuto conformarsi alla struttura delle lingue indiane, ed alla tradizione storica e preistorica di quell’ insieme di popoli» (15).  Ogni ierofania è culturalmente condizionata:  «Il sacro si manifesta.  E, di conseguenza, si limita e cessa così di essere assoluto» (16).  È in questa ottica che Eliade si mobilita, concentrando tutti i suoi sforzi sul recupero di tutte le valorizzazioni religiose avvenute durante l’ intera storia umana, che né Gesù né il Cristianesimo, per i limiti sopra citati, potevano fare proprie.  Perciò per il rumeno la più grande scoperta dei tempi moderni non è, come per Teilhard, la legge di complessità-coscienza (la sempre crescente complessità degli organismi genera stati di coscienza/amore sempre più vicini ai parametri necessari per il capovolgimento finale, in cui Cristo diviene tutto in tutti), ma la scoperta dell’ uomo non europeo e del suo universo spirituale. E più in particolare l’ uomo arcaico: «Il mio obiettivo è di rendere intelligibile al mondo moderno – occidentale ed orientale – quelle creazioni religiose poco note o mal commentate come primo passo verso un risveglio spirituale» (17).

 

La convergenza di due esperienze 

A Teilhard non interessa individuare elementi comuni tra le varie tradizioni per sentirsi uniti in Dio, iniziativa priva di forza di attivazione spirituale (18), incapace di aumentare la temperatura spirituale del pianeta verso l’ Incandescenza finale, ma il superamento di tutto ciò che la Scienza ha dichiarato non più valido e la ricerca di tutte le energie spirituali esistenti nel Creato, perché esse sono parte del corpo di un Cristo coestensivo all’ enormità di un universo in evoluzione: «Il successo spirituale dell’ universo è collegato alla liberazione di tutte le sue possibili energie»; «L’ Incarnazione è una restaurazione di tutte le Potenze dell’ Universo» (19).  Eliade accoglie con entusiasmo questa prospettiva del gesuita, perché permette un recupero qualitativo di tutte le altre esperienze religiose.  Immerso nei suoi studi di storico delle religioni, Eliade si è trovato tutta la vita di fronte a documenti che trasmettevano l’ esperienza di uomini per i quali gli elementi del Mondo erano allo stesso tempo se stessi e un’ Altra Cosa.  Lo studio dell’ uomo arcaico per Eliade riporta l’ uomo moderno, incapace di captare la melodia spirituale proveniente dalla Materia, all’ unione con Dio mediante l’ armonia con il Cosmo, l’ Io-Tu Uomo-Dio direttamente vissuto nella presa di contatto con la misteriosa realtà della Vita.  Per questo motivo un universo che si attiva convergendo verso un Polo d’ Amore è prospettiva che si sposa mirabilmente con le aspettative della Storia delle Religioni.  «Teilhard ha aperto all’ uomo occidentale una prospettiva insperata», nota il rumeno, «una prospettiva in cui la natura assume valori religiosi pur mantenendo la sua realtà completamente  ‘oggettiva’» (20).

Eliade mostra di condividere l’ idea teilhardiana di  «un processo di selezione attraverso dei salti qualitativi in avanti, un opus magnum nel quale è implicato un Cristo cosmico», aderisce alla sua visione  «rassicurante» ed urla  «che gioia!» nel leggere che Teilhard vuole scovare Cristo nel cuore delle realtà più naturaliste e ‘pagane’ (21).  Per il rumeno l’ evoluzione dell’ universo, come per Teilhard, è libera ma direzionata verso una crescita spirituale: «Ritengo che tutte le scoperte tecniche abbiano creato delle occasioni affinchè lo spirito umano cogliesse determinate strutture dell’ essere che prima era difficile cogliere» (22).

Scaturita da interessi differenti, l’ esperienza di Eliade va a sposarsi con quella del gesuita, e il rumeno non ne fa mistero: «Se qualcuno studierà un giorno, con intelligenza, la mia teoria sulla ierofania e sulla ierofanizzazione progressiva del mondo, della vita e della storia, potrà paragonarmi a Teilhard de Chardin» (23).  Nel suo pensiero è presente lo stesso senso dell’ evoluzione che lo porta a concepire la storia del cammino religioso dell’ umanità come una penetrazione in zone sempre più profonde di un Cristo che si completa nel suo divenire, però Eliade stesso sottolinea che per coglierla non è sufficiente leggere un suo libro, bisogna  ‘studiare con intelligenza’  e non un solo testo:  «Se si vuol giudicare quel che ho scritto bisogna prendere in considerazione i miei libri nella loro totalità.  Se c’ è in essi qualche valore, qualche significato, essi risulteranno dalla totalità» (24).

 

Il futuro

Nonostante parli di  «inanità dei concetti, dei simboli e dei rituali delle Chiese cristiane» (25), Eliade non preclude un certo ruolo alla Chiesa nell’ avvenire della religione: «Per quel che riguarda la Chiesa cattolica, si vede benissimo che non si tratta solo di una crisi dell’ autorità, bensì di crisi delle antiche strutture, liturgiche e teologiche.  Non credo si tratti della fine della Chiesa, ma forse quella di una certa Chiesa cristiana.  Dopo prove e controversie, certe cose, più interessanti, più significative, potranno venire alla luce» (26).  Qui egli si riallaccia decisamente a Teilhard: «Mi ricordo ciò che ebbe a dirmi circa la necessità di un rinnovamento dei dogmi: la Chiesa – diceva – è come un crostaceo; deve disfarsi, periodicamente, del suo carapace per crescere» (27).  È più severo invece con le tesi materialiste: «Più l’ esistenza diventerà precaria per colpa della storia, e più le posizioni dello storicismo perderanno credito» (28), però assegna un ruolo preminente nel futuro della religione ai laici, o meglio all’ atteggiamento laico, che contiene più elementi della vera esperienza del sacro rispetto a sistemi religiosi troppo razionalizzati ed ormai privi di linfa vitale, ed alla  «capacità di fondare un nuovo tipo di esperienza religiosa fondato sulla presa di coscienza del carattere radicalmente profano del mondo e dell’ esistenza umana» (29).  Il rumeno riconosce nel Cristianesimo, nelle pagine conclusive del suo  Il mito dell’ eterno ritorno, la nota più moderna di tutta la storia delle religioni, «la religione dell’ uomo moderno, uscito dall’ orizzonte del tempo ciclico, integrato alla storia e al progresso, di chi ha scoperto la libertà personale», però è perentorio sulle sue possibilità di attivazione spirituale: «Il Cristianesimo in generale, e la  ‘filosofia cristiana’  in particolare, sono suscettibili di rinnovamento (solo) se sviluppano il Cristianesimo cosmico» (30).

Circa il domani comunque Eliade non si sbilancia, perché  «la libertà dello spirito è tale che non si possono fare anticipazioni circa il futuro della religione».  Mostra però di condividere con Teilhard altri punti oltre a quelli sopra ricordati.  «Conosceremo altre forme religiose che saranno condizionate dal nuovo linguaggio e dalla società del futuro.  Fino ad ora l’ uomo non è stato ancora arricchito spiritualmente dalle ultime scoperte teniche come lo fu dalle scoperte della metallurgia o dell’ alchimia» (31).  Ed anche qui Eliade si richiama al gesuita, alla  «sua grande fiducia nei progressi della scienza; per Teilhard de Chardin i progressi scientifici avevano anche una funzione religiosa» (32). 

Per il rumeno il punto che non cambierà mai nella esperienza religiosa è  «l’ incontro con ciò che ci salva dando un senso alla nostra esistenza», ma per il resto nell’ avvenire si volterà completamente pagina: «Di una cosa sono certo: le forme future dell’ esperienza religiosa saranno del tutto diverse da quelle che conosciamo nel Cristianesimo, nel Giudaismo, nell’ Islam, che sono fossilizzate, in disuso, svuotate di senso» (33).  Questa novità ci accomunerà in una mutata coscienza collettiva: «Oggi, per la prima volta, la storia sta diventando realmente universale, e così la cultura è sulla via di divenire planetaria.  La storia dell’ uomo dai tempi paleolitici fino ai tempi presenti è destinata ad ooccupare il centro dell’ educazione umanistica, quali che siano le interpretazioni locali o nazionali.  La Storia delle Religioni può avere un ruolo essenziale in questa funzione di  ‘planétisation’  della cultura e può contribuire alla elaborazione di un tipo di cultura universale.  Tutto questo non avverrà certamente entro un breve lasso di tempo» (34).

Teilhard, che ritiene l’ umanità ormai pronta per più vaste e  ‘centrate’   realizzazioni, predice una nuova religione fondata sulla consapevolezza comune di stare costruendo un unico Corpo, e in questo cammino conferisce al Cristianesimo un primato, paragonandolo ad un fiume che apre una breccia in cui si tuffano poi tutti gli altri (35).  Il rumeno afferma parimenti, nella prima parte del suo  La nostalgia delle origini, che la coscienza occidentale riconosce ormai solo una storia, la storia universale, e che la posizione etnocentrica è superata perché considerata provinciale.  Aggiunge inoltre che i popoli asiatici sono di recente entrati anch’ essi nella storia, che i cosiddetti primitivi si apprestano a farlo, e che di conseguenza si stanno profilando all’ orizzonte creazioni spirituali più grandiose, di livello planetario.

 

Conclusioni

Dunque, come abbiamo visto, la Weltanschauung dei due pensatori è straordinariamente simile.  In entrambi ritroviamo:

- evoluzione direzionata, guidata da una Energia spirituale;

- crollo dei microcosmi religiosi tradizionali;

- Cristianesimo rinnovato come locomotore trainante del treno spirituale dell’ avvenire;

- funzione religiosa dei progressi della Scienza;

- cambiamento dello stato di coscienza;

- co-riflessione per visione comune;

- novità assoluta alla base della religione del futuro.

 

Certo i due si occupano di scienze diverse, e propongono strade differenti: «Teilhard è giunto a questa teoria attraverso la scoperta della Cosmogenesi, io invece attraverso la decifrazione delle religioni cosmiche» (36).   Ma con l’ identica fiduciosa speranza nell’ avvenire dell’ uomo: «(Far) comprendere le dimensioni ignorate, o disprezzate, della storia dello spirito, non significa soltanto arricchire la scienza, ma contribuire alla generazione ed allo sviluppo della creatività dello spirito, nel nostro mondo e nella nostra epoca» (37). 

Sia Teilhard (che ha utilizzato anche i risultati della disciplina nota come Storia delle Religioni), sia Eliade (storico delle religioni che identifica la sua esperienza con quella di Teilhard), hanno sottolineato che le religioni non sono apparse simultaneamente separate su un piano orizzontale.  Esiste una unica storia delle idee e delle credenze religiose, con un suo dinamismo evolutivo che si è ormai palesato convergente, per integrazione qualitativa reciproca tra le varie prospettive, verso un unico Centro.  Una scoperta che è, per chi ne fa esperienza, soprattutto un Incontro: «In un Universo che mi si rivelava in stato di convergenza, Tu avevi preso, per diritto di Risurrezione, la posizione chiave del Centro totale in cui tutto si raccoglie» (38).

 

Note

(1) Su tutte queste teorie e sull’ interesse e le ripercussioni suscitati all’ epoca da questo dibattito si vedano per esempio: E. EVANS PRITCHARD, Teorie sulla religione primitiva, Sansoni, Firenze  1971; M. ELIADE, La nostalgia delle origini, Morcelliana, Brescia  1972, pp. 25/69; U. BIANCHI, Storia dell’ etnologia, Edizioni Abete, Roma  1964.

(2) P. TEILHARD DE CHARDIN, Nota sulle modalità dell’ azione divina nell’ universo (1920), in: La mia fede, Queriniana, Brescia  1993, p. 33.

(3) P. TEILHARD DE CHARDIN, Il fenomeno cristiano, in: La mia fede, cit., p. 194.  In realtà gli antropomorfismi sono un fenomeno tardivo in Storia delle Religioni ma Teilhard, che usa un vocabolo improprio perché non è uno storico delle religioni, ha comunque compreso il nocciolo della questione: il dialogo con l’ Aldilà ha preso il via sempre e soltanto dalla vita vissuta.

(4) In un suo scritto del  1932 (La via dell’ Ovest verso una nuova mistica) cita infatti la teoria della mente primitiva come pre-logica, esposta da Lévy-Bruhl soprattutto in  La mentalité primitive (1922).  L’ ipotesi di una mentalità pre-logica incontrò un certo consenso allora, ma poi cadde e fu ritrattata dallo stesso Lévy-Bruhl.

(5) P. TEILHARD DE CHARDIN, Il posto dell’ uomo nella natura, Il Saggiatore, Milano  1970, p. 144.

(6) P. TEILHARD DE CHARDIN, Note pour servir à l’ évangélisation des temps nouveaux, in: Ecrits du temps de la guerre, éd. du Seuil, Parigi  1965, p. 410.  La conferma della familiarità di Teilhard con le mitologie dei vari popoli ci arriva anche da un suo scritto del 1933, Cristologia ed  Evoluzione (vedi : La mia fede, cit., p. 87 nota 5).

(7) P. TEILHARD DE CHARDIN, Il Cristico, in: Il Cuore della Materia, Queriniana, Brescia  1993, pp.  75/76.

(8) P. TEILHARD DE CHARDIN, Panteismo e Cristianesimo, in: La mia fede, cit. p. 76.

(9) M. ELIADE, La prova del labirinto, Jaca Book, Milano  1980, p. 87.

(10) M. ELIADE, Occultismo, stregoneria e mode culturali, Sansoni, Firenze  1982, pp.  14/15.

(11) M. ELIADE, Giornale, Boringhieri, Torino  1976, p. 251.

(12) Ibidem, pp. 230/231.

(13) M. ELIADE, Trattato di Storia delle Religioni, Boringhieri, Torino  1976, p. 36; Miti, sogni e misteri, Rusconi, Milano  1976, p. 177; Storia delle credenze e delle idee religiose, Sansoni, Firenze  1982, vol. 2, p. 406.

(14) M. ELIADE, Miti, sogni e misteri, cit., p. 175.

(15) M. ELIADE, Immagini e simboli, Jaca Book, Milano  1981, p. 33.

(16) M. ELIADE, Miti, sogni e misteri, cit., p. 147.

(17) M. ELIADE, La prova del labirinto, cit., pp. 135 e 60.

(18) Vedi lettera di Teilhard de Chardin a Jeanne Mortier citata in: E. BONNETTE, L’ ecumenismo nel pensiero di Pierre Teilhard de Chardin, in: Il futuro dell’ uomo, n. 2 / 1997, p. 105.

(19) P. TEILHARD DE CHARDIN, Lettere di viaggio, Feltrinelli, Milano  1962, p. 104; La vita cosmica, Il Saggiatore, Milano  1970, p. 86.

(20) M. ELIADE, Occultismo, stregoneria e mode culturali, cit., p. 16.

(21) M. ELIADE, Giornale, cit., pp. 320/321.

(22) M. ELIADE, La prova del labirinto, cit., p. 123.

(23) M. ELIADE, Giornale, cit., p. 321.

(24) M. ELIADE, La prova del labirinto, cit., p. 170.

(25) M. ELIADE, Il sacro e il profano, Boringhieri, Torino  1984, p. 9.

(26) M. ELIADE, La prova del labirinto, cit., p. 106.

(27) M. ELIADE, Giornale, cit., p. 250.

(28) M. ELIADE, Il mito dell’ eterno ritorno, Borla, Roma  1982, p. 193.

(29) M. ELIADE, Il sacro e il profano, cit., p. 9.

(30) M. ELIADE, Giornale, cit., p. 377.

(31) M. ELIADE, La prova del labirinto, cit., pp. 107 e 104.

(32) M. ELIADE, Giornale, cit., p. 251.

(33) M. ELIADE, La prova del labirinto, cit., pp. 147 e 109.

(34) M. ELIADE, La nostalgia delle origini, cit. p. 84.

(35) P. TEILHARD DE CHARDIN, L’ apporto spirituale dell’ Estremo Oriente. Alcune riflessioni personali, in: Le direzioni del futuro, SEI, Torino  1996, p. 180.

(36) M. ELIADE, Giornale, cit., p. 321.

(37) M. ELIADE, La prova del labirinto, cit., pp. 146/147.

(38) P. TEILHARD DE CHARDIN, Il Cuore della Materia, cit., p. 46.

 

Da: http://www.geocities.com/mircea_eliade/martini1.htm

 

 

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