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Il Sito di Gianfranco Bertagni

 

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NAE  IONESCU, maestro di Mircea Eliade
e della "giovane generazione" della Romania interbellica

 

     Nato il 16 giugno 1890 a Braila, Nae Ionescu studiò filosofia tra il 1909 e il 1913 all'Università di Bucarest, dove fu allievo anche di Nicolae Iorga.  Nel 1913 si recò in Germania con la moglie, dalla quale ebbe due figli;  internato durante la guerra in un campo di concentramento (il Regno di Romania si era schierato a fianco dell'Intesa), nel 1919 conseguì a Monaco di Baviera il dottorato con una tesi su "la logica come tentativo di una nuova fondazione della matematica". [1]  Tornato in patria al termine del conflitto, fu introdotto dal suo ex professore Constantin Radulescu-Motru nel corpo docente, in qualità di assistente incaricato di logica, teoria della conoscenza e metafisica.  I titoli dei primi corsi tenuti dal nuovo docente (Il problema della Divinità, La realtà della vita spirituale, Metafisica e religione, La fenomenologia dell'atto religioso) [2] sono sufficienti a mostrare in quale radicale contrasto si ponesse l'insegnamento del prof. Ionescu nei confronti dell'orientamento razionalista che dominava alla Facoltà bucarestina di Lettere.

     «Parlare di cristianesimo e filosofia cristiana nell'università -scrive Mircea Eliade- era, nel 1921, una vera rivoluzione». [3]  E ancora:  «Parlare di 'redenzione', 'santità', 'ortodossia', 'eresia' in corsi di metafisica e logica significava allontanarsi da una consolidata consuetudine di idealismo e positivismo.  I problemi di metafisica e filosofia religiosa erano stati esclusi da tempo dalle preoccupazioni accademiche.  Il professor Nae Ionescu è stato il primo a porre -con competenza e originalità- questi problemi al centro delle sue lezioni. (...) È vero che solo il professor Nae Ionescu si poteva permettere la libertà di parlare di religione, cristianesimo, mistica e dogmatica dalla cattedra di metafisica; e questo perché era al contempo un logico temibile, teneva corsi di filosofia della scienza e aveva presentato la tesi di dottorato su una questione matematica.  La sua solida preparazione scientifica non poteva essere contestata da nessuno.  Non poteva essere sospettato di patetismo, di 'misticismo', di dilettantismo». [4]

     Decisamente rivoluzionario perché infrangeva il monopolio idealista e neoidealista, l'insegnamento di Nae Ionescu si collocava nel solco della migliore linea culturale romena, tanto che Eliade ha potuto vedere in lui il successore diretto di Iorga e un erede di Pârvan:  «Dopo il momento profetico e apollineo di Vasile Pârvan (...) Nae Ionescu si manifesta fin da principio come un tipo socratico: contro l'oratoria, contro il profetismo, contro una metafisica esteriore.  Egli riconduce la metafisica al suo punto di partenza: la conoscenza di sé». [5]

     Così, al cristianesimo umanistico e moralistico che si era diffuso negli ambienti ortodossi della capitale romena Nae Ionescu oppose «un cristianesimo aspro, asociale, (...) esclusivamente teocentrico, la cui unica norma era l'amore per Dio:  di fronte a ciò, 'l'amore per il prossimo' appariva solo come una deviazione occidentale». [6] Teologo di «un cristianesimo metafisico», Nae Ionescu non risparmiò nemmeno il Patriarca Miron (che sarà complice dell'oligarchia nell'assassinio di Codreanu):  «riteneva che la mentalità secolaristica, laicizzante e protestantica del capo della Chiesa romena costituisse un'intrusione delle concezioni del mondo moderno, che egli detestava, nel seno della vita spirituale della Chiesa». [7]  Questo interesse per gli studi teologici culminò, nel 1927-28, nella pubblicazione di "Logos - Revue internationale d'études orthodoxes":  ai due numeri che videro la luce collaborarono autorevoli esponenti del pensiero ortodosso, tra cui Florovskij e Florenskij.

     Tra i giornali e le riviste sui quali Nae Ionescu scrisse, fu il quotidiano "Cuvântul" il veicolo più efficace della sua azione paideutica.  Questo giornale, di cui il filosofo fu il principale animatore, in seguito al rientro di Carol in Romania (nel 1930) diventò una sorta di organo ufficioso della corte regale;  lo stesso Nae Ionescu fu a un passo dal diventare consigliere del re, nel quale venivano ancora riposte tante speranze.  Ma, soprattutto a causa dell'ostilità nutrita nei confronti del professore da parte di Magda Lupescu, la potente maîtresse ebrea del sovrano, i consiglieri favoriti di Carol furono Wieder e Urdareanu, sicché tra il 1931 e il 1932 il prestigio di Nae Ionescu negli ambienti del Palazzo scemò in misura considerevole.

     La rottura definitiva coi circoli di corte e col governo ebbe luogo nel 1933.  Ritornato da un viaggio nel Reich, dove era rimasto positivamente impressionato dalla rivoluzione crociuncinata, Nae Ionescu auspicava una soluzione analoga anche per la Romania:  «la sua opposizione alla politica del re era diventata manifesta e si accentuava di giorno in giorno.  Da tempo, ormai, Carol II non lo ascoltava più.  Nei suoi articoli su 'Cuvântul', Nae Ionescu non cessava di attaccare, con garbo ma in maniera evidente, la politica regale, e faceva non meno chiare allusioni alla camarilla di corte». [8]

     Allorché, al momento della campagna elettorale, l'azione intrapresa dall'oligarchia contro il movimento legionario si concretò in una vera e propria persecuzione terroristica fatta di arresti arbitrari, torture e violenze d'ogni genere e culminò nel decreto di scioglimento del "Gruppo C. Z. Codreanu" e con l'arresto di undicimila legionari [9], Nae Ionescu mise a disposizione dei militanti guardisti la sua prestigiosa testata.  Rimasti privi dei loro pochi organi di stampa, i legionari trovarono in "Cuvântul", come pure in "Calendarul" di Nichifor Crainic, «la principale tribuna di denuncia delle prepotenze governative». [10]

     In seguito all'eliminazione fisica del presidente del consiglio Ion Duca ad opera di un nucleo legionario (il 29 dicembre 1933), vi fu una nuova e ancor più massiccia ondata repressiva, nel quadro della quale "Cuvântul" fu costretto a sospendere le pubblicazioni, mentre il professor Ionescu veniva arrestato e incarcerato a Jilava, senza che fosse formulata contro di lui la minima imputazione.  Rilasciato anche lui dopo le elezioni, si recò in tribunale a deporre in qualità di teste a discarico;  tra l'altro dichiarò che, come genitore, si augurava che i propri figli Radu e Razvan potessero ricevere quell'educazione che veniva impartita ai giovani nelle file del movimento legionario.

     A convergere sulle posizioni del movimento legionario, Nae Ionescu era predisposto per via del suo stesso modo di vedere le cose.  «La sua posizione apertamente antidemocratica, espressa negli articoli su L'individualismo inglese e su Descartes, padre della democrazia moderna, così come nella conferenza sul Sindacalismo, faceva di lui un uomo di sinistra nella politica sociale e un reazionario d'estrema destra nella tecnica politica». [11] 

     Se Mircea Vulcanescu attribuisce al suo maestro la simultanea appartenenza alla destra politica e alla sinistra sociale, Nae Ionescu esprime formalmente il rifiuto di tali categorie in quanto inadeguate e insufficienti:  «Io cerco di pensare sulle realtà politiche, per delimitare problemi e trovare soluzioni di governo.  Sono di destra o di sinistra?  Non lo so proprio.  Perciò, risparmiatemi queste domande.  Non per altro, ma non hanno nessun senso». [12] 

     Dalle più alte gerarchie legionarie, gli stessi concetti venivano contemporaneamente espressi da Vasile Marin, che nell'autunno del 1933 era entrato nella redazione di "Cuvântul".  Secondo Vasile Marin, la definizione della Guardia di Ferro come movimento «di destra» mira a «presentare l'azione legionaria come un movimento reazionario».  Invece, «come il fascismo e come il nazionalsocialismo, il movimento legionario lotta per la creazione dello stato totalitario (...)  La concezione totalitaria della riforma dello Stato ci impedisce di accordare una qualunque importanza a queste nozioni (di "destra" e di "sinistra", n.d.r.), prive per noi di significato. (...)  Non possiamo essere né a destra né a sinistra, per la buona ragione che il nostro movimento abbraccia tutto quanto il piano della vita nazionale  (...)  Quando la stessa rivoluzione russa si nazionalizza intensamente (...) e quella fascista si socializza sempre più profondamente, che senso hanno più le etichette desuete di 'destra' e di 'sinistra', per essere ancora applicate alle azioni e ai regimi politici?  Uno solo:  la diversione!».  [13 ]

     Nae Ionescu ci si presenta dunque come il massimo esponente intellettuale di quella che potremmo chiamare la "rivoluzione conservatrice" della Romania.  Difatti Vulcanescu mette in risalto, nell'orientamento rivoluzionario del suo professore, la fondamentale irriducibilità al liberalismo:  «Attento alle trasformazioni insensibili degli orientamenti del mondo, antiliberale perché gli sembrava che la funzione essenziale dei liberali (...) consistesse nel violentare il corso naturale dello sviluppo della nazione, Nae Ionescu era in attesa di chi riuscisse a dare una risposta alla sua attesa di una rivoluzione, una rivoluzione che non doveva essere nient'altro se non la manifestazione della realtà romena di sempre». [14]  D'altronde il teologo ortodosso fondava su un passo biblico la certezza che, «quando il re è inetto, Dio suscita dal seno del popolo un Capitano».  Così era avvenuto in passato con Michele il Prode, con Tudor Vladimirescu, con Avram Iancu.  Così avveniva in quegli stessi anni con Corneliu Zelea Codreanu.

     L'ingresso di Nae Ionescu nel mondo legionario comportò, da parte del filosofo, l'assunzione di un vero e proprio impegno militante, che si tradusse in una serie di conferenze tenute su tutto il territorio romeno.  I risultati furono immediati:  il movimento riscosse numerose adesioni tra studenti, docenti e professionisti, mentre il suo prestigioso maître à penser si attirò parecchie ostilità:  «tra gli uomini politici e i giornalisti di sinistra, ovviamente, ma soprattutto tra quelli di destra». [15]

     Gli intellettuali legionari rimasero in contatto permanente con Nae Ionescu, «lo consultavano di continuo, gli chiedevano di fornir loro motivi di riflessione e di lotta.  E, siccome nel movimento non si faceva niente senza il consenso del capo, se ne deduce che quest'ultimo approvava tali contatti». [16]

     L'autorità acquisita da Nae Ionescu in mezzo ai legionari e la totale fiducia di cui godette presso di loro sono dimostrate dal fatto che egli «fu la guida diretta di alcuni guardisti per quanto concerne talune delle loro azioni, sia nel quadro del movimento sia fuori di esso». [17]  Vulcanescu menziona esplicitamente, tra gli altri:  Mircea Eliade, Vasile Marin, Ion Mota.

     Quest'ultimo, allorché nel novembre 1936 partì per il fronte spagnolo, consegnò al professore alcune lettere in cui aveva redatto il proprio testamento spirituale. [18]  E fu Nae Ionescu a scrivere la prefazione per Crez de generatie (Credo di generazione), una raccolta di articoli di Vasile Marin, dopo che questi cadde combattendo a Majadahonda al fianco di Ion Mota.

     Nel gennaio 1938 "Cuv`ntul riprese le pubblicazioni.  Mircea Eliade ne curava la pagina culturale, redigendo lui stesso due o tre articoli alla settimana e facendo collaborare alcuni suoi ex allievi.  (Fu in questo periodo, per l'esattezza nel mese di marzo, che Nae Ionescu conobbe Julius Evola:  lo scrittore italiano pranzò a casa del professore, con Eliade e con il matematico Octav Onicescu, un membro del CAUR romeno). Ma la nuova serie del giornale di Ionescu dovette interrompere le pubblicazioni tre mesi più tardi, allorché la dittatura instaurata dal re scatenò una massiccia persecuzione contro la Guardia di Ferro. 

     Nae Ionescu fu arrestato nella notte tra il 16 e il 17 aprile, assieme ai dirigenti legionari e ai militanti d'avanguardia, e fu internato con loro in un reclusorio nei pressi di Miercurea Ciuc, «il più duro, il più raffinato che la tecnica carceraria avesse concepito». [19]  Privato della libertà, malato e sofferente per una grave disfunzione cardiaca, colpito nell'attività professionale con la revoca dell'incarico universitario, il professor Nae Ionescu fu, nel campo di concentramento, un modello vivente di dignità e forza d'animo.  Anzi, grazie a lui il reclusorio diventò una sorta di "università legionaria": Egli tenne per i compagni di prigionia una serie di conferenze, i cui argomenti andavano dalla metafisica al «fenomeno legionario». [20] imitato in ciò da Mircea Eliade, che parlò sulla lotta di liberazione dell'India contro il dominio britannico.  A una tale attività i carcerieri reagirono adottando misure repressive straordinarie;  lo stesso ministro degli Interni prescrisse per il professore un regime di isolamento speciale.

     Fu in questo periodo di isolamento che Nae Ionescu scrisse il saggio su Machiavelli: «su sottile carta igienica, ma con la stessa estetica di calligrafo perfetto, con la stessa perfetta impaginazione di sempre, che lo rendono simile a un testo cinese». [21]  Mircea Vulcanescu, che prese visione del manoscritto (tuttora inedito), dice che la peregrinazione intellettuale di Machiavelli alla ricerca del Principe evoca inevitabilmente nel lettore l'analogo tentativo compiuto da Nae Ionescu, il quale, dopo avere indirizzato le proprie aspettative prima su Carol II e poi su Iuliu Maniu, ritenne finalmente di aver trovato nel Capitano del movimento legionario l'uomo del destino romeno.

     In seguito all'assassinio di Codreanu, avvenuto esattamente cinquant'anni fa, nella notte tra il 29 e il 30 novembre (la notte in cui, secondo la tradizione popolare, si scatenano i demoni più pericolosi), Nae Ionescu venne scarcerato, assieme ad un gruppo di legionari.  Ma, poiché il campo di concentramento non lo aveva piegato ed egli aveva continuato imperterrito a manifestare la sua opposizione alla dittatura, il 13 gennaio 1939 venne ricondotto a Miercurea Ciuc.  Rilasciato una seconda volta, il 9 marzo fu nuovamente arrestato;  stavolta fu internato all'ospedale militare di Brasov, dove rimase fino al 24 giugno.  In occasione delle "stragi di settembre", fu incarcerato per la quarta volta.

     Nell'inverno successivo Nae Ionescu ritornò nella sua villa di Baneasa, dove, come ricorda Eliade, il professore aveva il permesso di ricevere una volta alla settimana i suoi ex allievi.

     Il 15 marzo 1940 Nae Ionescu morì, in circostanze che non sono mai state chiarite.  Circolò insistente la voce secondo cui sarebbe stato avvelenato per ordine della camarilla di corte;  questa in effetti lo temeva molto, perché nell'imminente crisi del regime egli avrebbe svolto un ruolo importante, dati i contatti che aveva in Germania e dato il grande prestigio di cui godeva in Romania.

     Alle esequie intervenne una folla immensa:  "professori universitari, direttori di ministeri e di istituti culturali, giornalisti, studenti, borghesi e popolani, che si accalcavano per vederlo per l'ultima volta"22.

     Mircea Eliade, che tenne il discorso funebre e fu tra coloro che portarono a spalle la bara, ha detto che il professore voleva essere seppellito con la foto di Codreanu che egli portava sempre con sé.  Ma la foto venne sequestrata dalla Procura.

 

Claudio Mutti

 

 Note:

Die Logistik als Versuch einer neuen Begründung der Mathematik, München 1919.

2  I corsi universitari di Nae Ionescu furono parzialmente pubblicati da alcuni ex allievi (Noica, Vulcanescu ecc.) che costituirono un "Comitato per la stampa dell'opera di Nae Ionescu".  Finora gli editori romeni hanno pubblicato oltre il 70% della sua produzione: la sua tesi di dottorato, otto corsi universitari, le più note conferenze extrauniversitarie, quasi tutta la pubblicistica identificata come sua (molti scritti li pubblicò anonimi o firmati con vari pseudonimi) e una parte considerevole della sua corrispondenza epistolare.

3  Mircea Eliade, ...si un cuvânt al editorului (... e una parola dell'editore), in:  Nae Ionescu, Roza vânturilor (La rosa dei venti), Bucarest s.d. (ma: 1937), p. 439.

4  Mircea Eliade, op. cit., pp. 439-440.  Nei suoi diari, Eliade ha spesso rievocato la figura di Nae Ionescu.  Anche i personaggi di alcuni romanzi eliadiani lasciano intravedere il profilo del maestro.

5  Mircea Eliade, ...si un cuvânt al editorului, cit., p. 429.

6  Mircea Vulcanescu, Nae Ionescu. Asa cum l'am cunoscut (Nae Ionescu. Così come l'ho conosciuto), Bucarest 1992, pp. 43-44.

7  Mircea Vulcanescu, op. cit., p. 75.

8  Mircea Eliade, Memorii I, Bucarest 1991, p. 286.

9  Horia Sima, Histoire du Mouvement Légionnare, Rio de Janeiro 1972, pp. 103-106.

10  Horia Sima, Mari existente legionare (Grandi vite legionarie), "Tara si Exilul", I, 8, 1 giugno 1965, p. 22.

11  Mircea Vulcanescu, op. cit., p. 91.

12  Nae Ionescu, Tot despre "dreapta" çi "stânga" (Ancora su "destra" e "sinistra"), 25 giugno 1933, in:  N. Ionescu, Roza vânturilor, cit., p. 342.

13  Vasile Marin, "Extremismul de dreapta" ("L'estremismo di destra"), in "Axa", 29 ottobre 1933, rist. in:  V. Marin, Crez de generatie (Credo di generazione), München 1977, pp. 207-213.

14  Mircea Vulcanescu, op. cit., p. 91.

15  Mircea Eliade, Memorii I, cit., p. 341.

16  Mircea Vulcanescu, op. cit., p. 101.

17  Mircea Vulcanescu, op. cit., p. 78. 

18  Testamento di Ion Motza, Edizioni all'insegna del Veltro, Parma 1984 (ristampa dell'ed. 1987).

19  Radu Gyr, Sofferenza, sacrificio e canto, in:  Guardia di Ferro, Al passo con l'Arcangelo. Ritmi legionari, Edizioni all'insegna del Veltro, Parma 1982, p. 54.

20  Nae Ionescu, Il fenomeno legionario, Edizioni all'insegna del Veltro, Parma 1998.

21  Mircea Vulcanescu, op. cit., p. 98.

22  Pericle Martinescu, La despartirea de Nae Ionescu (Al distacco da Nae Ionescu), "Criterion", serie nuova, I, 2, 1990.

 

 

Da: http://www.italiasociale.org/Cultura/Nae_ionescu.htm

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