Malini Nair, Lo yoga è una tradizione liberale, oltre ogni sistema religioso

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Malini Nair, Lo yoga è una tradizione liberale, oltre ogni sistema religioso


 

Due esperti hanno approfondito l’argomento tramite un centinaio di testi, scoprendo che lo yoga non è così culturalmente omogeneo come qualcuno vorrebbe far credere.

Lo Yoga non è una tradizione culturalmente omogenea, di origine esclusivamente induista e vedica, come spesso viene descritta da demagoghi revivalisti e da coloro che costruiscono campagne per rivendicarne le origini. Si tratta piuttosto di una tradizione liberale, eclettica che ha assorbito liberamente elementi buddhisti, Jain e perfino derivanti dalle pratiche ascetiche sufi.
Roots of Yoga, una recente tesi accademica ad opera dei rinomati studiosi Mark Singleton e James Mallinson, è uno studio intensivo di oltre 100 testi fondamentali riguardanti questo tema. Tali scritti coprono un lasso di tempo tra il 1000 a. C. e il XIX secolo, dalle prime Upanishad e Mahabharata a Jnaneswari e Hawz al-Hayat (The Spring of Life), e include opere in diverse lingue, inclusi Tamil, Avadhi, Marathi, Kashmiri, Pali, tibetano, arabo e persiano. Il libro, maturato nel corso di cinque anni e presentato recentemente, chiarisce alcuni miti popolari relativi allo yoga. Tanto per cominciare, non esiste nessuna prova in grado di dimostrare che lo yoga sia nato come una tradizione di stampo religioso.
Lo Yoga è sempre stata una sorta di disciplina in bilico tra vari sistemi religiosi” dice Singleton. “Il Dattatreyayogasastra (XIII secolo), ad esempio, sostiene che lo Yoga può essere praticato da chiunque indipendentemente dalla religione o casta, quindi da asceti, bramini, buddhisti, Jains, tantrici e addirittura materialisti.”

Il Dattatreyayogasastra ha delle opinioni piuttosto decise rispetto ai leader in ‘panni ocra’ che si autoproclamano grandi yogi, pur mancando di pratica, fede e saggezza – “uomini del genere non praticano lo yoga ma giungono ai propri scopi solo tramite le parole, uno dovrebbe guardarsi da coloro che vestono paramenti religiosi”.
Ciò che ha ispirato il libro, dice Singleton, è stato il desiderio di riconsiderare l’egemonia di una manciata di testi, principalmente lo Yoga Sūtra di Patanajil (II secolo), nella prospettiva di un riepilogo di stampo moderno della storia dello yoga.

“Esiste una vasta varietà di pensiero sullo yoga espressa da diversi testi e non tutti si rifanno necessariamente allo Yoga Sūtra” dice Singleton. Insieme a Mallison, fanno anche parte di un ambizioso progetto di ricerca in corso da cinque anni presso la SOAS, università di Londra, sull’evoluzione di una delle branche dello yoga – l’hatha yoga.

Un’altra teoria ben nota è quella secondo la quale lo yoga sarebbe una pratica vedica, risalente a un periodo tra il 1500 e il 1000 a.C.; quest’idea fa parte di una tendenza revivalista piuttosto comune, che cerca di far leva sull’antichità del sapere a livello storico per conferirgli una maggior autorevolezza. Alcuni addirittura si spingono a far risalire lo yoga alla Civiltà della valle dell’Indo (3300-1300 a.C.), portando come prova il sigillo di Pasupati, ritrovato a Mohenjo-daro, raffigurante una persona seduta. Come il libro sottolinea, ci sono immagini localizzate nel Centro America che ricordano le asana dello yoga ancor più di tale sigillo.
Il testo inoltre riconduce ciò che attualmente chiamiamo yoga, in particolare dhyanayoga (meditazione), ad un periodo molto più tardo – 500 a. C., che è anche lo stesso periodo in cui il buddismo iniziò ad assurgere. I Veda possedevano certi elementi mistici, posizioni e controllo del respiro, che sono fondamentali nello yoga, ma in nessun modo ciò rappresenta la prova tangibile dell’esistenza di una pratica yoga sistematica in epoca vedica, sostengono gli autori.
Fu un gruppo di asceti nominati Sramanas (sacrificati) in cerca del nirvana e del moksha (liberazione) che nel 500 a. C. gettò le basi, tramite la pratica, per la nascita dello yoga, nonostante loro non si riferissero ad essa con tale nome. “Questi gruppi, che probabilmente si svilupparono indipendentemente dalle tradizioni vediche e brahaminiche, pur rimanendo comunque da esse influenzate a diversi livelli, includevano buddisti, Jains e i meno noti Ajivikas,” continua il libro. L’Ajivikas era una setta scettica che metteva in discussione il legame braminico con l’induismo.
Le pratiche, i testi e le divinità dei buddisti senza dubbio esercitarono una forte influenza nella formazione dello yoga, portando la pratica iniziale, con nomi diversi, in Tibet e nello Sri Lanka.
“Il primo testo autorevole di hatha-yoga è l’Amritasiddhi, un’opera buddista tattica dell’XI secolo,” dice Mallinson, il quale ha operato ricerche estensive sulle pratiche estreme dello yoga ed ha scritto un testo sulla pratica tantrica esoterica della Khecharividya.

La ricerca mostra come la scuola buddista Yogacara ed i relativi testi abbiamo attinto dallo Yoga Sūtra per due secoli. E l’utilizzo di diverse asana e mudra “presenta una forte somiglianza con le pratiche ascetiche le cui prime tracce si trovano nella seconda metà del primo millennio a. C., appena dopo l’epoca del Buddha”.
“Nel II millennio, le nuove tecniche dell’hatha-yoga cominciarono ad essere incorporate nella tradizione Vedanta, e vennero composti nuovi scritti – come il cosiddetto Yoga Upaniṣads – i quali inglobavano questi metodi presentandoli come parte integrante della tradizione,” sostiene Singleton. “Prima di allora, autorità come Shankara avevano rifiutato l’idea dello yoga come un cammino spirituale. Progressivamente l’hatha-yoga divenne accettata come pratica adatta anche a capifamiglia, piuttosto che solo ai rinuncianti.
”L’appropriazione vedantica dello yoga raggiunse un apice con la raja yoga, resa popolare dallo Swami Vivekananda verso la fine del XIX secolo. Coniugava vedanta, yoga e tecniche “spirituali” occidentali. L’eccitante mix di yoga, spiritualismo e nazionalismo da egli diffuso lo rendono il filosofo e yogi preferito delle istituzioni di ala destra.
Lo yoga, nel corso dell’ultimo paio d’anni, è stato promosso dal Primo Ministro Narendra Modi. Gli spettacoli all’interno dello Yoga Day del 21 Giugno, la spinta motivazionale ad assicurare una posizione più rilevante in ambito accademico ed istituzionale, e la posizione aggressiva acquisita da baba e yogi verso certi argomenti hanno assicurato che la tradizione a questo punto sia giunta a possedere un profilo nazionalistico robusto.
Parallelamente, la statunitense Hindu American Foundation ha più volte protestato nei confronti di quella che definisce un’appropriazione culturale dello yoga da parte dell’Occidente. Accusa i paesi occidentali di aver strappato le tradizioni dalle legittime radici induiste. C’è un pari numero di organizzazioni cristiane ed islamiche che vedono lo yoga come una pratica induista. Singleton e Mallinson stessi si sono scoperti destinatari di commenti piuttosto ottusi, all’interno dell’edizione 2017 del Jaipur Literature Festival: cosa vorranno mai due tizi bianchi che pretendono di scrivere di yoga? Spesso vengono loro rivolte domande confuse riguardo alle radici religiose ed all’antichità dello yoga.
Ma lo yoga stesso è sempre stato fortemente aperto all’idea di inglobare diverse culture nella propria nel corso della storia. “Sovente si possono trovare dettagli sullo yoga più rilevanti in alcuni dei testi persiani che non in quelli in sanscrito,” conclude Mallinson. “Infatti, il primo manoscritto illustrato sullo yoga, il Bahr al-Hyat (Ocean of Life), venne commissionato dal Principe Salim, in seguito Imperatore Jahangir.”

 

Da: http://www.maitri.it/blog/yoga-oltre-ogni-religione/

 

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