in quiete
Il Sito di Gianfranco Bertagni

 

"La conoscenza di Dio non si può ottenere cercandola; tuttavia solo coloro che la cercano la trovano"
(Bayazid al-Bistami)

"Chi non cerca è addormentato, chi cerca è un accattone"
(Yun Men)

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The Hour of God
Sri Aurobindo

I brani raccolti in questo libro furono scritti da Sri Aurobindo tra il 1910 ed il 1940.
Nessuno di essi venne pubblicato mentre egli era ancora in vita e nessuno subì la revisione finale a cui sottopose le sue opere maggiori.
La maggior parte dei brani vennero inizialmente stampati su diverse pubblicazioni dell' Ashram ed in seguito nelle diverse edizioni di The Hour of God, la prima delle quali risale al 1959.
I brani qui riuniti non sono mai stati considerati da Sri Aurobindo parti di un'unica opera.
Alcuni furono scritti a gruppi di due, tre o quattro ma molti sono brani separati senza alcuna relazione tra loro.
Il lavoro di selezione e di arrangiamento è stato svolto dagli editori.


Nel riunire i brani sono stati considerati tre fattori, la relazione fisica (ricavabile dai manoscritti), quella tematica e stilistica e quella cronologica.
I brani scritti sullo stesso taccuino sono stati stampati assieme rispettando l'ordine in cui comparivano.
Come nelle precedenti edizioni di The Hour of God, i brani sono stati raggruppati in categorie tematiche: lo Yoga, l'Uomo ed il Superuomo (l'Evoluzione), ecc.
Tali categorie sono sufficientemente consistenti da un punto di vista cronologico, da permetterci di considerare tutte le sezioni tranne la prima come un singolo periodo temporale e da consentirci di disporre tutte le sezioni eccetto la prima nel naturale ordine cronologico dalla più remota alla più recente.

A cura di Paola Bertoldi

 

Prima Sezione

 


L'Ora di Dio

L'ORA DI DIO

Vi sono momenti in cui lo Spirito abita tra gli uomini ed il Respiro del Signore aleggia sulle acque del nostro essere; ve ne sono altri nei quali si ritira e gli uomini vengono lasciati agire con la forza o nella debolezza del loro egoismo. I primi sono periodi nei quali anche un piccolo sforzo produce grandi risultati e cambia il destino; i secondi quelli in cui anche un grande lavoro porta scarsi risultati. E' vero forse che gli ultimi sono preludio per i primi; forse l'alito del sacrificio che sale fino al cielo fa scendere la pioggia della bontà di Dio.
Infelice è l'uomo o la nazione che al giungere del momento divino è addormentato o impreparato a riceverlo, perché la lucerna non è stata alimentata per accogliere l'ospite e le orecchie sono sorde al suo richiamo. Ma guai a coloro che pur essendo forti e pronti sprecano la loro forza o fanno cattivo uso del momento; vanno incontro ad una perdita irreparabile o ad una grande distruzione.
Nell'ora di Dio monda la tua anima da ogni autoinganno, da ogni ipocrisia e da ogni vano autocompiacimento per poter vedere chiaramente nel tuo spirito e udire la sua chiamata. Tutta la falsità della tua natura, una volta protezione dallo sguardo del Maestro e dalla luce dell'ideale, diviene ora uno squarcio nella tua armatura e ti espone ai fendenti.
Se anche vinci per un momento è peggio per te, perché il colpo può giungere in seguito ed abbatterti nel mezzo del trionfo.
Piuttosto restando puro scaccia ogni paura, perché l'ora è spesso terribile, come un incendio, un turbine e una tempesta, come l'azione del torchio del furore divino; ma colui che resiste fermamente, fedele al suo scopo, rimarrà saldo; anche se cadrà si rialzerà di nuovo; anche se sembrerà svanire sulle ali del vento, ritornerà.
Non lasciare che la prudenza del mondo mormori al tuo orecchio, poiché è giunta l'ora dell'inatteso, dell'incalcolabile, dell'incommensurabile. Non misurare il potere dello Spirito con i tuoi strumenti insignificanti, ma abbi fiducia e prosegui nel cammino.
Soprattutto mantieni libera la tua anima, anche solo per un po', dal clamore dell'ego. Allora un fuoco illuminerà per te la notte, la tempesta ti sarà amica e il tuo stendardo sventolerà sulle altezze sublimi della grandezza finalmente conquistata.

LA LEGGE DEL SENTIERO

Per prima cosa sii certo della chiamata e della risposta della tua anima. Infatti se la chiamata non è autentica, se non si tratta del tocco del potere di Dio o della voce dei suoi messaggeri ma di un richiamo del tuo ego, il tuo impegno porterà ad un vano fallimento spirituale o ad un grande disastro.
E se solo il consenso e l'interesse mentale e non il fervore dell'anima rispondono alla chiamata divina, o se solamente i desideri vitali inferiori si lasciano attrarre dai frutti del potere e del piacere che derivano dallo Yoga, o ancora se soltanto un'emozione passeggera saltella come fiamma instabile mossa dall'intensità, dalla dolcezza o dalla maestosità della Voce, è pericoloso percorrere il difficile sentiero dello Yoga.
Gli strumenti esteriori dell'uomo mortale non hanno la forza di fargli vincere gli austeri ardori di questo viaggio spirituale e la sua Titanica battaglia interiore, di fargli affrontare le traversie terribili ed i continui cimenti, né hanno la capacità di temprarlo e fortificarlo perché possa affrontare e superare i pericoli sottili ed immensi del viaggio. Solo la volontà maestosa ed incrollabile del suo spirito, il fuoco inestinguibile e l'ardore invincibile della sua anima possono compiere questa difficile trasformazione ed assolvere questo compito improbo.
Non pensare che la strada sia facile: il cammino è lungo, arduo, pericoloso e difficile. Ogni passo nasconde un agguato, ogni svolta un pericolo. Migliaia di nemici visibili ed invisibili si scaglieranno contro di te, terribilmente astuti contro la tua ignoranza, enormemente potenti contro la tua debolezza. E quando con dolore li avrai distrutti altre migliaia ne sorgeranno e li sostituiranno.
L'Inferno vomiterà le sue orde per opporsi a te ed il Cielo ti si farà incontro con le sue prove impietose ed i suoi dinieghi freddi e splendenti. Sarai solo nella tua angoscia: i demoni furiosi sul tuo sentiero e gli Dei riluttanti sopra di te.
Antichi, potenti, crudeli ed invitti, vicini ed innumerevoli sono i Poteri oscuri e tremendi che prosperano nel regno della Notte e dell'Ignoranza, invariabilmente ostili. Distaccati, lenti ad arrivare e lontani sono gli Esseri di Luce che hanno la volontà o il permesso di soccorrerti con apparizioni brevi e rare.
Ogni passo avanti è una battaglia. Il cammino si compie attraverso discese precipitose, con scalate infinite e sempre nuove vette da conquistare. Ogni altopiano scalato è soltanto un passo sul cammino, che rivela nuove, infinite, altezze. Ogni vittoria che appare come l'ultima lotta trionfale non è che il preludio di centinaia di battaglie feroci e pericolose…
Ma tu dirai: "Non è forse la mano di Dio accanto a me per soccorrermi e la Madre Divina al mio fianco con il suo sorriso pieno di grazia?"
Non sai allora che la grazia di Dio è più difficile da ottenere e da conservare del nettare degli Immortali o dei tesori inestimabili di Kuvera?
Chiedilo ai suoi eletti e loro stessi ti diranno quanto spesso l'Eterno ha nascosto il suo volto, quanto spesso si è allontanato da loro ammantandosi del suo velo misterioso, lasciandoli soli nella morsa dell'Inferno, nell'orrore dell'oscurità, nudi ed indifesi nell'angoscia della battaglia.
Ed anche quando riesci a percepire la sua presenza dietro al velo, essa è simile al sole invernale coperto dalle nuvole, che non ti ripara dalla pioggia e dalla neve, né dai pericoli della tempesta, dal vento sgradevole e dal gelo pungente, né dal grigiore di un'atmosfera colma di dolore, o da un'ottusità scialba e noiosa. Senza dubbio l'aiuto è presente anche quando sembra mancare ma l'apparenza è quella della notte totale, senza sole che sorge o stelle di speranza a perforare l'oscurità.
Bello è il volto della Madre Divina, ma altrettanto duro e terribile. E' forse l'immortalità un gioco, da mettere con leggerezza nelle mani di un bambino, o la vita divina un bottino da conquistare senza sforzo, la corona dei deboli?
Combatti rettamente e l'avrai; abbi fede e la tua fede sarà infine premiata, ma questa è la dura legge del sentiero e nessuno la può abrogare.
IL SUPERUOMO DIVINO

Questo è il tuo compito, lo scopo del tuo essere e la ragione per la quale sei qui: diventare il superuomo divino ed un veicolo perfetto della Divinità. Qualunque altra cosa ti trovi a fare è solo una preparazione, una gioia lungo il cammino o una deviazione dal tuo proposito. Questa è la meta e questo è lo scopo, ed il tuo essere trova la propria grandezza ed il proprio diletto nella gioia della meta e non nel potere o nella gioia del cammino. Il cammino è un cammino di gioia perché ciò che ti attira è anche tuo compagno di viaggio ed il potere di arrampicarti ti è stato dato perché tu possa giungere alle tue stesse sommità.
Se hai un dovere da compiere, questo è il tuo dovere; se ti chiedi quali sia il tuo scopo, fa che questo sia lo scopo; se cerchi il piacere, non c'è gioia più grande, perché ogni altra gioia è frammentaria e limitata, come quella del sogno, del sonno o dell'oblio di sé. Questa invece è la gioia del tuo intero essere.
Perciò se ti chiedi cosa sia il tuo essere, questo è il tuo essere, il Divino, ed ogni altra cosa è solo la sua immagine frammentata e distorta. Se cerchi la Verità, questa è la verità. Ponila dinanzi a te ed in ogni cosa e restale fedele.
Disse bene colui che, intravedendo la verità attraverso il velo e scambiandolo per il vero volto, affermò che il tuo scopo è divenire te stesso; giustamente disse anche che è nella natura dell'uomo trascendere se stesso. Questa è davvero la sua natura e quello è veramente lo scopo supremo del suo trascendere se stesso.
Che cos'è dunque il sé che devi trascendere e che cos'è il sé che devi divenire?
Proprio nel comprendere questo non devi commettere alcun errore, perché tale errore, il non conoscere te stesso, è la fonte di tutto il tuo dolore e la causa di ogni difficoltà.
Ciò che devi trascendere è il tuo sé apparente, l'uomo per come lo conosci, il Purusha apparente.
E che cos'è quest'uomo?
E' un essere mentale, schiavo della vita e della materia, e quand'anche non è schiavo della vita e della materia lo è della propria mente. Schiavitù, quest'ultima, grave e pesante perché essere schiavi della mente significa esserlo di ciò che è falso, limitato ed illusorio.
Il sé che devi diventare è ciò che già interiormente sei, dietro al velo della mente, della vita e della materia. E' l'essere spirituale, il divino, il superuomo, il vero Purusha. Proprio ciò che oltrepassa l'essere mentale è il superuomo.
Essere il superuomo significa divenire il maestro della tua mente, della tua vita e del tuo corpo; regnare sulla Natura della quale ora sei lo strumento; innalzarti al disopra di Lei che ora ti schiaccia sotto i suoi piedi. Significa essere libero e non schiavo, essere uno e non diviso, immortale e non limitato dalla morte, splendente di luce e non immerso nell'oscurità, colmo di gioia e non soggetto ad angoscia e sofferenza; significa essere innalzato al potere e non abbattuto nella debolezza. Significa vivere nell'Infinito e possedere il finito, vivere in Dio ed essere uno con Lui. Diventare te stesso significa tutto questo e ciò che ne deriva.
Sii libero in te stesso e perciò libero nella mente, nella vita e nel corpo. Perché lo Spirito è libertà.
Sii uno con Dio e con tutti gli esseri; vivi nel tuo sé e non nel tuo piccolo ego. Perché lo Spirito è unità.
Sii te stesso, immortale, e non credere nella morte, perché la morte non riguarda te ma il tuo corpo. Perché lo Spirito è immortalità.
Immortale significa infinito nell'essere, nella coscienza e nella gioia, poiché lo Spirito è infinito ed ogni cosa finita vive grazie alla sua infinità.
Tu sei tutto questo e perciò lo puoi divenire; se già non fossi tutto questo non potresti mai diventarlo. Solo ciò che è dentro di te può essere manifestato nel tuo essere. Sembri diverso da tutto ciò, ma vuoi forse vivere schiavo delle apparenze?
Piuttosto svegliati, trascendi te stesso e divieni te stesso. Tu sei uomo e la vera natura dell'uomo è superare se stesso. E' stato l'animale uomo, deve diventare più che l'uomo animale. E' il pensatore, l'artigiano, il cercatore di bellezza. Dovrà trascendere il pensatore ed essere il veggente della conoscenza; dovrà superare l'artigiano per diventare il creatore ed il maestro della sua creazione; dovrà andare oltre il cercatore della bellezza per gioire di ogni bellezza e di ogni gioia.
Limitato essere fisico anela alla sua sostanza immortale; essere vitale cerca la vita immortale ed il potere infinito del suo sé; mentale e parziale nella conoscenza anela alla luce perfetta ed alla visione assoluta.
Possedere tutto ciò è divenire il superuomo, cioè ergersi oltre la mente nella supermente. Chiamatela mente divina o Conoscenza o supermente, è il potere e la luce della volontà e della coscienza divine. Per mezzo della supermente lo Spirito vide e creò se stesso nei mondi; tramite la supermente vive in essi e li governa. Per mezzo della supermente è Svarat Samrat, colui che regola sé stesso ed ogni cosa.
La supermente è il superuomo, perciò andare oltre la mente è la condizione necessaria.
Essere il superuomo significa vivere la vita divina, essere un dio, poiché gli dei sono i poteri di Dio. Sii un potere di Dio nell'umanità.
Vivere nell'Essere divino e lasciare che la coscienza, la gioia, la volontà e la conoscenza dello Spirito prendano possesso di te, questo è il senso, il significato.
Questa è la tua trasfigurazione sulla montagna. E' scoprire Dio in te stesso e riconoscerlo in ogni cosa. Vivi nel suo essere; risplendi della sua luce; agisci con il suo potere e gioisci della sua gioia. Sii quel Fuoco, quel Sole e quell'Oceano. Sii quella gioia, quella grandezza e quella bellezza.
Quando avrai fatto questo anche solo in parte avrai compiuto i primi passi nel cammino verso la 'superumanità'.


Seconda Sezione

 


Sullo Yoga


CERTEZZE

Nelle profondità si celano ulteriori profondità, nelle altezze un'altezza ancora maggiore. L'uomo giungerà più velocemente ai confini dell'infinito che alla pienezza del proprio essere, poiché quell'essere è l'infinito, è Dio.
Aspiro ad una forza infinita, ad una conoscenza senza limiti e ad una gioia infinita. Potrò mai ottenerla?
Si, ma la natura dell'infinito è non avere fine.
Perciò non puoi dire io la ottengo, ma piuttosto io la divento. Solo così l'uomo può ottenere Dio, diventando Dio. prima di giungere a divenire Dio l'uomo può entrare in relazione con Lui. Entrare in rapporto con Dio è Yoga, l'estasi più grande e l'occupazione più nobile.
Esistono rapporti tipici dello stadio attuale di evoluzione dell'umanità, chiamati preghiera, venerazione, adorazione, sacrificio, riflessione, fede, scienza e filosofia. Esistono altre relazioni che superano le nostre attuali capacità ed appartengono ad uno stadio evolutivo ancora da raggiungere. Tali sono le relazioni alle quali si giunge attraverso le pratiche conosciute sotto il nome di Yoga.
Possiamo conoscerlo come Dio, come Natura, come il nostro Sé Superiore, come Infinito o come una qualche meta ineffabile. Così lo avvicinò Buddha, così lo avvicina il rigido Advaitin. Anche l'ateo può entrare in contatto con Lui. Al materialista Egli si rivela nella materia. Per il nichilista attende in agguato nel cuore dell'annichilimento.

In qualunque modo gli uomini vengano a Me,
così vengono accolti dal Mio Amore.

 

CONCETTI E DEFINIZIONI INIZIALI

Quattro sono i poteri e gli strumenti dello Yoga: purezza, libertà, beatitudine e perfezione. Chiunque abbia portato a pienezza questi quattro poteri nel trascendentale, nell'universale, nel lilamaya e nel Dio individuale è lo Yogin perfetto ed assoluto.Tutte le manifestazioni di Dio sono manifestazioni del Parabrahman.
Il Parabrahman Assoluto è per noi inconoscibile, non perché sia la negazione di tutto ciò che siamo - perché, al contrario, qualunque cosa siamo, in realmente o apparentemente, altro non è che Parabrahman - ma perché Egli è preesistente e sovrasta anche i metodi più elevati e puri e gli strumenti più potenti ed illuminati di cui l'anima incarnata dispone.
Nel Parabrahman la conoscenza cessa di essere conoscenza e diviene un'identità inesprimibile. Divieni Parabrahman se vuoi e se Quello te lo permetterà, ma non cercare di conoscerLo, perché non potrai avere successo con questi mezzi e questo corpo.
In realtà tu sei già Parabrahman, lo sei sempre stato e lo sarai per sempre. Per diventare Parabrahman in qualunque altro senso devi trascendere completamente il mondo della manifestazione e persino oltrepassare il concetto di trascendenza.
Perché dunque dovresti anelare a trascendere la manifestazione come se il mondo fosse un male? Non si è forse Quello manifestato in te e nel mondo e sei forse tu, anima incarnata, vittima dell'inganno mentale, più saggia, pura e migliore dell'Assoluto? Quando Quello ti riassorbirà dovrai andare, ma finché la Sua forza abiterà in te non potrai andare oltre, per quanto la tua mente possa lagnarsi o desiderarlo ardentemente. Perciò non desiderare e non evitare il mondo, ma piuttosto cerca la gioia, la purezza, la libertà e la grandezza di Dio qualunque siano il tuo stato e le tue circostanze.
Finché nutrirai un qualunque desiderio, fosse anche quello della non-nascita o della liberazione, non potrai raggiungere Parabrahman. Quello, infatti, non ha desideri, né di nascere, né di non nascere, né di appartenere al mondo, né di lasciare il mondo. L'Assoluto non è limitato dai tuoi desideri, come non è accessibile alla tua conoscenza.
Se tu volessi conoscere Paratpara Brahman lo conosceresti come sceglie di manifestarSi nel mondo e trascendendo il mondo stesso - poiché anche la trascendenza è una relazione con il mondo e non con il puro Assoluto - dato che in altro modo è inconoscibile. Questa è contemporaneamente la conoscenza e la non conoscenza del Vedanta.
Di Parabrahaman non dovremmo dire che Egli trascende il mondo o è immanente al mondo, o che è o non è in relazione con il mondo, perché tutte queste idee di mondo e non-mondo, di trascendenza, di immanenza e di relazione sono espressioni del pensiero tramite il quale la mente impone i propri valori alla manifestazione di Parabrahman, al Suo principio di conoscenza. Non possiamo asserire che qualcuno di essi, nemmeno il più elevato, sia la vera realtà di ciò che è al tempo stesso ogni cosa ed oltre ogni cosa, nulla ed oltre il nulla.
Un silenzio profondo e privo di pensieri è l'unica attitudine che l'anima manifestata nel mondo dovrebbe assumere nei confronti dell'Assoluto.
Di Parabrahman sappiamo che E', in un modo in cui nessun oggetto o stato può essere nel mondo, perché ogni volta che raggiungiamo gli estremi limiti dell'esperienza dell'anima, della mente o del corpo, giungiamo sull'orlo di Quello e lo percepiamo esistere, in modo inconoscibile, senza alcuna capacità da parte nostra di sperimentare su di esso una qualunque verità.
Quando la tua anima scendendo di profondità in profondità ed espandendosi di vastità in vastità si erge nel silenzio del proprio essere davanti ad uno sconosciuto inconoscibile, origine e meta dell'esistenza del mondo, non materialmente reale, né mentalmente reale, né sogno o falsità, sappi allora che sei alla presenza del Santo dei Santi, dinanzi al Velo che non può essere lacerato. Abitando il tuo corpo mortale non puoi lacerarlo, né in un altro corpo, né come sé incarnato e nemmeno come puro sé, né in stato di veglia, né durante il sonno, e nemmeno in trance, in nessuno stato ed in nessuna circostanza, perché devi essere oltre qualunque stato prima di poter entrare in Paratpara Brahman.
Quello è il Dio sconosciuto al quale non può essere innalzato alcun altare e che non può essere oggetto di adorazione; l'universo è il Suo unico altare e l'esistenza la Sua sola adorazione. Che noi siamo, sentiamo, pensiamo ed agiamo o che siamo ma non sentiamo, né pensiamo o agiamo è indifferente per Quello. Per Quello il santo è uguale al peccatore, l'attività all'inattività, l'uomo al mollusco, perché tutti egualmente Sue manifestazioni. Tutte le differenze sono al più sfumature del Parabrahman e Para Purusha (Anima Suprema, Dio), che è il Supremo che noi conosciamo ed il più prossimo all'Assoluto. Ma che Quello sia dietro al velo o come dietro al velo consideri Se stesso e le Sue manifestazioni è qualcosa che nessuna mente può conoscere o di cui può parlare; egualmente presuntuoso è colui che Gli innalza e Gli dedica un altare e chi vuole descrivere lo Sconosciuto a coloro che sanno di non poterlo conoscere.
Non confondere il pensiero, non disorientare l'anima nel suo cammino di crescita; piuttosto rivolgiti all'Universo per conoscere Quello, tad va etad, perché solo in questi termini si è manifestato per farsi conoscere da coloro che appartengono all'universo. Non lasciarti ingannare dall'Ignoranza; non farti ingannare dalla conoscenza; non esiste schiavitù, né libertà, né ricerca della libertà, ma solo Dio che gioca con queste cose nell'immenso potere della Sua consapevolezza, para maya, mahimanam asya, che noi chiamiamo universo.
LO SCOPO DEL NOSTRO YOGA

Lo scopo del nostro Yoga è la perfezione di Sé e non l'annullamento di Sé.
Esistono due sentieri che lo Yogin può percorrere, quello del ritiro dall'universo e quello della perfezione nell'universo; il primo è il risultato dell'ascetismo, il secondo si compie attraverso tapasya; il primo ci accoglie quando ci lasciamo sfuggire Dio nell'Esistenza, il secondo è compiuto quando perfezioniamo l'esistenza in Dio. Che il nostro sia il cammino della perfezione e non della resa; che il nostro scopo sia la vittoria nel combattimento e non la fuga da ogni conflitto.
Buddha e Shankara ritennero il mondo fondamentalmente falso e miserabile, perciò la fuga dal mondo fu per loro l'unica forma di saggezza. Ma questo mondo è Brahman; il mondo è Dio; il mondo è Satyam; il mondo è Ananda; è solo la nostra errata interpretazione del mondo, filtrata dall'egoismo mentale, ad essere una falsità e la nostra relazione sbagliata con Dio nel mondo ad essere fonte di sofferenza. Non esiste altra falsità, né altra fonte di dolore.
Dio ha creato il mondo in Se Stesso attraverso Maya, ma il significato Vedico di Maya non è illusione, bensì saggezza, conoscenza, potere, ampia estensione della coscienza. Prajna prasrta purani. La saggezza onnipotente creò il mondo; il mondo non è l'errore grossolano di un Sognatore Infinito; il Potere onnisciente vi si manifesta o cela con tutto Se Stesso e con tutta la Sua Gioia. Il mondo non è un peso imposto al Brahman libero e assoluto dalla Sua stessa ignoranza.
Se il mondo fosse l'incubo che il Brahman ha imposto a se stesso, svegliarsi e porre fine all'incubo sarebbe la meta unica e naturale del nostro sforzo supremo; se la vita nel mondo fosse irrevocabilmente votata al dolore, qualunque mezzo per sfuggire a questo vincolo sarebbe l'unico segreto degno di essere svelato. Ma la verità perfetta nella vita del mondo è possibile, perché Dio vede ogni cosa con l'occhio della verità; la gioia perfetta nel mondo è possibile perché Dio gioisce di ogni cosa nella più completa libertà. Anche noi possiamo gioire di questa verità e di questa beatitudine, che i Veda chiamano amrtam, Immortalità, se immergendo la nostra esistenza egoica nella perfetta unità con il Suo essere acconsentiamo a ricevere la percezione divina e la divina libertà.
Il mondo è un movimento di Dio nel Suo stesso essere; noi siamo centri e nodi della coscienza divina che comprende e sostiene il processo del Suo movimento. Il mondo è il Suo gioco in cui gioisce di Se Stesso, Egli che è il solo ad esistere, libero, infinito e perfetto; noi siamo le moltiplicazioni di quella gioia cosciente, catapultati nell'esistenza per essere i Suoi compagni di gioco. Il mondo è una formula, un ritmo, un sistema di simboli che rivela Dio a Se Stesso nella propria coscienza; non ha una realtà materiale perché esiste solo nella Sua coscienza e nella Sua espressione.
Noi, come Dio, siamo nel nostro essere interiore la Realtà espressa e nel nostro essere esteriore termini di quella formula, note di quel ritmo, simboli di quel sistema. Facciamo in modo di assecondare il movimento di Dio; giochiamo il Suo Gioco; interpretiamo la Sua formula e suoniamo la Sua armonia; esprimiamoLo in noi stessi nel Suo sistema. Questa è la nostra gioia e la nostra realizzazione; a tale scopo noi che trascendiamo e siamo più vasti dell'universo, siamo entrati nell'esistenza dell'universo.
Lo scopo è trovare la perfezione e raggiungere l'armonia. L'imperfezione, la limitazione, la morte, il dolore, l'ignoranza, la materia sono soltanto i primi termini della formula, incomprensibili finché non abbiamo scoperto i termini più vasti e reinterpretato la formula stessa; sono le dissonanze iniziali dell'accordatura musicale. Oltre l'imperfezione dobbiamo costruire la perfezione; oltre la limitazione scoprire l'infinito; oltre la morte trovare l'immortalità; oltre il dolore riscoprire la gioia divina; oltre l'ignoranza ritrovare la consapevolezza divina; oltre la materia rivelare lo Spirito. Perseguire questo fine per noi stessi e per l'umanità è lo scopo della nostra pratica Yogica.


IL GRANDE INTENTO DELLO YOGA

Per mezzo dello Yoga possiamo passare dalla menzogna alla verità, dalla debolezza alla forza, dal dolore e dalla sofferenza alla gioia, dalla schiavitù alla libertà, dalla morte all'immortalità, dall'oscurità alla luce, dalla confusione alla chiarezza, dall'imperfezione alla perfezione, dalla frammentazione all'unità, da Maya a Dio. Qualunque altro utilizzo dello Yoga porta solo vantaggi parziali e frammentari, non sempre degni di essere ottenuti. Solo ciò che aspira a possedere la pienezza di Dio è purna yoga ed il sadhaka della Perfezione Divina è il purna yogin.
Il nostro scopo deve consistere nell'essere perfetti come lo è Dio nel Suo essere e nella Sua gioia, puri come Egli è puro, beati come Egli è beato e, divenuti noi stessi siddha nel purna yoga, condurre tutta l'umanità alla stessa perfezione divina. Non ha importanza se al momento ci sentiamo inadeguati alla grandezza del nostro scopo, se comunque ci consacriamo con tutto il cuore al nostro compito e lo viviamo costantemente; se compiamo solo pochi passi lungo il cammino anche quel poco aiuterà l'umanità ad uscire dalla lotta e dal crepuscolo in cui si trova, per entrare nella Gioia luminosa che Dio le ha riservato. Qualunque sia il nostro successo immediato, il nostro scopo invariabile deve essere quello di compiere l'intero viaggio, evitando di fermarci soddisfatti lungo il sentiero in un luogo di riposo imperfetto.
Tutto lo Yoga che astrae completamente dal mondo è una sfaccettatura elevata ma limitata e parziale del tapasya divino. Dio nella Sua perfezione abbraccia ogni cosa ed anche noi dobbiamo diventare onnicomprensivi.
Dio nella Sua vera essenza, oltre ogni manifestazione e possibilità di conoscenza, è il Parabrahman Assoluto. In relazione al mondo egli trascende l'esistenza universale, sia che si volga verso di essa, sia che distolga da essa lo sguardo. Egli è ciò che contiene e sostiene l'universo; Egli è ciò che diviene l'universo; è l'universo e tutto ciò che contiene.
E' anche l'Individualità Assoluta e Suprema che agisce nell'universo e come universo. Nell'universo appare come la sua Anima ed il suo Signore; come universo egli è il moto della Volontà del Signore ed il risultato oggettivo e soggettivo di tale moto. Tutti gli stati del Brahman, il trascendente, l'immanente, l'universale, l'individuale sono informati e sostenuti dalla Personalità divina. Egli è contemporaneamente l'Esistente e l'esistenza.
Chiamiamo l'esistenza il Brahman Impersonale e Colui che Esiste il Brahman Personale. Non c'è tra loro alcuna differenza se non per il loro ruolo nei confronti della nostra coscienza; infatti ogni stato impersonale dipende da una Individualità manifesta o segreta e può rivelare la Personalità che sostiene e vela, ed ogni Personalità si appoggia e si immerge in un'esistenza impersonale. Ciò è possibile perché il Personale e l'Impersonale sono soltanto diversi stati di autocoscienza di un unico Essere Assoluto.
Le filosofie e le religioni discutono sull'importanza dei diversi aspetti di Dio, e vari Yogin, Rishi e Santi hanno privilegiato una filosofia o una religione rispetto ad un'altra. A noi non interessa discutere di tutto ciò ma piuttosto comprendere e divenire tutto questo; non vogliamo privilegiare un aspetto particolare escludendo gli altri; vogliamo invece abbracciare Dio in tutti i Suoi aspetti ed oltre ogni manifestazione.
Dio disceso nel mondo in varie forme ha portato a compimento su questa terra la forma mentale e fisica che chiamiamo umanità.
Egli, tramite l'azione dell'Anima che governa ogni cosa con la propria Volontà creatrice, ha creato nel mondo un ritmo esistenziale con la Materia quale termine inferiore ed il puro essere come termine superiore. Mente e Vita si trovano al di sopra della Materia (Manas e Prana al di sopra di Annam) e costituiscono l'emisfero inferiore dell'esistenza manifestata nel mondo (aparardha) ; la coscienza pura e la gioia perfetta emanano dal puro Essere ( Cit e Ananda emanano da Sat) e costituiscono l'emisfero superiore dell'esistenza manifestata nel mondo. L'idea pura (Vijnana) è il collegamento tra i due emisferi. Questi sette principi o livelli di esistenza sono la base dei sette mondi dei Purana (Satyaloka, Tapas, Jana, Mahar, Swar, Bhuvar e Bhur).
L'emisfero inferiore di questo spettro di coscienza è costituito dai tre vyahrti del Veda, "Bhur, Bhuvar, Swar"; si tratta di stati di coscienza nei quali i principi del mondo superiore vengono espressi o cercano di esprimersi in modo limitato. Puri nel proprio luogo d'origine, in questo paese straniero sono soggetti a distorsioni, interferenze e perversioni. Lo scopo ultimo della vita è liberarsi dalle perversioni, dalle impurità e dalle interferenze per poterli esprimere perfettamente anche nelle condizioni ordinarie. La nostra vita sulla terra è la traduzione di un poema divino in linguaggio terrestre, un'armonia musicale espressa in parole.
L'Essere in Sat è uno nella molteplicità, l'uno che osserva la propria molteplicità senza perdersi o confondersi in essa; è la molteplicità che si riconosce come unità senza perdere il potere di manifestarsi in forme innumerevoli nell'universo.
Con la comparsa della mente, della vita e del corpo nasce ahamkara e la forma di coscienza soggettiva o oggettiva viene erroneamente considerata un essere separato, il corpo una realtà autonoma e l'ego una personalità indipendente. L'uno in noi si perde nella sua molteplicità e quando ritrova la propria unità, a causa della natura della mente, gli riesce difficile mantenere la sua manifestazione di molteplicità. Perciò quando siamo assorbiti dal mondo perdiamo Dio nella Sua Essenza e quando vediamo l'Essenza di Dio ce lo lasciamo sfuggire nel mondo. Il nostro compito è dissolvere l'ego mentale e ritrovare l'unità divina senza perdere il nostro potere di esistenza individuale e molteplice nell'universo.
La coscienza in Cit è luminosa, libera, immensa ed efficace; la consapevolezza di Cit (Jnana-Sakti) si realizza infallibilmente come Tapas (Kriya-sakti), perché Jnana-sakti e Kriya-sakti altro non sono rispettivamente se non l'aspetto statico, onnicomprensivo ed avvolgente e la manifestazione del dinamismo creativo di un unico Essere Cosciente che trae da Se Stesso il proprio splendore. Si tratta un unico potere di forza cosciente di Dio (Cit-sakti del Sat Purusha).
Al contrario, nell'emisfero inferiore, assoggettata ai limiti della mente, della vita e del corpo, la luminosità si divide e si spezza in raggi irregolari; la libertà è ostacolata dalla presenza dell'ego e di forme diseguali e l'efficacia è velata da un gioco di forze non equilibrate. In tal modo abbiamo stati di coscienza, di non-coscienza, e di falsa coscienza; esistono stati di conoscenza, di ignoranza e di falsa conoscenza, di forza efficace, d'inerzia e di forza inefficace. Nostro compito è fondere la nostra capacità di azione e di pensiero individuale, divisa e dall'andamento irregolare, nella Cit-sakti universale e indivisa di Kali, per sostituire alle attività del nostro ego l'azione della Kali universale nel nostro corpo e trasformare così la cecità e l'ignoranza in conoscenza e l'inefficace forza umana nella potente Forza divina.
La gioia in Ananda è perfetta, pura, una e contemporaneamente molteplice. Assoggettata ai limiti della mente, della vita e del corpo diviene frammentaria, limitata, confusa e deviata, ed a causa degli urti tra forze diseguali e della sua distribuzione non equilibrata, è soggetta alla dualità di movimenti positivi e negativi: sofferenza e gioia, dolore e piacere. Nostro compito è dissolvere queste dualità rimuovendone la causa per immergerci nell'oceano della gioia divina, una, molteplice, equamente distribuita (sama), che trae piacere da ogni cosa e non rifugge da nulla.
In breve, dobbiamo sostituire la dualità con l'unità, l'egoismo con la coscienza divina, l'ignoranza con la saggezza divina, trasformare il pensiero in conoscenza divina; dobbiamo sostituire la debolezza, la lotta e lo sforzo con la forza divina paga di se stessa, il dolore ed il piacere illusorio con la gioia divina. Tutto ciò nel linguaggio del Cristo è far scendere il regno dei cieli sulla terra, ed in linguaggio moderno realizzare e portare a compimento Dio nella realtà del mondo.
L'umanità è, sulla terra, la forma di vita prescelta per realizzare questa aspirazione e giungere al compimento divino; ogni altra forma di vita o non ne sente la necessità o non è in grado di giungere a tutto ciò, se non entrando a far parte dell'umanità. Di conseguenza la pienezza divina è l'unico scopo autentico dell'umanità. Tale pienezza deve realizzarsi nell'individuo per divenire effettiva nell'intera razza.
L'essere umano è un'esistenza mentale in un corpo vivente; il suo fondamento è la materia, il suo centro e strumento la mente ed il suo mezzo la vita. Questa è la condizione media tipica dell'umanità naturale.
In ogni essere umano giacciono nascosti (avyakta) i quattro principi più elevati. Mahas, idealità pura in Vijnana, non è un vyahrti ma la sorgente di ogni vyahrti, il punto di origine di ogni azione mentale, vitale e fisica, la banca nella quale l'infinita ricchezza dell'esistenza superiore viene cambiata nelle monete di piccolo taglio dell'esistenza inferiore. Essendo Vijnana il collegamento tra lo stato divino e l'animale umano, essa è la porta attraverso la quale l'uomo può giungere allo stato di umanità soprannaturale o divina.
Il genere umano inferiore gravita verso il basso, dalla mente verso la vita ed il corpo; l'umanità media vive costantemente nella mente limitata ed attratta dalla vita e dal corpo; l'umanità superiore tende verso un'esistenza mentale idealizzata o verso l'idea pura, verso la verità della conoscenza diretta e la verità spontanea dell'esistenza. L'umanità suprema si innalza fino alla beatitudine divina e da quel livello sceglie di salire verso il puro Sat e Parabrahman o di rimanere a beneficio di coloro che sono più indietro nel cammino per innalzare fino alla divinità questa esistenza umana in se stessa e negli altri.
L'uomo che abita nell'emisfero superiore o divino, nell'emisfero nascosto della propria coscienza, l'uomo che ha scostato il velo, è il vero superuomo ed il risultato ultimo della manifestazione progressiva di Dio nel mondo, della manifestazione dello Spirito che emerge dalla Materia, che viene oggi chiamata principio evolutivo.
Giungere all'esistenza, alla forza, alla luce ed alla gioia divine e ricreare in quello stampo l'intera esistenza del mondo è l'aspirazione suprema della religione ed il vero scopo pratico dello Yoga. Il fine è realizzare Dio nell'universo, ma tale scopo non può essere raggiunto senza trovare il Dio che trascende l'universo.


PARABRAHMAN, MUKTI ED I SISTEMI DI PENSIERO UMANI

Parabrahman è l'Assoluto, e proprio per questo non può essere ridotto a termini che permettano di conoscerLo. In qualche modo puoi conoscere l'Infinito, mai l'Assoluto.
Ogni cosa nell'esistenza o nella non-esistenza è un simbolo dell'Assoluto, creato nell'autocoscienza (Cid-Atman). Attraverso i Suoi simboli l'Assoluto può essere conosciuto per quello che i simboli rivelano o indicano di Lui, ma la conoscenza della somma dei simboli non equivale alla vera conoscenza dell'Assoluto. Puoi divenire Parabrahman; non puoi conoscerLo. Divenire Parabrahman significa ritrovare Parabrahman attraverso l'autocoscienza, perché tu sei già Quello; soltanto, nella tua coscienza, hai proiettato te stesso verso l'esterno nei Suoi termini o simboli, Purusha e Prakriti, tramite i quali sostieni l'universo. Perciò per divenire Parabrahman privo di termini o simboli devi smettere di sostenere l'universo.
Divenendo Parabrahman privo di simboli non diventi nulla che tu già non sia, né l'universo cessa di esistere. Soltanto Dio ritira dall'oceano della coscienza manifestata un rivolo, un aspetto, di Se Stesso immergendolo in Ciò da cui ogni coscienza è scaturita.
Non tutti coloro che escono dalla coscienza dell'universo vanno necessariamente in Parabrahman. Alcuni entrano a far parte della Natura indifferenziata (Avyakrita Prakriti), altri si perdono in Dio, altri passano in uno stato di non esistenza e di oblio dell'universo (Asat, Sunya), altri ancora in uno stato di oblio luminoso, Puro Atman Indifferenziato, Puro Sat o Esistenza-Base dell'Universo; alcuni attraverso uno stato temporaneo di sonno profondo (Sushupti) vanno nei principi impersonali di Ananda, Cit o Sat. Tutte queste sono forme di liberazione e l'ego riceve da Dio, tramite la Sua Maya o Prakriti, l'impulso che lo spinge verso una di esse, quella verso la quale il supremo Purusha sceglie di dirigerlo.
Quelli che desidera liberare tenendoli nel mondo li rende Jivanmukta o li emette nuovamente come propri Vibhuti, con il consenso da parte loro ad indossare per lo scopo divino un velo temporaneo di Avidya, velo che non li offusca affatto e che possono scostare o eliminare con facilità.
Perciò desiderare ardentemente di diventare Parabrahaman è una specie di splendida illusione o di gioco sattvico di Maya, poiché in realtà nessuno è schiavo e nessuno è libero, non c'è nessuno che ha bisogno di essere liberato e tutto è solamente il Lila di Dio, il gioco di manifestazione di Parabrahman. Dio usa questa Maya sattvica per spingere certuni verso l'alto in accordo al Suo scopo particolare e per tali individui quello è l'unico sentiero possibile.
Lo scopo del nostro Yoga è Jivanmukti nell'universo; non perché abbiamo bisogno di essere liberati o per altre ragioni simili, ma perché tale è il volere di Dio in noi; dobbiamo perciò vivere liberi nel mondo e non al di fuori di esso.
Il Jivanmukta deve, in virtù della propria conoscenza perfetta e della completa realizzazione di sé, rimanere sulla soglia di Parabrahman, senza oltrepassarla. La convinzione che riporta dallo stare sulla soglia è che Quello E' e noi siamo Quello, ma ciò che Quello è o non è non può essere espresso in parole, né compreso dalla mente.
Essendo Egli l'Assoluto non è possibile applicare a Parabrahman alcuna definizione, né alcun concetto. Non è l'Essere o il non-Essere, ma qualcosa di cui l'Essere e il Non-Essere sono simboli primari; non è Atman o Non-Atman o Maya; né Personalità o Impersonalità, né Qualità o Non-Qualità, né Coscienza o Assenza di Coscienza, né Gioia o Assenza di Gioia, né Purusha o Prakriti; non è dio, né uomo o animale, né libertà o schiavitù, ma qualcosa di cui tutto ciò è un simbolo primario o derivato, generale o particolare. Perciò quando diciamo che Parabrahman non è né questo, né quello, intendiamo dire che nella sua essenza non può limitarsi a questo o a quel simbolo, né ad una qualunque somma di simboli; in un certo senso però Parabrahman è tutto questo e tutto questo è Parabrahman. Non esiste nient'altro che possa essere tutto ciò.
Essendo l'Assoluto, Parabrahman non è soggetto alla logica, perché la logica si applica solamente a ciò che è determinato. Creiamo confusione se diciamo che l'Assoluto non può manifestare il determinato e quindi che l'universo è falso o non esistente. La vera natura dell'Assoluto è tale per cui non sappiamo ciò che l'Assoluto è o non è; non sappiamo ciò che può fare e ciò che non può fare; non c'è ragione di supporre che ci sia qualcosa che non può fare o che la sua Assolutezza sia limitata da una qualunque forma di impotenza. Sperimentiamo spiritualmente che quando oltrepassiamo ogni altra cosa arriviamo all'Assoluto; sperimentiamo spiritualmente che l'universo nella natura stessa della propria manifestazione procede dall'Assoluto, ma tutte queste parole sono meri tentativi intellettuali di esprimere l'inesprimibile. Dobbiamo renderci conto che facciamo del nostro meglio per vedere, senza bisogno di discutere ciò che altri vedono o affermano; piuttosto dovremmo accettare la loro opinione e cercare a modo nostro di capire e verificare ciò che hanno visto o affermato. Dovremmo argomentare solamente con coloro che denigrano la visione altrui o negano la libertà di visione ed il valore delle affermazioni altrui, non con coloro che si limitano ad affermare il proprio modo di vedere.
Un sistema filosofico o religioso è soltanto una definizione di un certo modo di manifestarsi dell'esistenza nell'universo, modo che Dio ci ha rivelato in relazione al nostro stato d'essere. Esiste per fornire alla mente qualcosa su cui appoggiarsi mentre agiamo in Prakriti. La nostra visione non deve necessariamente coincidere con la visione altrui, né il tipo di pensieri che si adattano ai nostri schemi mentali devono necessariamente adattarsi ad una mentalità diversa. Perciò la nostra visione intellettuale dovrebbe essere basata sulla fermezza di adesione al nostro sistema, senza cadere nel dogmatismo, unita alla tolleranza priva di debolezza verso gli altri sistemi.
Qualcuno potrà mettere in discussione il tuo sistema basandosi sul fatto che non è consistente con questo o quest'altro Sastra, con la visione di questa o quest'altra grande autorità, filosofo, santo o Avatar. Ricorda allora che soltanto l'esperienza e la realizzazione sono importanti. Ciò che Shankara affermò o Vivekananda concepì intellettualmente riguardo all'esistenza, e persino ciò che Ramakrisha stabilì dall'alto delle sue molteplici esperienze spirituali, ha valore per te soltanto se, guidato da Dio, lo accetti e lo rinnovi attraverso la tua esperienza personale. Le opinioni dei pensatori, dei santi e degli Avatar dovrebbero essere accettate come aiuti e non trasformarsi in ceppi. L'importante per te è quello che tu stesso hai visto o ciò che Dio, nel suo aspetto Personale o Impersonale, o attraverso l'azione di un insegnante, un guru o un ricercatore della verità, decide di mostrarti lungo il cammino dello Yoga.

IL FINE EVOLUTIVO DELLO YOGA

Nella Katha Upanishad compare una delle frasi potenti e pregnanti, così frequenti nelle Upanishad, che racchiudono in poche parole un mondo di significati,: Yogah hi prabhavapayayau, che significa lo "Lo Yoga è il principio e la fine di ogni cosa". Nei Purana il significato della frase viene chiarito ed approfondito.
Per mezzo dello Yoga Dio creò il mondo; con lo Yoga lo riassorbirà in Se Stesso alla fine. Non soltanto la creazione e la dissoluzione finale dell'universo, ma tutti i grandi cambiamenti, le creazioni, le evoluzioni e le distruzioni sono influenzate dal processo fondamentale dello Yoga, tapasya. In questa antica visione lo Yoga è considerato il movimento essenziale, la vera forza esecutiva della Natura, responsabile di tutti i suoi processi. Se ciò vale per le operazioni generali della Natura, se cioè una Conoscenza ed una Volontà divine insite in ogni cosa sono la vera causa di ogni forza e di ogni efficacia, la stessa regola deve valere a maggior ragione per le attività umane. Deve applicarsi in particolare a quei processi consci e volontari della disciplina psicologica denominati sistemi Yogici. Lo Yoga non è davvero altro che un processo naturale, volontario e consapevole per raggiungere rapidamente obiettivi ai quali il movimento naturale ordinario tende lentamente, al ritmo tranquillo di un'evoluzione secolare o addirittura millenaria.
Apparentemente sembra esserci una differenza. Lo scopo che ci proponiamo nello Yoga è Dio; lo scopo della Natura è di rendere effettiva la supernatura, ma tali scopi sono le due facce della stessa medaglia. Dio e la supernatura sono l'uno l'aspetto reale e l'altra quello formale di una realizzazione, di una completezza inaccessibile, verso la quale è diretto il cammino ascendente dell'umanità.
Lo Yoga per l'uomo è il cammino ascendente della Natura, liberata da una lenta evoluzione e da lunghe ricadute, e consapevole di Sé nella conoscenza divina o umana. Dio è il Tutto ed al tempo stesso supera il Tutto e Lo Trascende; non c'è nulla nell'esistenza che non sia Dio, ma Dio non è la somma di tutto ciò che esiste, né qualcosa che appartiene all'esistenza, se non simbolicamente, nell'immagine della Propria coscienza. In altre parole, tutto ciò che esiste, preso separatamente, è un simbolo particolare e l'intera somma dell'esistenza è un simbolo generale che cerca di tradurre l'esistenza intraducibile, Dio, nel linguaggio della coscienza del mondo.
Il simbolo è progettato per tentare e non per riuscire, perché nel momento in cui riuscisse cesserebbe di essere ciò che è e diverrebbe esso stesso quel qualcosa di intraducibile da cui è partito e cioè Dio. Nessun simbolo è pensato per esprimere Dio perfettamente, nemmeno il più elevato; ma è privilegio dei simboli più elevati perdere in Lui la propria definizione separata, cessare di essere simboli e divenire nella coscienza ciò che rappresentano.
L'Umanità è un tale simbolo o immagine di Dio; siamo fatti, secondo la frase Biblica, a Sua immagine. Con ciò non si intende un'immagine formale, ma l'immagine del Suo essere e della Sua personalità; siamo fatti dell'essenza e della qualità della Sua divinità; siamo formati nello stampo e portiamo l'impronta di un essere divino e di una coscienza divina.
In tutto ciò che esiste a livello fenomenico, o per meglio dire, simbolicamente, esistono due parti dell'essere, la cosa in sé ed il simbolo, il Sé e la Natura, res (ciò che è ) e factum (ciò che è creato o costruito), l'essere immutabile ed il divenire mutevole, ciò che è oltre la natura e ciò che è naturale.
Ogni stato di esistenza ha in sé una forza che lo porta a trascendere se stesso. La Materia tende a divenire Vita; la Vita si muove per diventare Mente; la Mente aspira a divenire Verità ideale, la Verità si innalza fino a diventare Spirito divino ed infinito. La ragione di ciò è che ogni simbolo, essendo un'espressione parziale di Dio, si protende e cerca di realizzare la propria realtà completa; aspira a divenire il proprio sé reale trascendendo la propria natura apparente. Ciò che è creato è attratto da ciò che esiste in sé; il divenire tende verso l'essere, il naturale verso il soprannaturale, il simbolo verso la 'cosa-in-sé' e la Natura verso Dio.
Di conseguenza, il movimento ascendente è la via per la realizzazione di sé in questo mondo, ma non è un imperativo per ogni cosa. Infatti esistono tre condizioni in cui ogni esistenza mutevole può trovarsi: il movimento ascendente, lo stato di arresto e la caduta verso il basso.
La natura nei suoi stadi inferiori si muove verso l'alto a livello collettivo, cercando la salvezza finale solo per un numero limitato dei suoi membri. Non da ogni forma di materia nasce la vita, nonostante ogni forma di materia brulichi dello spirito di vita e sia pregna del suo urgente bisogno di liberarsi e di manifestarsi. Non ogni forma di vita dà origine alla mente, anche se la mente è presente in ogni forma di vita, insistente, alla ricerca della propria liberazione e manifestazione. Neppure ogni essere mentale è adatto a manifestare la Verità ideale, nonostante in ogni essere mentale, - nel cane, nella scimmia e nel verme non meno che nell'uomo -, lo spirito di verità e di conoscenza imprigionato cerchi la via per la liberazione e per l'espressione di sé.
La natura per ogni piano della propria costruzione cerca in primo luogo di assicurare l'esistenza delle sue creature di quel piano; solo dopo che questo obiettivo primario è stato raggiunto cerca attraverso le creature più adatte di superare la propria opera, di rompere ciò che ha costruito per andare oltre e raggiungere qualcos'altro. E' solo quando giunge all'uomo che dispone di un genere nel quale ogni individuo è essenzialmente in grado di realizzare dentro sé non solo ciò che è naturale ma anche ciò che trascende la natura, ed anche questo è vero con le dovute eccezioni ed in gradi diversi a seconda degli individui. Di tutto ciò conviene però parlare dettagliatamente in un altro momento.
Ciò nonostante, rimane vero che il movimento ascendente è la tendenza primaria della natura; lo stato di arresto è una realizzazione inferiore, e se perfetta, una perfezione passeggera, transitoria. Si tratta di una perfezione nei reami della lotta e nell'ambito delle forme mutevoli, una realizzazione nel regno di Ashanaya Mrityu, la Fame che è morte, la Fame che crea e si nutre delle proprie creature.
Il movimento ascendente è quello che ci conduce dalla morte all'immortalità e realizza su questa terra e nel corpo il Regno dei Cieli luminoso e beato; la caduta verso il basso è distruzione, è l'Inferno, la grande perdizione, mahati vinastih.
La Gita indica l'esistenza di tre gati o stati finali del divenire, uttama, madhyama, adhama, superiore, intermedio ed inferiore, tra i quali l'umanità può scegliere. Ognuno di noi deve scegliere. A seconda di come scegliamo, Dio si realizzerà in noi attraverso una soddisfazione umana passeggera, una perfezione divina o una decomposizione della nostra umanità nel fecondo materiale di scarto della Natura.
Ogni stato naturale è quindi un passo verso un qualche stato soprannaturale, verso qualcosa di per se stesso naturale ma superiore a ciò che lo precede. La Vita è soprannaturale per la Materia; la Mente è soprannaturale per la Vita; l'Essere Ideale è soprannaturale per la Mente e lo Spirito Infinito è soprannaturale per l'Essere Ideale. Perciò dobbiamo accettare come nostra meta il soprannaturale, perché la tendenza della nostra natura verso la supernatura che la sovrasta è un imperativo del Potere del Mondo, al quale si deve obbedire in modo indiscusso e senza ribellione.
E' a questo punto che la Fede diventa importante, e la Religione, se non corrotta, diviene di grande utilità, poiché la nostra mente cerca di restare ancorata alla propria natura ed è scettica riguardo alla possibilità di superarla. La fede e la religione furono un dono della Saggezza Universale per abituare l'uomo naturale e puramente mentale ai richiami della sua anima ideale, che cerca sempre di uscire dal crepuscolo nella luce del giorno, di emergere dall'oscurità nella quale brancola verso la verità, di lasciare le impressioni dei sensi ed il ragionamento per arrivare alla visione e all'esperienza diretta. La tendenza ascendente è imposta su di noi e non possiamo resisterle per sempre; prima o poi Dio imporrà su di noi le Sue mani e ci spingerà a salire lungo il pendio scosceso così difficoltoso per i nostri passi non ancora rigenerati.
Allo stesso modo in cui l'animale tende verso l'umanità e nei suoi esemplari più flessibili raggiunge un certo tipo di umanità, con la stessa sicurezza con cui la comparsa della scimmia e della formica ha portato inevitabilmente alla venuta dell'uomo, così l'uomo evolve verso il divino ed attraverso gli individui più capaci si avvicina sempre più alla divinità ottenendo una forma deità, e poiché il genio ed il santo sono una realtà l'uomo è costretto a sviluppare dentro e fuori di sé il superuomo, il siddha purusa.
Per giungere a questa conclusione non occorrono poteri profetici o rivelazioni; è l'inevitabile corollario delle precedenti dimostrazioni che la Natura ha fornito nel suo vasto laboratorio.
Dobbiamo trascendere la Natura, per divenire la Supernatura, ma da quanto detto in precedenza si deduce che dovremmo procedere servendoci di qualcosa che è ancora imprigionato nella Natura stessa, seguendo la strada che la Natura stessa sta tentando di aprire per noi.
Cedendo alla nostra natura ordinaria ci allontaniamo dalla Natura stessa e da Dio; trascendendo la Natura soddisfiamo il suo impulso più forte; realizziamo tutte le sue possibilità e ci innalziamo verso Dio. L'umano dapprima tocca il divino e poi diviene il divino stesso.
Esistono uomini che cercano di uccidere la Natura per divenire il Sé. Dovremmo forse seguirli?
Certamente no, per quanto sublime ed elevato sia il loro sentiero e per quanto possente e splendida sia la loro aspirazione, perché ciò non è il volere di Dio per l'umanità e quindi non è il nostro vero dharma. Lasciate pure che qualcuno dica, se vuole, che abbiamo operato una scelta inferiore. Risponderemo nel linguaggio della Gita sreyan svadharmo vigunah: migliore è la legge del nostro essere sebbene inferiore, perché troppo pericolosa è la legge superiore di un altro essere. Obbedire alla volontà di Dio in noi è senz'altro più gioioso, e forse anche più divino, che innalzarsi fino alle austere altezze dell'Advaitin e giungere all'ineffabile annullamento di sé in un'Esistenza indefinibile. A noi basta l'abbraccio di Krishna e la gloria del grembo possente di Kali. Dobbiamo trascendere e possedere la Natura, non certo ucciderla.
Ad ogni modo, qualunque possa essere la scelta riservata ad individui eccezionali, ciò che noi cerchiamo senza dubbio o esitazione alcuna, è un sentiero di realizzazione suprema per l'umanità in generale, perciò non ti propongo attraverso lo Yoga un cammino individuale incurante del resto dell'umanità. Né le esagerazioni della spiritualità, né quelle del materialismo sono il nostro autentico sentiero. Qualunque movimento umano che neghi la Natura, sia esso religioso, nobile o ascetico, pur se di una spiritualità e di una purezza accecante, ha sempre portato e sempre porterà con sé fallimento, frustrazione, disillusione e perversione, perché per sua stessa natura rappresenta per la massa dell'umanità un impulso passeggero verso l'esagerazione, in quanto contraddice ciò che Dio ha stabilito facendo della Natura un elemento indispensabile per la Sua realizzazione nell'universo e di noi degli strumenti prescelti e dei collaboratori per l'opera della realizzazione divina sulla terra.
Qualunque movimento umano che ci inviti ad accontentarci della nostra Natura ordinaria, a soggiornare sulla terra, a cessare di aspirare al nostro Cielo interiore ed a scegliere di vivere come animali protesi verso il nostro futuro mortale ed attratti verso il basso dalla terra che coltiviamo e non verso l'alto da Dio e dalla nostra aspirazione inappagata, è destinato a portare noia, stagnazione, a finire ben presto o a suscitare una reazione repentina e violenta verso il soprannaturale, perché anche questo rappresenta per la massa dell'umanità un impulso passeggero verso l'esagerazione ed è contrario al piano di Dio che è entrato in noi ed abita segretamente nella nostra natura per attirarci verso di Sé con una forza istintiva, globale e travolgente.
I movimenti materialisti sono più innaturali delle religioni ascetiche e delle filosofie basate sulla negazione, perché queste almeno ci spingono ad innalzarci, anche se vanno troppo veloci e conducono troppo lontano per la nostra umanità; il materialista invece con la pretesa di farci ritornare alla Natura ci separa completamente da lei. Egli dimentica o non vede che la Natura è Tale solo a livello fenomenico, ma in realtà è Dio. L'elemento divino in lei è ciò che veramente ed essenzialmente è; il resto è solo una condizione accessoria, parte del processo di rivelazione progressiva della divinità segreta. Egli dimentica anche che la natura è in evoluzione, e non pienamente evoluta, e quindi ciò che siamo ora non può mai essere un termine di paragone per stabilire ciò che saremo domani. Il soprannaturale non può che essere la vera logica delle cose, lo scopo e la meta del divenire.
Perciò, la prima cosa che dobbiamo imparare, se vogliamo essere yogin completi e procedere con sicurezza verso la nostra perfezione divina, è non essere intrappolati, non rimanere impantanati e vincolati dalla Natura e nello stesso tempo non accanirci contro di lei e distruggerla. Tutti gli esseri, anche i saggi, seguono la propria natura e che vantaggio potranno mai procurare la costrizione e la tortura? Prakrtim yanthi bhutani, nigrahah kim karisyati? Ed è tutto talmente inutile!
Ti senti intrappolato da lei e desideri ardentemente la liberazione? Solo nelle sue mani troverai la chiave che scioglierà i tuoi ceppi.
Si frappone forse tra te ed il Signore? Lei è Sita; pregala, e si farà da parte per mostrarti il Suo volto; non credere però di poter separare Sita da Rama, di poterla relegare prigioniera in qualche lontana Lanca per possedere Rama tutto per te in Ayodhya. Lotta con Kali, se vuoi; Kali ama un buon combattente; ma non combattere con lei in modo freddo e distaccato o con odio e ripugnanza, perché la sua irritazione è terribile e distrugge gli Asura, pur amandoli. Piuttosto studiala attentamente e poniti sotto la sua protezione; avvicinati a Lei con la giusta comprensione e con Volontà pura e risoluta; ti condurrà magari girando intorno, ma nel modo più sicuro e saggio verso la Persona Beata e la Presenza Ineffabile. La Natura è il Potere stesso di Dio che guida la moltitudine degli esseri attraverso la notte ed il deserto, oltre le linee nemiche, verso l'eredità segreta che è stata loro promessa.
La supernatura, quindi, è il vero scopo del nostro Yoga; rimanere naturali nel mondo e trascendere la natura nell'interiorità in modo tale da poter, sia interiormente che esteriormente, prendere possesso della Natura e godere di lei come esseri liberi e signori, svarat e samrat ; restando un simbolo in un mondo di esseri-simbolo raggiungere ciò che il simbolo rappresenta, comprendere il simbolo; continuando ad essere un membro dell'umanità, un uomo tra gli uomini, un corpo vivente tra corpi viventi, manus, un essere mentale ospitato dalla materia vivente tra altri esseri mentali rivestiti di materia vivente, essendo e restando uguali nei nostri aspetti esteriori, oltrepassare tutto ciò e divenire nel corpo quello che in realtà siamo nel nostro sé segreto: Dio, spirito, essere supremo ed infinito, pura Beatitudine fatta di gioia divina, pura Forza di azione divina, pura Luce di conoscenza divina. La nostra vita apparente ha soltanto un valore simbolico ed è buona e necessaria nel divenire; ma ogni divenire ha l'essere come proprio fine e come propria realizzazione, e Dio è l'unico essere.
Diventare divini nella natura del mondo e nel simbolo dell'umanità é la perfezione per la quale siamo stati creati.
LA PIENEZZA DELLO YOGA NEL LIMITE

Dobbiamo oltrepassare la nostra condizione umana e diventare divini; per poter fare questo dobbiamo prima comprendere Dio, perché l'ego è la parte inferiore ed imperfetta del nostro essere e Dio l'aspetto superiore e perfetto. Egli è colui che detiene la nostra supernatura e senza il Suo permesso non può esserci alcuna vera rinascita. Il finito non può diventare infinito se non percepisce la propria infinità segreta e non è attirato da e verso di essa; né può l'essere-simbolo, a meno che non intuisca, ami e persegua in se stesso il Vero Essere, superare con le sue sole forze i limiti della sua natura apparente. E' una forma particolare del divenire ed è limitato alla natura del simbolo che deve diventare; solo il tocco di ciò che comprende ed oltrepassa ogni divenire può liberarlo dai vincoli della sua Natura limitata. Dio è Tutto e trascende il Tutto. Di conseguenza soltanto la conoscenza, l'amore ed il possesso di Dio possono renderci liberi.
Soltanto il Trascendente può renderci capaci di trascendere noi stessi; solo Colui che è universale può renderci vasti, facendoci oltrepassare i limiti della nostra esistenza particolare.
Tutto ciò giustifica l'esistenza di quella forza della Natura, potente ed indistruttibile, che il Razionalismo ha disprezzato ingiustamente e stupidamente: la Religione. Sto parlando di religione - non di un credo, di una chiesa o di una visione teologica, perché queste sono forme esteriori di religiosità piuttosto che l'essenza della religione o la sua vera azione, - di quella religione intima e personale, questione di temperamento, spirito e vita, non di opinioni o azioni rituali, che trascina l'uomo completamente ed appassionatamente verso la sua personale visione del Supremo o verso l'idea di qualcosa di superiore a se stesso, che egli sente di dover seguire o diventare. Senza una fervente adorazione del Supremo nel cuore, una potente aspirazione nella volontà o una sete veemente di Lui nel temperamento, non possiamo avere l'impulso di diventare qualcosa di diverso da noi stessi o la forza di fare qualcosa di così difficoltoso come trascendere la nostra natura umana radicata e possessiva.
I profeti hanno parlato e gli Avatar sono scesi sulla terra sempre ad unico scopo: richiamare la nostra attenzione su Dio, farci tendere con tutte le nostre forze verso questa chiamata e predisporre qualcosa nel mondo in grado di avvicinare l'umanità alla meta del suo difficile cammino ascendente.
A prima vista può sembrare che la religione e lo spirito religioso non siano necessari. Se lo scopo è superare l'uomo ed evolvere verso il superuomo, se il paradigma evolutivo corrisponde a verità, - e l'uomo si è evoluto dalla scimmia, la scimmia dagli animali inferiori, questi a loro volta da molluschi, protoplasmi, meduse e forme tra l'animale ed il vegetale -, che necessità c'è di qualcosa di diverso dall'addestramento, meglio se il più intelligente e scientifico possibile, delle nostre energie mentali, morali e fisiche, fino a che non siano trasformate dall'alchimia psichica della Natura nel genere superiore che deve venire?
Il problema non è davvero così semplice.
In questa domanda scettica si nascondo tre errori basilari. Con essa fraintendiamo il genere di operazioni da effettuare, le caratteristiche del potere e del processo che le compie e la natura di ciò che utilizza il potere e che progetta il processo.
La Natura non propone all'uomo di elaborare un esemplare superiore a livello mentale, morale e fisico variando il modello dell'attuale essere umano, del simbolo che siamo; propone di spaccare il modello generale della specie per arrivare ad un nuovo essere-simbolo che sarà soprannaturale per l'uomo attuale come l'uomo lo è per l'animale. E' opinabile che la Natura possa migliorare il modello puramente umano più di quanto non abbia fatto finora; che possa generare ad esempio un modello mentale migliore di Newton, Shakespeare, Cesare o Napoleone, un modello etico superiore a Buddha, Cristo o San Francesco, un modello fisico più potente dell'atleta Greco antico, o per fare esempi moderni, di un Ramamurti. Può cercare di creare una migliore combinazione di energie mentali e fisiche, ma può davvero oltrepassare il livello raggiunto da Confucio e Socrate?
E' più probabile, e sembra essere vero, che la Natura cerchi di generalizzare un livello più elevato ed una migliore combinazione di energie mentali, morale e fisiche. Non dobbiamo però credere che il suo scopo sia portare tutti gli uomini allo stesso livello, poiché ciò può avvenire solo tramite un livellamento in basso. Nulla in Natura è privo di diseguaglianze, tranne le forme inferiori e meno evolute. Maggiore è lo sforzo compiuto e migliore è la dotazione dell'organismo in una certa specie, maggiori sono le possibilità di disuguaglianza. In una specie evoluta come quella Umana, l'uguaglianza delle opportunità individuali è concepibile, ma l'uguaglianza delle capacità e dei talenti naturali è una vana chimera. Né si può dire che la diffusione delle conoscenze o l'aumento degli strumenti materiali influenzino le capacità naturali. Tutte le scoperte degli scienziati moderni e le innumerevoli conoscenze disponibili non rendono l'uomo attuale mentalmente superiore ad Aristotele o a Socrate, né gli danno maggiori acutezza e potenza mentali. Le diverse espressioni della filantropia moderna non lo rendono moralmente superiore a Buddha o a San Francesco; l'invenzione dell'automobile non gli restituisce l'agilità e la velocità perdute, né la ginnastica gli conferisce la prestanza fisica della razza negra o degli indiani d'America. Da ciò vediamo i limiti delle possibilità della Natura nel simbolo umano, imposti dalle caratteristiche intrinseche al simbolo stesso e riconosciuti dalla Natura nel suo sforzo per la trasformazione.
E' da stabilire se entro tali limiti la preoccupazione principale della Natura sia quella di esaurire tutte le possibilità del simbolo umano. Questa sembra piuttosto la preoccupazione dell'essere umano e quindi la direzione che la Natura sceglie quando l'intelletto umano interferisce con l'andamento naturale. Lasciata a se stessa, o soggetta all'interferenza umana, la Natura sembra più occupata a rompere lo stampo che a perfezionarlo, solamente nei suoi individui più avanzati e nelle sue sperimentazioni più ardite e con il dovuto riguardo per la salvezza del genere umano in quanto tale; questo è sempre il metodo che predilige quando vuole far emergere un nuovo simbolo senza distruggere le specie preesistenti.
Più l'uomo diviene civilizzato, più la Natura lo affligge con deformità morali, eccessi e mescolanza di vizi e virtù; più diviene intellettuale e porta all'estremo la propria razionalità, più la Natura si mostra insoddisfatta e lo spinge a sviluppare piuttosto i propri istinti e le proprie intuizioni; più egli combatte per la salute e l'igiene, più lei moltiplica le malattie della mente e del corpo. Non appena l'uomo sembra aver trionfato sul soprannaturale, riducendo la Natura a termini materiali, razionali ed umani ecco che quest'ultima se ne esce improvvisamente ed aggressivamente con impensabili ondate di ritorno esagerato al soprannaturale.
Qualunque sia l'opera che decide di intraprendere non si lascerà ostacolare dalla limitatezza della ragione umana. Nell'immensa vastità del proprio essere percepisce la pulsazione di un potere soprannaturale, l'opera ed il lavorio di una conoscenza superiore alla ragione materiale; perciò prorompe, obbliga ed insiste. Dovunque vediamo i suoi tentativi di rompere il genere mentale, morale e fisico che ha creato per oltrepassarlo e creare nuovi processi non ancora definiti. Attacca deliberatamente la pienezza della salute e dell'equilibrio del nostro essere intellettuale, morale e fisico. Soffre anche di una tendenza all'esagerazione: strutture colossali, combinazioni colossali, altezze e velocità colossali, sogni ed ambizioni colossali compaiono un po' dappertutto, più o meno chiaramente o velatamente. Ancora incapace di realizzare il proprio volere nell'individuo, opera con le masse; non potendo agire nella mente manifesta il proprio potere attraverso forme materiali ed invenzioni; incapace di compimenti reali si esprime con sogni e speranze. Incapace di ricreare dei 'Napoleoni' o creare dei 'Super-Napoleoni', innalza il livello generale delle capacità umane dal quale potranno emergere più facilmente dei tipi superiori, ed intanto crea corazzate e super corazzate, potenze mondiali dotate di armi che possono seminare distruzione nel mondo intero e sembra furiosamente decisa a fare a pezzi le limitazioni di tempo e spazio da lei stessa create.
Come per indicare ciò che intende raggiungere, riunisce i segni di questo processo di distruzione e ricostruzione nel genio. E' risaputo che difficilmente la genialità si manifesta priva, nella fase emergente o in ogni sua fase, di anomalie nel corpo, nel vitale e nella mente che la contiene; spesso si accompagna a fattori degenerativi, a manifestazioni di follia, ad anomalie nell'ereditarietà , creando disordini e fenomeni straordinari nell'ambiente in cui si manifesta. La tendenza spiccata a generalizzare in maniera affrettata porta a concludere che il genio stesso è un fenomeno morboso, connesso con la malattia mentale o con la degenerazione, ma la vera spiegazione di questi fenomeni è piuttosto chiara.
Per instaurare il genio nel sistema umano la Natura è costretta a disturbarne ed a romperne parzialmente la normalità , perché sta introducendo in esso un elemento estraneo e superiore al genere che vuole arricchire. Il Genio non è l'evoluzione perfetta di quell'elemento nuovo e divino; è soltanto un inizio o, al massimo, un'approssimazione parziale. Procede in modo incostante ed incerto nell'enorme massa di disordine dell'atmosfera mentale, dell'instabilità vitale e dell'animalità fisica umana. In se stessa la cosa è divina; è soltanto lo stampo in cui opera che è ,in misura maggiore o minore, frantumato o incrinato dalla forza non assimilata che lo riempie. Talvolta un raggio dell'intruso divino si protende verso lo stampo per sostenerlo affinché non si rompa, né si incrini, o affinché si verifichino solo disordini lievi e trascurabili. Tale elemento era presente in Cesare, Shakespeare e Goethe.
Talvolta si manifesta anche una forza che non possiamo definire genio, se non commettendo un errore di terminologia. Allora coloro che hanno occhi per vedere si inchinano riconoscendo l'Avatar. La missione dell'Avatar è spesso quella di incarnare, completamente o solo parzialmente, ciò che la Natura non è ancora riuscita a realizzare nelle masse o nemmeno nel singolo individuo, così da poterlo imprimere nell'etere materiale in cui viviamo.
Qual è dunque questo nuovo tipo a cui la grande Madre sta lavorando? Che cosa nascerà dalle grida e dalle doglie di questa gravidanza prolungata e potente?
Forse un genere superiore di umanità, ma per capire ciò che stiamo dicendo dobbiamo prima comprendere chiaramente che cos'è questa umanità che la grande Madre sta cercando di superare.
Il simbolo umano attuale è un essere mentale con un ego mentale che agisce in un rivestimento vitale sempre attraverso la mente, ma sulla materia, nella materia ed attraverso la materia. E' limitato nelle sue opere più elevate dai suoi strumenti inferiori; il fondamento della sua mente è egoistico, legato alle sensazioni e determinato dall'esperienza e dall'ambiente, perciò la sua conoscenza si allarga e si restringe ciclicamente in un intervallo rigido e limitato. Similmente il suo temperamento morale e le sue azioni sono egoistiche, legate alle sensazioni e determinate dall'esperienza e dall'ambiente; è quindi legato sia al peccato che alla virtù e tutti i tentativi di moralizzare radicalmente la razza entro i limiti della sua natura egoistica si sono dimostrati, nonostante cambiamenti in particolari individui, inutili e destinati a fallire irrimediabilmente. L'umanità non è soltanto un genere composito, ma anche confuso, con il corpo ed il vitale che interferiscono con la mente e la mente che è ostacolata ed al tempo stesso ostacola il vitale ed il fisico.
La sua ricerca di conoscenza, basata sul contatto con i sensi, è un brancolare, simile a quello dell'uomo che ha smarrito la strada nella foresta di notte. Entra in contatto con l'ambiente tastando, cozzando ed inciampando in ciò che lo circonda e, seppur dotato della luce incerta della ragione che compensa parzialmente questa incapacità, dato che la ragione deve comunque partire dai sensi che falsificano i dati in maniera consistente, la sua conoscenza razionale non è solo limitata, ma anche zeppa di imprecisioni ed incertezze persino in ciò che ritiene di aver compreso. Mette al sicuro rari fiori di verità in un groviglio spinoso di dubbi ed errori. Anche le sue azioni sono un districarsi a fatica nella foresta, un incedere ottimista e tormentato, costellato di ostacoli, verso grandi fallimenti o successi temporanei e parziali.
Immensamente superiore a tutto ciò che la Natura ha realizzato finora, questo genere è ancora così carico di limiti ed incapacità che se non fosse possibile rompere la sua forma e proseguire, dovremmo dar ragione alle filosofie pessimiste che disperano della Vita e vedono nella Volontà di non vivere l'unica via di fuga per l'umanità, non concependo per quest'ultima nessun'altra forma di salvezza. Ma la Natura è la volontà del Dio di Infinita Saggezza e non sta lavorando per ridurre il mondo all'assurdo. Conosce la propria meta e sa che l'uomo attuale è solo un essere di transizione e, compatibilmente con la sopravvivenza del genere umano, spinge verso ciò che sta oltre, prefigurato nella conoscenza eterna di Dio.
Dalla parzialità dell'ego procede verso una coscienza universale, dalle attuali limitazioni verso un movimento libero nell'infinito, da questa mente che brancola nel crepuscolo verso la visione diretta della cose, visione rischiarata dalla piena luce del sole, da questa lotta senza fine tra vizio e virtù ad un incedere che segue spontaneamente il sentiero indicato da Dio, da questo agire frammentario e costellato di dolore ad un'attività gioiosa e libera, da questa lotta caotica tra le nostre membra ad una coordinazione pura, libera ed armoniosa, da questa mente immersa nella materia ad una vita, un corpo ed una mente ideale ed illuminata; dal simbolo alla realtà; dall'uomo separato da Dio all'uomo in Dio e Dio nell'uomo. In breve, come la Natura ha desiderato con successo il passaggio dalla materia alla vita, dalla vita alla mente ed all'ego mentale, così ora aspira con successo già decretato ad un elemento che va oltre la mente, il vijnana degli Indù, l'Idea luminosa in se stessa o il Vero Sé, attualmente nascosto e supercosciente per l'uomo e per il mondo, allo stesso modo in cui la vita è sempre stata nascosta nella materia e la mente nella vita. Ancora non sappiamo In cosa consista questo vijnana , ma per suo tramite la Natura sa che può reggersi fermamente su quel termine supremo che è la realtà di tutti i simboli, nello Spirito in Saccidananda.
Lo scopo della Natura è anche quello dello Yoga. Lo Yoga, come la Natura ai propri vertici, cerca di rompere questo stampo dell'ego, questa forma di corpo e vitale mentalizzati, per conseguire l'azione ideale, la verità ideale e la libertà infinita nel nostro essere spirituale. Per raggiungere un fine così grande si devono usare processi grandiosi e pericolosi. Coloro che si sono lanciati su questa strada o hanno aperto nuovi sentieri verso la meta hanno dovuto affrontare la possibilità, spesso realizzatasi, di perdere la ragione, la vita e la salute o di perdere il proprio essere morale. Non devono essere compatiti o derisi anche se soccombono; piuttosto considerati martiri del progresso dell'umanità, molto più del navigatore sperduto o dello scienziato ucciso dai pericoli della sua ricerca.
Costoro preparano coscientemente la suprema realizzazione possibile, verso la quale il resto dell'umanità procede istintivamente ed inconsciamente. Lo Yoga è il mezzo d'elezione che la Natura riserva per il raggiungimento del proprio fine, dopo che avrà finito di portare almeno una parte dell'umanità ad un livello di temperamento adatto allo sforzo, intellettualmente, moralmente e fisicamente preparato per avere successo. La Natura procede verso la supernatura, lo Yoga si muove verso Dio; l'impulso del mondo e l'aspirazione umana sono un unico movimento e la medesima avventura.

LA NATURA

Se tale è l'opera da compiere, non il perfezionamento della forma umana attuale ma la sua rottura per giungere ad un genere superiore, quali sono dunque il potere ed il processo che la realizzano? Cos'è questa Natura di cui parliamo tanto?
Abitualmente ne parliamo come di qualcosa di potente e consapevole che vive ed è capace di progetti; le attribuiamo un fine, unitamente alla saggezza necessaria per perseguirlo ed al potere di realizzarlo. Il nostro linguaggio è veramente giustificato dalla realtà che osserviamo nell'universo o non è dovuto soltanto della nostra inveterata abitudine di attribuire ad ogni cosa caratteristiche umane e di considerare intelligenti processi che non lo sono, processi che si verificano solo perché ciò è nella loro natura e quindi devono avvenire e non perché esista un qualche atto di volontà, e creano questo meraviglioso universo ordinato per qualche necessità cieca e bruta, di natura ed origine inconcepibile per gli esseri intelligenti?
Se così è questa forza cieca e bruta ha prodotto qualcosa di superiore a se stessa, qualcosa che non è stato concepito nel suo grembo e che non le appartiene in alcun modo.
Non possiamo comprendere che cosa siano l'essere e la Natura, non perché ancora troppo piccoli e limitati ma perché ci troviamo troppo al di sopra dell'essere e della Natura. La nostra intelligenza è una macchiolina luminosa immersa in un'oscurità dalla quale non può essere stata generata, dato che in quell'oscurità nulla viene considerato la causa delle proprie creazioni. A meno che la mente non fosse insita nella materia bruta, ed in tal caso si può parlare di materia bruta solo in apparenza, sarebbe stato impossibile per la materia dare origine alla mente. Tutto ciò ci porta a trarre conclusioni assurde e quindi non può essere vero. Dobbiamo quindi concludere che se la materia è bruta lo è anche la mente.
L'intelligenza è un'illusione; non esiste altro che uno scontrarsi di impulsi materiali che creano vibrazioni e reazioni nella materia, reazioni che si traducono in fenomeni apparentemente intelligenti. La conoscenza è soltanto una relazione tra materia e materia e non è sostanzialmente diversa, né in qualche modo superiore alle interazioni ed agli urti tra atomi o allo scontro tra due tori al pascolo. Gli agenti materiali coinvolti ed i fenomeni prodotti sono diversi e perciò non riteniamo il contraccolpo che ognuno dei tori riceve durante lo scontro corna a corna un atto di conoscenza o dettato dall'intelligenza, ma ciò che si verifica è intrinsecamente la medesima cosa. L'intelligenza è essa stessa inerte e meccanica, mero risultato fisiologico di un movimento fisiologico e non ha nulla di psichico o mentale nel senso da sempre attribuito alle parole anima e mente. Tale è la visione del moderno razionalismo scientifico, espressa a dire il vero con parole diverse da quelle tipiche dello scienziato, parole che ne rendono evidenti le conseguenze e le implicazioni logiche, ma in ogni caso la moderna spiegazione dell'esistenza dell'universo.
Nell'ambito di tale visione una cosa è costituita dalla sua composizione, dalle proprietà tipiche della composizione e dalla leggi di funzionamento imposte da tali proprietà; ad esempio il ferro è composto da certe sostanze elementari, a causa della sua composizione chimica possiede determinate proprietà, come ad esempio la durezza, e si comporterà in un dato modo in certe circostanze proprio in virtù delle sue proprietà. Trasponendo questo ragionamento su vasta scala vediamo l'universo come un insieme di forze brute che agiscono in determinate sostanze materiali, forze dotate in se stesse e nelle sostanze su cui agiscono di proprietà primarie e secondarie, generali e particolari e la cui azione è il risultato di tendenze invariabili e processi determinati che chiamiamo, con un'espressione chiaramente antropomorfa, "Leggi di Natura".
Ad un'analisi attenta la Natura appare come il gioco di due entità: Forza e Materia; ma entrambe, se la visione unitaria dell'universo è corretta, saranno riconosciute come un'unica entità, o solamente Materia o solamente Forza.
Anche accettando questa visione moderna dell'universo, visione che scomparirà certamente nell'arco di un secolo, inglobata in una sintesi più ampia, resta ancora qualcosa da aggiungere circa la presenza o l'assenza di intelligenza nella Natura. In che cosa consiste dopotutto l'intelligenza, quali sono le proprietà e le leggi inerenti alla sua composizione? Che cos'è dunque l'intelligenza umana, il solo tipo di intelligenza che siamo in grado di studiare intimamente e quindi di comprendere?
E' contraddistinta da tre qualità o processi che le sono propri: il potere di cambiare, di adattarsi per raggiungere uno scopo, la capacità di distinguere i diversi stimoli che colpiscono i suoi sensi ed il potere di comprendere coscientemente a livello mentale. In breve, l'intelligenza umana è teleologica, capace di discriminazione e mentalmente cosciente. Riguardo a tutto ciò che non è umano, animali, alberi, metalli e forze, non possiamo asserire nulla dall'interno, ma soltanto inferire la presenza o l'assenza di elementi di consapevolezza dall'evidenza prodotta dall'osservazione esterna. Non possiamo dire con certezza, non potendo sperimentare l'essere albero, che l'albero non sia in realtà una mente imprigionata nella materia, incapace di esprimersi con i mezzi a sua disposizione; non possiamo dire che non provi emozioni di piacere o di dolore; ma da quanto ci appare dall'esterno traiamo la conclusione contraria. La nostra conclusione negativa è probabile, non certa; potrebbe essere negata a sua volta con l'avanzare della conoscenza.
Comunque, anche attenendoci strettamente all'evidenza, quali sono i fattori che si evidenziano in questo paragone tra ciò che in Natura riteniamo intelligente e la Natura che consideriamo priva di intelligenza?
In primo luogo la Natura possiede una capacità teleologica ed una conoscenza dei processi che ne derivano decisamente superiore a quella umana; è in grado di porsi un fine, di combinare, di adattare, modificare ed unificare strumenti e processi per raggiungerlo; possiede la capacità di lottare e di superare le difficoltà, di scovare mezzi per aggirare gli ostacoli quando non è in grado di superarli e questo è proprio uno degli aspetti ritenuti più nobili e divini dell'intelligenza umana, ma la manifestazione di questa facoltà nell'essere umano è soltanto una specializzazione della sua azione universale nella Natura. Questa facoltà della Natura si manifesta parzialmente nell'uomo attraverso la ragione, negli animali attraverso un raziocinio scarso e rudimentale ed in gran parte attraverso istinto, memoria, impulso e sensazione, nella piante ed in altri oggetti tramite un raziocinio scarsissimo e soprattutto attraverso impulso o azione meccanica, cosiddetta involontaria. Ma in ogni cosa è presente un fine e la tensione verso di esso, ed in ogni cosa i mezzi usati sono gli stessi. Anche nell'uomo la Natura si serve della ragione solo per identificare gli scopi ed i processi, continuando ad utilizzare ampiamente mezzi tipicamente animali, memoria, impulso, sensazione, istinto; forse si tratta un istinto meno direttivo e più generico di quello tipicamente animale, ma sicuramente indirizzato ad un fine ed a scopi ben precisi; per altri aspetti utilizza gli stessi impulsi meccanici e lo stesso tipo di azione involontaria tipici di ciò che erroneamente definiamo esistenza inanimata. Asteniamoci dal pensare che la prodigalità della Natura, il suo spreco di materiali, i frequenti fallimenti, le apparenti bizzarrie o i suoi frequenti sgambetti siano la dimostrazione dell'assenza in Lei di intenzionalità e di intelligenza. L'uomo con la sua ragione è colpevole delle stesse negligenze e deviazioni, ma né l'Uomo, né la Natura sono per questo privi di intenzionalità e di intelligenza. E' la Natura che costringe l'Uomo stesso a superare la propria tendenza fortemente utilitaristica, perché conosce molto di più dell'economista o del filosofo utilitarista. Si tratta di un'intelligenza universale che deve badare ad ogni effetto universale e particolare, prendendosi cura dell'intero senza trascurare alcun dettaglio; deve curarsi di ogni dettaglio a livello di gruppo, di genere e dell'insieme di tutte le specie esistenti al mondo.
L'uomo, intelligenza specifica limitata dalla propria ragione, non è capace di una tale vastità; egli pone davanti a sé i propri fini e non comprende quando questi minano il suo benessere generale, né riesce ad intuire se i suoi scopi contrastano con il fine universale. I fallimenti della Natura hanno una loro utilità, e con il tempo vedremo quanto grande ed importante essa sia; le sue bizzarrie nascondono una grande serietà.
Soprattutto la Natura ricorda che, al di là di ogni fine formale, il Suo unico scopo è ritrovare la gioia universale, utilizzando accomodamenti successivi come strumenti d'azione, ma superando poi qualunque mezzo; la Natura procede verso quella gioia e gioisce del cammino, gioisce del lavoro da compiere e di ciò che lo supera.
Da quanto detto finora, considerando la Natura come cosciente si se stessa, arriviamo a concludere che la Natura è teleologica in modo più ampio e perfetto di quanto non lo sia l'uomo e l'essere umano è capace di porsi un fine solo in quanto parte della Natura e dotato degli stessi mezzi elementari tipici delle piante e degli animali e di mezzi nuovi propri della mente. Si potrà obiettare che tutto ciò non è Intelligenza, perché l'intelligenza non è solo teleologica ma anche capace di discriminare e mentalmente cosciente. La Natura possiede al massimo grado la capacità di discriminazione meccanica, infatti in sua assenza qualsiasi processo teleologico risulterebbe impossibile. Il viticcio che si protende dritto nell'aria, a contatto con una fune, un paletto di legno o lo stelo di una pianta immediatamente lo afferra come se avesse le dita e muta la propria crescita rettilinea in un movimento a spirale, sinuoso, avvolgendosi strettamente attorno al supporto. Che cosa provoca il cambiamento? Che cosa induce il riconoscimento del supporto e della possibilità di un nuovo modo di muoversi? L'istinto del viticcio che non è sostanzialmente diverso dall'istinto del neonato che afferra il seno della madre o dagli istinti dell'uomo nei suoi bisogni e nelle sue azioni più meccaniche. Vediamo il 'loto della luna' aprire i propri petali per salutare la luce lunare e richiuderli all'arrivo del giorno. In che modo questo movimento discriminante differisce dalla reazione istintiva che fa ritrarre la mano dal contatto con il fuoco o dalla sensazione di disgusto e di irritazione che ci fa allontanare meccanicamente da una scena orribile, o ancora dalla reazione mentale di chiusura e rifiuto di un'idea o un'opinione sgradevole? A livello intrinseco non sembra esserci alcuna differenza, ma c'è una diversità di circostanze. L'azione del loto non è eseguita con consapevolezza mentale, mentre le altre azioni sono accompagnate da questo elemento estremamente importante.
Riteniamo erroneamente che non esista volontà nell'azione del viticcio e del loto e nemmeno discernimento. Al contrario esiste una volontà , ma non una volontà mentalizzata; esiste un potere di discernimento, ma non un discernimento mentalizzato. Diciamo che si tratta di qualcosa di meccanico, ma capiamo veramente ciò che stiamo dicendo? E adoperiamo così altri termini, chiamando forza la volontà e reazione naturale o tendenza organica il discernimento. Tutti questi termini sono solo maschere che nascondono un'identità intrinseca.
Anche se non potessimo proseguire nel nostro ragionamento avremmo già compiuto un enorme passo in avanti; infatti già concepiamo ciò a cui diamo il nome di Natura come dotato, contenente o coincidente con una grande Forza o una grande Volontà, protesa verso un grande fine e verso un complesso innumerevole di scopi incidentali, tendente a raggiungerli attraverso fantasiose invenzioni, adattamenti, aggiustamenti e stratagemmi, per mezzo di un'infallibile capacità di discernere ed ampiamente capace di compiere il suo lavoro così complesso. L'intelligenza umana è solo un aspetto limitato ed inferiore di questa grande Forza, guidato ed usato da essa, al servizio dei suoi scopi anche quando sembra ostacolarli. Potremmo sempre negare ad un tale Potere la facoltà dell'Intelligenza, dato che non mostra segni di consapevolezza mentale e non utilizza per il proprio lavoro un'intelligenza di tipo umano, ossia mentale, ma la nostra obiezione sarebbe soltanto una distinzione metafisica.
Praticamente, ponendoci sul piano della vita e non su quello del pensiero astratto, possiamo ritenere che i risultati di questo potere di discriminazione privo di intelligenza siano gli stessi che sarebbero raggiunti da un'Intelligenza universale e che gli scopi ed i mezzi tipici della volontà meccanica siano identici a quelli che verrebbero scelti da una Saggezza Onnipotente.
Giungendo ad una simile conclusione, non è forse la stessa Ragione a chiederci di ammette nella Natura o dietro ad essa la presenza di un'Intelligenza universale e di una Saggezza Onnipotente? Sei i risultati sono quelli che proprio quei poteri sarebbero capaci di creare, non dobbiamo ammettere l'esistenza di tali poteri come cause dei risultati stessi? Che cos'è più Razionale? Ammettere che risultati intelligenti sono prodotti dall'Intelligenza o pensare che siano prodotti da una Macchina cieca, inconsciamente protesa verso la perfezione? Ammettere che la comparsa dell'intelligenza nell'umanità è dovuta ad una specializzazione di un'intelligenza segreta che permea l'universo o ritenerla il risultato di una Forza sostanzialmente priva del principio di Intelligenza?
Giustificare il paradosso dicendo che le cose sono in un determinato modo perché ciò è nella loro natura è prendersi gioco della ragione, perché questo discorso non ci fa avanzare minimamente sulla strada della ricerca delle cause; sappiamo che le cose stanno così ma ne ignoriamo il perché.
La vera ragione della moderna riluttanza ad ammettere che la Natura è dotata di intelligenza e saggezza, o meglio è intelligenza e saggezza, è la costante associazione operata dalla mente umana tra intelligenza e saggezza da un lato e personalità cosciente di sé stessa attraverso la mente dall'altro. Riteniamo che l'intelligenza necessiti di 'qualcuno' che sia intelligente e di un io che la possieda e la utilizzi. Un attento esame della coscienza umana dimostra che questa associazione è errata. L'intelligenza ci possiede e non siamo noi a possederla, l'intelligenza si serve di noi, non siamo noi ad usarla. L'ego mentale dell'uomo è una creazione ed uno strumento dell'intelligenza e la stessa intelligenza è un attributo della Natura, che si manifesta in modo più o meno rudimentale o evoluto in tutta la vita animale. L'obiezione quindi viene a cadere. E non è tutto; la Scienza stessa, considerando correttamente l'ego un prodotto della mente, ha dimostrato che l'intelligenza non è proprietà esclusiva dell'uomo, ma piuttosto una forza della Natura, un attributo della Natura e la manifestazione di una Forza universale.
Rimane ancora una domanda: si tratta di un attributo fondamentale ed onnipresente o soltanto di qualcosa che si è sviluppato e manifestato in una minoranza selezionata di opere della Natura? Ancora una volta la difficoltà deriva dal fatto che associamo l'intelligenza ad una coscienza organizzata a livello mentale.
Cominciamo ad osservare ed interrogare i dati resi disponibili dalla Scienza. Prenderemo in considerazione la piante carnivore che si trovano in America. Siamo in presenza di un organismo vegetale che ha fame, potremmo dire una fame inconscia, di cibo animale, che necessita di cibo animale, che progetta una trappola, allo stesso modo del ragno, che avverte il momento in cui la vittima sfiora la trappola ed immediatamente si chiude per afferrare la preda, la mangia, la digerisce e si pone in attesa di altre vittime. Questi meccanismi sono gli stessi che caratterizzano l'intelligenza mentale del ragno, alterati e condizionati soltanto dalla relativa immobilità della pianta e indirizzati solamente, per quanto ci è dato di osservare, alla soddisfazione del bisogno fondamentale. Perché dovremmo attribuire intelligenza mentale al ragno e non alla pianta?
Pur essendo rudimentale ed indirizzata verso scopi estremamente specifici, sembra trattarsi della medesima Forza naturale che agisce nel ragno e nella pianta, scovando intelligentemente i mezzi per raggiungere lo scopo e coordinando l'utilizzo di tali mezzi. Se non esiste mente nella pianta, allora, in modo inconfutabile, l'intelligenza mentale e quella meccanica sono essenzialmente la stessa cosa; il viticcio che abbraccia il suo supporto, la pianta che afferra la preda ed il ragno che cattura la propria vittima sono tutte forme di un'unica Forza di azione, che possiamo rifiutarci di chiamare intelligenza, se lo vogliamo, ma che è ovviamente identica all'Intelligenza. La differenza è tra Intelligenza organizzata sotto forma di mente e Intelligenza non mentale ma capace di lavorare con una chiarezza di base più ampia, in un certo modo meno fallibile dell'azione mentale. Alla luce di queste considerazioni la concezione della Natura come Potere di Intelligenza infinita, teleologica e capace di discernimento, non organizzata ed impersonale perché superiore all'organizzazione ed all'aspetto personale diviene la più probabile, relegando la teoria meccanica al rango di mera possibilità.
In assenza di certezze la Ragione ci chiede di privilegiare ciò che è probabile rispetto a ciò che è solamente possibile e preferisce una spiegazione armoniosa e naturale rispetto ad una conflittuale ed incline al paradosso.
Possiamo, d'altra parte, essere certi che in questa Intelligenza e nelle sue opere, la Mente come specializzazione e la Personalità, distinte dall'ego mentale, siano del tutto assenti se non come manifestazione superficiale della Mente come sia abituati a concepirla? Siamo portati a pensare in questo modo perché riteniamo che dove non esistono manifestazioni animali di coscienza, la coscienza non può esistere e non esiste. Anche questa è soltanto un'ipotesi. Ricordiamoci che non sappiamo nulla dell'albero o della pietra se non per le loro manifestazioni esteriori di vitalità o inerzia.
L'unica conoscenza di cui disponiamo intimamente è quella relativa alla psicologia umana, ma anche in quest'ambito limitato molte sono le cose su cui dovremmo riflettere profondamente prima di affrettarci a trarre conclusioni negative. Un uomo dorme, crede di dormire un sonno senza sogni, ma sappiamo che in ogni momento la sua coscienza è attiva e sogna, sogna continuamente; egli non sa nulla del proprio corpo e di ciò che lo circonda e nonostante ciò il corpo svolge autonomamente tutte le operazioni necessarie alla vita. Nell'uomo svenuto o in trance si verifica lo stesso fenomeno di divisione dell'essere: la coscienza interiore attiva mentalmente è separata dal corpo che è mentalmente piatto come l'albero o la pietra, ma vitale e funzionante come l'albero. La catalessi mostra il fenomeno ancora più curioso di un corpo morto ed inerte come la pietra, privo finanche della vitalità dell'albero, e di una mente perfettamente consapevole di se stessa, dei propri mezzi e di ciò che la circonda, sebbene non più in possesso dei propri mezzi e quindi incapace di influire sulle circostanze esterne. Di fronte a tali esempi come possiamo sostenere che non c'è vita nella pietra e che non esiste mente nella pietra o nell'albero?
La premessa del sillogismo con cui la scienza nega la mente all'albero o la vita alla pietra, cioè l'asserire che l'assenza di manifestazioni vitali o di consapevolezza mentale prova la non esistenza della vita e della consapevolezza mentale stesse, si rivela falsa. Emerge così, in ragione dell'unità della Natura e dell'intelligenza onnipresente in tutte le sue opere, la possibilità, e persino una certa probabilità, che l'albero e la pietra siano nella loro interezza simili ad un essere diviso, una forma non ancora penetrata e posseduta da una mente cosciente, un'intelligenza che sogna se stessa interiormente, o come nello stato catalettico, cosciente dell'ambiente circostante ma, poiché non ancora in pieno possesso dei propri mezzi (l'intelligenza nello stato catalettico è temporaneamente spodestata), incapace di manifestare segni di vita e di consapevolezza mentale o di agire energicamente sull'ambiente esterno. Non abbiamo bisogno di considerare tutto ciò come una mera probabilità perché le scoperte più recenti della psicologia lo rendono sempre più probabile e prossimo ad essere provato.
Sappiamo che nell'uomo esiste una coscienza di sogno, o un sé del sonno, diverso dalla coscienza di veglia, attivo nello stordimento, sotto l'effetto di droghe, in stato di ipnosi o nel sonno; un sé che conosce cose che la coscienza di veglia non conosce, che comprende ciò che la mente di veglia non comprende e che ricorda accuratamente ciò che la coscienza di veglia non si prende nemmeno la briga di notare.
Chi è dunque questo sé che apparentemente dorme nella coscienza di veglia, questo elemento che si risveglia nel sonno, dotato di un'attenzione onnicomprensiva, di una perfetta capacità di osservazione, di una memoria e di un'intelligenza tali da far apparire la nostra coscienza di veglia un sogno frammentario ed affrettato?
Chiariamo subito il punto fondamentale che tale coscienza più perfetta dentro di noi non è il prodotto dell'evoluzione; non esiste nel mondo ordinario di veglia un essere capace di ricordare e ripetere automaticamente i suoni di una lingua straniera che sono chiacchiere prive di senso per la mente istruita, capace di risolvere spontaneamente problemi di fronte ai quali la mente istruita si ritira sconfitta ed esausta; un essere capace di notare ogni cosa, di capire e ricordare ogni particolare. Di conseguenza questa coscienza interiore è indipendente dall'evoluzione e perciò presumibilmente anteriore ad essa. Esa suptesu jagarti, afferma la Katha Upanishad, questo è Colui che veglia in tutto ciò che dorme.
La recente ricerca psicologica è ancora ad uno stadio infantile è non può dirci che cosa sia questa coscienza, ma la conoscenza ottenuta attraverso lo Yoga ci permette di asserire che si tratta dell'essere mentale interiore, signore della vita e del corpo, manomayah prana-sarira-neta. Egli è colui che guida la nostra evoluzione e fa emergere la mente dalla vita e che sta prendendo sempre maggior possesso di questo corpo umano vitale, suo mezzo e strumento, così che possa divenire ciò che ancora non è: uno strumento perfetto per l'espressione Mentale.
Questo essere interiore è presente anche nella pietra e nell'albero; anche in quei dormienti qualcuno veglia, ma in quelle forme non ha ancora preso possesso degli strumenti per gli scopi della mente; può usarli soltanto per gli scopi della vita nella sua crescita o nel suo funzionamento attivo. Vediamo perciò che la psicologia moderna, prendendo le distanze dalle uniche conclusioni razionali e logiche possibili a partire dai dati a sua disposizione, sta marciando inevitabilmente, spinta dalla forza dei fatti, verso le stesse verità intuite migliaia di anni fa dagli antichi Rishi.
Come vi giunsero? Non certo attraverso la speculazione, come ritengono vanamente gli eruditi, ma tramite lo Yoga. Infatti il grande ostacolo che si presenta sulla via della Scienza è la sua incapacità di entrare negli oggetti della sua indagine, la sua necessità di costruire teorie sulla base di inferenze derivanti dall'osservazione esterna e qualunque tentativo disperato e crudele di colmare la lacuna, con la vivisezione o altri esperimenti spietati, non può risolvere il problema. Lo Yoga ci permette invece di entrare nell'oggetto dissolvendo nell'osservatore le barriere artificiali dell'esperienza corporea e dell'ego mentale. Ci libera dalla presa dell'esperienza personale proiettandoci nelle grandi correnti universali; ci fa uscire dalla guaina della mente personale per renderci uno con il sé e la mente universali. Perciò gli antichi Rishi erano capaci di vedere ciò che stiamo nuovamente iniziando ad intuire vagamente e cioè che non solo la Natura stessa è Potere impersonale di Intelligenza e Coscienza infinita, teleologica e discriminante, prajna prasrta purani , ma che Dio dimora nella Natura e al di sopra di essa come Personalità universale infinita, universale nell'universo, individualizzato e contemporaneamente universale nella forma particolare, come autocoscienza che percepisce, gioisce e porta a compimento le sue opere grandi e complesse.
Non c'è solo Prakriti, ma anche Purusha. Finora siamo riusciti a farci un'idea della grande forza che lavora per portarci dalla natura verso la supernatura. E' la forza di un Essere Cosciente che si manifesta in movimenti e forme diverse e guida passo a passo il progresso predeterminato del nostro divenire e rivela la Volontà di Dio nel Mondo.

MAYA

Il mondo esiste come simbolo di Brahman ma la mente crea ed accetta falsi significati e scambia il simbolo per la realtà. Tale è l'ignoranza, l'illusione cosmica, l'errore della mente e dei sensi da cui il Mago stesso, il Maestro dell'Illusione, ci chiede di liberarci. Tale errata valutazione del mondo è la Maya della Gita che può essere trascesa senza abbandonare la vita attiva o l'esistenza nel mondo. Anche l'intera esistenza universale è un'illusione di Maya, poiché non si tratta della realtà ultima immutabile e trascendente, ma soltanto di una realtà simbolica, di una rappresentazione della realtà del Brahman in termini di coscienza cosmica.
Tutto ciò che vediamo, o di cui siamo mentalmente consapevoli come di una realtà oggettivamente esistente, è solo una forma di coscienza.
Si tratta della 'Cosa-in-sé' dapprima manifestata in termini ed idee generate da un movimento o da un processo ritmico della coscienza e poi oggettivata nella coscienza stessa, e non realmente esterna ad essa. Di conseguenza tutte le cose hanno una realtà convenzionale fissata, ma non una realtà essenziale durevole; sono solo simboli e non la realtà che rappresentano, sono soltanto strumenti di conoscenza e non la realtà da conoscere.
Partendo da un altro punto di vista, possiamo dire che l'Esistenza, o Brahman, ha due stati fondamentali di coscienza: la coscienza cosmica e la coscienza trascendente. Per la coscienza cosmica il mondo è reale in quanto termine primario diretto che esprime l'inesprimibile; per la coscienza trascendente il mondo è soltanto un termine secondario ed indiretto per esprimere ciò che non può essere espresso.
Dimorando nella coscienza cosmica vedo il mondo come il mio Sé manifestato; nella coscienza trascendente non vedo il mondo come la manifestazione del mio Sé, ma come una manifestazione di qualcosa che scelgo di porre in essere nella mia Autocoscienza. Si tratta di una rappresentazione convenzionale attraverso cui mi esprimo, ma che non mi vincola; potrei dissolverla ed esprimermi in altro modo. E' simile ad un vocabolo di una determinata lingua che vuole esprimere oralmente o per iscritto un concetto che potrebbe essere espresso altrettanto bene da un altro vocabolo appartenente ad un'altra lingua. Dico tiger (tigre) in inglese; potrei benissimo esprimermi in sanscrito ed usare il termine sardula; ciò non comporta cambiamenti né per la tigre, né per me, ma solo per il mio gioco con i simboli del discorso e del pensiero. Tutto ciò vale anche per Brahman e l'universo, per la 'Cosa-in-sé' ed i suoi simboli con i loro significati convenzionali, alcuni dei quali sono relativi alla coscienza generale ed altri alla coscienza individuale dell'essere-simbolo.
Ad esempio, Materia, Mente e Vita sono simboli generali con un significato generale fissato per Dio nella Sua coscienza cosmica, ma assumono significati individuali diversi, hanno un diverso impatto o, per così dire, si manifestano diversamente in me, in una formica, in una divinità o in un angelo. Tale percezione del valore meramente convenzionale della forma e del nome nell'universo viene espressa in termini metafisici con la formula in base alla quale il mondo è una creazione di Para Maya, l'Illusione Cosmica suprema.
Quanto detto finora non implica che il mondo sia irreale o non abbia un'esistenza degna di tale nome. Nessuna delle antiche scritture dell'Induismo sostiene l'irrealtà del mondo, né tale irrealtà è la logica conseguenza della grande verità, così remota e complessa da non poter essere adeguatamente espressa in parole. Dobbiamo ricordare che tutti questi termini, Maya, illusione, sogno, irrealtà, realtà relativa, significato convenzionale, sono solo forme verbali e non devono essere prese troppo alla lettera. Sono simili al pennello che il pittore lancia contro il suo quadro nella disperazione che deriva dal non poter raggiungere gli effetti che vorrebbe creare, si tratta di pietre scagliate in direzione della verità e non della verità stessa. Ci renderemo chiaramente conto di questo quando guarderemo il Cosmo non dal punto di vista di Maya ma da quello di Lila . Alcune grande menti metafisiche, non capendo che le parole, come qualunque altra cosa, hanno solo significati convenzionali e sono simboli di una verità in sé stessa inesprimibile, hanno tratto dalle idee suggerite da queste parole conclusioni concrete e rigorose. In tal modo hanno ridotto il mondo ad un sogno miserabile e menzognero, reso ancora più odioso e privo di senso da un certo elemento di realtà alla quale è impossibile sfuggire, realtà che la parte più illuminata delle loro menti non può evitare di intuire e di ammettere almeno parzialmente. La verità delle premesse ha reso le loro dottrine un potente strumento di liberazione per anime grandi ed austere; l'errore presente nelle loro conclusioni ha afflitto l'umanità con il vangelo inutile e sterile della vanità non solo degli aspetti falsi ed insinceri dell'esistenza terrena, ma della totalità dell'esistenza terrena.
Per le forme più estreme di questa visione, sia la natura che la supernatura, l'uomo e Dio, sono menzogne della coscienza, miti di un sogno cosmico, indegni di essere accettati. Il miglioramento è una vana chimera; Dio una lusinga; l'unico fine degno di essere perseguito è il perdersi in un'esistenza impersonale e trascendente.
Gli adoratori di Dio, i ricercatori della perfezione umana, coloro che innalzano l'umanità dalla natura verso la supernatura, incontrano due grandi ostacoli sul proprio cammino: da una parte la tendenza ordinaria della natura a rimanere attaccata alle conquiste del passato, rappresentate dall'ebete naturalismo dell'uomo pratico e mondano, dall'altra la tendenza esagerata a voler oltrepassare il simbolo, rappresentata non tanto dall'asceta che si ritira dal mondo, che dopo tutto, può farlo a pieno diritto, ma piuttosto dal pessimismo deprimente degli ignoranti che non vogliono fuggire il mondo, né, se tentassero di farlo, potrebbero innalzarsi fino alle vette dell'ascetismo, ma sono comunque imbevuti a livello intellettuale e dominati nel temperamento da queste dottrine distaccate e catastrofiche.
Un'alba migliore sorgerà per l'India quando la nebbia si diraderà e la mentalità indiana, pur senza rinunciare alla verità di Maya, riuscirà ad intuire che si tratta solo di una spiegazione parziale dell'esistenza. L'esistenza terrena non è indispensabile all'essere o alla gioia di Dio, ma non per questo è vanità; né un'esistenza terrena liberata, libera in Dio, può essere considerata vana o falsa.
La dottrina ordinaria di Maya non è una verità semplice, ma deriva da tre diversi livelli di percezione spirituale. La prima e più elevata è la percezione che il mondo è un insieme di simboli-coscienza dotati di un valore convenzionale; gli esseri esistono solo nell'autocoscienza di Brahaman e la personalità ed il senso dell'ego sono solo simboli e termini dell'esistenza-simbolo universale. Lo abbiamo già detto e vedremo che questa percezione non ci costringe a considerare il mondo come un mito o una convenzione priva di valore. Lo stesso Mayavadin non sarebbe giunto a questa conclusione estrema se non avesse incluso nella purezza della sua esperienza spirituale più elevata gli altri due livelli di percezione. Il secondo di tali livelli, il più basso, è la percezione di Apara Maya o Maya inferiore, di cui ho parlato all'inizio di questo saggio, la percezione del sistema di falsi valori imposti dalle mente e dai sensi ai fatti-simbolo dell'universo. Ad un certo livello di cultura mentale è facile rendersi conto del fatto che i sensi sono guide ingannevoli; tutte le opinioni ed i giudizi mentali sono incerti, parziali e minati dal dubbio; il mondo non è una realtà nel modo in cui la mente lo considera reale, nel modo in cui i sensi dominati e preoccupati solo del valore pratico delle cose, del loro vyavaharika arta, lo ritengono reale. Raggiungendo questo stato la mente arriva a percepire che tutti i valori che attribuisce al mondo sono falsi, forse perché non esiste alcunché di vero in se stesso o alcun vero valore concepibile dalla mente,; da questa idea è semplice per l'impazienza della nostra natura umana giungere affrettatamente alla conclusione che è veramente così e che l'intera esistenza, o per lo meno l'intera esistenza del mondo è illusoria, una sensazione senza alcun fondamento reale, un gioco di zeri. Da ciò nascono il Buddismo, le filosofie agnostiche basate sui sensi e il Mavavada.
Nuovamente è facile ad un certo stadio di sviluppo morale percepire che i valori morali imposti dalle emozioni, dalle passioni e dalle aspirazioni alle azioni ed alle esperienze sono falsi valori; è facile sentire che l'oggetto dei nostri peccati è qualcosa per cui non vale la pena di peccare e che i nostri principi ed i nostri valori non hanno impatto e non contribuiscono a scuotere le condizioni effettive del mondo, ma sono solo, essi stessi, meri valori convenzionali che sembrano non influenzare la grande marcia della Natura. Da tali premesse è naturale e corretto giungere a vairagya, il disgusto per una vita di fatta di false percezioni e molto facile affrettarsi, nuovamente per l'impazienza tipica della nostra natura umana imperfetta, al compimento di un vairagya totale: non soltanto insoddisfazione verso una vita morale falsa, ma avversione e disgusto per qualunque tipo di vita e l'affermazione della vanità dell'esistenza terrena.
Abbiamo un vairagya mentale, un vairagya morale ed a queste forti motivazioni si aggiunge il genere più potente di tutti, il vairagya spirituale. Ad un certo stadio di educazione spirituale percepiamo il mondo come un sistema di meri valori-coscienza in Parabrahman, o meglio, sperimentiamo, - e questo fu probabilmente l'aspetto decisivo per le menti dei grandi ricercatori spirituali come Shankara -, il puro e splendente Saccidananda impersonale, che sta oltre l'intera esistenza cosmica, apparentemente lontano e completamente distaccato da essa. Osservando intellettualmente questa grande esperienza la conclusione naturale e quasi inevitabile è che questo Uno Puro e Splendente considera l'universo un miraggio, un'irrealtà, un sogno. Ma questi sono solo i termini, i valori convenzionali delle parole e delle idee con cui la mente traduce l'esperienza della trascendenza libera da ogni impatto. La mente dà questa interpretazione perché questi sono i termini che è abituata ad applicare a tutto ciò che la supera, che è lontano da lei e con cui non riesce a stabilire relazioni tangibili.
La mente avvinta dalla materia dapprima accetta solamente una realtà oggettiva, chiamando tutto ciò che non può essere oggettivato o non può esprimersi oggettivamente, menzogna, miraggio, sogno, irrealtà o, se disposta favorevolmente, ideale. Quando in seguito corregge il proprio modo di vedere, la prima cosa che fa è rovesciare i propri valori, giungendo in una regione, ad un livello, in cui la vita nel mondo materiale appare remota, priva di spiritualità, o incapace di una realizzazione spirituale; allora immediatamente applica i vecchi termini, sogno, miraggio, menzogna, irrealtà o semplicemente idea priva di verità e trasferisce dalla materia allo spirito il suo modo esclusivo ed intollerante di utilizzare le parole-simbolo della realtà. Aggiungiamo a questa traduzione mentale dell'esperienza della trascendenza le conclusioni intellettuali e la repulsione emotiva tipiche del vairagya mentale e morale, che alterano e sfigurano l'idea del mondo come un sistema di valori-coscienza , ed otteniamo Mayavada.

 


Terza Sezione

 


L'Assoluto e la Manifestazione

OM TAT SAT
L'intuizione più elevata finora raggiunta dalla comprensione e dall'esperienza umana può essere condensata come segue, senza dimenticare che per il fatto stesso di essere umana è necessariamente incompleta.

TAT. Quello.
L'Assoluto non manifestato , Parabrahman, Purushottama, Parameshwara (che contiene in sé Parasakti ed in Lei il Tutto).

SAT. L'Esistente, Colui che E' (Io Sono).
L'Assoluto che contiene tutto il potere della manifestazione. L'Assoluto è Parabrahman-Mahamaya. L'Assoluto è Purushottama=Paraprakriti. L'Assoluto è Parameshwara-Adya (l'originale) Parasakti.

OM. Il Suono della Manifestazione.
A La manifestazione esterna (la coscienza della dimensione del reale e del concreto, corrispondente per la consapevolezza umana allo stato di veglia).
U La manifestazione interna (intermedia, tipica dell'essere interiore e non dell'essere intimo e segreto, coscienza che si esprime nelle potenzialità interiori e negli stati intermedi tra il più profondo supermentale e la dimensione esterna; questa coscienza è subliminale per la consapevolezza umana ed è associata allo stato di sogno).
M La coscienza seme, la coscienza condensata più profonda e segreta (il supermentale più recondito, intuito dalla consapevolezza umana come qualcosa di supercosciente, onnisciente, onnipotente ed associato al Sonno senza sogni o all'apice della Trance ).

AUM Turiya, il Quarto; il puro Spirito che trascende i tre livelli precedenti, la coscienza dell'Atman che entra in Tat Sat e riesce ad identificarsi con esso. Ritenuto raggiungibile nella sua totalità solo nella Trance assoluta, il nirvikalpa samadhi.

Tutto ciò (secondo le Upanishad) è la visione che si può avere partendo dalla consapevolezza mentale. Tale punto di vista è incompleto perché sono stati trascurati due elementi sostanzialmente identici: la Manifestazione Personale ed il nome della Mahasakti.
L'aumentare della conoscenza spirituale ha comportato uno sforzo costante per aggiungere tali elementi mancanti.
Quando il segreto più profondo sarà svelato e reso effettivo, la coscienza umana sarà trascesa ed il supercosciente diverrà cosciente; il subcosciente o incosciente, che è l'inevitabile ombra del supercosciente, sarà colmato di vera coscienza spirituale e supermentale. La Trance, il Sogno e gli Stati di Veglia (tutti attualmente imperfetti e soggetti all'oscurità ed al limite) diventeranno completamente coscienti e le barriere, le lacune ed i capovolgimenti di coscienza che li separano saranno eliminati.

*

Tat apparirà allora in tutta la sua verità, l'Assoluto Supremo, 'l'Uno-in-Due', l'uno interamente nell'altro ed entrambi uniti in una Esistenza, una Coscienza ed una Gioia ineffabili.
Sat è la verità infinita ed eterna di Saccidananda pronta per manifestarsi. E' l'Esistenza Una; i 'Due-in-Uno' esistono ognuno in sé stesso, ognuno perfetto nell'altro.
OM è la manifestazione. La Mahasakti si protende dal Supremo per creare. Nella manifestazione eterna i 'Due-in-Uno' sono evidenti l'uno all'altro; la loro identità e la loro unione sono il fondamento della diversità di questo gioco di manifestazione ed è questa verità che rende la manifestazione stabile ed eterna.
Nella creazione temporale Sat sembra separato da Cit e da Ananda. Perciò il gioco dell'incoscienza diviene possibile e similmente la creazione dell'Ignoranza, di una Maya ignorante. La Cit-Sakti deve rivelare il Sat Purusha a se stessa ed alla sua creazione per poterlo incontrare e recuperare così la vera identità e la vera unione nell'Ananda. Sembra uscire da lui ma in ogni momento lei è in lui e lui in lei. E' questa la verità segreta che deve essere manifestata e resa effettiva; la sua scoperta è il segreto della nuova creazione nella quale il supercosciente e l'incosciente diventeranno coscienti e saranno pervasi dal Saccidananda supremo, 'l'Uno-in-Due' ed i 'Due-in-Uno'.
Allora la manifestazione temporale verrà ricreata ad immagine della Verità. Sarà in armonia con la manifestazione eterna, costituita da ciò che procede direttamente dall'Eterno, poiché attraverso l'Ananda ed il Supermentale la manifestazione eterna sottointende alla creazione temporale e sostiene segretamente i suoi movimenti involutivi ed evolutivi.

 


LA MAHASAKTI SUPREMA
Il nome segreto della Mahasakti suprema significa:

°Amore, Gioia cioè Ananda, mayobhuh…radha
° Potere di Conoscenza Creatore e Formatore cioè Cit-Tapas, mahamaya, paraprakrti
° Sostegno, Protezione, Diffusione cioè Sat.

Il Supremo è Ananda che unifica la Coscienza e l'Esistenza in un unico Potere (Sakti).

*

Ogni cosa è creata dalla Dea Suprema, la Mahasakti Suprema e Originaria; ogni cosa procede da lei, tutto vive per causa sua, tutto vive in lei e lei vive in ogni cosa. Ogni forma di saggezza e di conoscenza sono la sua saggezza e la sua conoscenza; ogni potere è il suo potere, tutta la volontà e la forza sono la sua volontà e la sua forza; ogni azione è la sua azione ed ogni movimento il suo movimento. Tutti gli esseri sono parte del suo potere di esistenza.


*


'Sette volte sette' sono i piani di esistenza della Dea Suprema, i livelli ascendenti e discendenti dell'Adya-sakti Universale, che trascende il Divino.
Sopra troviamo i triplici sette piani supremi di Sat-Cit-Ananda, Satyam rtam brhat ; nel mezzo i sette piani della Verità e Vastità Divine, Mahad Brahma, trih sapta parama padani matuh ; sotto si trovano i i triplici sette gradi di ascesa e discesa nel mondo evolutivo dell'esistenza terrena.
Queste tre gradazioni sono la Supermente o Mente-di-Verità con i suoi sette soli; la Vita con i suoi sette Loti e la Terra con le sue sette Gemme.
I sette loti sono i sette cakra della tradizione Tantrica, che scendono dalla Mente (Sahasraradala, Ajna, Visuddha, Anahata) che raccoglie la Vita, attraverso la Vita come Forza d'azione (Manipura, Svadhisthana) , fino alla Vita involuta nella Materia (Muladhara).
Questi sette centri vitali sono in se stessi centri di Verità nella Vita, come ognuno dei sette Soli è un cuore ardente di Verità nello splendore dell'Esistenza e della Mente Divina; ma questi loti sono stati velati, chiusi, limitati alle loro energie occulte, dall'Ignoranza. Da ciò derivano l'oscurità, la falsità, la morte e la sofferenza tipiche della nostra esistenza.
Le Gemme della Madre Terra sono in essenza sette Centri di Verità, ma sono stati imprigionati nell'oscurità, fossilizzati nell'immobilità, velati, chiusi, limitati alle loro energie occulte, dalla durezza, dall'oscurità e dall'inerzia dell'Incoscienza materiale.
Liberare questi poteri attraverso la discesa luminosa ed ardente dei Soli della Supermente e svelare l'ottavo Sole di Verità nascosto nella Terra, nell'oscurità dell'Incoscienza, nella caverna di 'Vala' e dei suoi 'Pani' è il primo passo verso la restituzione della Madre Terra alla divinità che le è propria e verso il ritorno dell'esistenza terrestre alla luce originaria, alla verità, alla vita ed alla Gioia del puro Ananda.

I SETTE SOLI DELLA SUPERMENTE

1. Il Sole della Verità Supermentale, il Potere di Conoscenza che dà origine alla creazione supermentale. Discende nel Sahasradala.

2. Il Sole della Luce e del Potere di Volontà Supermentale, che trasmette il Potere di Conoscenza sotto forma di visione dinamica ed ordine di creare, costituire ed organizzare la creazione supermentale. Discende nel Ajna cakra, il centro tra le sopracciglia.

3. Il Sole del Verbo Supermentale, che incarna il Potere di Conoscenza reso capace di esprimere e dare ordine alla creazione supermentale. Discende nel cakra della Gola.

4. Il Sole dell'Amore, della Bellezza e della Gioia Supermentale, che diffonde lo Spirito del Potere di Conoscenza per vivificare ed armonizzare la creazione supermentale. Discende nel Loto del Cuore.

5. Il Sole della Forza Supermentale, resa dinamica come potere e sorgente di vita per sostenere la creazione supermentale. Discende nel cakra dell'Ombelico.

6. Il Sole dei Raggi della Vita (Raggi di Potere), che distribuisce la forza riversandola in forme concrete. Discende nel penultimo cakra.

7. Il Sole dell'Energia-Sostanza e dell'Energia-Formatrice, resa capace di dar corpo alla vita supermentale e di stabilizzare la creazione. Discende nel Muladhara.

I SETTE CENTRI DELLA VITA

1. Il Loto dai mille petali, situato sopra la testa con la base nel cervello. Base o supporto della Vita-Mente per il Sovramentale; centro che introduce alla Mente illuminata.

2. Il centro tra le sopracciglia in mezzo alla fronte. Volontà, visione, potere interiore di creatività mentale interiore, Mente attiva e dinamica.

3. Il Centro della gola. Espressione verbale, mente esteriore, tutta l'espressione e la creatività esteriore.

4. Il Loto del Cuore. Esteriormente è la mente emotiva, il mentale vitale; interiormente è il cuore del centro psichico.

5. Il centro dell'ombelico. Il Vitale propriamente detto; il centro della forza vitale.

6. Il centro intermedio tra l'ombelico ed il Muladhara. Il Vitale inferiore; connette i centri superiori con la dimensione fisica.

7. L'ultimo centro o Muladhara. Supporto materiale per Il vitale; introduce alla dimensione fisica.

Tutto ciò che sta al di sotto è fisico subcosciente.

L'ASSOLUTO SUPREMO CONTENUTO IN SE STESSO

Primo Assoluto - Tat. L'Assoluto Trascendente, il Supremo, Paratpara (che contiene tutto e non è limitato da nulla).

Secondo Assoluto - Sat. L'Esistenza Assoluta contenuta in se stessa, Saccidananda, (Ananda che unifica Sat e Cit), che mantiene nella propria assoluta unità il Principio duale (Lui e Lei, sah e sa) ed il principio quadruplice, OM con i suoi quattro stati in uno.

Terzo Assoluto - Aditi - M [La Madre] . Aditi coscienza, forza e Ananda inseparabili del Supremo; M [La Madre] e la sua forza vivente, l'Amore supremo, la Saggezza, il Potere. Adya-Sakti del Tantra = Parabrahman.

Quarto Assoluto - Parameshwara della Gita = Parameshwari del Tantra.

 

 

 

 

 

 


LA MANIFESTAZIONE
I

Primo Assoluto - L'Avyakta Supremo Nascosto. Saccidananda, Parabrahman (Parameshwara-ishwari) involuto.

Secondo Assoluto - Aditi - M [La Madre] che contiene in sé il Supremo. La Coscienza, la Forza e la Gioia Divine che sostengono gli universi - Para Sakti, Para Prakrti, Mahamaya (yayedam dharvate jagat).

Terzo Assoluto - La Manifestazione Eterna ( I Satya loka, Chaitanya loka, Tapoloka, Ananda loka Supremi, non quelli del livello mentale).



II


 

 

LA SCALA DELLA COSCIENZA

IL SUPREMO
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Saccidananda - Non Manifesto, che rende possibile ogni forma di manifestazione.
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SACCIDANANDA NELLA MANIFESTAZIONE
I Piani Supremi della Coscienza Infinita

1. Sat (che implica Cit-Tapas e Ananda
2. Cit (che implica Sat e Ananda)
3. Ananda (che implica Sat e Cit Tapas).
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SUPERMENTE (SUPERMIND) O GNOSI DIVINA
(Coscienza Infinita che Si Autodetermina)

Dal punto vista del nostro cammino ascendente questa è la Coscienza di Verità, distinta da tutto ciò che sta al di sotto e che appartiene all'Ignoranza separatrice.
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SOVRAMENTE (OVERMIND) O MAYA
(L'Overmind riceve tutta la Verità dalla Supermente, ma organizza ciascuna Verità come una forza ed un'idea separata capace di entrare in conflitto o di cooperare con le altre. Ogni essere sovramentale ha il proprio mondo, ogni forza ha il proprio disegno e si manifesta per giungere alla propria realizzazione nel gioco cosmico. Ogni cosa è possibile e da tale combinazione di possibilità conflittuali e magari mutuamente esclusive, deriva anche, non appena entrano in gioco la mente, la vita e la materia, la possibilità dell'ignoranza, dell'incoscienza, della falsità, della sofferenza e della morte.)
 


LE GRADAZIONI DALLA SOVRAMENTE (OVERMIND) ALLA MENTE
 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quarta Sezione

 


L'uomo ed il Superuomo

L'UOMO E LA SUPERMENTE


L'uomo è un essere di transizione, non definitivo, perché in lui e al di sopra di lui inizia il radioso cammino ascendente che conduce alla 'superumanità' divina.
La transizione dall'uomo al superuomo è la prossima realizzazione dell'evoluzione terrestre. In ciò consiste il nostro destino e la chiave per liberare la nostra esistenza umana, protesa verso il Divino ma limitata e travagliata, destino inevitabile perché è l'intenzione dello Spirito e la logica conseguenza del processo Naturale.
La comparsa di una possibilità umana in un mondo materiale e animale fu il primo bagliore di una Luce divina che doveva venire, la prima remota manifestazione di una divinità che doveva emergere dalla Materia; la comparsa del superuomo nel mondo umano sarà il compimento di quella lontana splendida promessa.
La differenza tra l'uomo ed il superuomo sarà la differenza tra la mente ed una coscienza così superiore quanto la coscienza mentale lo è rispetto a quella della pianta o dell'animale; la caratteristica peculiare dell'uomo è la mente, l'essenza tipica del superuomo sarà la supermente o gnosi divina.
L'uomo è mente imprigionata, velata e circoscritta in un corpo vivente precario e non completamente cosciente. Il superuomo sarà un'entità supermentale che abiterà ed userà liberamente un corpo cosciente e plastico all'azione delle forze spirituali. Il suo corpo fisico sarà un supporto stabile ed uno strumento adeguato all'azione ed al lavoro dello spirito divino nella Materia.
La Mente, anche nel suo aspetto più puro, libero e privo di impedimenti, non è la massima espressione della coscienza, perché non è in possesso della Verità; è soltanto un contenitore imperfetto, uno strumento ignorante affamato di verità, che cerca avidamente di saziare la propria fame con il nutrimento inadeguato di un ammasso di falsità o mezze verità.
Oltre la mente esiste il potere di coscienza supermentale o gnostico, che è eternamente cosciente della Verità; tutti suoi moti, i suoi sentimenti, le sue emozioni, le sue azioni e tutti i suoi modi di manifestarsi sono luminosi ed istintivamente connessi alla vera realtà intima delle cose e non possono che esprimere tale realtà.
La supermente o gnosi è. nella sua natura originaria e nella sua manifestazione. saggezza infinita ed infinita volontà. Alla sorgente è la coscienza dinamica del Divino Conoscitore e Creatore.
Nel manifestarsi sempre più chiaro e definito della forza dell'Unica Esistenza, un aspetto di questo potere discende nella nostra natura umana limitata; allora e soltanto allora l'uomo può superare se stesso e conoscere, agire e creare in maniera divina, per diventare, infine, una parte cosciente dell'Eterno. Nascerà il superuomo, non un essere mentale magnificato ma un potere supermentale incarnato nella nuova vita del corpo terrestre trasformato. Il raggiungimento di una 'superumanità' gnostica è la prossima vittoria trionfale che deve essere riportata dallo spirito disceso nella natura terrestre.
Un sole segreto di Potere, Gioia e Conoscenza sta sorgendo dalla coscienza materiale nella quale la nostra mente lavora in condizioni di schiavitù, simile ad un demiurgo disorientato ed impotente; la supermente sarà la forma corporea di quello splendore radioso.
Il superuomo non è l'uomo che ha raggiunto il suo zenit naturale, né un maggior grado di grandezza umana, di conoscenza, di potere, intelligenza, volontà, carattere, genialità, potere d'azione, santità, amore, purezza o perfezione. La supermente va oltre l'uomo mentale ed i suoi limiti, è una coscienza più grande della massima coscienza possibile per la natura umana.
L'uomo è un essere dei mondi mentali e le sue facoltà mentali operano in essi oscurate e degradate da un cervello fisico, private dei loro poteri più tipicamente divini ed incapaci di influenzare la vita se non entro limiti angusti e precari. Anche negli uomini più evoluti le possibilità luminose di forza e libertà suprema sono ostacolate da questa dipendenza. Molto spesso e nella maggioranza degli uomini la mente è soltanto un servitore, un fornitore di divertimenti a disposizione delle necessità e degli interessi della vita e del corpo.
Il superuomo sarà invece un Re Gnostico della Natura; la supermente anche all'inizio della sua evoluzione si manifesterà in lui come un raggio di eterna onniscienza ed onnipotenza. Sovrano ed irresistibile, dominerà gli strumenti mentali e fisici e, tenendosi al di sopra ed al tempo stesso compenetrando e possedendo gli aspetti inferiori, trasformerà la mente, il vitale ed il corpo nella sua stessa natura luminosa e divina.
L'uomo in se stesso non è molto più che un'ambiziosa nullità. Egli è ristrettezza che tende ad un'ampiezza irraggiungibile, piccolezza che anela ad una grandezza che lo trascende, un nano innamorato delle altezze. La sua mente è un raggio oscurato dello Splendore della Mente Universale; la sua vita un'onda che lotta, esulta e soffre, un momento della Vita Universale mosso dal desiderio e dalla passione e soggetto al dolore, un momento insignificante che si affanna scioccamente nella propria cecità. Il suo corpo è una particella effimera dell'universo materiale. Un'anima immortale è nascosta in qualche parte di lui e manifesta di tanto in tanto scintille della propria presenza ed uno spirito eterno lo sovrasta e lo copre con le sue ali e sostiene con il proprio potere la continuità dell'anima nella natura umana. Ma questo spirito potente è ostacolato nella sua discesa dalla rigida armatura della personalità e la radiosa anima interiore è avvinta, inibita ed oppressa dalla materia densa che la riveste. Soltanto in pochi è raramente attiva, nella maggior parte è difficile persino percepirne la presenza. L'anima e lo spirito nell'uomo sembrano esistere al disopra ed oltre la sua natura piuttosto che essere parte della sua realtà visibile; subliminali nel suo essere interiore o supercoscienti in qualche stato non ancora raggiunto, costituiscono per la sua coscienza esteriore delle possibilità piuttosto che delle realtà attualizzate. Lo spirito è in gestazione, non ancora nato, nella Materia.
Questo essere imperfetto con la sua coscienza limitata, confusa, disordinata e quasi sempre inefficace, non può rappresentare il fine e la sommità della realizzazione della misteriosa ondata ascendente della Natura. C'è qualcos'altro che deve essere fatto scendere dall'alto e che ora si manifesta soltanto con sporadici bagliori che filtrano attraverso improvvise brecce presenti nel muro mastodontico dei nostri limiti. E c'è qualcos'altro che deve evolvere dal basso, che giace addormentato sotto il velo della coscienza mentale dell'uomo o si manifesta parzialmente con dei flash, come la vita che giaceva addormentata nella pietra o nel metallo, come la mente che dormiva nella pianta o la ragione nascosta nei recessi della memoria dell'animale, velata da un apparato emotivo, sensoriale ed istintivo imperfetto.
C'è in noi qualcosa di inespresso, che deve essere reso manifesto da un'illuminazione avvolgente che scende dall'alto. Nei nostri recessi più profondi vive imprigionata una divinità ed una divinità ancora più grande è pronta a discendere dalle sommità supermentali. Il segreto del nostro futuro sta nell'unione tra quella discesa e la forza risvegliata in noi.
La grandezza dell'uomo non sta in ciò che è ma in ciò che rende possibile. La sua gloria sta nell'essere il laboratorio segreto nel quale il divino Artefice sta preparando la 'superumanità'. Egli partecipa ad una grandezza ancora maggiore perché, diversamente dalle forme inferiori della creazione, gli è permesso di essere parte cosciente del cambiamento divino. Il suo libero assenso, la sua volontà e la sua consacrazione sono necessari perché nel suo corpo possa discendere la gloria che lo sostituirà. La sua aspirazione è la voce della terra che chiama il Creatore supermentale. Se la terra chiama ed il Supremo risponde, proprio questo istante può essere il momento di quella trasformazione immensa e gloriosa.

 

L'INVOLUZIONE E L'EVOLUZIONE DELLA DIVINITA'

L'involuzione di uno Spirito supercosciente nella Materia incosciente è la causa segreta di questo mondo visibile. La soluzione dell'enigma terrestre è l'evoluzione graduale di una coscienza ed un potere infiniti, nascosti in una Natura apparentemente inerte ed insensibile, spinti ad emergere da una forza inarrestabile. La vita terrestre è la dimora scelta da una grande Divinità e ed il suo volere incommensurabile muterà questa buia prigione in uno splendido palazzo, in un tempio che arriva fino al cielo.
La presenza della Divinità nel mondo è un enigma per la mente, ma alla nostra coscienza che si va ampliando sempre più sembrerà una presenza normale ed inevitabile. Liberati, entreremo nella stabilità immutabile di un'esistenza eterna che rivela la propria molteplicità assumendo innumerevoli forme mutevoli. Illuminati, diverremo consapevoli della luce indivisibile e della coscienza infinita che erompono in aggregazioni multiformi ed in molteplici rivoli di conoscenza. Dotati di un potere sublime, condivideremo l'azione incontenibile di una forza onnipotente che opera le proprie meraviglie a partire dalle limitazioni che ha scelto di avere. Centrati in una gioia perfetta, sperimenteremo la calma e l'estasi di una Delizia incommensurabile, di una gioia creatrice e comunicativa che si esprime eternamente con onde e ritmi molteplici, che manifesta se stessa ed il mondo in ondate di intensità sempre crescente, ondate che alternativamente si rivolgono verso l'esterno e verso l'interno. Tale, dato che siamo in essenza manifestazioni di quello Spirito, sarà la natura della nostra quadruplice esperienza nel momento in cui la Divinità in evoluzione manifesterà la propria azione senza più veli.
Se la manifestazione si fosse svelata completamente fin dall'inizio, non ci sarebbe stato nessun problema terrestre, nessun tormento di crescita, nessuna faticosa ricerca di conoscenza, forza e gioia, nessun anelito ad un'esistenza immortale da parte della mente, della volontà e del corpo. Ma questa Divinità, sia in noi, che al di fuori di noi, nelle cose, nelle forze e nelle creature iniziò con un'involuzione nell'incoscienza della Natura e cominciò dalla manifestazione di ciò che si manifesta come il suo opposto. Da un'incoscienza, un'inerzia ed un'insensibilità cosmiche, da un camuffamento iniziale simile alla non esistenza, lo Spirito involuto nella Materia ha scelto di evolvere e di dar forma al proprio potere, alla propria luce, infinità e beatitudine in una sostanza recalcitrante e solo parzialmente duttile.
Il significato dell'evoluzione terrestre sta nella liberazione lenta e progressiva dello Spirito latente. Il cuore del mistero è l'apparizione faticosa, il lento divenire di Qualcosa o Qualcuno di divino già involuto nella Natura fisica. Lo Spirito è là con tutto il suo potenziale, a porre le basi della propria presenza nella sua stessa sostanza che ancora resiste. I movimenti successivi che portano all'emergere della vita, della mente, dell'intuizione, dell'anima, della supermente e della luce della Divinità sono già là, bloccati e compressi nel potere primigenio e nelle prime espressioni della Materia. Prima di qualunque evoluzione doveva necessariamente esserci l'involuzione del Divino Tutto che dovrà emergere, altrimenti non ci sarebbe stata un'evoluzione ordinata e dotata di significato ma una creazione continua di cose imprevedibili, non contenute, ne derivanti da ciò che le precede.
Il mondo non è un'insieme apparentemente ordinato, gestito in modo fortuito da un Caso inesplicabile e nemmeno un meraviglioso ingranaggio ideato da una Forza incosciente o da una Necessità meccanica casualmente fortunate. Non è nemmeno una struttura concepita dalla fantasia o dalla volontà di un Creatore esterno e quindi necessariamente limitato. Ognuna di queste soluzioni, concepibili dalla mente, può spiegare un lato, un aspetto della realtà del mondo, ma esiste una verità più grande che sola può unire con successo tutti gli aspetti e svelare completamente l'enigma.
Se tutto fosse davvero il risultato del Caso cosmico, non ci sarebbe alcuna necessità di un'ulteriore evoluzione; niente di superiore alla mente dovrebbe apparire nel mondo materiale, - come non sarebbe stato necessario che la mente si manifestasse nel vortice della materia, cieco e privo di significato. La coscienza stessa sarebbe solo un'apparizione casuale, uno strano riflesso allucinatorio, un fantasma originato dalla Materia.
Se tutto ciò che esiste fosse il risultato dell'azione di una Forza meccanica, la manifestazione della mente non sarebbe stata necessaria al funzionamento dell'ingranaggio; questa invenzione meccanica e cieca, più sottile ma anche meno efficace, non sarebbe stata indispensabile. Nessun fragile cervello pensante avrebbe dovuto arrovellarsi per comprendere i complessi meccanismi del primo automa infallibile. Una supermente aggiunta a questa complessità brillante e penosa sarebbe stata ancora più superflua, una sorta di luminosa insolenza, nient'altro che l'assurda pretesa di una coscienza transitoria che si crede capace di governare e possedere la grande Forza incosciente che l'ha creata. O se un Creatore esterno e perciò limitato, in vena di esperimenti, fosse l'inventore della vita animale soggetta al dolore, della mente umana maldestra e pasticciona e di questo enorme universo in gran parte inutilizzato ed inutile, non ci sarebbe ragione per cui non avrebbe dovuto troncare lo sviluppo di un'intelligenza mentale nelle sue creature, pago dell'ingegnosità del proprio lavoro. Anche se fosse onnipotente ed onnisciente avrebbe potuto fermarsi lì perché, proseguendo, la creatura avrebbe rischiato di avvicinarsi troppo al livello del proprio Artefice.
Se d'altra parte è vero che uno Spirito infinito, una Presenza Divina eterna, una Coscienza, una Forza e una Gioia Divine sono involute e nascoste nella materia ed emergono lentamente, allora è inevitabile che i loro poteri, o i livelli ascendenti dell'unico potere, debbano emergere l'uno dopo l'altro fino a che non sia manifestata la pienezza della gloria ed una potente Realtà divina sia resa incarnata, dinamica e visibile.
Tutte le nostre idee sulla natura delle cose sono considerazioni inconcludenti della nostra ragione assolutamente carente che cerca, nella sua visione limitata e nella sua pretesa autosufficienza, di valutare la probabilità dell'esistenza di un ordine universale che si sottrae ad ogni speculazione e rimane comunque e sempre un enigma. Il vero testimone e scopritore è la nostra coscienza che cresce; tale coscienza è al tempo stesso la manifestazione ed il potere del Divino in evoluzione; la sua crescita oltre l'incoscienza apparente dell'universo materiale è l'evento fondamentale, costante e progressivo della lunga storia della terra.
Soltanto quando questa coscienza divina potrà ergersi nella pienezza del proprio potere conosceremo direttamente noi stessi ed il mondo, invece di afferrare brandelli di una parvenza di conoscenza. Il pieno potere della coscienza è la supermente o gnosi, - supermente perché per raggiungerla dobbiamo andare oltre ed ergerci al di sopra della mente, allo stesso modo in cui la mente ha superato la vita e la materia incosciente, gnosi perché da sempre in possesso della Verità ed essenzialmente costituita della sostanza dinamica della conoscenza.
La vera conoscenza delle cose è preclusa alla nostra ragione, perché la ragione non è il potere essenziale del nostro spirito ma solo un espediente, uno strumento di transizione destinato ad interagire con la superficie delle cose e con i processi fenomenici. La vera conoscenza comincia solo quando la nostra coscienza può oltrepassare i suoi normali limiti nell'uomo: solo allora diviene direttamente consapevole del proprio sé e del Potere nel mondo ed inizia ad avere almeno un minimo di conoscenza per identità, l'unica vera conoscenza. Da allora in poi sa e vede, non più tramite la ragione che brancola tra informazioni esterne, ma attraverso un'esperienza sempre più forte e luminosa che illumina il sé ed il tutto. Infine diventerà una parte cosciente del Divino che si manifesta nel mondo; la sua vita diventerà uno strumento di evoluzione cosciente per quel Divino involuto che non è ancora rivelato nell'universo materiale.


L'EVOLUZIONE DELLA COSCIENZA

Tutta la vita è uno stadio, una manifestazione, dell'evoluzione progressiva dello Spirito che si dischiude e si rivela dopo essersi involuto nella Materia e che sta lavorando per manifestarsi in quella sostanza recalcitrante. Questo è il vero segreto della vita terrestre.
Non dobbiamo però cercare la chiave per svelare il segreto nella vita o nel corpo; il geroglifico non è nell'embrione o nell'organismo, puri mezzi fisici: l'unico mistero significativo dell'universo è l'apparizione e lo sviluppo di una coscienza nell'enorme muta ottusità della Materia. L'emergere della Coscienza da quella che poteva sembrare inizialmente un'Incoscienza, - ma si trattava solo apparentemente di incoscienza perché la coscienza è sempre esistita in forma mascherata e latente, poiché l'incoscienza della Materia non è altro che coscienza imbavagliata, la lotta che la Materia compie per ritrovarsi, per raggiungere la completezza che le è propria, per ritrovare la perfezione, la gioia, la luce, la forza, la regalità, l'armonia, la libertà, - tale è il miracolo continuo e naturale, il fenomeno onnicomprensivo di cui siamo al tempo stesso osservatori e parti coinvolte, strumenti e veicoli.
La Coscienza, l'Essere, il Potere, la Gioia erano qui fin dall'inizio, profondamente imprigionati nella propria apparente negazione, in questa notte primigenia, nell'oscurità e nell'ignoranza della Natura materiale. Ciò che è, ed è sempre stato, libero, perfetto, eterno ed infinito, Ciò che è il tutto, Ciò che chiamiamo Dio, Brahman, Spirito, si è rinchiuso nei propri opposti. L'Onnisciente è sprofondato nell'Ignoranza, la Coscienza Pura si è mutata in Incoscienza, l'Eterna Saggezza è divenuta Ignoranza perpetua. L'Onnipotente si è rivestito di un'Inerzia cosmica che crea per mezzo della disintegrazione; l'Infinito si manifesta in una frammentazione illimitata; la Pienezza della Gioia si è ammantata di un'enorme insensibilità per superare la quale lotta attraverso il dolore, la fame, il desiderio e la sofferenza. In qualunque altro luogo il Divino è; qui nella vita fisica, nell'oscuro mondo materiale sembra quasi che il Divino non sia un essere ma soltanto un divenire. Theos ouk estin alla gignetai. Il divenire, l'emergere graduale del Divino dai suoi opposti fenomenici è il significato ed il fine dell'evoluzione terrestre.
L'essenza dell'evoluzione non è lo sviluppo di un corpo sempre più organizzato, o di una vita sempre più efficiente, essendo questi soltanto strumenti e fenomeni esteriori. L'evoluzione è la lotta che la Coscienza addormentata nella Materia compie per risvegliarsi e ritrovare la propria libertà, per riconquistare se stessa e tutte le proprie possibilità, le più estreme, le più ampie, le più vaste e le più elevate. L'evoluzione è l'emancipazione di un'Anima che si rivela a Se stessa, nascosta nelle Forme e nelle Forze, è il lento divenire di una Divinità, la crescita di uno Spirito.
L'uomo mentale non è la meta ed il fine di tale evoluzione, né il suo valore globale o il suo significato ultimo e più elevato; egli è ancora troppo piccolo ed imperfetto per essere il coronamento di questo potente travaglio della Natura. L'uomo non è il fine; è soltanto un termine intermedio, un essere di transizione, uno strumento intermedio dell'evoluzione.
La natura dell'evoluzione e la posizione intermedia dell'uomo non sono immediatamente evidenti; ad un osservatore esterno può sembrare che l'evoluzione, almeno quella fisica, sia finita molto tempo fa, producendo l'uomo come suo misero risultato migliore, e che non possano apparire nuovi esseri o creazioni superiori. Ma tutto ciò ci sembra vero finché guardiamo solo alle forme esteriori e non prestiamo attenzione all'intimo significato dell'intero processo. La materia, il corpo, la vita sono i fondamenti necessari al lavoro che doveva essere fatto. Non nascono nuove forme di vita perché la Forza Evolutiva non si occupa ora, o almeno non in modo preponderante, di far evolvere nuovi esseri, ma piuttosto nuovi poteri di coscienza. Creando un corpo eretto e capace di pensare, di progettare, di interrogare se stesso ed il mondo, di agire coscientemente su se stesso e sulle cose, la Natura, il Potere Divino, ha raggiunto ciò che il Suo fine segreto richiedeva; relegando ogni altra cosa nella sfera dei movimenti secondari, si è indirizzata verso il suo scopo a lungo celato e verso le sue forze più elevate. Tutto fino a quel momento è stato una lunga preparazione estremamente lenta; comunque in tutto questo lavoro lo sviluppo della coscienza che giunge nell'uomo al punto cruciale di svolta è rimasto celato nella Natura come suo unico vero scopo.
Questa lenta preparazione ha richiesto eoni e spazi infiniti nei quali pareva non esistere altro fine; il vero scopo ci si presenta, almeno quando guardiamo con l'occhio esterno della ragione, come un evento accidentale avvenuto quasi alla fine, in un attimo brevissimo, in un piccolissimo angolo insignificante di una delle più piccole regioni di uno tra i tanti, infiniti universi. Potremmo comunque rispondere che il tempo e lo spazio non hanno alcuna importanza per l'Infinito e l'Eterno; per Quello non è uno spreco di energia - come lo sarebbe per le nostre brevi esistenze limitate dalla morte - lavorare miliardi di anni per sbocciare solo per un istante. Ma il paradosso è solo apparente - perché la storia della nostra terra non è l'intera storia dell'evoluzione - altre terre esistono altrove, e anche qui sul nostro pianeta sono esistiti molti cicli prima di noi e molti ne verranno.
La Natura ha lavorato innumerevoli milioni di anni per creare un universo materiale di soli ardenti e di sistemi planetari; per un numero minore ma sempre enorme di milioni di anni si è degnata di rendere la terra un pianeta abitabile. Per tutto quel tempo incalcolabile era o sembrava occupata solo con l'evoluzione della Materia; la vita e la mente era tenute segrete in un'apparente non esistenza. Ma venne il tempo in cui la vita poteva avere una possibilità di manifestarsi: la vibrazione nel metallo, la crescita, lo sforzo, lo strattone e la tensione verso l'esterno della pianta, una forza e una sensibilità istintiva, un miscuglio di gioia e dolore, fame, emozione, paura e lotta nell'animale, - una prima coscienza organizzata, l'inizio del miracolo a lungo atteso. Da allora la Natura non si occupò più esclusivamente della Materia in quanto tale, ma della materia palpitante, del plasma utile per l'espressione della vita; l'evoluzione della vita divenne il suo unico scopo. E lentamente anche la mente iniziò a manifestarsi nella vita, una mente dominata dall'emozione e capace di pensieri e progetti molto rudimentali nell'animale, un apparato totalmente organizzato nell'uomo, un essere mentale in via di sviluppo seppure ancora imperfetto, Manu, la creatura capace di pensare, progettare, aspirare, già dotata di autocoscienza. E da quel momento in poi la splendida preoccupazione della Natura, la sua grandiosa scommessa è stata lo sviluppo della mente e non un cambiamento radicale della vita. Il corpo pareva non evolvere oltre; la vita stessa nei suoi cicli evolveva solo quel tanto che serviva per l'espressione della Mente che si elevava ed espandeva il proprio potere nel corpo vivente; un'evoluzione celata ed interiore divenne da quel momento la più grande passione della Natura ed il suo unico fine.
Se la Mente fosse tutto ciò che la coscienza è in grado di ottenere, se fosse la Divinità segreta, se non vi fosse nulla di più elevato, di più vasto, di più miracoloso, l'uomo potrebbe essere lasciato a perfezionare la propria mente ed a completare il proprio essere, e niente oltre a questo sarebbe necessario, niente di più per raggiungere la sommità della coscienza, per portarla all'estrema vastità e per tuffarsi nelle sue insondabili profondità. Perfezionando se stesso l'uomo porterebbe a compimento la Natura. L'evoluzione terminerebbe in un Uomo-Dio, coronamento dei cicli terrestri.
Ma la Mente non è tutto, perché oltre la mente c'è una coscienza più grande, esistono una supermente ed uno spirito. Come la Natura ha lavorato nell'animale, l'essere vitale, per giungere a manifestare l'uomo, Manu, il pensatore, così sta lavorando nell'uomo, l'essere mentale, per riuscire a manifestare una divinità spirituale e supermentale, il Veggente consapovole della verità, colui che conosce per identità, il Trascendentale e l'Universale incarnati nella natura individuale.
Dalla zolla, al metallo, alla pianta, dalla pianta all'animale, dall'animale all'uomo, fin qui ha compiuto il suo viaggio; un enorme sforzo ed un balzo stupefacente l'attendono ancora. Come è già passata dalla materia alla vita e dalla vita alla mente, così ora deve passare dalla mente alla supermente, dall'uomo al superuomo; questo è il golfo sul quale deve gettare un ponte, il miracolo supremo che deve compiere prima di poter smettere di lottare e di aspirare, per esistere nella radiosità di quella coscienza suprema, glorificata, trasfigurata e paga del proprio lavoro.
Il subumano era un tempo il suo vertice supremo, l'umano che lo ha sostituito sfida ora il Tempo, ma, scopo e meta del futuro, il supermentale, il superuomo attendono di manifestarsi, una gloria di là da venire attende di essere raggiunta.


IL SENTIERO

Lo Yoga supermentale è al tempo stesso un'ascesa verso Dio e una discesa della Divinità nella natura incarnata.
L'ascesa si può ottenere soltanto con l'aspirazione dell'anima, della mente, del vitale e del corpo, un'aspirazione potente e totale verso l'elevazione; la discesa avviene solo quando l'intero essere invoca con tutto sé stesso il Divino infinito ed eterno. Se l'invocazione e l'aspirazione esistono o nascono e crescono fino ad impossessarsi dell'intera natura, allora e solo allora sono possibili l'elevazione e la trasformazione sovramentali.
L'invocazione e l'aspirazione sono solo requisiti di base; devono esserci anche come loro conseguenza un'apertura dell'intero essere al Divino ed una resa totale. L'apertura è un allargarsi dell'intera natura a tutti i livelli ed in tutte le sue parti per accogliere in se stessa senza alcun limite la più vasta Coscienza divina, Coscienza che già sovrasta, sostiene ed ingloba l'esistenza mortale e semicosciente.
Nel ricevere non ci deve essere alcuna incapacità di contenere, nessuna incrinatura del sistema, della mente, del vitale, dei nervi e del corpo a seguito dello stress indotto dalla trasformazione. E' necessaria una ricettività infinita, una capacità crescente di sopportare l'azione della Forza divina sempre più insistente e forte. Senza tutto ciò non è possibile fare nulla di grande e duraturo; lo Yoga sfocerà in una rottura, in un rallentamento inerte o in un arresto invalidante e disastroso di un processo che deve essere assoluto ed integrale per non fallire.
Ma dato che nessun sistema umano dispone di una ricettività infinita e di una capacità infallibile, lo Yoga supermentale può avere successo solo se la discesa della Forza Divina aumenta il potere personale e pareggia la forza dell'essere che riceve con la Forza che scende dall'alto per agire sulla natura di colui che riceve.
Ciò è possibile solo se da parte nostra c'è un abbandono progressivo dell'essere nelle mani del Divino; è necessario un assenso totale ed immancabile, una volontà coraggiosa di lasciare che il Potere Divino faccia in noi tutto ciò che è necessario per il lavoro da compiere.
L'uomo non può con il suo solo sforzo superare la propria umanità; l'essere mentale non può da solo, senza alcun aiuto, divenire lo spirito supermentale. Solo la discesa della Natura Divina può divinizzare il ricettacolo umano, perché i poteri della nostra mente, del vitale e del corpo sono costretti dai loro limiti e per quanto possano innalzarsi o espandersi non possono oltrepassare i limiti naturali. Ad ogni modo, l'uomo mentale può aprirsi a ciò che lo trascende ed invocare la discesa della Luce, della Verità e del Potere supermentali perché compiamo in lui ciò che la mente non può fare. Se la mente non può da sola superare se stessa, la supermente può discendere e trasformarla a propria immagine.
Se con il consenso sagace e l'abbandono vigile dell'uomo il Potere supermentale ha il permesso di agire in accordo alla propria intuizione profonda ed alla propria capacità di plasmare, produrrà lentamente o improvvisamente la trasformazione divina della nostra natura caduta ed imperfetta.
La discesa della Forza, il lavoro, non è priva di cadute rischiose o di pericoli. Se la mente umana o il desiderio vitale si impossessano della forza che discende e cercano di usarla in accordo alle loro idee fallaci e limitate o ai loro impulsi egoistici ed imperfetti, - è ciò è in certa misura inevitabile finché l'essere inferiore non ha imparato qualcosa sul sentiero che conduce alla natura immortale,- non si possono evitare intoppi, deviazioni, ostacoli ardui ed apparentemente insuperabili, ferite e sofferenze ed anche la morte o la caduta totale non sono impossibili. Solo quando la mente, il vitale ed il corpo avranno appreso ad abbandonarsi totalmente al Divino, il cammino dello Yoga diventerà facile, diretto, rapido e sicuro.
E deve trattarsi di un abbandono ed un'apertura diretti unicamente verso il Divino e non verso qualcos'altro. Infatti è possibile per una mente ottusa o per un vitale impuro arrendersi a forze ostili e antidivine scambiandole per il Divino. Non c'è errore più catastrofico. Perciò il nostro abbandono non deve essere passività cieca ed inerte a qualunque influenza, ma una resa sincera, cosciente, vigile e rivolta all'Uno ed al Supremo soltanto.
L'abbandono del proprio essere alla Madre infinita e divina, per quanto difficoltoso, rimane l'unico nostro mezzo efficace ed il solo rifugio sicuro. Abbandonarci a Lei significa che la nostra natura deve divenire un suo strumento e l'anima simile ad un bimbo tra le braccia della Madre.
NOTE AL TESTO

I brani raccolti in questo libro furono scritti da Sri Aurobindo tra il 1910 ed il 1940. Nessuno di essi venne pubblicato mentre egli era ancora in vita e nessuno subì la revisione finale a cui sottopose le sue opere maggiori. La maggior parte dei brani vennero inizialmente stampati su diverse pubblicazioni dell' Ashram ed in seguito nelle diverse edizioni di The Hour of God, la prima delle quali risale al 1959.

I saggi ed i diagrammi qui pubblicati sono solo una selezione tra le molte opere di prosa prodotte da Sri Aurobindo a Pondicherry tra il 1910 ed il 1950. Quelli scelti sono i più completi e chiari tra i suoi scritti in prosa pubblicati postumi.

I brani qui riuniti non sono mai stati considerati da Sri Aurobindo parti di un'unica opera. Alcuni furono scritti a gruppi di due, tre o quattro ma molti sono brani separati senza alcuna relazione tra loro. Il lavoro di selezione e di arrangiamento è stato svolto dagli editori.

Nel riunire i brani sono stati considerati tre fattori, la relazione fisica (ricavabile dai manoscritti), quella tematica e stilistica e quella cronologica. I brani scritti sullo stesso taccuino sono stati stampati assieme rispettando l'ordine in cui comparivano. Come nelle precedenti edizioni di The Hour of God, i brani sono stati raggruppati in categorie tematiche: lo Yoga, l'Uomo ed il Superuomo (l'Evoluzione), ecc. Tali categorie sono sufficientemente consistenti da un punto di vista cronologico, da permetterci di considerare tutte le sezioni tranne la prima come un singolo periodo temporale e da consentirci di disporre tutte le sezioni eccetto la prima nel naturale ordine cronologico dalla più remota alla più recente.

 

PRIMA SEZIONE : L'ORA DI DIO

I tre brani di questa sezione sono stati raggruppati perché l'argomento trattato e lo stile li rendono adatti come pezzi introduttivi. Non sono tra loro in relazione fisica, né appartengono allo stesso periodo, ma condividono il tono del discorso e l'uso della seconda persona singolare per rivolgersi al lettore.

L'Ora di Dio. Risale molto probabilmente al 1918, o al massimo ad uno o due anni dopo. Un testo incompleto venne pubblicato sotto forma di "messaggio darshan" dell'Ashram nell'agosto del 1954. Il testo completo uscì sul numero del novembre 1979 del Bulletin of Sri Aurobindo International Centre of Education.

La Legge del Sentiero. Brano scritto intorno al 1927 e pubblicato per la prima volta nel Bulletin dell'Aprile 1951. Nel manoscritto è privo di titolo; gli editori hanno usato una parte dell'ultima frase come titolo. Nelle precedenti edizioni il brano era intitolato "The Way" (la Via, il Sentiero).

Il Superuomo Divino. Scritto intorno al 1918 (come l'Ora di Dio) questo saggio potrebbe essere stato concepito per far parte della rivista mensile Arya, pubblicata da Sri Aurobindo a quell'epoca. Venne pubblicato per la prima volta nel Bulletin dell'Aprile 1951.


SECONDA SEZIONE : SULLO YOGA

I nove brani di questa sezione, accomunati dall'argomento che trattato, formano un preciso insieme cronologico; infatti furono scritti tutti intorno al 1913.

Certezze. Non è possibile risalire con certezza alla data di questo brano, ma sicuramente fu scritto durante i primi anni di permanenza di Sri Aurobindo a Pondicherry, dal 1910 al 1914. Si può ulteriormente restringere senza tema di errore l'intervallo temporale dal 1911 al 1913. Venne pubblicato per la prima volta in The Advent del Febbraio 1957. La frase finale compare in sanscrito nel testo inglese ed è una citazione tratta dalla Bhagavad Gita (4.11).

Concetti e Definizioni Iniziali. Il taccuino nel quale fu scritto questo brano, probabilmente nel 1913, riporta due titoli: "Cenni sullo Yoga" e "La Psicologia dello Yoga". Concetti e Definizioni Iniziali è l'unico brano completo del taccuino. Venne pubblicato per la prima volta in The Advent del Novembre 1951.

Lo Scopo del Nostro Yoga. Brano rinvenuto nel taccuino che conteneva anche i due brani seguenti. Fu scritto dopo di essi, ma probabilmente nello stesso anno, nel 1913. Nel manoscritto è privo di titolo.

Il Grande Intento dello Yoga. Parabrahman, Mukti ed i Sistemi di Pensiero Umani. Vennero scritti insieme nell'ordine in cui appaiono, quasi certamente nel 1913. Nel manoscritto hanno i medesimi titoli e sono etichettati con i numeri "I" e "II". Un terzo brano, incompleto e privo di titolo, escluso da questa edizione, compare di seguito nello stesso taccuino. I tre brani vennero pubblicati per la prima volta nel "The Advent" dell'Aprile 1954 con il titolo di "Purna Yoga".

Il Fine Evolutivo dello Yoga. La Pienezza dello Yoga nel Limite. La Natura. Maya Questi quattro brani compaiono nell'ordine sul medesimo taccuino, scritti probabilmente nel 1913. Sulla copertina del taccuino compare "Natural and Supernatural Man" (L'Uomo Naturale e Soprannaturale). Tale avrebbe dovuto essere il titolo di un libro contenente questi ed altri brani. I quattro brani apparvero per la prima volta nel numero dell'Aprile 1981 del "Sri Aurobindo: Archives and Research".

 

 

TERZA SEZIONE: L'ASSOLUTO E LA MANIFESTAZIONE

Tutti i pezzi risalgono al 1926 o 1927, tranne gli ultimi due diagrammi che sono di epoca posteriore. Tutti pezzi del 1926 o 1927 tranne uno appartengono allo stesso taccuino.

Om Tat Sat. Forse queste tre parole scritte all'inizio del pezzo non erano necessariamente il titolo. Pubblicato per la prima volta nel Bullettin dell' Aprile 1976.

LA Mahasakti Suprema. Sotto questo titolo sono stati riuniti tre pezzi correlati per argomento, appartenenti allo stesso taccuino in cui compaiono nell'ordine. Dato però che tra un pezzo e l'altro compariva del materiale non attinente, i tre brani sono stati separati da asterischi. Gli ultimi due brani furono pubblicati per la prima volta nel Bullettin dell' Aprile 1976; il primo compare qui per la prima volta.

Al tema del primo pezzo si allude in "Om Tat Sat".

Le parole sanscrite, scritte in devanagari, possono essere traslitterate come segue:

mayobhuh…radha
mahamaya, paraprakrti

La prima parola è un termine Vedico che significa "creatore di gioia". Radha è la "personificazione dell'amore assoluto per il Divino" (vedi Letters on Yoga, p.796).
Gli ultimi due termini sono definiti nel glossario. Forse Sri Aurobindo intendeva scrivere un terzo insieme di parole sanscrite ma non lo fece mai.

Nel terzo pezzo le parole sanscrite, scritte in devanagari, possono essere traslitterate come segue
Satyam rtam brhat e trih sapta parama padani matuh. La prima frase è definita nel glossario; la seconda significa "i triplici sette piani (letteralmente, "impronte") della Madre".
 

I Sette Soli della Supermente. Pubblicato per la prima volta nella prima edizione di "The hour of God (1959).

I Sette Centri della Vita. Pubblicato per la prima volta nel Bullettin dell'Aprile 1976.

L'Assoluto Supremo Contenuto in Se Stesso. La Manifestazione. Il primo potrebbe non essere un titolo ma solo l'intestazione del diagramma. Pubblicati per la prima volta in Mother India del Dicembre 1953 sotto il titolo di "The Divine Plan" (Il Piano Divino).

La Scala della Coscienza. Le Gradazioni dalla Sovramente (Overmind) alla Mente. Questi diagrammi risalgono al 1931. Dovevano far parte di una lettera in cui Sri Aurobindo rispondeva alle domande di un discepolo che chiedeva chiarimenti su " systems of spiritual and occult knowledge (sistemi di conoscenza spirituale ed occulta)" ognuno dei quali "constructs its own schema (costruisce il proprio schema)". Le frasi tra virgolette sono
tratte dalla risposta che Sri Aurobindo inviò al discepolo (pubblicata in Letters on Yoga, pp. 249-51). I diagrammi non furono mai spediti e vennero pubblicati nella prima edizione di "The hour of God (1959). La Madre affermò in una delle sue conversazioni che Sri Aurobindo doveva aver steso quei diagrammi quasi per scherzo.


QUARTA SEZIONE: L'UOMO ED IL SUPERUOMO

Bozze dei primi due pezzi risalgono quasi certamente al 1927. Le versioni qui riportate appartengono ad un unico taccuino e sono state scritte intorno al 1930. Gli altri due pezzi risalgono allo stesso periodo.

L'Uomo e la Supermente. Esistono numerose bozze di questo brano e di brani affini per tematica. La prima bozza risale 1927 circa. La seconda, scritta poco dopo, venne pubblicata, arricchita di passaggi correlati, sotto il titolo di "Man A Transational Being (L'uomo un Essere Transizione)" nel Bulletin dell'Agosto 1951. Tra detta bozza e quella pubblicata in questo libro ne esiste un'altra, probabilmente dei primi anni '30, pubblicata nel Bulletin dell'Agosto 1976.

L'Involuzione e L'Evoluzione della Divinità. Una prima bozza di questo brano, risalente al 1927, venne pubblicata, sotto il titolo di " Evolution (Evoluzione)" nel Bulletin del Novembre 1951. L'attuale bozza, probabilmente dei primi anni '30 (appare nello stesso taccuino di "Man and Supermind (L'uomo e la Supermente)"), venne pubblicata per la prima volta nel Bulletin dell'Agosto 1976.

L'Evoluzione della Coscienza. Appartiene allo stesso taccuino ed allo stesso periodo, intorno al 1930, dei due brani precedenti. Venne pubblicato per la prima volta nel Bulletin dell'Agosto 1976 come il primo di due brani dal titolo "Evolution (Evoluzione). Nel presente libro il pezzo, privo di titolo nel manoscritto, è stato intitolato "The Evolution of Consciousness (L'Evoluzione della Coscienza).

Il Sentiero. E' uno dei molti pezzi scritti intorno al 1930 sullo Yoga Sovramentale. Tre di tali pezzi vennero pubblicati sotto il titolo di "The Supramental Yoga" nel numero del Novembre 1955 di The Advent. Il pezzo qui riportato è il più completo e l'unico provvisto di titolo nel manoscritto.

 

 


GLOSSARIO DEI TERMINI SANSCRITI

adhama: inferiore, più basso.
aditi: la Madre degli Dei ; la coscienza-forza indivisibile del Supremo; Natura suprema o coscienza infinita.
advaitin (Adwaitin): monista Vedantino.
adya mahasakti: la mahasakti originaria.
adya sakti: potere originario; la Madre trascendente.
ahamkara: senso egoico; il principio di divisione che porta alla formazione dell'ego.
ajna cakra: centro (cakra) tra le sopracciglia , che governa la mente dinamica, la volontà, la visione, le formazioni mentali (forme pensiero).
amrtam: Immortalità.
anahata: il loto del cuore, il centro (cakra) che governa la emotiva ed il mentale vitale.
ananda: gioia, beatitudine, delizia, estasi spirituale; il principio essenziale della delizia, un gioire di sé che è la reale natura dell'esistenza trascendente ed infinita.
anandaghanaloka: mondo di beatitudine densa.
anandaloka: mondo di beatitudine.
annam: materia.
apara Maya: maya inferiore.
aparardha: l'emisfero inferiore (dell'esistenza nel mondo).
asat: non-essere, non-esistenza, nulla.
atman: sé; spirito; la natura originaria ed essenziale della nostra esistenza.
AUM: vedi om.
avatara (Avatar): discesa (della Divinità nell'uomo); Incarnazione.
avidya: lIgnoranza; la coscienza relativa e molteplice.
avyakrta prakrti (Ayakrita Prakriti): natura indifferenziata.
avyakta: non manifestato; non rivelato.
avyakta paratpara: il supremo dei Supremi non manifestato.
Ayodhya: regno governato da Dasaratha ed in seguito da suo figlio Rama.
bhur: il mondo materiale.
bhuvar: il mondo vitale.
brahman: la Realtà; l'Eterno; l'Assoluto; lo Spirito, l'Uno oltre il quale nulla esiste.
caitanyaloka: mondo di coscienza.
cakra : centro sottile, ganglio nel sistema nervoso.
cid-atman: Sé di coscienza.
Cidghanaloka: mondo di coscienza densa.
cit : coscienza, il principio della coscienza pura.
cit-sakti : Coscienza-forza; l'Energia Divina.
cit-tapas : Coscienza-forza; pura energia di coscienza.
dharma: legge dell'essere; dovere.
esa suptesu jagarti : ciò che veglia nei dormienti (Katha Upanishad 2.2.8).
gati: stato dell'anima naturale; stato finale del divenire.
guru: maestro spirituale; guida.
guru: maestro spirituale; guida.
Isvari: Colei che ha padronanza; La Madre che regola.
Jana: la gioia che partorisce la vita ed il mondo; il mondo della gioia creatrice dell'esistenza (nel senso di janaloka).
Jivanmukta: uomo liberato vivente.
Jivanmukti: liberazione durante la vita.
jana-sakti : potere di conoscenza.
Kali :la Madre divina nel suo aspetto terribile di distruttrice di demoni.
Kriya-sakti: potere di operare ed agire.
Krsna (Krishna): il Signore di ananda, amore e bhakti (devozione).
Kuvera: dio della ricchezza.
Lanka (Lanca): l'isola regno di Ravana, capo dei demoni, dove tenne prigioniera Sita dopo averla rapita.
lila: gioco; gioco cosmico.
lilamaya: giocoso; tipico del gioco cosmico (lila).
madhyama: intermedio.
mahad brahma: il grande Brahman; la Verità e la Vastità Divina.
mahamaya: la grande maya.
mahar, mahas: il grande mondo, il mondo della Verità; il supermentale.
mahati vinastih: la grande perdizione. (Kena Upanishad 2.5).
mahimanam asya: la Sua grandezza.
manas: mente sensoriale; mente.
manipura: il centro (cakra) dell'ombelico, centro della forza vitale che governa il vitale propriamente detto.
manomayah prana-sarira-neta : l'Essere mentale, signore della vita e del corpo. (Mundaka Upanishad 2.2.8).
manu: essere mentale.
maya: originariamente rappresentava nei Veda la conoscenza creatrice universale; successivamente in senso derivato e figurato significò inganno, magia, illusione, l'illusione cosmica, la coscienza fenomenica.
mayavada: dottrina che sostiene che l'universo è maya, illusione.
mayavadin: chi professa il mayavada.
muladhara: cakra radice; è il centro della coscienza; è il supporto del vitale e la base del fisico.
nirvikalpa samadhi: trance assoluta.
om: il mantra, o suono simbolico, di espressione del brahman nei suoi quattro piani di esistenza, dal turiya al piano esterno o materiale (il piano esteriore, quello interiore o sottile, ed il piano causale supercosciente. Ogni lettera A, U,M, indica in ordine ascendente uno dei tre piani precedenti e l'insieme manifesta il quarto stato, turiya).
om tat sat: Colui che E'.
parabrahman: il brahman supremo; il Divino.
para maya: Potere creatore supremo, Natura divina più elevata.
paramesvara (Parameshwara): il Signore supremo.
paramesvari (Parameshwari): il supremo isvari.
para prakrti (Para Prakriti): la Natura suprema.
para-purusa (Parapurusha): l'anima surema; Dio.
para sakti: il potere supremo.
paratpara: Il supremo dei Supremi.
paratpara brahman: Il supremo Brahman.
prajna prasrta purani :La saggezza che si propagò fin dal principio. (Shwetashwatara Upanishad 4.18)
prakrti (Prakriti): Natura, Anima della Natura; forza esecutiva.
prakrtim yanthi bhutani, nigrahah kim karisyati: Tutti gli esseri seguono la propria natura e che valore può avere costringerla? (Gita 3.33)
prana: Forza vitale; vita.
purna Yoga: lo Yoga Integrale.
purusa (Purusha): Persona; Essere cosciente; Anima Cosciente; Anima; essenza che sostiene il gioco di prakrti.
Rama: Figlio di Dasaratha, re di Ayodhya; considerato un'incarnazione di Vishnu.
rsi (Rishi): veggente.
sa: lei.
saccidananda : l'Essere Divino, una trinità di Esistenza (sat), Coscienza (cit) e Gioia (ananda).
sadhaka: Il praticante, il discepolo.
sadghanaloka: mondo di esistenza densa.
sah: lui.
sahasraradala: il cakra più elevato; il loto dai mille petali; il centro che apre alla mente illuminata.
sakti: Energia, Forza, Potenza, Volontà, Potere; il Potere autoesistente, autocosciente e autoefficace del Signore.
sama: costante, stabile, equo.
samrat: colui che regola ogni cosa.
sardula: tigre.
sastra: scrittura sacra
sat: Essere, esistenza; Colui che Esiste.
sat Purusha: il puro Sé divino; Dio.
sattvika (tradotto con sattvico/a): Che consiste di luce, equilibrio e pace.
satyaloka: Mondo della più alta verità dell'essere.
satyam: Verità, verità dell'essere.
satyam rtam brhat (Satyam Ritam Brihat): il Vero, il Giusto, il Vasto.
siddha: perfetto; perfezionato.
siddha purusa: un essere perfetto; il superuomo.
Sita: figlia di re Janaka e moglie di Rama.
sreyan svadharmo vigunah: Meglio è seguire la propria legge d'azione, sebbene imperfetta in se stessa…. (Gita 3.35).
sunya: zero; vuoto.
susupti (Sushupti): sonno profondo; lo Stato del Dormiente
svadhisthana : il secondo cakra situato tra l'ombelico ed il muladhara; governa il vitale inferiore.
Svar (Swar): mondo corrispondente al principio della mente chiara e non oscurata.
svarat (Swarat): colui che governa sé stesso, che si dà le proprie regole.
tad va etat: che davvero è questo.
tapas: calore, energia; il principio essenziale dell'energia.
tapasya: sforzo, energia, austerità nella volontà personale; concentrazione. della volontà e dell'energia per uno scopo yogico o altro scopo elevato.
tapoghanaloka: mondo di tapas denso.
tapoloka: mondo di tapas. Mondo di Volontà o coscienza forza infinita.
tat: Quello (l'Assoluto).
turiya: il quarto; il quarto piano della nostra coscienza; il supercosciente.
Uttama: superiore, più elevato.
vairagya: avversione, disgusto (per il mondo).
Vibhuti: potere divino; un potere di Dio nell'uomo, Forza Mondiale incarnata o leader umano.
vijnana: idea Pura; l'intelligenza totalmente spirituale, libera e Divina; Gnosi; Supermente.
vijnanaloka: il mondo di vijnana; il mondo supermentale.
vijnanesvara (Vijnaneshwara) : il Signore di vijnana.
vijnanesvari (Vijnaneshwari) : l'isvari di vijnana.
visuddha : il cakra della gola; governa la capacità di comunicare, la mente esteriore e tutte le capacità espressive.
vyahrti: Ciascuno dei tre mondi simbolici del mantra: (om) bhur bhuvah svah.
vyavaharika arta: valore pratico.
yayedam dharyate jagat: ciò da cui questo mondo è sostenuto. (Gita 7.5)
yoga: unione; l'unione dell'anima con l'essenza immortale e con la coscienza e la gioia del Divino; uno sforzo metodico che tende a tale unione ed all'autoperfezione.
yogah hi prabhavapayayau: lo yoga è il principio e la fine di ogni cosa. (Katha Upanishad 2.3.11).
yogin: chi pratica lo yoga, specialmente chi vive stabilmente nella realizzazione yogica.

 

 

Da: http://www.holos.biz/theourofgodbiblio.htm

 

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