in quiete
Il Sito di Gianfranco Bertagni

 

"La conoscenza di Dio non si può ottenere cercandola; tuttavia solo coloro che la cercano la trovano"
(Bayazid al-Bistami)

"Chi non cerca è addormentato, chi cerca è un accattone"
(Yun Men)

  home page   cerca nel sito   iscrizione newsletter   email   aggiungi ai preferiti   stampa questa pagina    
 

 

  SU DI ME
 Vita       
 Pubblicazioni

 Corsi, seminari, conferenze

 Prossimi eventi
 
  DISCIPLINE
 Filosofia antica       
 Mistica
 Sufismo
 Taoismo
 Vedanta              
 Buddhismo              
 Zen
 Filosofia Comparata
 Musica / Mistica
 Filosofia Critica
 Meditazione
 Alchimia
 Psiché
 Tantrismo
 Varia
 
  AUTORI
 Mircea Eliade       
 Raimon Panikkar
 S.Weil e C.Campo
 René Guénon, ecc.
 Elémire Zolla     
 G.I.Gurdjieff  
 Jiddu Krishnamurti
 Rudolf Steiner
 P. C. Bori       
 Silvano Agosti
 Alcuni maestri

 

Florinda e l'arte dell'agguato (Da 'Il dono dell'aquila')
testo pres. da Claudio Buffa


(L’esperienza di questa donna, raccontata in modo magistrale, indica la direzione e l’impegno che si deve mettere sulla Via della conoscenza. Claudio Buffa)

 

……

Ci sedemmo su un divano di pelle in un piccolo vano al di là del patio. Mi sentivo molto più a mio agio all'interno. Lei cominciò subito con la storia della sua vita.

 

Mi disse che era nata nel Messico, in una città piuttosto grande, da una famiglia agiata. Poiché era figlia unica, i genitori l’avevano viziata sin da quando era nata. Senza la minima traccia di falsa modestia, Florinda ammise di essere sempre stata consapevole della propria bellezza. Disse che la bellezza è un demonio che cresce e prolifera, se oggetto di ammirazione. Mi assicurò che. senza ombra di dubbio, lei era in grado di dirmi che quel demonio è il più difficile da vincere e che se mi fossi guardato intorno in cerca di persone dotate di bellezza, avrei scorto gli esseri più disgraziati immaginabili.

 

Non volevo discutere con lei, tuttavia provavo un acutissimo desiderio di dirle che era troppo dogmatica. Lei dovette leggermi nel pensiero; mi fece l'occhiolino.

 

< Sono disgraziati, faresti bene a credermi» continuò. «Fa' una prova. Fatti vedere restio a seguire la loro convinzione di essere belli e, per questo, importanti. Vedrai! »

 

Disse che non si sentiva di dare tutta la colpa della propria arroganza ai suoi genitori o a se stessa. Tutti quelli che le erano stati vicini sin dall'infanzia l'avevano fatta sentire importante e unica

 

« A quindici anni, » prosegui « credevo di essere la cosa più importante mai venuta sulla terra. Me lo dicevano tutti, specie gli uomini. »

 

Mi confessò che negli anni dell'adolescenza si era concessa alle attenzioni e all'adulazione di decine e decine di ammiratori. A diciotto anni aveva scelto oculatamente il miglior partito da una schiera di almeno undici seri pretendenti. Aveva sposato Celestino, uomo di mezzi, quindici anni più vecchio di lei.

 

Florinda descrisse la vita matrimoniale come un paradiso terrestre. All'enorme cerchia di amici che già aveva, poteva aggiungere ora quelli di Celestino. L'effetto finale era di una perpetua vacanza.

 

Tuttavia la sua felicità durò solo sei mesi, che trascorsero quasi inavvertiti. Tutto finì d'improvviso e brutalmente quando lei contrasse una malattia misteriosa che la rese storpia. Cominciò a gonfiarlesi il piede sinistro, poi la caviglia e il polpaccio. La linea della sua bellissima gamba si rovinò; il gonfiore divenne tale che i tessuti cutanei presero a coprirsi di pustole e a scoppiare. Tutta la gamba dal ginocchio in giù era piena di croste con una secrezione putrescente. Le si indurì la pelle.La malattia fu diagnosticata come elefantiasi. I tentativi di cura dei medici furono inadeguati e dolorosi e si conclusero con una dichiarazione secondo la quale solo in Europa si trovavano centri specialistici tanto progrediti da permettere di poter intraprendere una cura.

 

In capo a tre mesi il paradiso di Florinda era diventato l'inferno in terra. Disperata, preda di gravi sofferenze, voleva morire piuttosto che andare avanti così.. Il suo strazio era tanto toccante che un giorno una giovane serva, non riuscendo più a sopportarlo, le confessò di essersi fatta comprare dalla ex amante di Celestino per versare una pozione in quel che lei mangiava - si trattava di un veleno opera di stregoneria, La servetta, piena di contrizione le promise di portarla da una guaritrice, l'unica in grado di guarirla e di preparare un antidoto al veleno.

 

Florinda sogghignò, pensando al proprio dilemma. Per nascita ed educazione era cattolica praticante e devota. Non credeva né alla stregoneria né alle guaritrici indie, ma il dolore era così intenso e le sue condizioni così preoccupanti che si sentiva disposta a tentare qualunque cosa. Celestino era recisamente contrario. Voleva consegnare la servetta alla polizia. Florinda intercedé per lei, non tanto per compassione, quanto per timore che da sola non sarebbe mai riuscita a trovare la guaritrice.

 

All'improvviso Florinda si alzò e mi disse che dovevo andarmene. Mi prese per un braccio e mi accompagnò alla porta come se fossi il suo più vecchio e caro amico. Mi spiegò che ero stanco perché la consapevolezza del lato sinistro mi metteva in una condizione particolarmente delicata nella quale non dovevo eccedere. Non era infatti uno stato di potere, e lo confermava il fatto che ero quasi morto quando Silvio Manuel aveva cercato di concentrare la mia seconda attenzione costringendomi a entrarvi con la forza. Lei mi disse che non esiste alcun modo su questa terra per ordinare ad altri o a noi- stessi di concentrare la propria conoscenza. Si tratta di un'operazione molto lenta; il corpo, al momento giusto e nelle circostanze ideali di impeccabilità, concentra la propria conoscenza senza l'intervento del desiderio.

 

Ci soffermammo per un po' sulla porta, scambiandoci frasi di cortesia e qualche banalità. A un tratto Florinda mi disse che il motivo per cui il Nagual Juan Matus mi aveva portato da lei quel giorno era perché sapeva che il suo tempo terreno volgeva al termine. I due tipi di istruzione che avevo ricevuto, secondo il grande piano di Silvio Manuel, erano già stati completati. Restava solo in sospeso quel che doveva dirmi lei. Mi fece notare che la sua non era una istruzione vera e propria, ma piuttosto l'instaurazione del mio rapporto con lei.

 

Quando don Juan mi accompagnò un'altra volta da Florinda, poco prima di lasciarmi davanti alla porta mi ripeté quel che mi aveva detto lei, e cioè che per lui e il suo seguito si stava avvicinando il momento di entrare nella terza attenzione. Prima che potessi chiedergli qualcosa, mi spinse in casa. Il suo spintone non solo mi fece entrare nella casa, ma anche nel più acuto stato di consapevolezza. Vedevo il muro di nebbia.

 

Florinda era in piedi nell'ingresso, quasi fosse stata lì ad aspettare che don Juan mi spingesse dentro. Mi prese per un braccio e con calma mi portò nel soggiorno. Ci sedemmo. Volevo avviare una conversazione, ma non riuscivo a parlare. Lei mi spiegò che uno spintone di un guerriero impeccabile come il Nagual Juan Matus può provocare lo spostamento in un'altra zona di consapevolezza. Mi disse che il mio costante errore era stato di credere che le procedure fossero importanti. La procedura di spingere un guerriero in un altro stato di consapevolezza era utilizzabile solo se tutti e due gli interessati, ma specie chi dà lo spintone, sono impeccabili e provvisti di potere personale.

 

Il fatto che io vedessi il muro di nebbia mi rendeva estremamente nervoso, a livello fisico. Tremavo senza riuscire a controllarmi. Florinda disse che il mio corpo tremava perché aveva imparato a desiderare l'attività mentre era in quello stato di consapevolezza e che avrebbe anche potuto imparare a concentrare la massima attenzione su qualunque cosa fosse detta piuttosto che su qualunque cosa fosse fatta…..

Siccome  ero nervoso, si propose di calmarmi continuando a raccontarmi la storia della sua vita che, mi spiegò, non era in fondo la storia della vita di una donna del mondo di tutti i giorni, ma di come una donna senza alcun valore fosse stata aiutata a diventare una guerriera.

 

Disse che non appena ebbe presa la decisione di vedere la guaritrice, nulla poté più frenarla. Si mise in viaggio, su una barella portata da quattro uomini e dalla servetta, un viaggio che durò due giorni e mutò il corso della sua esistenza. Non esisteva una strada, il terreno era montagnoso e a volte gli uomini dovettero portarla in spalla.

 

Arrivarono dalla guaritrice al crepuscolo. Il luogo era ben illuminato e in casa c'erano molte persone. Florinda disse che un vecchio gentile le riferì che la guaritrice era via per tutto il giorno a curare una paziente. L'uomo sembrava molto ben informato delle attività della guaritrice, e Florinda trovò facile parlargli. Era premuroso e le confidò d'essere in cura anche lui. Descrisse la sua malattia come una condizione incurabile che gli faceva dimenticare il mondo intero. Restarono a parlare fino a 'tardi. Il vecchio fu cosi cortese da cedere a Florinda anche il proprio letto, in modo da farla riposare fino al giorno dopo, quando la guaritrice avrebbe fatto ritorno.

 

Il mattino dopo Florinda disse d'essersi svegliata all'improvviso per un acuto dolore alla gamba. Una donna gliela stava movendo, premendola con un legnetto luccicante.

 

«La guaritrice era molto bella» continuò Florinda. «Diede uno sguardo alla mia gamba e scosse la testa. "So chi ti ha fatto questo" disse. "Deve essere stato pagato molto bene oppure deve aver pensato che eri un essere umano inutile. Quale delle due, secondo te?" »

 

Florinda rise. Disse che aveva creduto che la guaritrice fosse pazza o assai villana. Non riteneva possibileche qualcuno al mondo riuscisse a considerarla un essere inutile. Anche se straziata dal dolore, disse alla donna, in chiare lettere, di essere persona ricca e rispettabile, e tutt'altro che stupida.

 

Florinda ricordava che la guaritrice aveva cambiato modi all'istante.. Pareva si fosse spaventata. Le si rivolse piena di rispetto chiamandola «Signora» e, alzatasi dalla propria sedia, fece uscire tutti dalla stanza. Quando furono sole, si sedé sul petto di Florinda e le spinse la testa all'indietro oltre il bordo del letto. Florinda disse di aver opposto resistenza. Pensava che l'altra la volesse uccidere. Cercò di gridare, di dare l'allarme ai servi, ma svelta la guaritrice le coprì la testa con una coperta e le chiuse il naso. A Florinda mancò l'aria e fu costretta a respirare con la bocca aperta. Più la guaritrice le schiacciava il petto e le serrava il naso, più Florinda spalancava la bocca. Quando si accorse di quel che la guaritrice stava in realtà facendo, aveva già bevuto il disgustoso liquido contenuto in una grossa bottiglia che quella le aveva infilato nella bocca aperta. Florinda commentò che la guaritrice l'aveva manovrata così bene da non farla soffocare, nonostante fosse a testa in giù, oltre il bordo del letto.

 

« Bevvi tanto da star quasi male » continuò Florinda. « Mi fece mettere seduta e mi guardò diritto negli occhi, senza battere le palpebre. Volevo mettermi un dito in gola e vomitare. Lei mi schiaffeggiò fino a farmi sanguinare le labbra. Un'india che mi prendeva a schiaffi! Che mi faceva sanguinare le labbra! Neanche mio padre o mia madre mi avevano mai messo le mani addosso. La mia sorpresa era tanto grande che dimenticai il disturbo allo stomaco.

 

« Lei chiamò i miei servi e disse loro di portarmi a casa. Poi si piegò su di me e mi accostò le labbra all'orecchio in modo che nessuno potesse sentire. "Se non ritorni entro nove giorni, testa di rapa," bisbigliò "ti gonfierai come un rospo e pregherai Dio che ti faccia morire." »

 

Florinda disse che il liquido le aveva irritato la gola e le corde vocali. Non le riusciva di dire neanche una parola. Comunque, questa era l'ultima delle sue preoccupazioni. Quando arrivò a casa, Celestino l'aspettava furibondo. Non riuscendo a parlare,

 

Florinda poteva osservarlo. Notò che la sua ira non aveva nulla a che vedere con la preoccupazione per la salute della moglie, ma con l'interesse per la propria condizione d'uomo di mezzi e di considerevole posizione sociale. Non poteva sopportare che i suoi influenti amici lo vedessero ricorrere alle cure di guaritori indios, Era fuori di sé, urlava che avrebbe protestato presso il quartier generale dell'esercito e fatto catturare la guaritrice dai soldati, per farla portare in città, fustigare e gettare in prigione. E non si trattava di vuote minacce; costrinse davvero il comandante militare a inviare una pattuglia per arrestarla. 1 soldati tornarono dopo alcuni giorni con la notizia che la donna era sfuggita.

 

Florinda fu placata dalla sua cameriera che l'assicurava che la guaritrice l'avrebbe aspettata, se lei avesse voluto tornare. Benché l'infiammazione alla gola continuasse fino a impedirle di mangiare cibi solidi e a malapena consentirle di ingoiare liquidi, Florinda non vedeva l'ora di tornare dalla guaritrice. La medicina le aveva alleviato il dolore alla gamba.

 

Quando mise Celestino al corrente delle sue intenzioni, questi si adirò tanto da radunare subito alcuni uomini con l'aiuto dei quali porre fine di persona a tutte quelle sciocchezze. Con tre dei suoi più fidi la precedette a cavallo.

 

Florinda disse che quando arrivò alla casa della guaritrice s'aspettava di trovarla morta, forse, e invece trovò Celestino seduto da solo. Aveva mandato i suoi uomini in tre diverse località limitrofe con l'ordine di riportargli la donna, con la forza, se necessario. Florinda scorse lo stesso vecchio della prima volta; stava cercando di calmare suo marito, dicendogli che di lì a poco qualcuno dei suoi sarebbe tornato con la donna.

 

Non appena Florinda fu sistemata su una brandina sotto il portico della facciata, la guaritrice uscì dalla casa. Cominciò a insultare Celestino, coprendolo di ingiurie, urlandogli oscenità tali da fargli perdere le staffe e indurlo ad alzar le mani su di lei. Il vecchio lo trattenne, supplicandolo di non farle male. L'implorò in ginocchio, facendogli notare che si trattava di una donna anziana. Ma Celestino fu irremovibile. Disse che l'avrebbe frustata nonostante i suoi anni. Si avvicinò per afferrarla, ma si bloccò di colpo. Sei uomini dall'aspetto terribile sbucarono dai cespugli con il machete in mano. Florinda disse che Celestino parve gelare. Era livido. La guaritrice gli si avvicinò e gli disse che, o si faceva frustare da lei sulle natiche senza far storie, o i suoi aiutanti l'avrebbero fatto a pezzi. E lui, orgoglioso com’era, si curvò, umilmente, per farsi frustare. La donna in pochi minuti l'aveva privato d'ogni difesa. Gli rise in faccia. Sapeva di averlo distrutto e lo lasciò andare a fondo. Da quello sciocco sbadato che era, ebbro di idee boriose e di manie di grandezza, era caduto nella trappola che lei gli aveva teso.

 

Florinda mi guardò e sorrise. Se ne stette zitta per un po'.

 

« Il primo principio dell'arte dell'agguato dice che sta al guerriero scegliere il proprio campo di scontro» disse. «Un guerriero non accetta mai la lotta senza conoscere quel che lo circonda. La guaritrice mi aveva dimostrato, scontrandosi con Celestino, il primo principio dell'agguato.

 

«Poi si avvicinò al suo giaciglio Io stavo piangendo. Era l'unica cosa che potessi fare. Lei sembrava preoccupata. Mi rimboccò le coltri, coprendomi bene le spalle e mi sorrise strizzandomi un occhio.

 

« Il patto è ancora valido, testa di rapa" mi disse. "Torna qui prima che puoi, se vuoi vivere. Ma non portarti il padrone dietro, puttanella che non sei altro. Vieni solo con chi ti è strettamente necessario." »

 

Florinda mi fissò per un momento. Dal suo silenzio dedussi che desiderava i miei commenti.

 

« Abbandonare tutto quel che non è necessario è il secondo principio dell'arte dell'agguato » disse, senza darmi tempo di aprir bocca.

 

Ero stato cosi intento al suo racconto da non accorgermi né che il muro di nebbia s'era dissolto - e nemmeno quando. Notai solo che non c'era più. Florinda s'alzò dalla seggiola e mi accompagnò alla porta. Stemmo li per un po', come avevamo fatto alla fine del nostro primo incontro.

 

Florinda disse che l'ira di Celestino aveva offerto alla guaritrice l'occasione di indicare i primi tre principi della regola per l'agguato, non alla sua ragione ma al suo corpo. Nonostante avesse la mente totalmente concentrata su se stessa, poiché per lei non esisteva altro che il proprio dolore fisico e la paura di perdere la bellezza, il corpo s'era reso conto di quel che era accaduto, e più tardi sarebbe bastato un nonnulla a riportare tutto alla memoria.

 

« Per i guerrieri non c'è il mondo a far da cuscinetto, devono quindi seguire una regola »

proseguì. « La regola dell'agguato, invece è la stessa per tutti.

La tracotanza di Celestino segnò la sua fine e l’inizio della mia istruzione e liberazione. La sua arroganza, che era anche la mia ci spingeva a credere di essere praticamente superiori a tutti. La guaritrice ci ricondusse a quel che noi siamo davvero – nulla.

 

« Il primo precetto della regola è che tutto quel che ci circonda è un mistero imperscrutabile

 

« Il secondo, che noi dobbiamo cercare di svelare i misteri, ma senza sperare di riuscirvi mai.

 

« Il terzo, che un guerriero, conscio dei misteri imperscrutabili che lo circondano, e del proprio impegno a cercar di svelarli, prende il posto che gli è dovuto tra gli altri misteri e si considera uno di loro. Di conseguenza, per un guerriero, il mistero dell'essere è senza fine, sia che si tratti di un ciottolo, di una formica o di se stesso. A questa l'umiltà del guerriero. Si è tutti uguali a tutto. »

 

Ci fu un lungo e forzoso silenzio. Florinda sorrideva, giocherellando con la punta della sua lunga treccia. Mi disse che poteva bastarmi, per quel giorno.

 

La terza volta che andai da Florinda, don Juan non mi lasciò sulla soglia ma entrò con me. Tutti i componenti del suo seguito erano già riuniti in casa e mi salutarono come se stessi tornando da un lungo viaggio. Fu un avvenimento meraviglioso: Florinda così, nelle mie sensazioni, diventava una dì loro, visto che per la prima volta si univa al gruppo in mia presenza.

 

Quando mi recai ancora a casa di Florinda, inaspettatamente don Juan mi ci fece entrare con uno spintone, come già aveva fatto un'altra volta. Fu un terribile shock. Florinda mi aspettava nell'ingresso. Ero entrato subito nello stato in cui èvisibile il muro di nebbia.

 

« Ti ho detto come mi furono mostrati i principi dell'arte dell'agguato » mi disse, non appena ci fummo seduti sul divano del soggiorno. « Ora, devi fare lo stesso per me. Come te li indicò il Nagual Juan Matus? »

 

Le dissi che cosi al momento non ricordavo. Dovevo pensarci su e non ero in grado di pensare. Il mio corpo aveva paura.

 

« Non complicare le cose » disse in tono di comando, « Cerca di essere semplice. Metti tutta la concentrazione di cui sei capace nel decidere se accettare lo scontro o no, perché ogni scontro è una lotta per la vita, E questo il terzo principio dell'arte dell'agguato. Un guerriero dev'essere pronto e desideroso di battersi fino in fondo, in ogni momento. Mai, però, senza: un. piano prestabilito. »

 

Non mi riusciva in alcun modo di organizzare i miei pensieri.

 

Allungai le gambe e mi sdraiai sul divano. Feci alcuni respiri profondi per rilassare il diaframma, che sembrava stretto in tanti modi. “bene» disse Florinda. «Vedo che stai applicando il quarto principio dell'arte dell'agguato. Rilassarsi, lasciarsi andare, non aver paura di nulla. Solo allora le potenze che ci guidano ci apriranno il cammino e ci aiuteranno. Solo allora. »

 

Mi sforzai di rammentare in quale modo don Juan mi avesse mostrato i principi dell'arte dell'agguato. Per qualche inesplicabile ragione la mente si rifiutava di mettere a fuoco l'esperienza passata. Don Juan era un ricordo tanto vago! Mi alzai e cominciai a guardarmi intorno.

 

La stanza nella quale ci trovavamo era splendida. Aveva il pavimento a grandi piastrelle color cuoio; la posa in opera doveva aver richiesto mani molto esperte. Mi accingevo a esaminare il mobilio e mi diressi verso un bellissimo tavolo marrone scuro. Florinda mi fu accanto in un balzo e mi scosse con forza.

 

«Hai applicato bene il quinto principio dell'arte dell'agguato» disse. «Ora non farti        »

 

« Qual’è il quinto principio? » chiesi.

 

«Quando sono di fronte a circostanze che non riescono a controllare, i guerrieri si ritirano un attimo » disse. « Lasciano vagare i propri pensieri. Occupano il tempo con qualcos'altro. Qualsiasi cosa va bene.Tu hai fatto proprio così.. Ma ora che ci sei riuscito, devi applicare il sesto principio. I guerrieri comprimono il tempo; anche un istante ha la sua importanza. Se lotti per la  vita, un secondo  è un'eternità; un’eternità che può decidere il risultato. I guerrieri vogliono vincere e per questo comprimono il tempo. I guerrieri non sprecano neppure un momento. »

 

D'improvviso un’infinità di ricordi dilagò nella mia consapevolezza. Tutto euforico dissi a Florinda che riuscivo a ricordare nitidamente quando don Juan mi aveva elencato quei principi

per la prima volta. Florinda si portò le dita alle labbra con un gesto che chiedeva il mio silenzio. Disse che s'era solo interessata a mettermi dinanzi a quei principi ma che non voleva che io le riferissi le mie esperienze.

 

Proseguì invece con la propria storia. Disse che, mentre la guaritrice le diceva di tornare senza Celestino, le fece bere una pozione che le alleviò prestissimo i dolori; poi le sussurrò all'orecchio che lei, Florinda, doveva prendere per proprio conto una decisione importante, e tranquillizzarsi distraendosi in qualche maniera ma senza sprecare nemmeno un attimo, una volta presa la decisione.

Appena a casa, Florinda espresse il desiderio di ripartire. Celestino vide l'Assurdità delle proprie obiezioni, in quanto la volontà di lei era irremovibile.

 

« Tornai dalla guaritrice seduta stante » continuò Florinda. « Questa volta a cavallo. Presi con me i servi più fidati, la ragazza che mi aveva somministrato il veleno e un uomo per badare alle bestie. Non fu certo agevole viaggiare su per quelle montagne; i cavalli erano innervositi dal puzzo della mia gamba, ma in qualche modo ce la facemmo. Senza saperlo, avevo usato il terzo principio dell'arte dell’agguato. Avevo posto la mia vita, o almeno quel che ne restava, allo sbaraglio. Ero pronta e decisa a morire. Non era una gran decisione per me, stavo morendo comunque. Quando, come nel mio caso, uno è mezzo morto, non per il grande dolore ma per gli estremi disagi, c'è la tendenza a diventare tanto pigri e deboli che non è più possibile alcuno sforzo.

 

« Mi fermai a casa della guaritrice sei giorni. Già al secondo mi sentivo meglio. Il gonfiore era diminuito. La gamba non spurgava più. Non avevo più dolori. Mi sentivo solo un po' debole e malferma sulle ginocchia quando cercavo di camminare.

 

«AI sesto giorno la guaritrice mi portò in camera sua. Era piena di attenzioni e premure, mi fece sedere sul suo letto e mi offri un caffè. Lei si accoccolò ai miei piedi, di fronte a me, sul pavimento. Ricordo le sue precise parole: "Sei molto, molto malata, e solo io posso curarO mi disse. "Se non ti curo, tu morirai, d'una morte incredibile. Poiché sei un'imbecille, resisterai fino all'ultimo. D'altro canto, io ti potrei guarire in un giorno, ma non voglio.

- Dovrai continuare a venire qui finché non avrai capito ciò che devo mostrarti. Solo allora ti curerò sino in fondo; altrimenti, da quell'imbecille che sei, non torneresti più." »

 

Florinda disse che la guaritrice, con grande pazienza, le spiegò i delicatissimi punti della sua decisione di aiutarla. Lei non capì neanche una parola. La spiegazione la convinse ancora di più che la guaritrice era un pò toccata.

 

Quando questa s'accorse che non riusciva a farsi capire da Florinda, la rimproverò molte volte, come fosse una bambina, e che senza il proprio aiuto la sua vita era finita e che stava a lei decidere se interrompere la cura lasciandola morire senza speranza. Infine, quando Florinda la implorò di guarirla del tutto e di rimandarla a casa dalla sua famiglia, la donna perse la pazienza: prese la bottiglia contenente la medicina e, facendola cadere a terra, la mandò in frantumi e disse a Florinda che non voleva più saperne di lei.

 

Allora Florinda s'era messa a piangere - le sole vere lacrime

 

Florinda s'irrigidì e le fece ripetere che ne andava della sua vita. Aveva detto alla guaritrice che lei voleva solo essere curata ed era più che disposta a pagare. La donna disse che era troppo tardi per pagare con moneta sonante; quel che lei voleva era l'attenzione di Florinda, non il suo denaro.

 

Florinda mi confessò che nel corso della sua vita aveva imparato a ottenere- tutto ciò che voleva. Sapeva essere ostinata e sollevò il problema che migliaia di malati dovevano esser venuti dalla guaritrice mezzi morti, proprio come lei, e il loro denaro era stato accettato -- perché il suo caso era diverso? La risposta della guaritrice, che per Florinda non fu di alcun, chiarimento, le rivelò che, essendo una veggente, aveva visto- il corpo luminoso di Florinda, scoprendo che loro due erano in tutto simili. Florinda pensò che la donna doveva esser matta per non accorgersi che tra loro due c'era un abisso. La guaritrice era una rozza india, ignorante e primitiva, mentre Florinda era ricca, bellissima e bianca.

 

Florinda le chiese quel che aveva in animo di farle. L'altra le rispose che lei era stata incaricata di guarirla e di insegnarle una di grande importanza. Florinda volle sapere chi le aveva dato tale incarico. La,donna le rispose che era stata l'Aquila - una risposta che convinse vieppiù Florinda della pazzia totale di lei. Eppure non scorgeva alcuna alternativa all'accondiscendere alle sue richieste. Così le rispose di essere pronta a fare tutto ciò che le diceva.

 

La guaritrice cambiò all'istante il suo atteggiamento ostile. Diede a Florinda una medicina da portare a casa e le disse di tornare al più presto possibile.

 

« Come tu stesso sai,» continuò Florinda «il maestro deve usare qualche trucco con il discepolo. Lei con me usò quello della cura. E aveva ragione. Ero una tale idiota, io, che se lei mi avesse guarita subito, sarei tornata alla mia stupida vita come se non mi fisse mai successo niente. Non facciamo tutti così ? »

 

Florinda tornò dalla guaritrice dopo una settimana. Al suo arrivo fu salutata dal vecchio che aveva visto altre volte. Lui le parlò come fossero amici intimi. Disse che la guaritrice era la da molti giorni e non sarebbe rientrata che di lì a parecchi altri, ma che gli aveva affidato una medicina in caso lei fosse tornata. Disse a Florinda, in tono amichevole ma autoritario, che la partenza della guaritrice le aveva lasciato due alternative: o tornava a casa, forse in condizioni peggiori di prima per la stanchezza del viaggio, o restava a seguire le istruzioni della guaritrice, dettate con estrema precisione. Aggiunse che se decideva di fermarsi e iniziare subito il trattamento, in tre o quattro mesi sarebbe tornata come prima. C'era, comunque, una condizione: se decideva di fermarsi, doveva restare per otto giorni consecutivi in casa della guaritrice e quindi rimandare per forza a casa i servi.

 

Florinda disse che non c'era nulla da decidere - doveva fermarsi. Senza altri indugi il vecchio le diede la pozione che, a quanto pareva, la guaritrice aveva lasciato apposta per lei. Rimase a vegliarla quasi tutta la notte. Era una presenza rassicurante e la sua conversazione serena ravvivò l'ottimismo e la fiducia di Florinda.

 

I due servi ripartirono l'indomani dopo colazione. Florinda non provava alcun timore. Aveva un'implicita fiducia nel vecchio. Lui le disse che, secondo le istruzioni della guaritrice, le doveva preparare una specie di scatolone per la cura. La fece sedere su una seggiola bassa posta al centro di un'area circolare, priva di vegetazione. Mentre era seduta li, il vecchio le presentò tre giovanotti che, disse, erano suoi assistenti. Due erano indios e uno bianco.

 

I quattro impiegarono meno di un'ora per costruire una sorta di gabbia intorno alla sedia su cui sedeva Florinda. Quando ebbero finito, Florinda era comodamente chiusa in uno scatolone che aveva la parte superiore fatta a graticcio per far passare l'aria. Uno dei lati era incernierato perché servisse da porta.

 

Il vecchio apri questa porta e aiutò Florinda a venir fuori. La condusse in casa e le chiese di aiutarlo a preparare la medicina così da averla pronta per il ritorno della guaritrice.

 

Florinda era affascinata dal modo di lavorare del vecchio: egli preparò un infuso di piante dall'odore acre e riempi un secchio di un liquido bollente. Le suggerì, per star meglio, di immergere la gamba nel secchio e, se se la sentiva, bere la pozione che le aveva preparato prima che se ne disperdesse la potenza. Florinda gli obbedì senza far domande. Il sollievo che provò fu notevole.

 

Poi il vecchio le assegnò una stanza tutta per lei e vi fece portar dentro lo scatolone dai tre giovani. Le disse che forse sarebbero passati parecchi giorni prima che la donna tornasse; nel frattempo doveva seguire meticolosamente tutte le istruzioni lasciatele.. Florinda si disse d'accordo, e lui tirò fuori tutta una lista di compiti. Tra questi, un gran camminare per raccogliere le piante medicinali necessarie per gli infusi, e un aiuto materiale per la loro preparazione.

 

Florinda disse di esser rimasta dodici giorni invece di otto, in quanto i servi avevano tardato a tornare per le piogge torrenziali. Solo al decimo scoprì che la donna non s'era mai allontanata da casa e il vero guaritore era il vecchio.

 

Florinda rideva, descrivendo il suo shock. Il vecchio, con un trucco, era riuscito a coinvolgerla attivamente nella propria guarigione. Per di più, con il pretesto che la cura lo richiedeva, l'aveva posta ogni giorno per almeno sei ore nello scatolone, facendola portare a termine un compito specifico che lui chiamava «ricapitolazione ».

 

A questo punto del racconto Florinda mi scrutò e concluse che ne avevo avuto abbastanza ed era tempo che me ne andassi.

 

Nel nostro incontro seguente, lei mi spiegò che il vecchio era il suo benefattore e che lei era la prima cacciatrice che le donne del seguito avevano trovato per il Nagual Juan Matus. Ma a quel tempo non le era noto nulla di tutto questo. Anche se il suo benefattore le faceva cambiare livello di consapevolezza e glielo rivelava, era tutto inutile. Lei era stata educata a essere bella e questo le aveva creato intorno uno scudo così impenetrabile da renderla indifferente ai cambiamenti.

 

Il suo benefattore concluse che le serviva tempo. Escogitò un piano per attirare Celestino nel campo di scontro di Florinda. Le fece vedere alcune cose della personalità del marito che lei sapeva corrispondevano a verità ma non aveva mai avuto il coraggio di riconoscere per suo conto. Celestino era molto possessivo con tutto quel che aveva: considerava la sua ricchezza e Florinda come le sue proprietà più importanti. Aveva dovuto passar sopra al suo orgoglio ferito dall'umiliazione subita per mano della guaritrice perché si trattava di una donna da poco e in fondo Florinda stava guarendo. Aspettava che si presentasse il momento opportuno, quando la guarigione sarebbe stata completa, per la propria vendetta.

 

Florinda mi riferì che il suo benefattore le aveva detto che, se la completa guarigione fosse arrivata troppo in fretta, si correva il rischio che Celestino, poiché era lui a prendere ogni decisione in famiglia, stabilisse che non c'era più bisogno di tornare dalla guaritrice. Allora egli le aveva dato un unguento da applicare sull'altra gamba. Era un medicamento dall'odore molto acre che produceva sulla pelle un'eruzione simile al propagarsi della Malattia. Il benefattore le aveva consigliato di metterlo ogni volta che voleva tornare da lui, anche se non aveva bisogno di cure.

 

Florinda disse che le ci volle un anno per guarire. In tutto quel tempo il benefattore le fece conoscere la regola e la fece esercitare, come un soldato nell’arte dell'agguato. Le fece applicare i rincipi dell'agguato alle sue attività di ogni giorno cominciando……

 

                                                                                                                                           TORNA SU