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Il Sito di Gianfranco Bertagni

 

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Michel Foucault - soggetto, sessualità e potere


 

1. Identità e (‘) potere


Con Foucault la critica del soggetto e dell’identità si coniuga alla riflessione sul potere. La sua “archeologia del sapere” ha lo scopo di ricercare nella storia le formazioni discorsive che mediano e organizzano l’esperienza che le persone hanno del mondo. Esse danno luogo a precise  “politiche generali” della verità che regolano ciò che deve essere considerato vero o falso, che decidono quali discorsi accogliere e quali ripudiare. Tali organizzazioni di sapere interagiscono con e sono intrinsecamente collegate ai rapporti di potere: il discorso è per Foucault il luogo dall’articolazione produttiva di potere e sapere.

Soggetto, follia, sessualità, si rivelano tra le costruzioni discorsive più potenti, messe a punto dal potere in un preciso momento della nostra storia per disciplinare e controllare in senso economico e produttivo il corpo sociale.

La nascita del soggetto coincide con la comparsa di un preciso discorso sull’uomoquello delle scienze umane, che nascono appunto in epoca moderna[1] -, con la volontà di creare un discorso che, parlandone, istituisce il “l’individuo” come concetto. Il processo di soggettivazione caratteristico dell’epoca moderna è visto da Foucault come estensione, come tecnica principale del potere; una forma di potere che “è rivolta all’immediata vita quotidiana che categorizza l’individuo, lo segna della sua individualità, lo fissa alla sua identità, gli impone una legge di verità che egli deve riconoscere e che altri devono riconoscere in lui”[2]. Rendere le persone soggetti, legandole ad una identità precisa – e l’oggettivazione di un’identità sessuale sarà indagata nelle sue ricerche come una delle tecniche più efficaci a questo scopo – è dunque un modo per assoggettarle ad un regime di governabilità: il soggetto è una forma di potere che soggioga, che crea il miraggio e la necessità di una coscienza–conoscenza di sé per legare l’individuo alla propria identità[3].

La ricerca di Foucault si concentra su i modi attraverso i quali gli esseri umani vengono resi soggetti: oltre al ruolo fondamentale delle scienze che parlano dell’uomo, si rivelano determinanti quelle che Foucault chiama “pratiche di divisione”, che creano il soggetto attraverso l’atto di separarlo da una serie di “altri”. Implicata con la nascita della soggettività è, ad esempio, l’istituzione della follia: il potere-discorso ha bisogno della figura del folle come antagonista a cui contrapporre il potere della razionalità nascente, che si può definire, così, come norma, in contrapposizione alla a-normalità del folle.  E se nelle epoche precedenti la pazzia era considerata come qualcosa di misterioso ma anche di prodigioso e talvolta sacro e ai folli era permessa la vita di comunità, con la nascita dell’era moderna essi vengono medicalizzati, la follia diventa malattia da curare, deviazione dalla norma da recuperare. I “malati” mentali vengono rinchiusi in apposite strutture, osservati, studiati, indagati. Nasce la clinica psichiatrica e nasce un preciso discorso, un nuovo sguardo medico, che ha istituito l’oggetto stesso della sua indagine: la follia.

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2. La sessualità come istituzione

 

Anche la sessualità – e l’identità intesa come identità sessuata, come ricerca di un vero sesso che esprima adeguatamente la realtà della persona[4], - si rivela costruzione della modernità e tecnica di assoggettamento dei corpi. Foucault propone un inedito rapporto tra sesso e potere: contro la visione di una natura sessuale vera, originaria, che il potere tenterebbe di reprimere e sottomettere, egli avanza l’ipotesi della loro connivenza presentandoci il concetto di sessualità come dispositivo costruito e tenuto in vita dal potere stesso[5]. Egli nota come in epoca moderna si assista non tanto ad un occultamento dei discorsi sul sesso – come l’ipotesi repressiva sosterrebbe: la società borghese non vuole parlare del sesso, e quando ne parla lo fa per reprimerlo, ignorando la verità naturale delle nostre pulsioni – quanto ad una loro eccezionale proliferazione, che rivela una nuova volontà di sapere. Dalla nuova pastorale cattolica dopo il Concilio di Trento, che accelera il ritmo delle confessioni e invita a tenere in massima considerazione e a rivelare ogni insinuazione della carne ed ogni peccato connesso al piacere, s’impone l’obbligo a dire, a rivelare, a confessare a se stessi e all’altro ogni elemento che in qualche modo possa essere affine al sesso. Attraverso il regime della confessione si comincia a sviluppare un discorso sul sesso: tra il XVIII e il XIX secolo è poi evidente la tendenza a parlare sempre di più del sesso – nella medicina, nella sociologia, nella demografia, nella psicanalisi, nella psichiatria, nella pedagogia… -  fino a produrre una vera e propria scientia sexualis, che istituisce e governa la verità sul sesso. Tutto ciò è supportato dalla convinzione che si deve dire la verità, e che un sapere deve essere rivelato, in quanto è alla sfera sessuale che sono ricondotte la verità dell’individuo e le sue responsabilità consce e inconsce: in fondo al sesso, la verità[6].

Foucault critica, dunque, l’interpretazione comune che si dà della sessualità - forza ribelle, natura recalcitrante che scalpita e freme sotto il giogo di un potere che la vuole negare e controllare; essa, vera e propria istituzione della modernità, è, al contrario, un dispositivo creato dal potere stesso nel momento in cui la costituisce come oggetto dei propri discorsi e delle proprie pratiche: la sessualità si è costituita come campo di conoscenza a partire da relazioni di potere che l’hanno costituita come oggetto possibile[7].  Sapere e potere rivelano così la loro immanenza, che rende illusoria sia l’idea di una ricerca scientifica e obiettiva sulla sessualità, sia qualsiasi strategia di emancipazione e liberazione sessuale, non esistendo alcuna dimensione originaria da recuperare. La sessualità diventa, anzi, uno dei nodi fondamentali nelle politiche produttive del potere, un elemento di grande strumentalità utilizzato come cardine di molteplici strategie.

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3. Una nuova concezione del potere

L’analisi che Foucault compie nel campo della sessualità porta alla luce un nuovo modo di intendere il potere.Innanzitutto ne viene sottolineato l’aspetto produttivo. Foucault sostiene l’importanza di passare da una visione negativa del potere (come  divieto, costrizione, inibizione, potere di dire no) ad una visione positiva: il potere è da intendersi soprattutto come possibilità di produzione di discorsi che normalizzano, istituiscono, controllano. Il potere non è un’istanza che opera per mezzo della repressione, ottenendo ubbidienza dai dominati attraverso punizioni e sanzioni; a tale concezione giuridica del potere come legge, come diritto, Foucault sostituisce la visone del potere come discorso, come produzione di verità. Il sapere, inteso come organizzazione dell’informazione, come produzione e mantenimento di discorsi validi e accettati come veri, come vero e proprio regime du savoir, ne è la forma più rappresentativa: fra tecniche di sapere e strategie di potere non c’è nessuna esteriorità, anche se hanno ciascuna il loro ruolo specifico e si articolano l’una con l’altra a partire dalla loro differenza[8].

Come si è potuto osservare nei casi precedenti (soggetto, follia, sessualità), la positività del potere e la sua funzione costruttiva sono legati alla sua performatività: alla capacità di creare i referenti del proprio discorso attraverso l’atto di nominarli e di produrre sapere e conoscenze su di essi. Il potere non agisce esteriormente su elementi, gruppi, identità originariamente presenti nella società, che esso si limiterebbe a evocare referenzialemente nel prorpio discorso;  il potere-discorso, in modo molto più complesso, li produce e li avvolge nella loro definizione. Per questo non possiamo pensare ad esso come una sovrastruttura che agisce sugli elementi sociali dall’esterno: le relazioni di potere sono coesistenziali e immanenti agli altri tipi di rapporti (relazioni economiche, sessuali, sociali…) ed hanno un ruolo produttivo su di essi. In una simile prospettiva, ad esempio, la relazione di potere tra donne e uomini non deve essere semplicisticamente interpretata come: gli uomini hanno il potere, le donne lo subiscono; bisogna analizzare il significato delle categorie  “uomini” e “donne” , interrogarsi sulla loro costruzione, comprendere come il potere agisce nella loro stessa composizione, come organizza la loro differenza e il loro squilibrio, in che modo presieda alla loro intelligibilità[9].

Il potere, dunque, non è qualcosa che alcuni gruppi e alcune identità hanno e altri non hanno. Braidotti[10] propone di pensare al potere non come sinonimo di avere ma come sinonimo di essere: una situazione in cui siamo costantemente immersi.
L’onnipresenza delle relazioni di potere esclude la presenza di un centro di sovranità generale che impone dall’alto un’ideologia: il potere non è sopra la società, ma dentro, lavora nel piccolo – ecco la necessità di una microfisica del potere - , non solo nelle aule parlamentari e in quelle giudiziarie, ma in infinte pratiche che coinvolgono gli apparati di riproduzione, famiglia, economia, istituzioni; si forma dal basso, dai molteplici rapporti che avvolgono in ogni momento la società: si produce in ogni istante, in ogni punto, o piuttosto in ogni relazione fra un punto ed un altro[11]. È dappertutto, non nel senso che riesce a raggiungere ogni ambito, ma perché da ogni ambito proviene. Ramificati in molteplici situazioni, i rapporti di potere mostrano anche la loro tendenza a stratificarsi: è possibile cioè che gli elementi del corpo sociale siano contemporaneamente attraversati e coinvolti da più relazioni di potere. Mobili, frammentate, esse sono disperse in diverse ed eterogenee pratiche: ciò che comunemente intendiamo con “Il” potere è l’effetto di insieme di queste mobilità, la linea generale che le attraversa, la

strategia che intende concatenarle e fissarle.

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[1] Si può riconoscere, ad esempio, la nascita di un soggetto grammaticale, parlante (nella linguistica, nella filologia), di un soggetto produttivo e che lavora (nell’economia), o semplicemente, di un soggetto di vita (nella biologia). Cfr. M.Foucault, Perché studiare il potere? La questione del soggetto, in M. Foucault, Potere e strategie,Mimesis, Milano 1994, p. 103

[2] Ibidem p. 108

[3] Ibidem

[4] Si veda a questo proposito il resoconto che Foucault fa della vicenda di Alexina Barbin, esempio drammatico di ricerca coatta dell’ identità sessuale. Educata come una ragazza in un istituto religioso femminile, riconosciuta in seguito come ragazzo e costretto a cambiare sesso legale e stato civile dopo accertamenti medici e giudiziari, Herculine-Adélaidide Barbin, cioè Alexina, o Abel, o, ancora, Camilla,  finisce con il suicidarsi, perché incapace di adattarsi alla sua “vera”  nuova identità sessuale. Foucault sottolinea i differenti sguardi – o  regimi di “discrezione” - a cui il corpo di Alexina è stato sottoposto: falsamente ingenuo quello del collegio femminile, ma tollerante nel suo non voler-saper vedere la differenza del corpo sgraziato di questa ragazza. In questo posto religioso, l’enigma che circonda il copro di Alexina non deve, non può essere considerato; zona di mistero, che deve essere lasciata nel non detto e nel non visto, l’identità sessuale di Herculine, finché rimane nell’istituto religioso, non è oggetto di sguardi e discorsi inquisitori. La medicina, la burocrazia, la giustizia istituiscono, però, un altro regime: si deve sapere, la scienza deve rivelare la verità di questo corpo,  la medicina deve scoprirne il vero sesso. Le incertezze,  le sfumature, le contraddizioni che coesistevano nell’ombra del regime religioso, non sono ammesse dal regime medico-giuridico. Da qui il dramma che porterà Alexina al suicidio. M. Foucault, Il vero sesso, in Michel Foucault e il divenire donna, Mimesis, Milano, 1997, p. 177

[5] M. Foucault, La volontà di sapere. Storia della sessualità I, Feltrinelli, Milano 2001.

[6] Sempre riferendosi alla vicenda di Herculine, Foucault commenta: inoltre ammettiamo anche che è sul versante del sesso che bisogna cercare le verità più segrete dell’individuo; che là è possibile scoprire meglio ciò che è e ciò che lo determina; e se nei secoli abbiamo ritenuto di dovere nascondere le cose di sesso perché erano vergognose, sappiamo adesso che è il sesso stesso a celare le parte più segrete dell’individuo: la struttura dei suoi fantasmi, le radici del suo io, le forme del suo rapporto con il reale. M. Foucault, Il vero sesso, in Michel Foucault e il divenire…op. cit. p. 179

[7] M. Foucault, La volontà di sapere. op. cit. p. 92

[8] Ibidem, p. 87

[9] (…) le relazioni di potere non sono in posizione di esteriorità nei confronti di altri tipi di rapporti (processi economici, rapporti di conoscenza, relazioni sessuali), ma che sono loro immanenti; sono gli effetti immediati delle divisioni, delle ineguaglianze e dei disequilibri che vi si producono, e sono reciprocamente le condizioni interne di queste differenziazioni; Ibidem p. 83

[10] L’osservazione è presa da una lezione in Real Audio per il corso on-line Gendering Cyberspace organizzato dal dipartimento degli Women’s Studies presso l’Università di Utrecht.

[11] M. Foucault, La volontà di sapere. op. cit. p. 82

 


Da: http://www.tramanti.it/conten/testi/teoria/potere.htm

 

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