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Il Sito di Gianfranco Bertagni

 

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Foucault: là dove il pensiero democratico non può arrivare
 

Questo testo è l'introduzione dell'opuscolo con cui presentammo la prima traduzione del résumé "La Società Punitiva".
Una traduzione rivista e corretta è uscita successivamente nell'omonimo volume edito da TraccEdizioni, contenente, oltre a detto résumé, anche altri saggi su Foucault, e nel libro Résumé des cours 1970-1982 edito dalla BFS; entrambi curati da noi.

 


Pubblichiamo questo vero proprio bootleg, o se preferite questa lunga citazione tradotta, di Michel Foucault non certo per esercizio si stile né per far vedere che un CSA può decentemente tradurre ed impaginare qualcosa e quindi impossessarsi in qualche maniera della cultura "alta". Certo, dopo la nostra breve presentazione seguirà la lunga corrente del discorso foucaultiano; e allora? Come giustificare questa invasione di parole "estranee" dopo aver fatto così viva professione di indipendenza?
Ci giustifichiamo in due punti:
1) Con il gioco degli specchi. Citando Starobinski che giudica Montaigne nelle sue frequenti citazioni degli antichi: "Non è solo la scelta che interverrà come segno di appropriazione. (...) La citazione manipolata dà a Montaigne il sentimento di una padronanza che compensa in parte la debolezza che ha reso necessaria la citazione". (Starobinski, Montaigne, Ed. italiana il Mulino, 1984)
La "debolezza" che ha reso necessaria quest'operazione è quella di vivere un periodo storico di rara ferocia con un General Intellect che gli si oppone con rara inefficacia.
Dato questo stato di cose è d'obbligo domandarsi: che composizione sociale è prodotta in questa situazione? Se la domanda è all'ordine del giorno le risposte, specie di quelle che si coniugano con la prassi politica, non arrivano mai. Pubblicare questo "La società punitiva" significa rispondere a chi è ancora abbagliato dall'idea di una società complessa da non abbozzarne nemmeno il tentativo di descrizione. Ci domandiamo: la società risponde agli schemi del comando? Certo al comando risponde ergo esiste una razionalità punitiva e di comando che funziona e se funziona ergo questa razionalità è adesiva ad una struttura di comando. Alla faccia della complessità ciò che è reale è ancora razionale; non sarà una razionalità more geometrico quella che muove il comando ma funziona; se funziona c'è, se c'è la si può afferrare concettualmente; è solo questione di tempo e di metodo. E se il reale viaggia più velocemente del pensiero? Semplice; che il pensiero si metta a correre. In questa "società punitiva", senza addentrarsi nei problemi specifici degli studi su Foucault, troverete pari pari la logica di comando che, al di là delle contingenze del mercato politico, ha prodotto la legge Russo Jervolino, visto che la storia della "trasformazione della penalità non riguarda soltanto una storia dei corpi, riguarda più precisamente una storia dei rapporti tra potere politico e corpi. La costrizione sui corpi, il loro controllo, il loro assoggettamento, (...) la maniera in cui li piega, li fissa, li utilizza è il principio del cambiamento analizzato" (vedi La società punitiva, TraccEdizioni, 1991, pag. 54) là dove il principio del cambiamento analizzato non è una delle tante lugubri versioni di 1984 ma è, come del resto è caratteristica generale del comando capitalista moderno, qualcosa di più perverso e vivace e cioè che il rapporto tra corpo e potere non è funzionale al solo inquadramento del corpo nelle coordinate spazio-temporali del dominio. È la trasformazione, la produzione del corpo dell'emarginato in dato politico, in mezzo di pressione politica una volta che esso sia stato fatto entrare nelle coordinate del dominio e afferrato. Una volta afferrato è sbagliato pensare che questo dato stia lì, nella sua fissità spazio-temporale, semplicemente avviluppato dal dominio. Una volta trasformato in dato esso è pedina mobile nella scacchiera spazio-tempo della politica del dominio pronto per essere utilizzato per risposte flessibili ad esigenze o conflitti multiformi. Volete un esempio? Prendiamone uno semplice: come organizzare un territorio urbano in rete capillare di controllo? Trasformando il corpo del tossicodipendente in terreno di reato, terreno da scovare e sorvegliare negli anfratti della metropoli. Come scovare? Come sorvegliare? Ecco quindi la rete; la cui struttura e legittimazione verrà della trasformazione del corpo in terreno. Corpo: palpitante superficie biologica impossibile da sezionare. Terreno: superficie neutra immessa nel circuito del comando e quindi predisposta al confinamento, alla misurazione, alla separazione delle parti. Questo in una logica in cui il punto più importante non è l'eliminazione del terreno di reato (nei primi tre mesi del 1991 i morti sono stati 309, il 30% in più del corrispondente periodo del '90, ed era stato questo dato "i morti" a istituire la trasformazione del corpo del tossicodipendente in territorio di reato) ma quello della legittimazione della struttura prigionistica, che non è solo galera, dei Muccioli, dei questori "illuminati" che danno consigli in TV che rendono valida la norma per cui il corpo o chi per esso, "disoccupato" o non, deve rispondere a criteri di normalità, essere cioè pronto a rispondere agli stimoli o al consenso del mondo produttivo.
Sorvegliare e punire, quindi, ma questo processo non lavora per l'esaurimento di se stesso una volta colonizzato il terreno-corpo ma ne scava negli interstizi della società la legittimazione storica, il diritto a perpetuarsi. Una volta perpetuato e radicato questo processo, e con esso il suo elemento-base il terreno-corpo, può essere utilizzato come e quando si vuole. Terreno "in sonno" per 10 anni (come è successo in Italia durante tutto il periodo della crescita esponenziale dei morti per droga) salvo decongelarlo come lubrificante per la legittimazione degli apparati repressivi della II Repubblica a venire. Infine può essere utilizzato al Nord per riqualificare la politica di servizio dei comuni (raccolte-farsa delle siringhe, telefoni azzurri), al Centro per smuovere le clientele nel trovare i terreni per le comunità, al Sud come semplice clava per le faide tra cosche istituzionali. Chi l'ha detto, dunque, che il dominio è monotono? Foucault sembra partire proprio da questa domanda.
2) Ne "La società punitiva" la dialettica corpo-istituzioni produce degli effetti da non trascurare: là dove il corpo esce dallo stato di "materia prima" per essere lavorato dai meccanismi dell'imprigionamento esso diventa merce politica cioè oggetto di pressione nel mercato della politica: dislocare gli emarginati in una regione piuttosto che in un'altra significa favorire l'economia e il bon vivre di una regione piuttosto che un'altra (si pensi perché da noi gli albanesi sono stati installati al sud piuttosto che al nord), significa rendere funzionale il corpo alla nozione di "bene comune" di una data società occidentale. La risposta dell'importanza, per il comando, del produrre questa funzionalità la vediamo nel momento in cui questa dialettica corpo-istituzioni sia osservata nel vivo della produzione, là dove si estrae ricchezza.
Sentiamo Foucault: "La forma più importante della nuova illegalità (...) riguarda il corpo stesso dell'operaio e il modo in cui è funzionale al sistema di produzione più che il corpo del sistema produttivo o quello della proprietà terriera. Salari insufficienti, dequalificazione del lavoro a causa della macchina, orari di lavoro smisurati, molteplicità delle crisi regionali o locali, proibizione delle associazioni, meccanismo dell'indebitamento, tutto questo conduce gli operai a dei comportamenti come l'assenteismo, la rottura del contratto di assunzione, l'emigrazione, la vita irregolare" (La società punitiva, TraccEdizioni, 1991, pag. 52).
Irreticolare, controllare questo tipo di fenomeno non solo è garantire la produzione ma fondare, a partire dall'intimo, nella violenza sul corpo di chi produce la giustezza e l'equilibrio di questo rapporto di produzione. Quello che oggi viene chiamato con un linguaggio paludato "indifferenza dei ceti sociali più bassi ad una trasformazione politica" è il meccanismo di alienazione descritto da Foucault controllato e riciclato nelle più utili forme della narcosi televisiva, della nevrosi diffusa, dell'estasi da consumo. Certo, rispetto alla citazione di Foucault, non esiste più una nozione centrale di luogo produttivo, ma esistono ancora i salari insufficienti; la qualità totale alla Romiti tende a eliminare la dequalificazione, ma essa si ripresenta sotto la forma dell'utilizzazione miserrima, cioè solo nelle variabili del profitto e del comando, della nuova intelligenza produttiva etc. Basta riparametrare e troveremo il nuovo rapporto di dominio e di comando che produce la nuova alienazione. Ed è qui che il pensiero della "sinistra" non può arrivare, tutta tesa com'è a garantire un sistema di diritti del "bene comune" ignorando quale struttura lo produca e come od al massimo qualificando il tutto come "sviluppo storico". Ma il cittadino è figura astratta, mediazione rappresentativa tra tutte le figure sociali presenti che, nel pensiero democratico, tutte hanno "diritto" a esistere. Dialettica corpo-istituzioni compresa, che la sinistrucola chiama "base per lo sviluppo". Recuperare quindi la percezione del corpo, misurare lo scarto tra le sue necessità e le visioni del sistema dl diritto; far parlare questo scarto ed indirizzarlo contro la nozione di lavoro oggi esistente, legittimata ovunque da destra e da "sinistra". Da questo differenziarsi innescare la reazione assenteismo, lavoro altro, comunismo; oggi più che mai.

 

Da: http://www.libuniv.org/articoli.php?art=13

 

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