| Satipatthâna SuttaI pilastri del sapere   Riscrittura a partire 
		dall'italiano di De Lorenzo, da Pier Antonio Morniroli.Per distribuzione gratuita esclusivamente.
     
 Questo ho sentito.    Una volta il Sublime soggiornava 
		nella terra dei Kurû, presso la città dei Kurûni detta Kammâsadamman 
		(1). Là il Sublime si rivolse ai monaci: "La diritta via, monaci, che 
		conduce alla purificazione degli esseri, al superamento del dolore e 
		della miseria, alla distruzione della sofferenza e della pena, al 
		conseguimento di ciò che è giusto, alla realizzazione dell'estinzione, è 
		data dai quattro pilastri del sapere. Ecco che un monaco vigila presso 
		il corpo sul corpo, instancabile, con chiara mente, sapiente, dopo aver 
		superato le brame e le cure del mondo; allo stesso modo vigila presso le 
		sensazioni sulle sensazioni; presso l'animo sull'animo; presso i 
		fenomeni sui fenomeni. E come lo fa? Un monaco si reca all'interno della 
		foresta, o sotto un grande albero, o in un vuoto eremo, si siede con le 
		gambe incrociate, il corpo diritto, e si esercita nel sapere. Cosciente 
		egli inspira, cosciente espira. Se inspira profondamente egli lo sa; se 
		inspira brevemente, egli ne è consapevole. "Voglio inspirare sentendo 
		tutto il corpo", "Voglio espirare sentendo tutto il corpo", "Voglio 
		inspirare calmando questa combinazione corporea", "Voglio espirare 
		calmando questa combinazione corporea"; così egli si esercita. Così come 
		un abile tornitore o garzone tornitore tirando fortemente sa "Io tiro 
		fortemente", tirando lentamente sa "Io tiro lentamente": così accade al 
		monaco allorché inspira ed espira. Così egli vigila presso il corpo 
		interno sul corpo, presso il corpo esterno sul corpo, di dentro e di 
		fuori egli vigila presso il corpo sul corpo. Egli osserva come il corpo 
		si forma, come esso trapassa; osserva come il corpo si forma e come 
		trapassa. "Ecco com'è il corpo": tale sapere diviene il suo sostegno 
		perché esso serve alla comprensione, alla riflessione; ed egli vive 
		indipendente e non desidera nulla dal mondo. E ancora: il monaco, quando 
		cammina, sa che lo sta facendo; lo stesso quando è fermo; così pure 
		quando è seduto e quando giace; egli sa in quale posizione si trova, 
		qualsiasi essa sia. E ancora: il monaco è chiaramente consapevole nel 
		venire e nell'andare; nel guardare e nel distogliere lo sguardo; nel 
		chinarsi e nel sollevarsi; nel portare l'abito e la scodella 
		dell'elemosina; nel mangiare e nel bere; nel masticare e gustare; nel 
		liberarsi dalle feci e dall'urina; nel camminare o nello stare seduto; 
		nell'addormentarsi e nel risvegliarsi, nel parlare e nel tacere. E inoltre: il monaco esamina 
		questo corpo dalla cima della testa alle piante dei piedi, la pelle che 
		lo ricopre e come esso è ripieno di varie impurità: "Questo corpo ha 
		capelli, peli, ha unghie e denti, pelle e carne, tendini, ossa e 
		midollo, reni, cuore e fegato, diaframma, milza, polmoni, stomaco, 
		intestini, mucose e feci, ha bile, secrezioni, marciume, sangue, sudore, 
		linfa, lacrime, siero, saliva, muco, liquido articolare, urina". Così 
		come se vi fosse un sacco legato ai due capi, pieno di diversi cereali: 
		riso, fave, sesamo; e un uomo competente lo slegasse e ne esaminasse il 
		contenuto: "Questo è riso, queste sono fave, questo è sesamo": allo 
		stesso modo appunto un monaco esamina questo corpo in tutti i 
		particolari. E ancora: il monaco esamina questo corpo, sia che vada o 
		che stia, specificando: "Questo corpo ha la specie 'terra', ha la specie 
		'acqua', la specie 'fuoco' e la specie 'aria'. Così come se un abile 
		macellaio o un garzone macellaio, avendo macellata una vacca, la porta 
		al mercato, la seziona pezzo per pezzo, ne espone le varie parti, le 
		conosce, le osserva, le esamina bene e quindi si siede (2): proprio così 
		un monaco considera questo corpo. E inoltre ancora, monaci: come 
		se il monaco avendo visto un corpo che giace al cimitero, un giorno, due 
		o tre giorni dopo la morte, gonfio, illividito, divenuto putrefatto, 
		concludesse: "Anche il mio corpo è fatto così, diventerà così, non può 
		sfuggire a ciò". E ancora: come se il monaco avendo visto al cimitero un 
		corpo straziato da cornacchie, corvi o avvoltoi, sbranato da cani e 
		sciacalli, roso da molte specie di vermi, concludesse: "Tutto ciò può 
		accadere anche a me". E inoltre: come se il monaco avendo visto al 
		cimitero uno scheletro con brani di carne, sporco di sangue, tenuto 
		assieme dai tendini; o più tardi, uno scheletro privo di carne, sporco 
		di sangue, tenuto assieme dai tendini; e più tardi ancora le ossa, senza 
		i tendini, sparse qua e là; qua un osso della mano, là un osso del 
		piede, una tibia, un femore, il bacino, delle vertebre, il cranio, 
		concludesse: "Anche il mio corpo è fatto così, diventerà così, non può 
		sfuggire a ciò". E ancora: come se il monaco avendo visto le ossa, 
		sbiancate come conchiglie, le ossa sfatte, ammucchiate dopo che è 
		trascorso un anno; le ossa corrotte, divenute polvere, concludesse: 
		"Tutto ciò accadrà anche a me". Così egli vigila sul corpo interno, 
		vigila sul corpo esterno, vigila sul corpo interno ed esterno. Ma come vigila un monaco sulle 
		sensazioni? Un monaco, quando prova una sensazione piacevole, ne è 
		consapevole; lo stesso quando prova una sensazione dolorosa o una 
		sensazione né piacevole né dolorosa. Quando prova una sensazione 
		piacevole mondana, se ne rende conto, e altrettanto quando si tratta di 
		una sensazione piacevole trascendente, di una sensazione dolorosa 
		mondana o trascendente, di una sensazione neutra mondana o trascendente. 
		Così egli vigila sulle sensazioni, osserva come la sensazione si forma, 
		come passa, e come si forma e passa. "Ecco cos'è la sensazione": tale 
		sapere diviene il suo sostegno perché gli serve per conoscere, per 
		riflettere; ed egli vive indipendente e senza brama del mondo. Ma come vigila un monaco presso 
		l'animo e sull'animo? Un monaco conosce l' animo bramoso e l'animo non 
		bramoso, quello astioso e quello non astioso, l' animo che erra e quello 
		senza errore, quello raccolto e quello che non lo è, l'animo distratto, 
		l'animo tendente all'alto sentire e quello tendente al basso sentire, 
		l'animo nobile, quello volgare, l'animo tranquillo, quello inquieto, 
		l'animo redento e l'animo vincolato; e di tutti si rende conto. Egli 
		osserva come l'animo si forma, come trapassa, come si forma e trapassa. 
		"Ecco com'è l'animo": tale sapere diviene il suo sostegno perché esso 
		serve alla conoscenza, alla riflessione; ed egli vive indipendente e 
		senza brama del mondo. Ma come vigila un monaco presso 
		i fenomeni sui fenomeni? Un monaco osserva sui fenomeni il manifestarsi 
		dei cinque ostacoli (nîvarana): osserva quando la brama (kâmacchanda) è 
		in lui e quando non lo è; osserva quando in lui vi è avversione 
		(vyâpâda); quando vi è accidia (thîna-middha); quando vi è superbia ( o 
		agitazione-ansia = uddhacca-kukkucca); quando vi è dubbio (vicikicchâ), 
		e quando essi non vi sono. E per ognuno dei cinque ostacoli osserva come 
		comincia a svilupparsi; osserva come quando divenuto evidente viene 
		rinnegato, e osserva quando gli ostacoli, rinnegati, non compaiono più 
		nell'avvenire. "Ecco i fenomeni": tale sapere diviene il suo sostegno 
		perché esso serve alla conoscenza, alla riflessione; ed egli vive 
		indipendente e senza brama del mondo. Ma come vigila un monaco presso 
		i fenomeni sul manifestarsi dei cinque tronchi dell'attaccamento? Un 
		monaco dice a se stesso: "Così è la forma (rûpa), così è la sensazione 
		(vedanâ), così è la percezione (saññâ), così sono le distinzioni 
		(sankhâra), così è la coscienza (viññâna) ; così esse hanno origine, 
		così esse si dissolvono. E inoltre il monaco vigila 
		presso i fenomeni sul manifestarsi dei sei regni interni-esterni 
		(sal-âyatana). Come? Un monaco conosce l'occhio e conosce le forme; 
		conosce l'orecchio e conosce i suoni; conosce il naso e conosce gli 
		odori; conosce la lingua e conosce i sapori; conosce il corpo e conosce 
		i contatti; conosce il pensiero e conosce le idee. Conosce come essi si 
		combinano e cosa ne risulta; conosce quando la combinazione avviene, 
		quando essa cessa, e quando la cessata combinazione non si verifica più 
		nell' avvenire. E inoltre il monaco vigila 
		presso i fenomeni sul manifestarsi dei sette fattori di risveglio 
		(sambojjhanga). Come? Un monaco s'accorge quando sono in lui la 
		consapevolezza (sati), il raccoglimento (l'esame dei fenomeni = 
		dhammavicaya), la forza (viriya), la serenità gioiosa (pîti), la calma 
		(passaddhi), la concentrazione (samâdhi), l'equanimità (upekkhâ). 
		Conosce quando i sette fattori di risveglio si destano, quando divenuti 
		desti si sciolgono. E inoltre ancora un monaco 
		vigila presso i fenomeni sul manifestarsi delle quattro nobili verità. 
		Come? Un monaco comprende secondo verità "Questo è il dolore", "Questa è 
		l'origine del dolore", "Questo è l'annientamento del dolore", "Questa è 
		la via che conduce all'annientamento del dolore". Chi, monaci, sa così sostenere 
		questi quattro pilastri del sapere può aspettarsi queste due 
		possibilità: sicurezza durante la vita o non ritorno dopo la morte. 
		Lasciamo stare i sette anni: chi, monaci, sa così sostenere questi 
		quattro pilastri del sapere per sei anni, cinque, quattro, tre, due, un 
		solo anno; lasciamo stare l'anno: chi, monaci, per sette mesi sa così 
		sostenere questi quattro pilastri del sapere può aspettarsi queste due 
		possibilità: sicurezza durante la vita o non ritorno dopo la morte. Ma 
		lasciamo stare i sette mesi: chi, monaci, per sei mesi, cinque, quattro, 
		tre, due, un mese, per un mezzo mese sa così sostenere questi quattro 
		pilastri del sapere. lasciamo stare persino il mezzo mese: chi, monaci, 
		per sette giorni sa così sostenere questi quattro pilastri del sapere 
		può aspettarsi queste due possibilità: sicurezza durante la vita o non 
		ritorno dopo la morte. "La diritta via che conduce alla 
		purificazione degli esseri, al superamento del dolore e della miseria, 
		alla distruzione della sofferenza e della pena, al conseguimento di ciò 
		che è giusto, alla realizzazione dell'estinzione, è data dai quattro 
		pilastri del sapere": se questo è stato detto lo è stato di proposito." Così parlò il Sublime. Contenti 
		si rallegrarono quei monaci della parola del Sublime.   Note (1) Forse sepolta sotto 
		l'attuale Kamasin, nella piana Kurukshetram della Jamna (o Yamunâ), ad 
		occidente di Allâhâbâd. (2) Dato che, in India, da più 
		di 2000 anni l'uccisione di una vacca è considerato un orribile delitto, 
		risulta che la redazione di questo testo dev'essere anteriore di alcuni 
		secoli ad Ashoka e risalire ai tempi in cui il macello di vacche per la 
		pubblica vendita era accettato come normale. Pur considerando l'orrore che 
		questa descrizione, considerata come un resto barbarico dell'antichità, 
		poteva suscitare, essa fu conservata e tramandata intatta. Ciò prova la 
		straordinaria venerazione per le parole del Maestro e lo scrupolo con 
		cui le Sue parole furono tramandate.   Attenzione! Riporto qui sotto un 
		brano iniziale tradotto in inglese da Nyanasatta Thera con le sue note 
		di commento, per chiarire il senso di ciò che il De Lorenzo ha tradotto: 
		''... vigila presso il corpo sul corpo...''; ''vigila presso le 
		sensazioni sulle sensazioni''; e via dicendo.   
 Quivi (in questo insegnamento) 
		un monaco vive contemplando il corpo nel corpo, [1] ardente, chiaramente 
		comprendendo e attento, avendo superato, in questo mondo, la cupidigia e 
		l'afflizione; vive contemplando i sensi nei sensi, ardente, chiaramente 
		comprendendo e attento, avendo superato, in questo mondo la cupidigia e 
		l'afflizione; vive contemplando la coscienza nella coscienza,[2] 
		ardente, chiaramente comprendendo e attento, avendo superato, in questo 
		mondo la cupidigia e l'afflizione; vive contemplando gli oggetti mentali 
		negl'oggetti mentali,[2] ardente, chiaramente comprendendo e attento, 
		avendo superato, in questo mondo la cupidigia e l'afflizione. 
		     Note 1. La ripetizione delle frasi 
		'contemplando il corpo nel corpo, sensi nei sensi, ecc., si vuole 
		insistere presso il meditante sull'importanza di stare coscienti se 
		nell'attenzione sostenuta diretta ad un singolo oggetto scelto, si ci è 
		tenuti saldi o se non si è fuggiti nel campo di un'altra contemplazione. 
		Ad esempio, quando si contempla un processo corporeo, un meditante può 
		alla sua insaputa farsi trascinare in una considerazione dei suoi 
		sentimenti in relazione con questo processo corporeo. Dovrebbe allora 
		essere chiaramente cosciente dell'aver lasciato il suo soggetto 
		originale, ed è impegnato nella contemplazione del sentimento.     Da:
		
		
		http://membres.lycos.fr/zenmontpellier/majjhimait.html |