Il piccolo discorso sulla vacuità (Cūlasuññatasutta)

  in quiete
Il Sito di Gianfranco Bertagni

 

"La conoscenza di Dio non si può ottenere cercandola; tuttavia solo coloro che la cercano la trovano"
(Bayazid al-Bistami)

"Chi non cerca è addormentato, chi cerca è un accattone"
(Yun Men)

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Il piccolo discorso sulla vacuità (Cūlasuññatasutta)


 

Così ho udito. Una volta il Beato soggiornava presso Savatthi, nel Parco orientale, nel apazzo della madre di Migara. Dunque, avvenne che una sera il venerabile Ananda, uscito dal suo raccoglimento, si recò là dove si trovava il Beato e, salutatolo riverentemente, gli si sedette al lato. Sedutosi, il venerabile Ananda così disse al Beato:

"Una volta, o signore, il Beato soggiornava fra i Sakya, in una cittadina chiamata Nagaraka. Là, o signore, io ho udito, ho appreso dalla bocca stessa del Beato queste parole: 'Adesso, o Ananda, io dimoro pienamente in uno stato di vacuità'. Signore, ho ben udito, ben appreso, ben inteso e ben ritenuto queste parole?"

"Certamente, o Ananda, tu hai ben udito, ben appreso, ben inteso e ben ritenuto le mie parole. Adesso, come allora, o Ananda, io dimoro pienamente in uno stato di vacuità. Così come questo palazzo della madre di Migara è ora vuoto di elefanti, di buoi, di cavalli, vuoto d'oro e d'argento, vuoto di aggregazioni di uomini e di donne, e la sua sola non vacuità è questa unica cosa, la comunità dei monaci, allo stesso modo, o Ananda, il monaco non pone mente all'idea di villaggio, non pone mente all'idea di uomo, ma pone mente a quest'unica cosa, alla foresta. Nell'idea di foresta la sua mente si placa, si ferma, si libera; ed egli riconosce: 'Le cure ('daratha', le preoccupazioni, le ansie) che dipendevano dall'idea di villaggio non esistono più; le cure che dipendevano dall'idea di uomo non esistono più e l'unica cura che rimane è quella che dipende dall'idea di foresta'.

"Egli riconosce che il suo pensiero è vuoto dell'idea di villaggio e dell'idea di uomo, e che l'unica cosa di cui non è vuoto è dell'idea di foresta. Così vede chiaramente che il pensiero è vuoto di ciò che non v'è; ma sa bene che vi è ciò che è rimasto. In tal modo si produce in lui questa reale, verace, purissima vacuità".

"In seguito Ananda, il monaco, non ponendo mente all'idea di uomo, non ponendo mente all'idea di foresta, pone mente a quest'unica cosa, alla terra. Nell'idea di terra la sua mente si rallegra, si placa, si ferma, si libera. O Ananda, così come una pelle di toro col raschiatoio viene ben pulita e resa liscia, allo stesso modo, o Ananda, il monaco, non ponendo
mente a nulla di quanto v'è sulla terra, cioè ai clivi e declivi, guadi difficili di fiumi, tronchi e roveti, monti e burroni, pone mente a quest'unica cosa alla terra. Nell'idea della terra la sua mente si rallegra, si placa, si ferma, si libera; ed egli riconosce: 'Le cure che dipendevano dall'idea di foresta non esistono più e l'unica cosa che resta è quella che
dipende dall'idea della terra'. Il monaco riconosce che il suo pensiero è vuoto dell'idea di uomo e dell'idea di foresta e che l'unica cosa di cui non è vuoto dell'idea di terra. Così vede chiaramente che il pensiero è vuoto di ciò che non v'è; ma sa bene che vi è ciò che vi è rimasto. In tal modo o Ananda si produce in lui questa reale, verace purissima vacuità".

"In seguito Ananda, il monaco, non ponendo mente all'idea di di foresta, non ponendo mente all'idea di di terra pone mente a quest'unica cosa, all'idea della sfera dell'infinità dello spazio. Nell'idea della sfera dell'infinità dello spazio la sua mente si solleva, si placa, si rallegra, si libera ed egli riconosce: 'Le cure che dipendevano dall'idea di foresta non esistono più, le cure che dipendevano dall'idea di terra non esistono più e l'unica cosa che resta è quella che
dipende dall'idea della terra'. Il monaco riconosce che il suo pensiero è vuoto dell'idea di uomo e dell'idea di foresta e che l'unica cosa di cui non è vuoto dell'idea della sfera dell'infinità dello spazio . Il monaco riconosce che il suo pensiero è vuoto dell'idea di foresta e dell'idea di terra e che l'unica cosa di cui non è vuoto è dell'idea della sfera dell'infinità dello spazio. Così vede chiaramente che il pensiero è vuoto di ciò che non v'è; ma sa bene che vi è ciò che vi è rimasto. In tal modo, o Ananda, si produce in lui questa reale, verace purissima vacuità".

"In seguito Ananda, il monaco, non ponendo mente all'idea di terra, non ponendo mente all'idea della sfera dell'infinità dello spazio, pone mente a quest'unica cosa, alla sfera dell'infinità della coscienza. Nell'idea della sfera dell'infinità della coscienza la sua mente si rallegra, si placa, si ferma, si libera ed egli riconosce: 'Le cure che dipendevano dall'idea di terra non esistono più, le cure che dipendevano dall'idea della sfera dell'infinità dello spazio non esistono più e l'unica
cosa che resta è quella che dipende dall'idea dell'infinità della coscienza'. Il monaco riconosce che il suo pensiero è
vuoto dell'idea di terra e dell'idea della sfera dell'infinità dello spazio e che l'unica cosa di cui non è vuoto è dell'idea della sfera dell'infinità della coscienza.

Così vede chiaramente che il pensiero è vuoto di ciò che non v'è; ma sa bene che vi è ciò che vi è rimasto. In tal modo, o
Ananda, si produce in lui questa reale, verace purissima vacuità".

"In seguito, o Ananda, il monaco, non ponendo mente all'idea della sfera dell'infinità dello spazio, non ponendo mente all'idea della sfera dell'infinità della coscienza pone mente a quest'unica cosa, all'idea della sfera della nullità. Nell'idea della sfera della nullità (p. akincannayatana, sans. akincaniyayatana) la sua mente si rallegra, si placa, si ferma, si libera ed egli riconosce: 'Le cure che dipendevano dall'idea della infinità dello spazio non esistono più, le cure che
dipendevano dall'idea dell'infinità della coscienza non esistono più e l'unica cosa che resta è quella che dipende dall'idea della sfera della nullità'. Il monaco riconosce che il suo pensiero è vuoto dell'idea della sfera dell'infinità dello spazio e della sfera dell'infinità della coscienza e che l'unica cosa di cui non è vuoto è dell'idea della sfera della nullità.
Così vede chiaramente che il pensiero è vuoto di ciò che non v'è; ma sa bene che vi è ciò che vi è rimasto. In tal modo, o Ananda, si produce in lui questa reale, verace purissima vacuità".

"In seguito, o Ananda, il monaco, non ponendo mente all'idea della sfera dell'infinità della coscienza, non ponendo mente all'idea della sfera della nullità pone mente a quest'unica cosa, all'idea della sfera della 'né percezione né non percezione' (p. nevasannanasannayatana; sans. naivasamjnanasamjnayatana). Nell'idea della sfera della 'né percezione né non percezione' la sua mente si rallegra, si placa, si ferma, si libera ed egli riconosce: 'Le cure che dipendevano dall'idea dell'infinità della coscienza non esistono più, le cure che dipendevano dall'idea della sfera della nullità non esistono più e l'unica cosa che resta è quella che dipende dalla sfera della 'né percezione né non percezione' .
Il monaco riconosce che il suo pensiero è vuoto dell'idea della sfera dell'infinità della coscienza e dell'idea della sfera della nullità e che l'unica cosa di cui non è vuoto è dell'idea della sfera della 'né percezione né non percezione'. Così vede chiaramente che il pensiero è vuoto di ciò che non v'è; ma sa bene che vi è ciò che vi è rimasto. In tal modo, o Ananda, si produce in lui questa reale, verace purissima vacuità".

"In seguito, o Ananda, il monaco, non ponendo mente all'idea della sfera della nullità, non ponendo mente all'idea della sfera della 'né percezione né non percezione' pone mente a quest'unica cosa, al raccoglimento mentale privo di segni.
Nel raccoglimento mentale privo di segni la sua mente si rallegra, si placa, si ferma, si libera ed egli riconosce: 'Anche questo raccoglimento mentale privo di segni è coeffettuato e concepito (non è la Realtà ultima); e tutto ciò che è
coeffettuato e concepito è impermanente, destinato a cessare" così egli riconosce. E in chi conosce e vede in tal modo, la mente si libera dall'influsso del desiderio, dall'influsso dell'esistenza e dall'influsso della nescienza; onde sorge questa conoscenza: "Io sono liberato". Ed egli riconosce: "Esaurita è la nascita, vissuta è la santa vita, fatto è quanto era da fare, qui non c'è più altro".

E ancora riconosce: "Le cure che dipendevano dall'impurità del desiderio non esistono più; le cure che dipendevano dall'impurità dell'esistenza non esistono più; le cure che dipendevano dall'impurità della nescienza non esistono più e l'unica cura che resta è quella che dipende da questo corpo, sestuplice sede dei sensi e conseguenza della vita". Egli comprende che il suo pensiero è vuoto dell'impurità del desiderio, dell'impurità dell'esistenza e dell'impurità della nescienza e che l'unica non vacuità è quella che dipende da questo corpo, sestuplice sede dei sensi, conseguenza
della vita. Così (il liberato) vede chiaramente che il pensiero è vuoto di ciò che non v'è; ma sa bene che vi è ciò che vi è rimasto. In tal modo, o Ananda, si produce in lui questa reale, verace, purissima vacuità.
In verità Ananda, tutti coloro, asceti o brahmana, che nel passato hanno ottenuto una stabile dimora nella purissima, suprema vacuità, hanno raggiunto e hanno dimorato proprio in questa purissima e suprema vacuità. In verità, o Ananda, tutti coloro, asceti o brahmana, che nel futuro otterranno una stabile dimora nella purissima, suprema vacuità, raggiungeranno e dimorranno proprio in questa purissima e suprema vacuità. In verità Ananda, tutti coloro che, asceti o brahmana, adesso ottengono una stabile dimora nella purissima, suprema vacuità, raggiungono e dimorano proprio in questa purissima e suprema vacuità. Perciò, o Ananda, voi vi dovete esercitare così: "Io otterrò una stabile dimora nella purissima, suprema vacuità".

Così disse il Beato. Contento, il venerabile Ananda approvò le sue parole.

 

 

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